20. Lavoro di squadra
Giunto all'ingresso di casa mia, appoggiai il borsone di mia sorella di fianco alla porta principale. La mia schiena dolorante si mise a cantare cori angelici, quando appoggiai Clary a terra e mi stiracchiai per bene. Ci avevo messo venti minuti buoni per tornare a casa, accompagnato dai racconti interminabili di mia sorella e dal peso della borsa che tenevo con me, a volte facendo scambi di mano in mano per lasciare riposare i miei muscoli. Non avevo voluto raccontare di Grace a mia sorella, perché lei era molto piccola quando facevamo le vacanze con lei, e perciò non ero sicuro al cento per cento che si ricordasse di avere una cugina. O meglio due cugini, dato il piccolo Larsen. Mi dispiaceva tanto per lui... i bambini hanno bisogno di sentire le risate dei loro amici, le canzoncine ridicole delle baby-dance, e soprattutto la calda voce della madre quando li mette a letto dando loro il bacio della buonanotte. E quel bambino non poteva avere tutto quello.
«Chriiis! È meglio che ti giri!» vociò Clary, ridacchiando.
Così feci e mi resi conto delle condizioni del salotto. Mi ricordai di aver promesso a mia madre che avrei pulito tutto entro il suo rientro, e di solito lei entrava a casa alle 18:30. Feci una smorfia a mia sorella e diedi un'occhiata all'orologio appeso sopra al camino: erano le 18:26. Avrei dovuto fare un miracolo per mettere tutto a posto in soli quattro minuti!
«Merda!» esclamai, catapultandomi in fretta e furia verso il salotto, con in sottofondo le risate di mia sorella, che rideva beffardamente di me.
La guardai con odio; avrebbe potuto almeno aiutarmi, dato che le avevo fatto la borsa e portata in spalle fino alla scuola di danza.
«Ti fa ridere, eh?» dissi. «Lo sai che se la mamma torna e vede tutto sottosopra si arrabbierà molto? E questo vuol dire che ci toccherà mangiare broccoli per cena, invece delle lasagne che ti aveva promesso.»
Clary rimase di legno, davanti a quella affermazione. Mia sorella amava le lasagne. Ma che dico? Ne era totalmente ossessionata! Se fosse stato per lei le avrebbe mangiate per colazione, pranzo e cena; aveva addirittura un cuscino a forma di lasagna, e anche un peluche! Si chiamava Mr. Lasagno. Comunque sia... Clary sapeva bene che nostra madre, ogni volta che si arrabbiava, ci cucinava i broccoli per cena per farci riflettere su quello che avevamo fatto. Per questo, appena parlai, gli occhi azzurri della bambina si allargarono.
«Nessuno toccherà le mie lasagne! Forza, non dobbiamo perdere tempo.»
Così dicendo, Clary corse verso il salotto e si mise a raccogliere tutti i cuscini caduti a terra, per poi rimetterli ordinatamente sul divano. Sorrisi, notando la sua determinazione. Cominciammo a lavorare insieme come due veri fratelli che si aiutano a vicenda; io mi occupavo di rimettere i quadri caduti per terra nel muro, mentre Clary chiudeva tutti cassetti che nostra madre aveva aperto. Avevamo finito, il salotto era come nuovo. Il mio sguardo soddisfatto venne cancellato dal mio viso, quando incontrò il tappeto.
«Oh oh.»
«Che succede?» Clary scattò verso di me.
Anche lei rimase di stucco, osservando l'enorme macchia di succo di frutta andata ad assorbire nel tappeto bianco a cui mamma teneva tanto. Gliel'aveva regalato una sua cara amica quando lei e nostro padre si erano trasferiti in questa casa. Clary sospirò e alzò lo sguardo verso l'orologio appeso al muro. Così feci anch'io: mancavano solo tre minuti. La bambina spostò lo sguardo dall'orologio a me.
«È l'ora di usare l'artiglieria pesante.» Disse, con un tono serio.
«Non penserai di...»
«Sì» Continuò, serissima. «Intendo usare il detersivo.»
La sua affermazione mi colpì.
«Non dovremmo portarlo in tintoria?» domandai.
«Ti sembra che ci sia tempo?!» sbottò lei, alzando le braccia.
Feci le spallucce e tornai a guardare la macchia. Se non l'avessimo pulita in tempo nostra madre ci avrebbe fatto mangiare broccoli a vita. Cercai di pensare a qualche altro rimedio, ma ormai non c'era più tempo.
Sospirai e mi rivolsi a mia sorella. «E va bene. Vado a prendere il detersivo.»
Credevamo che fosse un bel piano... ci sbagliavamo di grosso. Il detersivo non fece altro che peggiorare la situazione: infatti non solo la macchia non andò via, ma si espanse di parecchio, e prese un colorito violaceo, rendendola più visibile di prima.
«Sai che c'è?» fece Clary, scrutando bene la macchia. «È stata una pessima idea.»
«Tu dici?!»
Ero nel panico; non potevo fare cattive azioni o il mio destino ne avrebbe risentito! Mi passai una mano sui capelli castani e controllai l'ora sull'orologio: 18:28. Dovevo pensare in fretta, molto in fretta. All'improvviso mi venne un'illuminazione, e spostai subito lo sguardo su mia sorella, che si incuriosì.
«Hai presente quel tappeto rimasto in cantina?» domandai.
«Mmh... quello che non usiamo da quando mamma ha scoperto l'esistenza del fengshui?» fece lei.
«Sì, quello!» esclamai, felice che se ne fosse ricordata. «Le dimensioni sono più o meno le stesse di questo tappeto, ed il colore è praticamente uguale.» Mia sorella mi guardava attentamente, ascoltando con attenzione tutto quello che dicevo. «...E se scambiassimo i tappeti? Mamma non se ne accorgerebbe, e noi saremo salvi.»
Clary mi fissò per qualche secondo, poi annuii. «Andata.»
Insieme corremmo verso la porta della cantina. Una volta entrati accesi la luce e cominciammo a scendere le ripide scale. Lì sotto trovammo un sacco di oggetti: vecchie bambole di Clary, una mia vecchia palla da football, ed alcune foto di famiglia, messe da parte dopo il divorzio dei miei. All'improvviso mia sorella mi chiamò, e una volta girato verso di lei la vidi con l'indice puntato verso un tappeto arrotolato. Sorrisi, felice di averlo trovato.
«Bene, ora portiamolo su.»
Io lo afferrai da una parte mentre Clary dalla parte opposta. Io ero chiaramente più forte di lei, ma tuttavia riuscimmo a trasportarlo su per le scale senza troppa fatica. Togliemmo il tappeto sporco e lo buttammo in cantina, mentre al suo posto stendemmo quello nuovo. Avevo ragione, le dimensioni erano perfette. Tuttavia, il tappeto pescato dalla cantina era tutto sporco di polvere, e perciò decidemmo di passarci sopra l'aspirapolvere. Una volta finito, ci soffermammo per osservare il lavoro che avevamo fatto: il salotto era come nuovo.
«Ben fatto!» esclamai, battendo il cinque a Clary.
Ce l'avevamo fatta, avevamo fatto un ottimo lavoro di squadra. Proprio in quell'istante sentimmo la porta principale aprirsi e insieme ci buttammo di getto sul divano. Nostra madre entrò con delle buste della spesa e appena vide il salotto rimase a bocca aperta. Io e Clary avevamo fatto proprio un bel lavoro.
«Wow, il salotto è fantastico!» esclamò, lasciando cadere le buste piene di cibo per terra.
Io e mia sorella sorridemmo, felici di vederla così entusiasta.
«È opera vostra?» domandò, osservandoci.
Stavo per rispondere, quando Clary mi interruppe mettendosi davanti a me.
«Veramente ha fatto tutto Chris.»
Al sentire di quelle parole i miei occhi si spalancarono. Mia sorella aveva appena cercato di aiutarmi? Il mio sguardo era un misto di sorpresa e compassione; rivolsi un sorriso sincero a Clary, voltata verso nostra madre.
«Chris!» la donna si avvicinò. «Hai fatto proprio un ottimo lavoro! Dato che oggi hai fatto già molto, ora devi solo rilassarti. Io e Clary andiamo a svuotare le buste della spesa» Disse. «Giusto Clary?»
La bambina annuì. «Giusto.»
Così dicendo, nostra madre prese le buste e portò Clary in cucina. Prima che potessero andarsene del tutto, mia sorella voltò la testa verso di me e mi fece l'occhiolino. Le sorrisi, per una volta felice di avere in casa una persona molto speciale, di cui prima non davo molta importanza. Ero grato a lei per avermi spalleggiato, aveva fatto proprio un gesto carino. Speravo che anche io avrei trovato il tempo per ricompensarla, un giorno. Sorrisi e mi incamminai verso la mia camera, per poi chiudere la porta. Mi buttai a peso morto sul letto e cominciai a contemplare il soffitto. Finalmente un po' di relax... era proprio quello che ci voleva, dopo aver trasportato sulle spalle ben 29 chilogrammi di bambina.
«Ed...» sussurrai. «Raccontami una barzelletta.»
Credo che l'unica cosa bella di avere una coscienza fosse che quando mi sentivo solo avevo sempre qualcuno su cui contare.
«Un signore entra in un caffè.» Cominciò lui, carico. «...E ordina un caffè macchiato.»
Subito dopo scoppiò a ridere, mentre la mia faccia non era mai stata più seria di così.
«Fa ridere, perché tutti si aspettavano che io dicessi "Splash!".» La coscienza cominciò a ridere di nuovo.
Stavo per piangere, davvero. Mi stupivo nel vedere una coscienza all'apparenza molto intelligente diventare ad un tratto demenziale. Vedendomi impassibile, Ed si fermò subito.
«Andiamo... faceva ridere!»
Scossi lentamente la testa, annoiato.
«Con te non si può mai scherzare!» borbottò, arrabbiato.
Stavo per ribattere, quando la tasca dei pantaloni vibrò. Rimasi impassibile, a fissare il soffitto. Ormai non mi importava più.
«Ehm... non controlli chi è?» fece Ed, notando il mio poco entusiasmo.
Io sospirai. «Sarà sicuramente Peter. O Vanessa... o Amanda con le sue irritanti domande. Non mi interessa.»
La mia coscienza rimase in silenzio, non ribattendo contro la mia decisione. Stavo aspettando che mi involgesse a controllare le notifiche, ma niente. La curiosità e l'impazienza si fecero più forti di me, e quando arrivai al limite feci uno scatto e afferrai il mio cellulare. Quando lo accesi il mio sguardo si allegrò, e non potei fare a meno di sorridere. Sì, Judith mi aveva scritto.
SOLOUNARAGAZZA: Non ci credo, hai veramente creato un finto sondaggio solo per darmi il tuo numero?
Non riuscivo a togliermi il sorriso dalla faccia, ero per qualche strano motivo molto felice.
NONINTERESSATO: Cosa te lo fa pensare?
Spensi il telefono e attesi con molta impazienza una sua risposta, battendo nervosamente i piedi sul letto.
«Hai visto?» fece Ed.
Lo ignorai e sorrisi, quando il mio cellulare ricominciò a vibrare.
SOLOUNARAGAZZA: Forse il fatto che casualmente mi sono ritrovata un bigliettino dentro l'armadietto, e sempre casualmente dieci minuti prima mi avevi fatto quella specie di interrogatorio.
NONINTERESSATO: Ragazza tosta ;)
SOLOUNARAGAZZA: Non potevi semplicemente chiedermi il mio numero di persona? Perché sarebbe stato meno complicato.
NONINTERESSATO: Ci ho pensato... ma volevo fare le cose per bene.
SOLOUNARAGAZZA: Mh, ottima osservazione.
Ridacchiai e tornai a fissare con aria sognante il cellulare.
NONINTERESSATO: Comunque Amanda mi ha chiesto se avevo il tuo numero... stai allerta perché potrebbe intasarti il telefono di messaggi.
SOLOUNARAGAZZA: Santo cielo... quella ragazza dovrebbe pensare ad altro oltre che i pettegolezzi. Una domanda: anche tu non hai la minima idea del perché ci fosse un anello nel tuo piatto di pasta?
NONINTERESSATO: Chissà... magari una delle cuoche aveva le dita scivolose.
SOLOUNARAGAZZA: Spiritoso, il ragazzo.
NONINTERESSATO: Era quello l'intento.
Vidi che Judith aveva visualizzato, e mangiandomi le unghie rimasi in attesa di una risposta.
SOLOUNARAGAZZA: Fammi indovinare... fai così con tutte le ragazze?
NONINTERESSATO: Solo con quelle carine.
SOLOUNARAGAZZA: Ah, questa è bella...
Rimasi sorpreso, quando scrisse quel messaggio. Insomma... era vero che non bisognava essere troppo altezzosi, ma quella ragazza era fin troppo modesta e insicura.
NONINTERESSATO: Credo che tu abbia poca autostima, Judith.
SOLOUNARAGAZZA: Perciò non ti sei dimenticato del mio nome...
NONINTERESSATO: Come potevo dimenticarmene?
SOLOUNARAGAZZA: Credevo solo che io fossi facile da dimenticare. A scuola nessuno mi calcolava, prima del... beh, hai capito.
Non sapevo proprio cosa scrivere.
NONINTERESSATO: Già...
«Wow, emozionante.»
«Non infierire!» gridai alla mia coscienza, stanco dei suoi piccoli commenti.
SOLOUNARAGAZZA: Mi dispiace solo di essere stata un peso.
NONINTERESSATO: Non sei stata un peso. Sono felice di avere conosciuta.
SOLOUNARAGAZZA: So che lo dici solo per compassione... ma apprezzo lo stesso, quindi grazie :)
C'era molto lavoro da fare. Dovevo lavorare sulla sua scarsa autostima. Credevo che quella ragazza avesse tanto da dire, ma che lo tenesse rinchiuso dentro un alone di timidezza.
NONINTERESSATO: Facciamo che ne parliamo domani a scuola, okay?
SOLOUNARAGAZZA: Va bene.
NONINTERESSATO: Perciò... posso contare di rivederti?
SOLOUNARAGAZZA: Certo :)
Dopo la sua affermazione sorrisi.
NONINTERESSATO: A domani, Judith.
SOLOUNARAGAZZA: A domani, Christopher-molto-professionale Watson.
Sospirai e rilessi quelle ultime parole, finché per sbaglio il cellulare mi scivolò dalle mani e mi cadde in faccia.
«Accidenti!» esclamai, massaggiandomi il naso.
Ed ridacchiò. «Che semola!»
//ANGOLO AUTRICE//
Sono riuscita a pubblicare solo adesso, pardon🙌🏻
Nella giornata successiva Chris farà nuove conoscenze, perciò attenzioneeeh
Okay la smetto. Sono peggio di Ed.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top