2. Il patto

Canzoni per il capitolo:
• Me, Myself & I ~ G-Eazy X Bebe Rexha

Aprii gli occhi. O almeno... mi era sembrato, di aprirli. Davanti a me, il buio. Il nulla. Niente di niente. Ero parecchio confuso, un attimo prima ero all'ospedale, e adesso ero lì. La mia mente non voleva ricordare cos'era successo al Black Out, e nonostante i miei sforzi, i ricordi non venivano a galla. Mi guardai le braccia; c'erano ancora. Quando posai il mio sguardo in basso, avvampai: ero completamente nudo!

«Ma che cazzo...?» uscì dalla mia bocca.

Cominciai a pensare che fosse tutto un sogno. Probabilmente avevo bevuto tanto ed ero svenuto come un sacco di patate; l'ospedale e quel luogo buio erano solo il frutto della mia immaginazione. Mi guardai meglio intorno, provai anche a fare qualche passo avanti. Sembrava di camminare sull'acqua, la sensazione di vuoto mi stava torturando da dentro. Mi fermai, esasperato.

«C'è qualcuno?» urlai, sperando che qualcuno mi sentisse.

«Ehilà.»

Sobbalzai dallo spavento. Qualcuno aveva appena parlato. Non sembrava la voce di un essere umano, quella era sibilante e secca. Girai più volte su me stesso, ma non vidi nessuno.

«Chi... chi ha parlato?» domandai, leggermente spaventato.

«Per essere un duro... adesso sembri una femminuccia!» esclamò la voce, cominciando a ridere.

L'eco della risata riempì tutto attorno a me.

«Chi sei? Dove sono?!» domandai, preoccupato.

«Hey, piano con le domande, Chris Watson.»

Ero perplesso.

«Come sai il mio nome?» mormorai.

«Io so tutto di te, Chris.» Fece la voce. «Ero lì, quando tuo padre non è riuscito a venire per una conferenza di lavoro il giorno del tuo nono compleanno e allora hai pianto sulla torta. Ero lì, quando a dodici anni hai visto tua madre bere una bottiglia di vodka, seduta per terra e in lacrime. Ero lì, quando a tredici anni hai rubato un videogioco dal centro commerciale, ed ero lì quando hai riempito di pugni un ragazzo solo perché ti aveva guardato. Io sono sempre rimasto accanto a te, qualunque cosa facessi.»

Ancora non capivo. Rimasi in silenzio, riflettendo su quello che mi aveva detto. Come faceva a sapere dei momenti della mia infanzia? Non poteva essere vero, ero solo un po' sbronzo.

La voce continuò: «Ti dicevo di cambiare rotta, ma tu non mi hai mai ascoltato. Hai trasformato la vita di molte persone in un inferno, e adesso... sei finito proprio lì.»

Ci misi un po' per realizzare.

«Un attimo.» Dissi. «Mi stai dicendo che... sono finito all'Inferno?!»

«Ci sei arrivato, bravo.»

Rimasi un attimo in silenzio, incredulo. Lo schianto... l'ospedale... non era un sogno, era tutto vero. L'Inferno non era come me l'aspettavo. Non c'era la lava, o il fuoco, nemmeno i diavoletti con le corna e il tridente. Era tutto buio, e... inquietante.

«Ma... com'è successo?» domandai, con gli occhi spalancati.

«Hai passato proprio una bella serata, al Black Out.» Ironizzò la voce. «Hai bevuto qualche bicchierino di troppo... e sei svenuto. Quei cretini dei tuoi amici hanno pensato di riportarti a casa, ma erano ubriachi anche loro. Qualche chilometro in auto e siete andati contro ad un'altra macchina. Miles, che era alla guida, è morto sul colpo, e con lui, anche Tyler. Scott è morto in sala operatoria, non hanno potuto salvarlo. Lucas si è salvato ed è in coma, e tu...» Fece una pausa. «beh, hai visto com'è andata a finire.»

Rimasi ad ascoltare la voce sibilante, in silenzio. La maggior parte dei miei amici erano morti, e con loro... anche io. Non volevo piangere, non potevo piangere.

«Vuoi che ti porti un fazzoletto?»

Cominciai ad odiare quella maledetta voce. La tristezza diventò rabbia.

«Chi cazzo sei?!» sbottai, arrabbiato.

Sentii sospirare.

«Sono la tua coscienza, ma tu puoi chiamarmi Ed.»

Rimasi in silenzio. La mia coscienza? Impossibile.

«Sai, come Ed Sheeran!»

Non avevo parole.

«No, eh? Okay, "simpaticone", vediamo se riuscirai a stare zitto, quando correrai sul carbone ardente fino alla fine dei tempi.»

Deglutii, spaventato. Non poteva dire sul serio... per non rischiare, decisi di fare qualcosa.

«No, aspetta!» esclamai. «Ed!»

«Cosa vuoi?»

«Non voglio fare questa fine.» Dissi, abbassando lo sguardo.

«Oh, mi dispiace tanto. Vuoi che ti porti il catalogo delle torture? Ce l'ho proprio qui!»

Sospirai, passandomi le mani sui capelli. La mia coscienza aveva il senso dell'umorismo. Mi misi in ginocchio, e chiusi gli occhi, sperando che fosse tutto un brutto sogno. Non avevo mai pensato che le mie azioni avessero rovinato la vita di qualcuno. Cioè... sì, ci avevo pensato, ma semplicemente non ci avevo dato troppo peso.

«Ed, ti prego, dimmi che posso fare qualcosa.» Dissi, portandomi le mani sul viso.

Non sentii nessuna risposta. D'improvviso, un velo di tristezza calò su di me, e scoppiai a piangere. Avrei vissuto nel dolore per sempre, ne ero certo. Le lacrime salate toccarono il pavimento vuoto e buio dell'inferno. Non avrei più rivisto Bethany, i miei amici... la mia famiglia. Dio, mi ero comportato da stronzo. Solo adesso realizzai di tutte le cose brutte che avevo fatto.

«Sensi di colpa, eh?»

Alzai la testa. Ed era nella mia mente, non poteva allontanarsi. Tutto quello era troppo, per me. Stava succedendo tutto troppo in fretta. Riabbassai la testa, sfinito. Lui sospirò, lasciandomi nella speranza.

«Non te lo meriti, ma... una soluzione ci sarebbe.»

Mi alzai in piedi, speranzoso. Ed stava facendo un eccezione... per me?

«Cioè?» domandai, a tutto orecchie.

Ci fu una piccola pausa, in cui l'attesa era più snervante di quando la professoressa Murphy sceglieva le persone da interrogare. Quella vecchia megera mi sceglieva sempre...

«Tu non l'hai sentito dire da nessuno, okay?» domandò la coscienza, per essere sicura.

«Oh, certo!» feci io, roteando gli occhi dall'impazienza.

«Bene.» Disse Ed. «Se l'Inferno non ti sembra tanto "accogliente"... potrei anche chiudere un occhio e mandarti in Paradiso.»

Sorrisi. Non potevo essere più felice!

«Ma dovrai superare una prova.»

Era troppo presto per parlare. Chissà a che cosa mi avrebbe sottoposto la mia coscienza... di sicuro, avrei fatto qualsiasi cosa per scontare la mia pena dell'inferno.

«Devo sconfiggerti ad uno spara tutto su GTA?» ironizzai.

«Ah. Ah. Ah.» Fece Ed, con un tono serio. «È curioso come tu riesca a stare sereno anche in queste situazioni.» Sospirò, vedendomi fare le spallucce. «Dovrai tornare sulla Terra.» Disse, diretto.

La gioia immensa che provai era indescrivibile.

«Sì!» esclamai, sorridendo.

Avrei detto addio alla mia famiglia e ai miei amici. Ed era stato fin troppo gentile con me!

«Non così in fretta, bello.» Disse la coscienza, deludendo tutte le mie aspettative.

Il sorriso sparì dalla mia faccia.

«Non ti voglio mandare sulla terra per fare baldoria. Dovrai tornare sulla terra per riparare i danni che hai fatto in passato, e quelli che accadranno nel futuro. In poche parole... dovrai fare solo buone azioni.»

Io ero stupito.

«Mi stai dicendo che dovrei essere una specie di... supereroe?» domandai, con una nota di sarcasmo nella mia voce.

Ed fu spiazzante. «Mmh... sì, diciamo di sì.»

Rimasi a bocca aperta. Non potevo crederci, dovevo trasformarmi in un angioletto che rispetta le regole e che aiuta il prossimo...

«Okay, ma se devo portare il mantello e la calzamaia, io mi tiro fuori.»

«Ahah! Io ti ci vedrei con quel bel completino!»

Ed scoppiò a ridere, una risata che non mi piacque affatto. Sbuffai, ed incrociai le braccia.

«C'è qualcos'altro che dovrei sapere?» domandai.

Qualsiasi cosa, pur di farlo smettere di ridere. Ed si riprese.

«Mmh... sì. Il tempo è di due mesi, se entro la scadenza non avrai fatto abbastanza azioni positive, tornerai all'Inferno e proverai dolore per l'eternità. Ma, se riuscirai nella tua impresa, andrai in Paradiso, e ti assicuro che è proprio un bel posticino!»

Sospirai. Ne valeva la pena, non volevo più rivedere il posto oscuro in cui mi ero cacciato.

«Va bene.» Dissi.

Ci fu un piccolo silenzio imbarazzante, in cui non sapevo cosa fare.

«Quando cominciamo? Vorrei riavere i miei vestiti.» Dissi.

«Oh.» Fece la coscienza. «Cominciamo... immediatamente!»

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