17. Tutto molto professionale
Canzoni per il capitolo:
• Stray Heart ~ Green Day
• Don't stop ~ 5 Seconds of Summer
Credo che fossi stato l'unico diciottenne in tutto il pianeta che quel giorno tornò a casa trotterellando come un bambino appena stato dal gelataio. Non sapevo il perché, ma mi sentivo bene. E non era un bene "normale", era un bene diverso... un bene interiore. Non lo so... ero strano.
«Qualcuno è di buon umore...» Commentò Ed, vedendomi saltellare come un cerbiatto.
Mi fermai di scatto, ricordandomi che la mia coscienza mi osservava ventiquattro ore su ventiquattro.
«Che?» sbuffai. «No!»
Mi sistemai lo zainetto sulle spalle e proseguii camminando normalmente sul marciapiede. Facevo figuracce pure con la mia coscienza, ero davvero un caso perso. Ma tecnicamente se io facevo figuracce era come se lui facesse figuracce, quindi mi stava bene. Sì, ho già detto che ero strano? Comunque... forse, nel profondo di me, solcati dei territori inesplorati, all'intero del mio più oscuro subconscio, sapevo il perché di tutta quella felicità: era tutto dovuto a Judith. Quella ragazza, con la sua timidezza e la sua bravura di nascondere ogni sua singola emozione, aveva qualcosa di diverso. Volevo scoprire cosa si celava dietro l'alone di mistero di Judith... ehm... Porter? Dovevo ancora trovare il suo cognome. Era per quello che dovevo parlare con lei, conoscerla meglio. Ma innanzitutto mi serviva un piano per sapere il suo numero di telefono. Ovviamente non potevo chiederglielo, sarebbe stato troppo stupido e... sì, anche imbarazzante. Così avevo deciso di fare al vecchio modo, scontato ma sicuro: scrivere il mio numero su un bigliettino ed infilarlo di nascosto dentro al suo armadietto. C'era solo un problema: non sapevo dove si trovasse il suo armadietto. Avrei potuto chiedere a Vanessa, ma sicuramente non avrebbe fatto altro che sclerare ed urlare che a me piaceva la sua migliore amica, e non avevo bisogno di altre figuracce. Perciò, dopo il pranzo nella mensa e l'anello al pomodoro, avevo pensato ad un piano furbo quanto complicato da svolgere, nel bel mezzo della lezione di geografia. Per ottenere il numero di Judith senza dare troppo nell'occhio avevo chiesto ad ogni persona della scuola dove si trovasse il proprio armadietto, per una specie di sondaggio il quale non ho dovuto dare troppe domande. Già, me lo ero inventato di sana pianta, ma per fortuna a tutti quelli a cui l'avevo chiesto erano troppo pigri per domandarmi di che cosa si trattasse. Alcuni erano così idioti da darmi anche la loro combinazione. Io avevo annotato tutto su dei fogli, anche se sapevo che quei numeri non mi sarebbero serviti a niente; dovevo solo arrivare a Judith. Infatti, lei era stata l'ultima a cui glielo avevo chiesto. Superai le strisce pedonali e sorridendo ripensai a quel momento. Appena l'avevo vista in fondo al corridoio, intenta ad osservare dei volantini attaccati alla bacheca, avevo preso un respiro e mi ero avvicinato senza paura a lei.
«Scusa, mi servirebbe il tuo numero dell'armadietto.» Avevo detto, con fare molto professionale.
Lei si era voltata verso di me e aveva fatto una faccia confusa.
«E come mai?» aveva chiesto astutamente, incrociando le braccia.
Maledizione, ora avrei dovuto spiegarle la mia scusa idiota.
«Mi serve per un sondaggio.»
Quella mia affermazione sembrava l'avesse fatta insospettire.
«Ah sì?»
L'avevo preso come un affronto alle mia grandiosi doti da attore.
«Certo! Guarda qui.» Avevo detto, mostrandole i miei fogli. «Sono tutti i numeri di tutti gli armadietti di tutte le persone di tutta la scuola.»
Lei era sembrata sorpresa, quando aveva visto che l'avevo chiesto veramente a tutte quelle persone. Dopodiché avevo rimesso i fogli a posto, sempre con fare molto professionale.
«Okay, forse non proprio tutte le persone in questa scuola...» Avevo ammesso, ridacchiando. «Ma una buona parte sì.»
Lei aveva riso. Io avevo sorriso e mi ero rimesso gli occhiali a posto, dato che continuavano a scivolarmi giù per il naso. Avrei dovuto prendere un modello più piccolo...
«E va bene.» Si era convinta, facendo un sorrisetto carino. «Il mio armadietto è il 14b.»
Io l'avevo annotato velocemente alla fine del foglio. Ce l'avevo fatta!
«Grandioso.» Avevo detto, sorridendo.
Mi ero soffermato un attimo sui suoi begli occhi azzurri e sul suo sorriso radioso. Ripensandoci avrei potuto fissarla di meno.
«Molto bene, ora vado a chiedere ad altri» avevo detto. «Sai com'è... il lavoro chiama!»
«Va bene» aveva detto lei, sorridendo. «Posso farti solo una domanda?» aveva chiesto, quando stavo per girarmi e camminare via.
Speravo che non mi volesse chiedere altre cose sul sondaggio, perché non avrei saputo davvero cosa inventarmi. Mi ero limitato ad annuire, un tantino spaventato.
«Perché indossi gli occhiali?»
Avevo tirato un sospiro di sollievo quando me lo aveva chiesto, perché al contrario delle mie aspettative la sua era una domanda del tutto innocua, che mi aveva lasciato con un sorriso sulle labbra.
«Oh, questi?» avevo detto, ridacchiando e mettendomeli meglio dietro le orecchie. «Non mi servono, li ho messi perché mi davano un aspetto professionale.»
Lei era scoppiata a ridere, e quella cosa mi aveva fatto sorridere.
«Adesso vado... anche perché a forza di mettere occhiali diventerò cieco.»
Dopo quella affermazione Judith aveva fatto un'altra risata.
«Okay, ciao Chris!» aveva detto, salutandomi con la mano. «E buona fortuna per il sondaggio!»
«Ah, grazie!» avevo esclamato io, per poi girarmi e camminare lontano da lei.
Ero fiero di me, ero riuscito astutamente ad ottenere il suo numero di armadietto. Così, dopo le lezioni, avevo preso un foglietto e ci avevo scritto sopra il mio numero di telefono con la penna che tenevo in mano. Sotto avevo aggiunto: "E comunque sono professionale quanto i miei occhiali ;)". Mi era sembrato simpatico, avevo sperato che l'avrei fatta ridere. Di nascosto ero sgattaiolato davanti al suo armadietto e lo avevo inserito dentro, dopo essermi assicurato che nessuno mi stesse guardando. La frittata era fatta, avevo solo dovuto aspettare che Judith lo leggesse. Sarei potuto andare via, ma dato che ero un tipo curioso, avevo aspettato il suo arrivo nascosto dietro ad un angolo. Qualche minuto dopo l'avevo vista arrivare con i suoi libri sulle braccia e la sua camminata insicura. Appena aveva aperto l'armadietto, il mio biglietto era scivolato per terra. Lei si era chinata per raccoglierlo e gli aveva dato un'occhiata. La mia agitazione era al massimo. Appena l'aveva letto un sorriso era spuntato tra le sue labbra, e dopodiché anche sulle mie, che la stavo osservando da qualche metro di distanza. Judith si era messa il biglietto nella tasca dei jeans e aveva infilato i suoi libri dentro l'armadietto. Dopo averlo chiuso si era guardata intorno con la speranza di vedermi, e appena aveva guardato nella mia direzione io avevo fatto un salto all'indietro ed ero caduto per terra, facendo scivolare i miei occhiali sul pavimento. Non capivo neanche perché gli avevo indossati, ero un vero idiota. Ma almeno Judith non mi aveva visto. Sorrisi, ripensando a quel momento.
«Hai finito di fantasticare?» domandò Ed, risvegliandomi dai miei pensieri.
Mi scossi e mi guardai intorno; ormai ero giunto davanti a casa mia.
«Sì, scusa.» Mormorai, tornando serio.
«E comunque, avresti guadagnato tempo se invece di chiedere per davvero a tutte le persone della scuola avessi solo inventato dei numeri.»
Mi bloccai, riflettendo su quello che mi aveva detto. Era uno scherzo, vero? Come avevo fatto a non pensarci?
«E non potevi dirmelo prima?!» sbottai, arrabbiato.
«Mi sembravi tanto preso, con quegli occhiali professionali... e poi perché dopo aver chiesto il numero dell'armadietto di Judith hai continuato a chiedere in giro?»
In quel momento mi sentii un tantino stupido. Mi ero lasciato prendere troppo la mano.
«Hey, se faccio una cosa devo farla bene.» Mi giustificai, prima di suonare il campanello di casa.
***
Appena entrai in camera mia, la prima cosa che feci fu controllare i messaggi. Rimasi di sasso quando non ne vidi di nuovi. Scossi la testa e sorrisi, pensando al lato positivo: mi avrebbe scritto a momenti, ne ero certo. Appoggiai il cellulare sulla scrivania e mi sedetti davanti ad esso. Posai entrambe le braccia sul legno e lo scrutai attentamente. Mi avrebbe scritto, lo avrebbe fatto. Era solo questione di momenti...
«A quanto pare Peter non è l'unico a non avere una vita...» Commentò Ed.
Io lo ignorai e ritornai a fissare lo schermo del cellulare.
«Mi scriverà.»
«Sembri disperato.»
«Assolutamente no!» esclamai, alzandomi dalla sedia.
Non avrei mai ammesso che stavo aspettando un suo messaggio con ansia. Maledizione, Ed era nella mia testa e sentiva tutto quello pensavo! Ero appena stato smascherato con le mani nel sacco. Tuttavia, mi voltai e comincia a camminare avanti e indietro con le mani dentro le tasche della felpa. Appena sentii il telefono vibrare non potei trattenermi e mi buttai letteralmente sulla scrivania. Mi aveva scritto! Presi in mano il cellulare e controllai i messaggi.
LAMITICAVAN: Hey, come ci accordiamo per la ricerca su Parigi?
Rimasi male, quando vidi che non mi aveva scritto Judith.
«Ah, Vanessa.» Dissi annoiato.
Gettai il telefono dall'altra parte della stanza, con gli occhi rivolti verso il cielo. Lo ammetto, ero deluso.
«Perché non le rispondi? Non è carino visualizzare e non rispondere...» Disse Ed con quel tono che riusciva sempre a farmi sentire in colpa.
Aveva ragione, anche io odiavo quando succedeva, soprattutto con Bethany...
«E va bene...» Sospirai, andando a cercare il mio telefono.
Lo cacciavo sempre nei posti più strani, questa volta era finito nel vaso di tulipani che tenevo accanto alla finestra. Idee di mia madre, ovviamente. Lo raccolsi e con le mani lo pulii dalla terra rimasta incastrata tra il telefono e la cover. Odiavo quando succedeva (sì, perché era successo altre volte). Entrai nella chat e cercai di dare a Vanessa una risposta carina, impresa un po' difficile dato il nickname "NONINTERESSATO". Ancora ricordavo quando l'avevo impostato... tutte le ragazze mi chiedevano di uscire e allora per dare loro una risposta avevo messo quel nickname. Caspita, quanto ero altezzoso.
NONINTERESSATO: Domani non posso... se vuoi possiamo fare giovedì a casa mia.
«Contento adesso?» domandai alla mia coscienza, che non mi rispose.
LAMITICAVAN: Scusa, giovedì esco con Judith. A proposito... ho dato un'occhiata al giornalino della scuola, non saprò mai come ringraziarti!
NONINTERESSATO: Per cosa?
LAMITICAVAN: Hai salvato la mia migliore amica!
NONINTERESSATO: Oh, quello...
LAMITICAVAN: Non è una cosa da poco. Sai... è strano leggere di una tua migliore amica sulla prima pagina di un giornale. Ne parlano anche in televisione. Io non sono abituata... questa è una cosa grossa!
NONINTERESSATO: Ti capisco...
LAMITICAVAN: Non credo.
Al suo messaggio rimasi in silenzio. Aveva ragione, non la capivo affatto. Doveva essere stata una cosa dura da accettare. All'improvviso mi misi nei panni di Vanessa; di solito, quando si leggono le notizie, sono tutte di persone a te sconosciute, è strano leggere un articolo che parla della ragazza che conosci fin dall'asilo.
LAMITICAVAN: Ci accordiamo dopo, okay?
NONINTERESSATO: Va bene, a domani.
Spensi il cellulare senza nemmeno aspettare una sua risposta. Vanessa doveva essere ancora un po' scossa da quello che era successo. Come potevo darle torto? Lo eravamo tutti.
//ANGOLO AUTRICE//
Hola mis amigos!
Avevo scritto questo capitolo insieme ad un altro, ma dopo sarebbe venuta una cosa troppo lunga e perciò l'ho diviso a metà. L'altra parte la pubblico domani.
Intanto ringrazio la mia assistente (lol) Rahven_ che mi aiuterà con la scelta delle canzoni :)
Bye!
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