13. Croissant e lacrime per tutti
Canzoni per il capitolo:
• All time low ~ Jon Bellion
• Heavy ~ Linkin Park feat. Kiiara
Il lunedì era alle porte, e con lui anche tutta la mia negatività. Non potevo credere che la domenica fosse passata tanto velocemente; Ed mi aveva fatto un piccolo favore e lasciato dormire per tutto il giorno, e sono serio! Sarò pur stato un quarterback niente male, ma quando mi addormentavo non mi svegliava nessuno, e le ore che mia madre passava a cercare di svegliarmi ne erano una prova. Sì, lo so, per tutti ero un atleta ed una vera "aquila", ma nessuno sapeva che incontrato il divano mi trasformavo in un vero panda. La mia storia d'amore con il mobile andava avanti da tanto tempo... e togliermelo sarebbe come togliermi l'aria. Quindi potete immaginare la mia faccia il lunedì mattina; da quando mi alzavo, a quando facevo colazione, a quando arrivavo a scuola, la mia espressione era da annoiato-dalla-vita. E nessuno poteva farmi stare meglio, neanche Peter con le sue pessime battute. Io e lui stavamo chiacchierando seduti sui nostri banchi proprio come tutti gli altri studenti, nell'attesa che la prof di francese entrasse in classe. Quel giorno era più in ritardo del solito.
«Cosa dicono due muri quando si incontrano? "Ci vediamo all'angolo!"»
La mia espressione diceva tutto. Il rosso capii che forse non avrebbe dovuto parlare, e si zittì da solo. Sospirai ed appoggiai un gomito sul mio banco; dormivo in piedi.
«Amico, che hai?» domandò Peter, notando tutta quella stanchezza.
Alzai leggermente il mento dal mio pugno per poter rispondere.
«Sono sempre così, il lunedì.» Bofonchiai, con uno sguardo spento.
Lui spinse la sua sedia più vicino a me, in modo da guardarmi in faccia.
«Secondo me ti serve una distrazione.» Disse d'un tratto.
Io rimasi allibito, così tanto che voltai lo sguardo verso di lui, per rivolgergli un'occhiata interrogativa.
«Che cosa?»
«Intendo dire che ti serve una ragazza.»
Ridacchiai e tornai a guardare il vuoto. Una ragazza? Dopo tutto quello che stava succedendo? No grazie, non mi serviva qualcun altro a cui dire addio una volta sparito nel nulla.
«Sono appena uscito da una storia durata due anni, credo sia troppo presto per ricominciare» mugugnai, sperando che quella fosse una scusa accettabile. «E poi... ho detto addio all'amore. Non che l'avessi mai avuto...»
«Come?» Fece Peter, alzandosi dalla sedia ed appoggiando le mani sul mio banco. «Mi stai dicendo che non hai mai amato?»
«Esatto.»
«Ma con Bethany...?»
«Con Bethany non era amore» lo interruppi subito. «Vedi... io ero molto popolare, e... lei è molto popolare. Avevamo pensato che a quel punto stare insieme sarebbe stato del tutto logico, così avremmo aumentato la nostra popolarità. Facevamo credere a tutti che eravamo la coppia perfetta, quando invece non era così. E questa storia è andata avanti per un po'... finché non mi ha tradito con il mio migliore amico. Morale della favola? Bethany è una stronza, io ero uno stronzo, e probabilmente l'amore tra lei e Miles sarà come quello che è stato tra lei e me. In pratica non c'è nessun amore, ma solo...» per un attimo non trovai le parole. «Falsità.»
Restammo in silenzio per un po'. Peter stava riflettendo su quello che avevo detto, probabilmente l'avevo colpito più di quanto volessi. Neanche io mi credevo così bravo con le parole, a quanto pareva tutte quelle ore davanti alla televisione erano servite a qualcosa.
«Un attimo» riprese Peter all'improvviso, ancora interessato all'argomento. «Davvero hai intenzione di non innamorarti mai più?»
Annuii leggermente, e questo provocò la reazione esagerata del rosso.
«Cooome? Perché?!»
Se solo lui avesse potuto capire che il mio destino ormai era già segnato... non c'era tempo per l'amore, dovevo fare più azioni positive possibili entro poco meno di due mesi, altrimenti sarei finito all'inferno per l'eternità. L'amore sarebbe stato solo... una distrazione.
«Non puoi capire.»
Lui rimase un attimo in silenzio, fino a quando decise di lasciare perdere il discorso.
«Comunque io non ho mai avuto una fidanzata» disse, tornando a sedere sulla sua sedia. «Non perché non lo volessi... ma perché nessuno mi voleva.»
Quelle parole mi procurarono un senso di tristezza nei confronti di quella testa rossa. Spostai lo sguardo dal mio banco verso di lui e lo guardai con compassione. Peter mi stupiva sempre di più; era un ragazzo tanto simpatico e gentile, non capivo perché nessuno l'avesse mai calcolato. Stavo per dire qualcosa, quando all'improvviso la professoressa entrò in classe ed ognuno si dovette mettere al proprio posto, compreso Peter che andò a sedersi all'ultima fila. Ma questa volta la prof non era sola; infatti era seguita da una ragazza dai capelli lunghi e di un castano caldo, avente la nostra età. Eravamo tutti sorpresi, quando la vedemmo. Non faceva parte della nostra classe, e ci chiedevamo il perché fosse qui. Fu la signora Morris a presentarla.
«Ragazzi, lei è Vanessa. È stata in Francia per sei mesi, facendo un interscambio culturale tra studenti» Spiegò, mentre la ragazza stava in piedi davanti alla lavagna. Sembrava a disagio. «Vanessa, ci vuoi dire qualcosa sul paese che hai visitato?»
Lei subito stramazzò gli occhi, colpita alla sprovvista e decisamente imbarazzata. Anche io lo sarei stato, al posto suo.
«La Francia è... un paese meraviglioso... sì.» Cominciò titubante.
Alcuni si misero a ridere, perfino io sorrisi. Era ovvio che non sapeva cosa dire.
«Pieno di... persone» continuò, osservando di tanto in tanto la prof, che la guardava allibita. «Sì, pieno di persone. Francesi! Ecco.»
Mi sembrò subito una ragazza simpatica.
«Ho portato dei croissant per tutti, direttamente da Parigi!» esclamò infine sventolando un sacchetto, prima che potesse fare altre figuracce.
Tutta la classe si mise ad applaudire e a fare grida di gioia, felice di potersi fare una bella scorpacciata. Vanessa si mise a fare il giro dei banchi per poter dare un croissant a tutti. Ne avanzarono alcuni, e se li mangiò tutti "Gunter il goloso" (è il soprannome che avevamo dato al ragazzo che era in grado di divorare intero pure un varano asiatico). L'imbarazzo della prof era evidente, ma decise di passare oltre alla faccenda della "Francia piena di persone" e di trovare un banco alla ragazza, che si mise a sedere accanto ad un tipo con gli occhiali in seconda fila.
«Dato che siamo in tema della Francia, ho deciso che farete una ricerca su questo meraviglioso paese. È pieno di persone, giusto signorina Campbell?» La prof squadrò Vanessa, che si nascose dietro ai suoi capelli mossi. «E dato che studiamo francese... dovrete fare la ricerca esclusivamente in questa lingua.»
Così dicendo, tutta la classe emise un lamento. Compreso io, che sbuffai; facevo schifo in francese.
«C'est la vie, ragazzi» sospirò felicemente la signora Morris. «E me ne accorgo se copiate tutto da Google Traduttore...» Continuò, soffermando lo sguardo su di me.
Dopo fece finta di niente, ma io me ne accorsi. Era possibile che in passato avessi scritto le mie ricerche e poi tradotte in francese. Volevo impiegare meno tempo, ma molto spesso Google Traduttore mi giocava brutti scherzi e scriveva parole incomprensibili, che poi la signora Morris leggeva e giudicava con una bella F. Alla fine dell'ora fu il momento di sorteggiare i nomi. Non mi facevo tanti problemi, tanto chiunque sarebbe stato più bravo di me in quella lingua. Alla fine venni sorteggiato proprio con Vanessa. Le cose non potevano andarmi meglio, se era stata sei mesi a Parigi doveva saper parlare il francese molto bene. Quando suonò la campanella, Peter corse affannosamente tra i banchi verso di me.
«Che fortuna che hai» sospirò una volta arrivatomi davanti. «Io sono stato sorteggiato con Gunter il goloso.»
Ridacchiai e presi i miei libri da sotto il banco. Feci per alzarmi dalla sedia, quando una ragazza mi venne incontro. Quando la guardai in faccia mi accorsi che era Vanessa e le feci un cenno con la testa.
«Ciao, io sono Chris.» Mi presentai, stringendole la mano.
«Vanessa, ma penso che lo saprai già.» Fece lei, sorridendo.
Insieme ci incamminammo per andare agli armadietti. Quando mi voltai verso Peter, lui mi fece l'occhiolino divertito. Voleva che ci provassi con quella ragazza, ma non era affatto nei miei piani. Roteai gli occhi al cielo, per poi seguire Vanessa nel corridoio.
«Allora... dato che dobbiamo fare la ricerca insieme, forse dobbiamo conoscerci meglio.» Suggerii, con le mani infilate nelle tasche dei miei pantaloni.
«Oh, okay.» Fece lei.
Restammo in silenzio per qualche secondo, intimiditi. Per interrompere quel momento di assoluto imbarazzo, feci un passo avanti e decisi di iniziare io.
«Mi chiamo Christopher Watson, vivo insieme a mia madre e alla mia sorellina Clarissa. Mio padre... è in giro con la sua fidanzata» feci una pausa, guardandomi i lacci delle scarpe. «Un tempo ero popolare, e... un filino stronzo, se posso dire.» Commentai ridendo.
Vanessa rise con me, e la cosa mi rassicurò. Se voleva conoscermi doveva sapere come stavano in chiaro le cose.
Più rilassato ripresi a parlare. «Ma poi ho spezzato l'amicizia con i miei amici, e il mio migliore amico si è messo con la mia ragazza. Perciò... alla fine ci ho messo una pietra sopra.» Conclusi sospirando.
«Dev'essere stato terribile...» commentò lei tristemente. «Ma almeno hai capito che quello che stavi facendo era sbagliato, no?»
Quello che disse era assolutamente azzeccato. Avevo imparato la lezione, nei peggiori dei modi, ma l'avevo imparata. Solo avrei preferito accorgermi di quello che stavo facendo da solo, non grazie a dei ragazzi ubriachi e un guidatore distratto. Io e Vanessa ci fermammo davanti al suo armadietto.
«Io sono Vanessa Campbell. Vivo con mia madre, mio padre e con due fratelli gemelli di dodici anni che mi fanno impazzire» ridacchiò leggermente. «Ho un fidanzato ed una migliore amica con cui condivido tutto. Li sentivo sempre in videochat, mentre ero in Francia.»
Fece una pausa per mettere il suo libro di francese dentro l'armadietto.
«La mia amica mi manca da impazzire...» Sospirò tristemente.
«Non sei tornata dalla Francia questo weekend?» domandai incuriosito.
«Sì» rispose Vanessa. «Il mio fidanzato Daniel mi è venuto a prendere all'aeroporto, ma la mia amica mi ha detto che ha la febbre e che non sarebbe potuta venire neanche a scuola. Frequenta il nostro stesso corso di francese, non vedo l'ora di vederla, spero che si rimetta presto!»
Detto questo, rimanemmo un attimo in silenzio. La sua vita era decisamente più appassionante della mia.
«Si possono appendere delle foto all'armadietto?» domandò la ragazza distogliendomi dai miei pensieri. «Ne avrei portate alcune...»
«Ehm... certo!» Risposi ancora con la testa sulle nuvole.
Anche io avevo appeso al mio armadietto delle foto con i miei amici, ma dopo le avevo strappate quando avevo rotto l'amicizia con loro. Vanessa sorrise e tirò fuori dalla sua borsa una fotografia di lei e il suo fidanzato, Daniel, e la appese con dello scotch all'interno del suo armadietto. Ero stupito che si portasse dello scotch nello zaino, io non avevo neanche la penna. Poi si voltò verso di me, che ero rimasta ad osservarla.
«Oh, scusa. Se vuoi le appendo dopo...» Disse imbarazzata.
«No, fai pure.» Alzai il pollice.
Lei sorrise e tirò fuori un'altra fotografia. Questa volta era abbracciata ad una ragazza bionda, ed insieme stavano ridendo. I miei occhi si spalancarono, quando diedi un'occhiata più ravvicinata a quella ragazza. Non era possibile. Ormai ci avevo perso le speranze.
«Lei è Judith, la mia migliore amica.»
La mia espressione allibita la stava incuriosendo sempre di più. Era lei, era proprio Judith. Perciò non era vero che lei non aveva amici... era solo che non le erano accanto. Certo che il mondo era piccolo, era stato un caso del destino ad averla ritrovata. Il mio viso divenne più cupo quando riflettei su come doveva sentirsi Vanessa sapendo che la sua migliore amica aveva cercato di suicidarsi.
«Mi dispiace molto.» Dissi, abbassando lo sguardo.
«Per cosa?» domandò lei, sorridendo.
Ero parecchio confuso. Com'era possibile che non se lo ricordava?
«Per... la tua amica.» Risposi allibito.
«Oh, tranquillo!» fece lei con un gesto di mano. «Si rimetterà presto, ha solo trentasette e mezzo di febbre.»
Okay, ora sì che ero confuso. Un attimo, questo voleva dire che... non gliel'aveva detto?
«Non... non sai quello che è successo?» domandai serissimo.
«Mmh... no.» Fece lei, sorridendo.
A quel punto non sapevo più cosa fare. Dovevo dirle la verità o lasciare che glielo spiegasse la sua amica? Forse lasciare a Judith il modo per dirglielo sarebbe stata la soluzione migliore. D'altronde chi ero io per intromettermi nella sua vita privata?
«Chris, glielo devi dire.» Disse Ed.
Sospirai. La mia coscienza aveva ragione, non era giusto lasciare Vanessa alle spalle di tutto. In fondo era la sua migliore amica, aveva diritto di sapere. Così mi feci coraggio e cominciai a parlare.
«Judith non ha la febbre. Ti ha mentito.»
Lo sguardo di Vanessa si fece serio.
«Come? Ma... tu che ne sai?»
«Vedi... Judith non se la passava tanto bene, a scuola.» Spiegai, cercando di essere delicato.
«Q-questo lo so, ma... ne abbiamo parlato in videochat, e pensavo se la stesse cavando...»
Vanessa sembrava preoccupata e aveva iniziato a balbettare. Io abbassai lo sguardo.
«Beh... non se la stava cavando. Per niente.»
«Chris, cosa stai cercando di dirmi?» domandò Vanessa ormai al limite della pazienza.
Sospirai, sicuro di quello che stessi facendo. Era per il suo bene.
«Judith ha tentato il suicidio, mercoledì scorso.»
Gli occhi di Vanessa si fecero lucidi. Le avevo vomitato tutto in faccia, ma non sapevo come altro dirglielo. La vidi nel preciso istante in cui perse la ragione, qualsiasi speranza. Doveva sentirsi malissimo.
«Come?!» la sua voce era disperata. «Non è vero, me l'avrebbe detto. Lei... mi dice sempre tutto!»
Mi dispiaceva vederla in quello stato, sapendo che non potevo fare niente per farla sentire meglio.
«Probabilmente non voleva farti stare male...» Mormorai, con un tono triste.
Lei aveva cominciato a piangere e a mettersi le mani sul volto nel tentativo di svegliarsi da quell'incubo. E io dovevo subirmi tutta la scena senza sapere cosa dire.
«Non è possibile» singhiozzò. «Avrebbe dovuto parlarmene, avrei potuto aiutarla!»
«Dai, vieni qui.» Dissi, abbracciandola.
Lo feci così, di petto. Quando ero piccolo e mi sentivo triste un abbraccio di mia madre era tutto quello che serviva per cambiare prospettiva, per rimettere tutto nel verso giusto. Aveva sempre funzionato, perciò provai a farlo per Vanessa. Lei si lasciò andare soffocata dalla tristezza, mi strinse fortissimo; stavo per soffocare, ma cercai di non farglielo notare.
«Lo sapevo che non dovevo andare in Francia» piagnucolò sulla mia spalla. «Dopo la morte di sua madre, Judith aveva solo bisogno di qualcuno che le stesse accanto. Sono una pessima amica...»
Vanessa mi faceva pena, sapevo che si sentiva in colpa anche se nulla di tutto ciò era colpa sua. Ma era nei momenti di tristezza in cui tutto il mondo sembrava crollarti addosso e cercavi di trovare tutti i motivi per cui la tua vita stava andando a pezzi.
«Non è vero» cercai di rassicurarla. «Hai solo seguito il tuo sogno, hai fatto bene. L'importante è che Judith non sia morta e che puoi ancora parlarle.»
Lei si staccò dall'abbraccio e tirò su con il naso.
«Hai ragione» disse, asciugandosi le lacrime. «Oggi andrò a parlarle e chiarirò tutto.»
Io annuii e le diedi qualche pacca sulla spalla, come per dirle di tenere duro.
«Ora devo andare in classe» disse allontanandosi da me. «Grazie, Chris. È stato un piacere incontrarti.»
La ragazza sorrise leggermente, per quanto in quel momento fosse possibile farlo. Le feci un sorriso di compassione e la guardai andarsene, ancora un po' scossa dall'avvenimento di prima.
«Anche per me.» Dissi, sapendo che non poteva sentirmi.
Mi girai e diedi un'occhiata al suo armadietto; si era dimenticato di chiuderlo. Sospirai e feci per farlo io, ma il mio sguardo fu catturato dalla foto di Vanessa e Judith. Lei sembrava così felice... ancora non ci credevo che precisamente una settimana fa l'avevo fatta piangere. Mi sentivo estremamente in colpa ed il pensiero di non poter scusarmi con lei mi stava crogiolando dentro. In fondo ero contento di aver conosciuto Vanessa, adesso potevo avvicinarmi sempre di più a Judith. Sarebbe stata solo questione di tempo, sarei riuscito a parlarle di nuovo, a capire il perché della sua decisione, e ad aiutarla. Perché io volevo aiutarla, farmi perdonare per tutto quello che le avevo fatto.
«Hai finito o vuoi restare qui a deprimerti ancora per un po'? Hai lezione!» mi ricordò Ed.
Sospirai, sapendo che aveva ragione. Sbattei l'armadietto e a passo veloce mi incamminai verso l'aula di letteratura, pronto per due lunghe e noiosissime ore insieme alla professoressa Turner.
//ANGOLO AUTRICE//
Allora allora allora...
Chiedo scusa per l'assenza!
La scuola è finita ma io ho gli esami (😩), che mi stanno togliendo tantissimo tempo. Purtroppo non sarò molto attiva in questi giorni, però state sicuri che dopo il 27 di giugno (quando finirò gli esami) posterò capitoli a manetta e voi non vi libererete mai di me😈
Ma adesso parliamo della storia...
Abbiamo una new entry, Vanessa!
Come vi sembra per adesso?
Oh, per non parlare del povero Peter che è sempre stato friendzonato...
Facciamo partire l'hashtag #PrayForPeter. Troviamo una ragazza a questo poveretto!
Ci vediamo al prossimo capitolo, comunque se riesco ne pubblicherò un altro in questi giorni.
Pace✌🏻
P.S. Auguro buona fortuna a tutti quelli che quest'anno hanno l'esame! (Domani sarà il primo giorno di scritti, help mee)
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