1. Il Black Out

Canzoni per il capitolo:
• Alarm ~ Anne-Marie
• Fairly Local ~ Twenty One Pilots

«Hey, bambolina! Bel completino!» esclamai, buttando per terra con un colpo di mano i libri che la biondina dell'ultimo anno teneva tra le braccia.

I miei amici risero, mentre la ragazza si chinava e in silenzio raccoglieva i libri di scuola. Dopodiché si alzò, evitando il nostro sguardo.

«Come sei tenera...» Commentò Miles, accarezzandole i lunghi boccoli biondi.

«Lasciami.» Mormorò la ragazza, scostandosi da lui.

«Oh, quindi la biondina non è muta!» commentò Tyler.

Eravamo attorno a lei, la ragazza indietreggiò, fino a toccare con la schiena gli armadietti della scuola. Amavo vedere le persone in difficoltà.

«Cosa volete? Non ho soldi con me.» Disse, con la voce tremante.

Io sorrisi e mi avvicinai a passo lento verso di lei. Posai il palmo della mano sull'armadietto, e ci appoggiai tutto il mio peso. La ragazza abbassò lo sguardo, messa in soggezione, mentre i miei occhi puntarono il gioiello che aveva al collo. Era un ciondolo, a forma di cuore. Doveva essere costato parecchio.

«Ma che bel ciondolo...» Commentai, sorridendo e prendendolo in mano. «È un regalo?»

La ragazza respirava a stento. Il terrore nei suoi occhi si poteva fiutare a chilometri di distanza. Una lacrima cominciò a scorrere sulla sua guancia, mentre i miei amici ridevano della sua debolezza così evidente.

«Era di mia madre.» Singhiozzò.

«Hey Chris!» esclamò Scott, dandomi una pacca sulla spalla da dietro. «Con quello puoi pagare Newt!»

Io girai leggermente la testa verso di lui. Aveva ragione, dovevo a Newt dei soldi. Ritornai a guardare la ragazzina, e sorrisi, mentre lei scuoteva la testa.

«No, no ti prego.» Sussurrò guardandomi negli occhi. «È l'unica cosa che mi rimane di lei.»

Per un secondo, un gustoso secondo, avevo pensato di fare la cosa giusta.

«Sta zitta.»

Le sfilai velocemente il ciondolo dal collo e mi allontanai da lei, sogghignando e passandomi il gioiello tra le mani. La biondina chiuse gli occhi e fece una smorfia di dolore, mentre le lacrime percorrevano le sue guance. I miei amici risero, e battei il cinque ad ognuno di loro.

«Sei grande, amico!» fece Miles, ridacchiando.

Io risi insieme a loro. Mentre ridevamo, la ragazza camminò via a passo veloce, con il viso piangente nascosto tra i suoi libri. Non mi importava né di lei né del suo stupido ciondolo, adesso potevo ripagare Newt dai i debiti che gli dovevo; anche quel giorno ero stato grande. Sorrisi e cacciai il ciondolo nella tasca dei miei pantaloni, lo avrei dato a Newt dopo le lezioni. Io e i miei amici ci girammo e camminammo per i corridoi della scuola verso l'aula di chimica. Tutti gli occhi erano puntati su di noi, eravamo i re della scuola. Ci divertivamo a fare soffrire la gente, a farla piangere. Era come se le loro debolezze ci rendessero più forti, ci nutrivamo della paura. Per questo rendevamo le altre persone uno schifo. E noi volevamo, che si sentissero così. Perché gli altri erano inutili, erano solo dei pedoni sulla scacchiera, delle sardine in mezzo all'oceano, delle margherite in un campo di fiori. Tutti ci temevano e ci adoravano, volevano essere come noi, anche se nella realtà non erano nessuno. In lontananza scorsi Bethany mentre parlava con le sue amiche. Mi avvicinai a lei e la baciai, prendendola alla sprovvista. I miei amici si fermarono, e rimasero a guardare la scena. Lei prese il viso tra le mani, mentre io le cingevo la vita. Mi staccai dalla brunetta e sorrisi, mentre le altre ragazze morivano di invidia.

«Come stai?» domandai, sorridendo.

«Chris, mi hai spaventato!» esclamò lei, incrociando le braccia.

«Oh, andiamo...» Feci io, cercando di incontrare il suo sguardo. «Tu non ci riesci a fare il broncio...»

Lei rimase in silenzio per qualche secondo, poi si arrese e sorrise.

«Già, hai ragione.» Disse, posando le sue labbra sulle mie.

Le sue amiche cominciarono a bisbigliare qualcosa, mentre ci baciavamo. Io e Bethany stavamo insieme da ormai due anni, ed eravamo conosciuti da tutti come la coppia più popolare della scuola, essendo perfetti l'uno per l'altra. Ci eravamo conosciuti ad una festa. Lei era popolare, io ero popolare; non c'era altro da sapere. Quando ci staccammo, Bethany mi prese la mano, sorridendo.

«Domani vieni a cena da me?» domandò, ciondolando con le nostre mani. «Conoscerai i miei!»

Io tolsi la mia mano dalla sua, e sorrisi, leggermente imbarazzato. Dovevo uscire da quella situazione.

«Ehm... mi piacerebbe, ma... domani devo andare al Black Out con i ragazzi...» Improvvisai, grattandomi la nuca.

I miei amici ridacchiarono, mentre Bethany corrugò le sopracciglia. Il Black Out era la discoteca più famosa della nostra città; era dove passavo la maggior parte delle serate.

«Ma...»

«Ciao, bella!» esclamai, tornando dai miei amici.

Sapevo che quando una ragazza ti invitava a conoscere i suoi, non era mai un buon segno. Potevo ritrovarmi in meno di un secondo con l'anello al dito.

«Stronzo.» Sbottò lei, prima di ritornare a parlare con le sue amiche.

Lucas mi diede una pacca fraterna sulla spalla, e riprendemmo a camminare.

«E così... alla fine ci vieni, al Black Out.» Incalzò Miles, sogghignando.

Sospirai. In effetti... quello che avevo detto a Bethany non era del tutto falso. I miei amici mi avevano invitato, ma io avevo rifiutato per poca voglia. Ci andavo sempre, quella sera avevo bisogno di riposarmi un po'.

«Non ho altra scelta, altrimenti Bethany mi ucciderà.»

Superammo un corridoio e spuntammo in un altro.

«Amico, devi rompere con quella ragazza.» Suggerì Tyler. «Essere fidanzati è stressante! Guarda me: quando stavo con Alexia ero incatenato, mentre ora sono un uomo libero!»

La relazione tra Tyler e Alexia non era durata neanche un mese. Quello che sapevo era che lei lo obbligava a stare ogni giorno da lei, e fare le faccende domestiche in casa sua. Lui si era finto malato per un intera settimana, pur di non vederla!

«Già, Alexia era un incubo.» Commentai. «Ma non ho intenzione di lasciare Bethany. Lei è popolare, Alexia è una sfigata che cerca fama.»

«Hey, stiamo pur sempre parlando di mia sorella...» Fece Lucas, guardandomi storto.

Tutti noi scoppiammo a ridere, tranne il biondo ossigenato. Mi ero dimenticato di quell'insignificante legame fraterno! Sì, amavo la mia vita. Potevo fare quello che volevo e quando volevo, non avevo nessuno tra i piedi. Non mi importava delle conseguenze, io agivo e basta. E non c'era nessuno, in tutta la scuola, che non conoscesse il mio nome.

***

«CHRISTOPHER WATSON!» urlò mia madre, con una voce acutissima.

Tenni gli occhi chiusi, e cominciai ad agitarmi lentamente sul mio letto. Odiavo quando mia madre mi svegliava così frettolosamente, probabilmente neanche la sveglia era riuscita a svegliarmi.

«Cosa vuoi, donna?» mugugnai, mettendo la testa sotto il cuscino.

«È da venti minuti che cerco di svegliarti! Arriverai in ritardo a scuola!» sbraitò lei.

Sbuffai e mi girai dall'altra parte. Mia madre sospirò, prima di cominciare a scuotermi. Non ottenne nessuna reazione da parte mia. D'improvviso, mi tolse il cuscino da sotto la testa e buttò le mie coperte per terra. Il freddo del mattino si impossessò del mio corpo tutto d'un colpo. Mi misi le mani sul viso, e presi un respiro.

«Che scassapalle!» bofonchiai.

«Come mi hai chiamata?!»

Mi madre mi prese per un orecchio e mi tirò con forza in piedi. Aprii gli occhi ancora assonati, e mi allontanai da lei.

«Ci credo che papà ti abbia lasciata per una venticinquenne.» Mormorai, camminando a passo lento verso la cucina.

Poco dopo sentii mia madre singhiozzare, e sospirai, continuando a camminare. Qualche anno dopo che era nata mia sorella, mio padre aveva tradito mia madre e lasciato casa, per andare con una ragazza molto più giovane di lui. Amber era molto più sexy e simpatica di mamma, per non parlare di tutti i soldi che possedeva... Insieme mio padre e Amber andavano in giro per il mondo, anche se lui non mi portava mai dei souvenir. In verità, non mi ricordavo nemmeno l'ultima volta che l'avevo visto. Da quel giorno... mia madre era diventata mentalmente instabile. Di notte io e mia sorella la sentivamo sempre piangere. A me non importava, ma Clary era una bambina, e ci stava male. Raggiunsi la cucina, dove trovai proprio lei, intenta a mangiare i suoi biscotti. Appena mi vide, mi guardò male.

«Hai fatto di nuovo piangere mamma.» Disse, abbassando lo sguardo.

«Non me ne frega un cazzo.» Feci io, andando ad aprire il frigorifero.

La stanza rimase in silenzio per un po'. Gli unici rumori che si sentivano erano i singhiozzi di nostra madre. L'atmosfera sembrava triste, ma noi ci eravamo abituati. Mi sedetti accanto a Clary, con un cartone di latte al cioccolato in mano. Versai il contenuto del cartone nella tazza appoggiata sul tavolo, e ne bevvi sorso. Diedi un'occhiata a Clary, che aveva uno sguardo cupo.

«Che hai? Ti è morto il gatto?» domandai, nervoso.

Lei rimase a guardare il vassoio con i biscotti.

«Prima hai detto una parolaccia.» Ricordò, con un tono severo.

Sospirai.

«Clary, hai otto anni.» Affermai, come se quella fosse una grande età. «Cresci! Il mondo non è fatto da principesse e unicorni!» sputai tutto d'un colpo, battendo un pugno sul tavolo.

Lei chiuse gli occhi, trattenendo le lacrime.

«Mi manca papà.» Piagnucolò.

«Papà se n'è andato, e non tornerà mai più!»

Preso da un attacco di rabbia, diedi un colpo al cartone di latte e cioccolato, che cadde per terra, sparpagliando tutto il contenuto sul pavimento freddo della cucina. Mia sorella si alzò dalla sedia e cominciò a piangere.

«Ti odio!» esclamò, correndo verso la sua stanza.

La osservai finché non sparì dalla mia vista. Avevo avuto un altro attacco di rabbia. Mi capitava spesso, da quando mio padre se n'era andato. Era più forte per me, non riuscivo a controllarmi. La mia rabbia infliggeva chiunque, era come una bufera di neve. Sbuffai e camminai verso la mia camera, lasciando la cucina così com'era. La mia famiglia era la parte brutta della mia vita, una crepa irreparabile. Ma con il tempo ero riuscito a crearmi una corazza da quello sporco mondo di tradimenti.

***

«Un altro bicchiere!»

La testa mi girava. E parecchio. Il mio cervello aveva trasformato le pareti del Black Out in una marea di luci e rumori. Quella notte avevo bevuto più del dovuto. Il mio cervello era in tilt, l'alcol si era fuso con il mio sangue. I miei amici mi incoraggiavano a bere ancora, la musica era al massimo del volume. Non capivo cosa stava succedendo, ridevo come un idiota, continuando a bere bicchieri su bicchieri di roba che neanche conoscevo. Rimasi incosciente, mentre baciavo ragazze a me sconosciute e ballavo finché i piedi non mi fecero male. Presi una bottiglia di tequila e la rovesciai sopra ad un ragazzo, che dopo aver imprecato camminò verso il bagno, mentre i miei amici ridevano e mi riempivano di complimenti su quanto fossi in gamba. Non mi ero mai sentito meglio. La sensazione di piacere svanì, quando d'un tratto svenni sulla pista da ballo.

***

Sensazioni. Le urla e le risate dei miei amici attraversarono la mia mente. Aprii leggermente gli occhi, per poi richiuderli di nuovo. Ero sdraiato sul sedile di un auto. Riaprii gli occhi e guardai davanti a me. Miles era alla guida della macchina, anche lui ubriaco fradicio. Attorno a lui, gli altri erano intenti a cantare una canzone e a ridere. Mi alzai leggermente e diedi un'occhiata al finestrino dell'auto. Riuscii a distinguere due luci davanti a me. Le luci si fecero sempre più vicine. Uno schianto. Delle urla. Caddi nel buio più totale.

***

Quando riaprii gli occhi, vidi dei signori davanti a me, con un camice bianco addosso. La mia mente ci mise poco a capire che erano dei dottori, e che mi trovavo in un ospedale. Uno aveva una torcia in mano, e la passava sui miei occhi. Altri erano nervosi, e continuavano a camminare da una parte all'altra. Guardai dietro di loro e scorsi mia madre e mia sorella, abbracciate e in lacrime. Che cosa mi era successo?

«Non ricevo segnali.» Disse uno dei dottori.

«Resisti! Resisti!» mi gridò una voce femminile.

Dovevo lottare? Non capivo, tutto era ancora molto confuso. Richiusi gli occhi, distrutto, come se al posto delle palpebre avessi due pietre pesanti.

«Lo stiamo perdendo!» esclamò una dottoressa.

Qualcosa in me si spense, insieme alla mia anima. D'improvviso, era come se stessi galleggiando sull'acqua. Tutto era calmo e... terribilmente rilassante. L'ultima cosa che sentii era un continuo "bip", per poi diventare un unico e lungo suono. La mia anima si spense. Poi, silenzio totale.

«Lo abbiamo perso.»

//ANGOLO AUTRICE//
Eccoci all'inizio di una nuova storia!
Ho deciso di aggiungere delle canzoni che potrete ascoltare mentre leggete, per immedesimarvi di più! Spero che la storia di Chris vi appassioni come ha appassionato me :)
Ci vediamo nel prossimo capitolo!

P.S. Ci tengo a ringraziare petrovxfire per la bellissima cover! Passate per la sua raccolta "Girl's craps » cover shop", è davvero brava xx

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