PARTE SECONDA
Prima di qualsiasi cosa BUON NATALE. spero lo stiate festeggiando bene e in armonia.
un grande bacio, e tanti auguri! (sono l'unica che a Natale non ha nulla da fare e carica su Watt)
Sara
Parte Seconda: zoe e Jordyn imparano a conoscersi
Capitolo sedicesimo
Il volto di Laura è così rilassato nella foto sulla tomba.
Così piccola, così bella. Sprigiona energia.
Da una parte i suoi genitori con dei fiori in mano. Un carro funebre e tanta altra gente dietro. Piangono tutti. Sento le loro vene pulsare e gi occhi farsi pesanti. I cimiteri non fanno al caso mio. Non fanno al caso di nessuno. Ma talvolta ci entro. e finisco sempre allo stesso modo: piango, mentre cerco di controllarmi. La felicità, infelice.
I fiori sulla tomba di Laura sono tutti colorati. Risaltano sul marmo bianco che fa contrasto ai vestiti neri delle persone.
Solo la mamma è vestita di rosa. È un vestito lungo e perfettamente stirato. Sopra ha un cardigan abbinato e di tacchi alti che evitano il contatto tra il tulle dell'abito e il suolo. Grandi lacrime le rigano il volto.
C'è una calda brezza, fa quasi caldo, il che è decisamente strano, siamo a fine novembre; ieri facevano quattro gradi. Il cielo non sembra voler aprirsi, e nuvoloni neri si avvicinano sempre di più. Ci sono solo lamenti, grida, note di tristezza e gemiti strozzati. Non c'è più armonia, non c'è più ordine. Solo il caos e l'agonia. Poi chiudo gli occhi e sento la mamma di laura farsi improvvisamente stanca, senza forze, mentre si butta sul suo divano con un turbante in testa e l'accappatoio appallottolato vicino alla tv. Respira a malapena e cerca di non pensare. Si copre il viso, mentre il marito è per terra vicino al letto di Laura nella sua cameretta. Io sono totalmente fuori luogo, mentre realizzo quanto io sparisca sempre di più, quanto la gente mi mandi via, quanto mi brami, quanto mi odi.
è una giornata come tante eppure mi ha colta alla sprovvista. Come se fosse arrivata d'improvviso la primavera. O come se mi fossi svegliata dopo secoli di riposo. È una giornata come tante e io non smetto di passeggiare tra vie che so a memoria e farmi discorsi che non fanno altro che peggiorare il mio stato d'animo. È una giornata di sempre, con il cielo grigio e le mie scarpe da ginnastica ai piedi, eppure sembra come se io stia vedendo tutto questo per la prima volta.
Il dolore accompagna tutti. Jordyn. Madelyn. Zoe. I genitori di Laura. Me.
Tutto sembra crollare, come se mi stessero tagliando in tanti pezzi, massacrandomi. È una giornata senza senso, o forse la più importante di tutte. È troppo tardi?
Zoe: Papà la devi smettere con questa storia, so badare a me stessa. E poi sei il primo a disinteressarti. Cos'è, lo spirito Santo è sceso su di te facendoti ragionare?
Papà di Z: Esigo rispetto! Tu non andrai da nessuna parte! Oppure vuoi scappare di nuovo? Questa volta potrebbe essere l'ultima e lo sai, la porta non sarà sempre aperta.
Zoe: ah! Sai che perdita. Io me ne vado!
Sento dei piedi pesanti sul parquet e altre grida. È da ore che litigano e io non ce la faccio seriamente più a sentirli. Come potete ben capire i rapporti tra di loro non sono migliorati.
Zoe è rimasta ben due settimane a casa di Tristan, e il padre non l'ha chiamata nemmeno una volta. Chissà forse per orgoglio, o per rabbia, o per senso di colpa. Soltanto il quattordicesimo giorno si è presentato sotto casa del ragazzo, ha citofonato, ha fatto scendere la figlia e ha detto semplicemente "prepara le cose e sali in macchina".
Allora Zoe aveva ripreso a piangere peggio di quando lo aveva lasciato davanti alla finestra in cucina, con un bicchiere d'acqua in mano. Il viaggio era stato silenzioso e pesante. E Zoe si accorse che aveva quasi dimenticato il tragitto di casa.
Poi lasciando la valigia in macchina, si era rinchiusa in camera sua. L appetito le era passato e non mangiò fino al giorno dopo quando svenne tra le braccia del migliore amico che la portò al fast-food e la fece abbuffare.
Il padre amava il fatto che la figlia fosse di nuovo in casa, come odiava il saperla infelice con lui. Io penso che quando le ferite siano troppo grandi non ci sono rimedi, e il tempo non fa che peggiorare le situazioni, invece che, come molti dicono, guarirle.
Ora sono entrambi in casa, lui a fissare uno schermo acceso sull'ennesima partita, e lei in camera a perdersi nel paesaggio esterno affacciata alla finestra.
Entrambi nello stesso luogo ma a miliardi di chilometri di distanza, mentre le loro menti convergono nello stesso identico punto: La paura.
Paura di non tornare più come prima, perché le cose una volta rotte, forse non tornano indietro.
Madelyn se ne stava zitta sul suo seggiolone mentre giocava con un trenino di gomma. Era una bambina taciturna, parlava con gli occhi. Aveva dei grandi occhi chiari. I genitori discutevano allegramente mentre preparavano le ultime cose per il pranzo. Quel giorno venivano gli zii e la nonna, ma la piccola Madelyn non si rendeva conto. E poi era testarda, eccome se lo era.
Odiava i vestitini eleganti più dell'odore della benzina che impregnava la macchina nei fine settimana. E non c'era verso di farglieli mettere.
"Dai Madelyn sforzati, metti questo benedettissimo vestito. Per favore" il padre ci aveva perso due ore ma la bambina continuava a sbattere i piedi al letto e scuotere la testa.
poi era entrata la mamma che aveva sospirato coprendosi il viso con le mani.
"vorrà dire che mostrerà il suo pigiamino nuovo agli zii, vero amore?" allora la madre l'aveva presa in braccio e avevano aspettato per iniziare a mangiare.
Undici anni più tardi Madelyn non aveva ancora imparato a vestirsi a modo per l'occasione e si divertiva a scherzare con il cugino di quattro anni più grande che la prendeva in giro per il suo pigiama a stelline.
"Smetila!" ridevano insieme fuori la porta della villetta.
"E dai, vieni con me, ti farò una sorpresa" la condusse sul ciglio della strada e poi scappò in casa.
"Wow Jeremy bello scherzo intelligente. Sai che-"
si ritrovò davanti agli occhi un pacchetto tutto rosso abbastanza grande ma non troppo.
"Non dovevi io.. i miei mi ammazzano se scarto prima di domani mattina"
"Per oggi faranno un'eccezione" risero insieme.
Lei aprì il pacchetto e ne uscì fuori un tubino nero con del pizzo qua e la. Arrossì immediatamente e rimase meravigliata dalla bellezza di quell'abito.
"Ora. Devi andare a provarlo"
"io non metterò questa cosa"
"Questa cosa, come la chiami tu. Ti piace da matti e ti si legge negli occhi. Ora muoviti o te lo metterò io con la forza"
Si ritrovarono nella camera dei genitori di Madelyn impacciati e impauriti. Lei di non essere all'altezza del vestito. E lui di far vedere la curiosità che nascondeva per la pelle candida della cugina, per la prima volta, un po' scoperta. Il vestito fasciava il suo corpo da quattordicenne e lui penso che tutti le avrebbero fatto i complimenti.
"Ora mettici le scarpe giuste" indicò quelle con il tacco nere.
"no, io.."
"Andiamo, ma di cosa hai paura?"
Madelyn si stette zitta. Mise le scarpe da ginnastica, uscendo veloce dalla stanza e mettendosi a sedere a tavola a testa bassa sotto gli occhi di tutti che per discrezione non fecero domande. La verità è che non sapeva nemmeno lei cosa aveva. Una cotta segreta per il cugino? Paura che non fosse abbastanza per qualsiasi ragazzo? D'altronde tutte le sue amiche avevano fatto esperienze su esperienze. E lei?
Dopo poco il cugino fece capolino in salone e le si mise seduto vicino che però non gli rivolse la parola per tutta la sera. Per fortuna tutto si concluse bene quando lui le poggiò la mano sulla coscia sussurrandole che era bellissima e che andava tutto bene. Lei lo abbracciò, mettendo da parte le sue paure, almeno per quella sera.
Nella casa di fronte la loro un'altra famiglia festeggiava la vigilia del natale, ma non in allegria. Mary era stufa, chiusa nella sua cameretta al secondo piano che dava sulla strada mentre guardava le altre case illuminate, tutte quelle nella loro via, tranne la sua. La stanza era al buio e lei piangeva. Il padre era come sempre ubriaco e la madre era chiusa in camera mentre tremava dalla paura cercando di curarsi i lividi e le ferite aperte provocate dalle mani pesanti del marito.
Il fratello bussava alla sua porta ma lei non apriva. Gli occhi gonfi e il dolore di passare un altro Natale in quelle condizioni.
Poi si aggiusta tutto. Le ripeteva il fratello durante le notti di pianti e grida.
Ma lei sapeva che non era così.
Poi Mary vide una ragazza uscire dalla casa di fronte e un ragazzo seguirla con un pacchetto in mano. Vide il vestito, sentì le emozioni che lei non aveva mai provato. Sentì invidia più di tutto il resto quando quei due rientrarono in casa. E un disperato bisogno di farli soffrire a tutti e due, seppur non conoscendoli.
Poi sentì una porta sbattere e un grido della madre. Fece in tempo a vedere se stessa levare il coltello dalle mani del padre e spingerlo fuori casa. Guardare la casa in disordine, il fratello che tremava fissando il posto dove il padre aveva lasciato l'ombra di sé stesso pronto a colpirlo. La madre per terra piena di lividi in volto e sulle braccia mentre ad occhi chiusi si lasciava andare al sonno. Poi del freddo che la investiva nuovamente e il padre che si allontanava ridendo nel buio della notte. Un capogiro, la vista che si faceva nera. E le risa della gente felice nelle case del quartiere che non erano la sua.
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