9. FIDATI DI ME (5.0)







Mi abbandonò all'ultimo, la mia fidata spalla dai capelli bianchi e gli occhi rossi, perché ancora nervoso dall'ultimo scontro con Alessandro: "Vai tu Sofia. Però non fare tardi, io starò sul terrazzo a guardare da lontano."
Così feci, non c'era più tempo, dovevo raggiungere il più grande dei Mangiaterra alla piscina.

Una volta arrivata vidi Ale, sull'orlo dell'acqua, con le braccia e le gambe aperte, ed il volto in superficie: "Era da tanto che non mi buttavo in quest'acqua" – disse sentendomi lì vicino, mentre spingeva il collo per guardarmi in faccia – "Spero di non aver creato alcun disturbo."

Aveva il costume quella notte, strano, forse non era più di moda il bagno nudi.

Risalì sul bordo, raccolse la sua maglietta a terra, e si asciugò mentre io mi sedevo di fianco a lui.
Poi disse una frase a mio parere incredibile, inaspettata, scioccante quanto semplice: "Mi sei mancata Sofi."

Sofi, solo lui mi chiamava così, in modo dolce, creando un legame più confidenziale, mentre per me egli esisteva solamente per completare gli ingredienti della mia tavola: pane, olio e vino.

"Pure tu" – dovetti mentire – "Ma non avete saputo aspettarmi, credermi, quando invece la prova per essere Mangiaterra richiede questo no? Fiducia. Io l'avevo promesso: sarei tornata ogni estate."

"A me non hai promesso un cazzo" – sbuffò.

Strano, mi pareva quasi geloso di me e Michele, ma com'era possibile? Io ed Ale non avevamo il ben che minimo rapporto, solo compagni, ma lui era più legato a Michele e Paolo che a me. Forse era solo per rimproverarmi e basta, permaloso com'era, soprattutto da stanco, come quella volta che si era comportato freddamente nei miei confronti per niente, la prima sera a casa di Giulio, nella cameretta di Ale.

"L'ho promesso a Michele però. Poteva anche riferirlo a te!"

"Non lo ha fatto ... la gente ultimamente mi racconta solo bugie: tua nonna, Michele, mio padre. Tutti."

"Giulio ti mente?" – chiesi perplessa, non mi pareva una cosa da lui.

"Oh sì. Tutte le sue stronzate su Dio, non sono altro che bugie. Ci ho pensato grazie a te sai? Vedevo del scetticismo nei tuoi occhi ogni volta che si pregava o parlava del Signore. Mi facevi sentire inferiore, non mi piaceva."

"Ma io non sono credente. Come potevo altrimenti?" – le sue parole mi turbavano, non ero intenzionata certo a fargli perdere la fede, ma sembrava colpa mia.

"Hai fatto bene, perché mi sono impegnato molto sui libri insieme a Michele. Ciò che abbiamo scoperto, leggendo, sfogliando, guardando ogni tanto sul web, è una cosa sola: Dio non esiste."

Rimasi muta per un po', osservandolo, passandomi una mano sui lunghi capelli ormai liscissimi da mesi, poi dissi: "Una volta capito che Dio è una finzione ... lo avete detto a Giulio?"

"Oh sì. Sai Sofi, gli ho proprio sputato in faccia la verità, che lui si ostinava a non credere. Adesso non mi parla più, dice che sono un eretico, una pecorella smarrita.
Così ha preso Michele con sé, invasandolo ancora di più con le sue puttanate Cristiane.
Michele è in un bivio, da una parte vorrebbe ignorare le regole di mio padre, mentre dall'altra pende completamente dalle sue labbra.
Per questo abbiamo litigato."

"Avete litigato?" – una serie di situazioni mi disturbavano con il susseguire del suo parlare, narrandomi tutto il suo anno senza di me.

"Sì, abbiamo litigato per mesi, finché non abbiamo realizzato che stavate per tornare. Grazie a questa consapevolezza ci siamo ripresi, tornando i fratelli di una volta. Ma è giusto così, tra fratelli si deve anche litigare."

Ero felice, in qualche modo la mia esistenza aveva riappacificato i due, e di questo mi volevo prendere tutto il merito stando in silenzio sorridente.

Ale continuò: "Però tua nonna ci ha mentito, facendoci credere che non sareste mai più venuti a Spezzano Albanese. Non hai idea di quanto abbiamo sofferto Sofi.
Ci siamo anche allontanati nuovamente, fin quando un giorno un uomo e la sua figlioletta non sono venuti alla casa abbandonata, attaccando un cartello, lo stesso che tu hai buttato giù col piede.
La figlia si guardava intorno, una ragazza dai capelli neri e la pelle bianca, bianchissima, più della tua!"

"Tiziana" – dissi io socchiudendo gli occhi.

"Esattamente ... quella ragazza ci vide, nascosti tra gli alberi, perché Michele piangeva penso. Forse aveva sentito il suo lamento. Per quello aveva addolcito lo sguardo continuando a guardare dalla nostra parte."

"Michele piangeva?" – sobbalzai.

"Sì, tanto anche, mentre io gli chiudevo la bocca con le mani. Proprio un debole non credi?"

No, non concordavo con Ale, per me Michele si era dimostrato più umano di lui, rispondendo in qualche modo a quel cartello di vendita, come io avevo reagito calpestandolo.
Ma non dissi nulla, lasciai che Ale ignorasse il mio silenzio e continuasse a raccontare: "E' stata lei Sofia. Si è ripresentata nel nostro rifugio e ci ha tranquillizzati, pareva quasi sapere bene che saremmo stati lì. La conoscevamo Tiziana, a scuola tutti ci conosciamo. Ma noi, io e Michele, siamo sempre in disparte, asociali con tutti. Lo siamo sempre stati."

Detestavo il suo modo di perdere il filo del discorso, mi spiegò che da due anni lui non frequentava più le medie con Michele, ma quell'anno si erano ritrovati tra le mura scolastiche delle superiori, all'Istituto Professionale per l'Agricoltura.

Ale diciassettenne e Michele quindicenne, entrambi insieme ad imparare qualcosa sulla natura che tanto amavano. Ma era davvero così? Una cosa, del suo discorso discontinuo, mi colpì molto: pareva quasi ripudiare tutte le sue scelte di vita, la religione, la natura, la famiglia, come se all'improvviso si fosse reso conto di essere stato indotto a comportarsi seguendo tali insegnamenti.

Mi rattristò moltissimo questo lato di Ale, mi pareva improvvisamente lontano persino da Spezzano Albanese, quasi non riuscisse più a rientrare nella tavola che io tanto vantavo di bandire: non era più uno degli ingredienti d'obbligo del mio banchetto.

"Tiziana ci guarì Sofi. Che tu lo voglia capire o meno, lei ha fatto sì che Michele si lasciasse andare, accettando anche qualche piccola trasgressione dalla religione di Giulio. Ritornando davvero mio amico fidato, quello che non riconoscevo da tanto tempo. Pure io ero tornato felice, perché non c'era più quell'unica persona capace di farci litigare l'uno con l'altro, fino a picchiarci."

"Di chi stai parlando?" – domandai, tanto ormai la regola dei Mangiaterra, sulle interrogazioni, pareva quasi un ricordo lontano.

"Di te Sofi. Io e Michele ti volevamo allo stesso modo, ma solo per uno dei due. Se tu non fossi più tornata e Michele si fosse lasciato amare da Tiziana, io, nel mio piccolo, potevo continuare a pensarti sospirando ogni notte. Immaginandoti e basta. Come una figura mistica, come Dio, non lo vedi eppure lo senti vicino."

Rabbrividii, le sue parole mettevano un disagio che mai avevo conosciuto prima, una sensazione di viscidume, stranezza, e indifferenza totale verso i suoi sentimenti per me, che non riuscivo a capire come fossero nati.

"E' lo stesso motivo per cui odio Paolo" – aggiunse – "Lui può averti sempre, tutta per sé, mentre noi con te avevamo a malapena qualche ora al giorno. Lo sapevamo che tu amavi solo lui, eppure ci provavamo di continuo a strapparti dalle sue braccia! Per tutta l'estate."

Io non potevo credere alle mie parole, persino Michele doveva pensare questo di me, una usa ragazzi, una persona orribile che aveva giocato con i sentimenti di tutti, sfruttandoli e obbligandoli ad attendermi in eterno durante la stagione calda.
Iniziavo a capire come mai il mio disprezzo per Tiziana, il mio malessere per la perdita di Michele, erano cosa effimera se paragonato allo strazio di non essere ricambiati in eterno da una persona.

Però non era questa la realtà, ci eravamo lasciati fregare tutti quanti da una serie infinita di malintesi.

L'unico che per davvero non era corrisposto si trovava di fronte a me, dichiarandomi tutto il suo amore, ed io non riuscivo a pronunciare una sola sillaba oltre le mie labbra serrate.

"Ma ora tu sei tornata Sofi ... come si fa?" Mi guardò intensamente, cercando un senso di approvazione nel mio sguardo, avvicinandosi sempre più verso di me.

Sentii prima le gocce dei suoi capelli cadermi addosso, poi le sue labbra fredde e rugose toccare le mie, afferrandomi con le mani grandi dietro la nuca.
Mi obbligò a baciarlo, il mio primo bacio con un ragazzo, del tutto involuto e inaspettato, ma quando mi resi conto di quello che stava accadendo mi scansai, con fatica, da lui.

Aggrovigliò la fronte: "Perché sei qui se non lo vuoi anche tu?"

"Volere cosa Ale? Baciarti? No, non lo voglio, io sono qui per capire che è successo mentre non c'eravamo!"

"Non dirmi balle, sei qui per me, per vedermi nel nostro posto, al buio, e sono certo che desideravi anche tu questo bacio! Altrimenti ti saresti portata dietro lo schiavetto."

Il suo cervello si era creato un po' troppe illusioni e glielo feci notare, ma lui non volle smettere, riavvicinandosi e provando a riportarmi verso la sua bocca, ma questa volta mi alzai di scatto in piedi.

"Ho detto di no Ale. Noi siamo amici e basta!"

"Uomini e donne non sono amici Sofi, se stai con Paolo basta dirlo, ma allora come fa lui a lasciarti sola con me in questo posto?"

Allora gli diedi corda, urlandogli contro una menzogna, pur di farlo indietreggiare: "Sì, sono la ragazza di Paolo, lo sapevate già mi pare. Allora smettila. Sono qui solo per risolvere con tutti quanti!"

"Sei una puttana Sofia!" Furono le sue ultime parole, prima di alzarsi anche lui dal bordo piscina e rifugiarsi nell'oscurità del bosco, senza lasciarmi rispondergli a tono.

Mi aveva offesa per niente, non meritavo le colpe per il suo amore, se fosse stato Michele avrei capito, perché le mie azioni la scorsa estate erano state abbastanza chiare: Paolo era il mio amico fidato, Michele la mia cotta ed Ale l'ingrediente che univa tutti insieme, nulla più. Non gli avevo mai dato modo di pensare altro, si era creato da solo delle illusioni su noi due, e con prepotenza si era spinto alle mie labbra, rubandomi un momento che avevo conservato per qualcun altro.

Non dissi nulla a Paolo degli ultimi minuti passati in piscina con Ale, gli narrai tutto il resto, poi lui mi offrì come ogni notte il suo abbraccio per dormire insieme, ma lo rifiutai.

Le mie azioni improvvisamente non mi parvero più semplici ed innocenti come prima, ma ogni mia scelta sembrava avere un peso ed un significato diverso a seconda dell'individuo con cui volevo condividerla.

Perciò no, non potevo più dormire tra le braccia di Paolo, impaurita che anche lui si facesse dei castelli nella mente, come era successo ad Ale.

Quell'estate diventava sempre peggio, ogni giorno che passava, lacerandomi dentro.

Mi addormentai con questo pensiero in testa, mentre oltre i miei occhi vi era solo il buio finalmente, quel buio in cui riuscivo a trovare pace e non più paura.

Il pomeriggio dopo decidemmo insieme di dirigerci al rifugio, la casa nel bosco, per parlare con Michele, l'ultimo con cui ancora nessuno si era confrontato.
Ci ripensai mille volte prima di incamminarmi per davvero, ma Paolo mi costrinse con il suo volto malinconico e sconsolato, a cui non potevo più resistere.

Entrammo senza chiedere il permesso a nessuno, in fondo quella era anche casa nostra, ma non vi era nessuno dentro.

Li aspettammo al piano di sopra, nella camera con l'armadio, dove la vista della finestra ci concedeva di vederli arrivare da lontano.

Giunsero nello stesso momento, ma in due sentieri diversi: Michele e Tiziana ci sorpresero sbucando dal retro della casa, imboccando un angolo di destra e sgattaiolando dentro l'abitazione velocemente; Ale invece doveva venire da casa sua, fuoriuscendo dai tronchi e i cespugli, come al solito.

Non riuscivo a muovermi, mi venne l'insana idea di nascondermi dentro l'armadio, aspettando che se ne andassero via per tornarmene a casa. Paolo mi prese una mano e mi diede coraggio: "E' il momento!"

Quegli occhi verdi di Michele, mi erano mancati da morire, eppure non desideravo più incrociarli: scendemmo le scale e si girarono subito, sentendo i passi.
Sostavano davanti alla porta di entrata, in attesa che Ale li raggiungesse, ma ora eccoli, tutti e tre, gli occhi verdi e azzurri dei due fratelli, e quelli di Tiziana – di cui non ricordo il colore – puntati contro di me.

La prima a parlare fu proprio la ladra, Tiziana, rivolgendosi a Michele: "Ancora questa? Che cazzo ci fa qui di nuovo?"
"Non ne ho idea" – rispose lui senza staccare il suo sguardo dal mio, per un attimo mi sembrò che sorridesse – "Ciao Sofia. Stai bene oggi?"

Iniziai a tremare, spostandomi i capelli da un lato all'altro in modo maldestro.

"Sta bene sì" – disse Paolo – "A te come va?"

Michele e Paolo si diedero una forte stretta di mano, poi il calabrese lo spinse contro di lui, abbracciandolo calorosamente e parlandogli in dialetto: "Da quanto pulitu benedittu."

Scorsi per un attimo l'espressione di Paolo, mentre finivo di scendere le scale, e pareva quasi in paradiso, come se avesse ritrovato anche lui un fratello perso.

Mi sentii in colpa per averli allontanati per così tanto, di nuovo quella fastidiosa sensazione di peso, un problema per tutti quanti. Se io non ci fossi stata avrei sicuramente risparmiato molto dolore a tutti quanti, eppure anch'io soffrivo: che schifo che era crescere.

"Questo chi è?!" Abbaiò Tiziana contro Ale.
"E' il ragazzo di Sofia" – rispose lo spilungone ruba baci.

In quel momento Paolo si staccò da Michele, girandosi verso di me, che tenevo la testa bassa, rossa per l'imbarazzo di aver mentito.
Portò la sua bocca vicino al mio orecchio e sussurrò: "Devo fingere che stiamo insieme vero?"

Mi venne quasi da piangere, Paolo mi stava concedendo non più una spalla d'aiuto, ma tutto il suo corpo, anzi, anche il suo spirito, pur di rendermi felice.

Non dissi nulla, non volevo decidere per lui, così mi prese la mano ed annunciò davanti a tutti che: "Io e Sofia stiamo insieme, volevamo dirvelo ma per qualche strana ragione pensavamo che non fosse ben accetta una coppia di innamorati nel gruppo. Ma Michele e la sua ragazza ci hanno dimostrato il contrario."

Silenzio, nessuno che diceva niente, vidi solo Tiziana che per la prima volta mi guardava con aria felice, sollevata che non fossi una minaccia per lei.

Passammo la giornata tutti insieme, nella nostra casa, raccontandoci l'anno passato, i giorni contati per rivederci, le prediche di Giulio, i suoi insegnamenti, il suo calore che mi mancava, ma mai quanto mi era mancata la mano calda di Michele sulla mia. La sfiorai una sola volta, per sbaglio, ritirandola subito riaggrappandomi al braccio di Paolo, eppure sorrisi, felice di averlo sentito.

Rimanemmo seduti in cerchio nel salone spoglio della dimora, poi venne il buio, lo splendido blu scuro che ci oscurava tutti, rendendoci magicamente più belli, interessanti e anche legati. Un unione che solo Tiziana non riusciva a capire, cercando di attaccarsi ai nostri discorsi senza mai riuscirci e dimostrandosi più volte disinteressata alle spiegazioni sulla coltivazione degli uliveti.

Una sola cosa ci accumunava: Tiziana era da sempre stata atea, proprio come lo ero io, ma ciò non mi interessò affatto.

Capii solo in quel momento perché ero persa delle parole del mio trio preferito, perché proprio Michele, Paolo e Ale erano per me il pane, l'olio e il vino. Semplice in effetti la risposta: erano diversi da me, era questo che mi attirava inesorabilmente a loro.

Motivo in più per rilegare Alessandro al più distante dei miei interessi, visto che dai suoi racconti emergeva quanto la natura, la religione e le lezioni di vita di Giulio non gli importassero più.
Non era ateo, no di certo, riconoscevo un ragazzo quando mentiva, ed era proprio ciò che Ale continuava a ripeterci, bugie a cui nemmeno lui credeva. Il suo allontanarsi da Dio non era altro che una menzogna che egli cercava di convincersi essere reale, ma se non ci riusciva con noi figurarsi con sé stesso.

Mentre il sole svaniva del tutto Tiziana prese finalmente la parola: "Andiamo in centro" – disse, alzandosi, già pronta a incamminarsi, puntando con una mano aperta quella di Michele. Lui si appese alla sua morsa e si mise in piedi, accettando la proposta.

Ci chiese di andare con lui ma non mi pareva il caso, meglio lasciarli soli pensai, ma soprattutto, dovevo dimenticarmi di lui, pur standoci vicina.

Le nostre strade tornarono a dividersi quella sera.

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