8. L'ULTIMO TEST




8. L'ULTIMO TEST (1/2)


Ci ritrovammo così io e Paolo a passare da soli le giornate, camminando per la casa abbandonata, gironzolando da soli, cercando di addobbarla e abbellirla con il poco che avevamo e riuscivamo a fare, finché non furono di ritorno anche gli altri.

Mancavano ormai solamente sei giorni, poi saremmo partiti per il Nord, lasciandoci alle spalle quella bizzarra ed indimenticabile estate.

Avevo scordato il litigio, volevo solo vederlo, stare con Michele fin quanto mi fosse possibile, perciò mi feci trovare lì quel pomeriggio, insieme a Paolo, nel nostro rifugio. Sì, nostro, perché ormai il contrario pareva quasi sminuire la mia stessa presenza, il mio esistere e il mio aver condiviso con loro quelle spensierate giornate calde.

Fu davvero inaspettata la sua reazione appena mi vide, seduta sul gradino fuori la porta senza anta, non mi sorrise, non mi trattò male, si abbassò, vicino a me, stringendomi forte: "Ora devi superare la terza prova. Sempre se non scappi di nuovo!"

Volevo dirgli che non c'era tempo per quei giochi, doveva rapirmi e portarmi con sé, oppure nasconderci per sempre insieme in quelle mura lasciate alla natura, vivendo di quello che si trovava e scappando nelle piscine altrui per divertirci, per sempre. Ma non lo feci, annuii con la bocca serrata e gli occhi dolci.

"Questi tuoi occhi ebano" – disse – "Sono così furbi e pericolosi."

Pericolosi? Mi riteneva una persona pericolosa? Non chiesi nulla, era la regola, ma rimasi con lo sguardo aperto in attesa di una sua motivazione, ma non aggiunse niente, alzandosi con me e passandomi come una palla ad Ale.

Anche lui mi strinse forte, era la prima volta che lo toccavo, sembrò strano solo a me, sentivo il suo sorriso sul mio collo, per lui era tutto normale.
Non mi ero mai avvicinata veramente a lui, in vero, di tutti era quello che risaltava meno, forse perché il più lontano per l'età.

"La terza prova" – iniziò a spiegarmi Ale – "E' la prova della fiducia."
"Dimmi cosa devo fare" – gli risposi, alzandomi sulle punte dei piedi, com'ero solita a fare quando volevo sentirmi più sicura.

"E' molto semplice, e ti legherà per sempre a noi. La prova della fiducia è anche un piccolo sfogo per gli altri membri del gruppo. Ogni tanto ci possiamo giustamente confidare con uno solo dei Mangiaterra, ad esempio io potrei parlare solo con te di una questione che mi riguarda. Capisci?"

Guardai Ale con la bocca semiaperta, forse sembravo scema, ma ero affascinata da quest'ultimo test, più delle precedenti volte: "Sì sì" – risposi.
"Bene" – continuò il ragazzo moro – "Quindi ora a turno ognuno di noi ti dirà un segreto, che soltanto a te potremmo confidare. Se uno del gruppo verrà a saperlo, tu, verrai esclusa dai Mangiaterra per sempre."
"Fammi un esempio per piacere."
"Semplice: io ho sognato qualcuno morire, non voglio dirlo agli altri ma solamente a te. Un piccolo segreto tra noi due, ma se lo dici ad altri del nostro quartetto, verrai bandita. Chiaro?"

Chiarissimo quanto pericoloso (altro che i miei occhi), non ero una gran pettegola ma detestavo ci fossero segreti tra persone che si conoscevano , eppure dovevo accettare: "Voglio ulteriori spiegazioni. Cosa intendi che 'ogni tanto i membri possono confidarsi con me'?"

Ale si mise a ridere: "Semplice" – pareva tutto facile per lui a quanto pare – "da oggi in poi, se accetti, potremmo confidarci con te ogni tanto, in privato, e tu dovrai tenere la bocca chiusa."

Praticamente un vincolo a vita, ma gli strinsi comunque la mano nonostante fossi contrariata, inaugurando questa 'prova della fiducia'.

Il primo a dirmi un suo segreto fu Paolo, io dovevo semplicemente attendere a ruota uno di loro sul retro della casa.
Paolo mi confessò di non volersi fare prete, cosa che mi aveva già detto, ma chissà perché, in quel gioco, lo presi finalmente sul serio.

Poi fu il turno di Ale, avvicinandosi sempre più al mio orecchio mi disse: "Mi ecciti Sofia."

Lo spinsi via e gli chiesi quale fosse il suo problema, scoprendolo con la lingua di fuori, quasi volesse addentarmi l'orecchio stesso.
"Stavo scherzando bimba. Sei troppo piccola per me! Il mio segreto è che a volte vorrei che Michele non ci fosse."
Poi se ne andò, scappando con un ghigno in faccia, mentre io pietrificata non sapevo cosa frullasse nella testa di quel ragazzo, che tutt'un tratto, mi faceva paura.

Forse entrare nei Mangiaterra non era una così buona idea.

Per fortuna arrivò Michele, l'unico da cui volevo davvero sentire qualcosa.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top