15. ESTATE 2013



15. ESTATE 2013 (1/2)

Era caldissimo quel fine Agosto, un afa come quello del 2013 non lo avevo mai percepito. Le temperature facevano soffrire anche i più temerari contadini di Spezzano Albanese, quelli che pure a mezzogiorno riuscivano solitamente a lavorare la terra, come Giulio.

Ma non quel fine Agosto.

Ricordo che più stavo ferma e più colavano gocce di sudore e indipendentemente che fosse un sudore sudicio e giallo o trasparente, la puzza condensata nella maglietta si spargeva ad ogni mio minimo movimento.

I capelli erano così gonfi che a fatica mi arrivavano al collo, la pelle era perennemente sporca, gli occhi esausti e affaticati, le mani e i piedi appiccicosi, la bocca costantemente secca.

Appena udivo da lontano il due ruote di Giulia avvicinarsi accorrevo fuori, bisognosa di una corsa su quel mezzo a motore, in cerca di un minimo d'aria.

Quando però mancava, restavo dalla nonna, l'unica che si fosse comprata un benedettissimo ventilatore.

In vero glielo prese mia madre dopo che la trovò svenuta in casa, ma questo lo seppi solo qualche ora dopo da Paolo, con una conversazione fredda e rapida, ché già era molto di quei tempi.

Ridevo persino di lui, fissandolo avviarsi verso la piscina ricoperto dalla testa ai piedi di crema solare, un omino di latte pronto a sciogliersi in un minuto, ed io che facevo l'altezzosa dentro le mura della nonna, rinfrescata dal getto del ventilatore.

"Perché avete litigato?" – mi chiese la dolce vecchietta.

La fissai stupita, era davvero una donna attenta per la sua età: "E' così chiaro nonna?"

"Cristallino." Rispose senza battere ciglio.

"Abbiamo due visioni del mondo molto diverse ... negli anni si cambia" – rimisi la testa volta verso la finestra, seguendo l'abbagliante figura di Paolo che si allontanava.

"Simili non lo siete mai stati, però vi volete bene, questo conta più di molte cose."

Aveva ragione, lo sapevo, ma non lo ammisi, alzai una spalla e sbuffai.

Lei continuò: "Sai Sofia, non tutti possono andare d'accordo tra di loro, ma quando c'è un'amicizia così pura e sincera come la vostra, è un peccato sprecarla per qualche stupida idea diversa. Esiste il dibattito, non serve per forza alzare un muro contro gli altri."

Le sue parole mi perseguitarono per tutta la vita, e non faticai a capire cosa intendesse, ma ci tenne a spiegarsi meglio, forse perché con la vecchiaia il suo lato criptico e indecifrabile si era rammollito, o semplicemente aveva voglia di parlare.

"La tua nuova amica mi sembra una brava giovane sai? Però non puoi forzare Paolo a voler bene a tutti. Accetta che ne voglia a te, e fate pace. Mi prometti che ci provi piccola mia?"

Guardando la faccia sognante della nonna, riflessa nella finestra, dissi: "Promesso nonna."

Già, come se valessero le mie promesse con lei: ricordavo ancora quel libro, Peter Pan, che mai negli anni era stato letto. Ormai la lettura era una cosa che rilegavo al solo studio liceale, senza più fantasticare in racconti di grandi autori.

Ma quella promessa, quella fatta di sguardi nascosti tra i vetri, la trovai così potente e importante, da volerla rispettare a tutti i costi.

Mancava poco, dannatamente poco alla fine della mia estate e il mio definitivo addio a quella terra, Spezzano Albanese, un volere che non avevo ancora annunciato a nessuno.

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