12. DICIASSETTE ANNI 5.0
"C'è altro di questa parte di storia che vuoi sapere? Se vuoi posso saltarla ..."
"Allora perché dirmela?" – dissi sorridendo, accettando che la vita, quella notte, mi prendesse un po' in giro.
"Perché mi tornerà utile più avanti ... ma dei vari incontri segreti tra Michele e Tiziana posso anche non parlarne."
'I vari incontri segreti' risuonò nella mia mente con un eco incessante: "Suppongo si trovassero quando non era con me ... non mi serve conoscere altro, grazie lo stesso."
Paolo aveva iniziato a fumare l'altro spinello, ormai non capivo nemmeno come riuscisse a parlare, con tutta quell'erba e quel alcool in corpo: "Estate 2012 giusto? Quella del campeggio di Giulio."
"Il cosa?" – chiesi io.
"Immaginavo non lo ricordassi, tu non sei potuta venire."
Nella mia mente nulla di tutto ciò riecheggiava, non avevo alcuna memoria né di un campeggio né dell'impossibilità di fare qualcosa.
"Il campeggio a Sibari lo chiamavano. Era la prima volta che ci andavo io ..." – iniziò a ricordarmi Paolo – "Lo facevano ogni anno Giulio, Ale e Michele, durante la notte di San Lorenzo. Si andava a Sibari, si cercava una spiaggia libera e si dormiva sulla sabbia o dentro una tenda, guardando le stelle cadenti.
Ma nel 2012, l'anno in cui andai anche io, non lo fecero a Sibari come da programma, ma si organizzarono per occupare il bosco dei Mangiaterra.
Giulio ci teneva molto a vivere per una notte intera dentro la selva, ci parlava di quel posto come un luogo sacro, magico.
Ricordi Sofia? Diceva sempre: 'Qui è dove è nata la mia famiglia, dove crescerà e prospererà. Questo bosco è come l'eden, il paradiso in terra, non rovinatelo mai peccando o Dio ci sbatterà tutti lontano'.
Così ci ripeteva lui: se noi pecchiamo, Dio, non ci lascerà mai questo paradiso."
Si mise a ridere, una risata quasi nervosa: "Il buon Giulio ... lui aveva capito tutto. Davvero tutto."
Abbassai la testa, guardandomi i piedi, perché mi sentii davvero punita, pareva che Giulio avesse predetto la nostra maledizione sin da piccoli.
"Ti stavo raccontando di quel campeggio però ... il dieci agosto del 2012, ci trovammo nel bosco con le nostre tende. Eravamo tutti uomini, solo maschi, su queste cose Giulio era un tipo all'antica si sa. Tu non potevi venire, eri una ragazza, ma non te la sei presa, anzi, era bene che stessi un po' a casa con tua madre.
Lei era tutta sola ... oppure fu l'anno dopo?"
"No. Fu proprio quell'anno che mio padre non venne. A dire il vero ..." – riflettei, era un argomento molto toccante per me e non sapevo se avevo la forza di affrontarlo – "A dire il vero nemmeno l'anno prima mio padre scese a Spezzano. Pensavo fosse per via delle ferie a Londra."
"Esatto, esatto ... or dunque il dieci agosto tu rimanesti con Anita in casa, mentre io partecipai alla notte di San Lorenzo, con Giulio e gli altri.
Non vedemmo neanche una stella, Giulio aveva programmato tutto quanto per farci una predica delle sue, a nostra insaputa. Ignorava che Michele e Ale si stessero staccando ormai da mesi alle regole da lui imposte."
Lo guardai confusa: "Di che regole parli?"
Sbuffò, come se gli avessi chiesto una cosa stupida: "Palese dai! Non erano più attaccati alla religione che predicava Giulio. Volevano vivere il momento, attenendosi solo all'istinto."
Turbai ancor più il mio sguardo: "Non sono d'accordo ... io quando ci penso rivedo noi quattro che stiamo in mezzo agli alberi, sostenendo ciò che Michele aveva scritto nel suo diario: ci saremmo occupati di queste lande per sempre, onorando il Signore e mangiando ciò che la terra ci offriva.
Le cose mi sembravano abbastanza pacifiche quell'estate."
"E' vero ..." – ammise – "Ma se devo dirla tutta mi sembravano solo cazzate. Un metodo per allungare l'arrivo dell'adolescenza, cercando di restare innocenti il più possibile. L'innocenza se ci pensi l'avevamo già persa tutti: Ale aveva fatto sesso con Tiziana, io avevo compiuto l'abominevole gesto di poggiare le mie labbra su quelle di un mio fratello ... e tu, beh anche tu Sofia avevi scoperto l'amore, il piacere, insieme a Michele."
Provai a farlo tornare al suo discorso, non mi andava di riflettere troppo su queste cose, paradossalmente non lo avevo fatto nemmeno a quindici anni. Come diceva Paolo, cercavamo di vivere il momento, senza cattivi pretesti o mal intenzioni: "Come mai stavi parlando del campeggio?"
"Ti raccontavo le prediche di Giulio. Ci finì in mezzo anche Michele, nonostante lui non c'entrasse nulla con quella vicenda.
Qualche giorno prima i tuoi versi rimbombavano di albero in albero, raggiungendo persino il rifugio. Io e Ale stavamo lì, sentendo ogni tuo gemito come se ti avessimo a fianco. Vi eravate come al solito imboscati, credendo di tenerci nascosto tutto, ma sapevamo, ormai era chiaro, e i tuoi suoni non erano altro che una conferma.
Rimanemmo in silenzio, Ale si scocciava ogni secondo che passava, senza fiatare. Io allungavo l'orecchio, sperando di sentire anche i versi di Michele oltre ai tuoi, e farli miei, immaginandomi lì. Ripugnante non trovi?
Quando intorno a noi non ci fu più nessun rumore, Ale raccolse un mattone da terra, o una calce probabilmente: si alzò ordinando di seguirlo.
Disse: 'dobbiamo fare un dono a Dio'. Io non capivo bene cosa intendesse, finché non ci trovammo davanti ad un grande albero con un buco tra le radici, coperto dalle foglie.
Mi spiegò che dentro il foro viveva un gattino, di al massimo due mesi. Si era ferito e Ale aveva provato per giorni a guarirlo, medicandolo e portandogli del cibo, ma non pareva risollevarsi in alcun modo.
Scoprii la tana ed effettivamente vidi un gatto inerme, che a malapena respirava.
Ale mi passò la pietra dicendo: 'finiscilo, ormai la sua vita sta per spegnersi. Se lo farai, conducendolo tra le braccia del Signore, verremmo salvati da tutta l'impurità di cui queste terre si sono nutrite in questo mese.'
Parlava di voi, del vostro amore, che non era nulla di orrido come lo faceva sembrare lui.
Iniziai a piangere, tremando, osservando quella creatura con gli occhi chiusi, in attesa del mio colpo mortale.
'Fallo Paolo!' Mi urlò contro: 'Fallo o finiremo all'inferno. Cosa cambia dalla carne che Dio ci offre ogni sera? E' solo un animale.'
Lui urlava, gridava, era rabbioso, mentre io soffrivo e vibravo come una foglia al vento. Alla fine cedetti e colpii il gattino."
Paolo si fermò, mise le mani di nuovo tra i capelli, muovendoli tenendo il capo basso, lasciando scoprirmi la stempiatura che cresceva.
Mi parve di viverlo quel momento, lo guardavo e non pensavo ai capelli persi, ma osservavo il bambino che era stato, lo stesso dolce ragazzo che mi regalava i fiori, che mi abbracciava durante la notte più buia; ma la persona che avevo di fianco era anche quello che mi aveva colpita alla gamba con un bastone, all'età di dodici anni, quello che, se pur spinto dalla voce maligna di Ale, aveva scagliato una pietra contro una piccola bestiola indifesa. Quanto era contorto questo personaggio, che nonostante tutti i mali, gli volevo ancora tanto bene, come la prima volta.
"Che è successo dopo?" – chiesi sfacciatamente, abbassandogli le mani, tenendogliele strette, così che si facesse coraggio.
"Il gattino ..." – lo fermarono i singhiozzi – "... il gattino era più che vivo in vero, ma Ale mi aveva mentito. Mi aveva fatto credere che era stato accudito, che era in fin di vita. Ma non era vero, la realtà è che dormiva, così bene che nemmeno il nostro bisbigliare lo aveva disturbato.
Era troppo tardi però ... si agitava, svegliato non tanto dallo spavento, ma dall'ammaccarsi del suo cervello sulle foglie, probabilmente si chiedeva 'perché'.
Già, perché mai era stato punito in quel modo? Per il volere di Dio? No. Era stata una scelta, di Alessandro ... e mia. Mia più di tutte, ché la pietra sulla sua testolina l'avevo premuta io.
L'unica cosa giusta che fece Ale in quel momento, fu raccogliere il sasso, finendo il povero micio, ormai sfinito di dimenarsi sul terreno, in cerca di risposte che nessuno di noi aveva."
Rabbrividii ad ogni sua parola. Eppure me lo sentivo, ero certa che quella storiella si portasse in spalla un macigno di errori e orrori. Ormai era la nostra croce, tutti noi, chi più chi meno, avevamo reso quella terra un posto sporco, che nulla ha a che fare con i Santi e le cose buone.
C'eravamo solo noi adesso, io e Paolo, il marciume che ci circondava in quella casa decadente e vecchia, puzzolente di abbandoni, era lo stesso nostro, quello delle nostre anime sporche, piene di risentimenti.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top