Capitolo 22.



La notte leoni e la mattina...

E proverbio più azzeccato di questo non poteva esserci e il mio mal di testa ne era la conferma.

Era successo un casino ieri notte, letteralmente, ed io volevo solo sotterrarmi all'idea.
Alla fine Terence verso le quattro del mattino mi aveva riportata a casa e il viaggio era stato piuttosto silenzioso.
Con Jake e Katie invece non era cambiato nulla, non mi avevano più richiamata, messaggiata o cercata, e questo ovviamente mi aveva sollevato parecchio dato che ero una grandissima fifona e scappare dai problemi era la mia professione.

La verità era che avevo paura e chissà per quale motivo. Non avevo il coraggio di alzare la cornetta e chiamare Katie, per parlare di quello che era successo, per spiegarle il motivo per il quale avevo reagito in quel modo.

Non avevo il coraggio di parlare con mio fratello, a quattr'occhi senza litigare come la scorsa notte.
Avrei voluto spiegare le mie ragioni in maniera totalmente differente, ma qualcosa in me ieri notte era scattato.

Mi alzai dal letto con la testa vorticante, mi diressi verso la finestra e alzai le persiane preparandomi alla luce del sole, ma la neve che mi si presentò davanti mi fece sgranare gli occhi.

<< Porca vacca che cosa è successo dalle quattro del mattino in poi? >> quasi urlai in preda alla gioia.

Amavo la neve, tantissimo. Mi ricordava un sacco di bei momenti dell'infanzia, delle palle lanciate agli amici, dei pupazzi fatti insieme a Jake, che se non avessimo litigato mi avrebbe già chiamata come faceva ogni anno.

E così anche quel sorriso che credevo impossibile far uscire questa mattina e che si era impossessato del mio volto, si spense, e me ne andai in cucina a prepararmi una bella tazza di caffè caldo.
Sorpassai Puzzolo che non ci pensò due volte a seguirmi e presi i biscotti situati nella solita credenza.

Mi appoggiai al ripiano fissando davanti a me, con la testa dolorosa ma vuota.
Puzzolo si mise davanti attraendo la mia attenzione e incominciò a fissarmi.

<< Che c'è? >> gli chiesi, mentre lui non batteva ciglio.

Molto probabilmente si stava chiedendo del perché del mio poco entusiasmo.
Lo vidi sparire in corridoio e feci spallucce sorseggiando il mio buonissimo caffè ma subito dopo ritornò con il guinzaglio in bocca e mi rincominciò a fissare.

<< Non farai sul serio? >> chiesi io stupita.

Lui abbassò la testa da un lato in tutta risposta e fece una specie di mugolio che mi fece ridacchiare.

<< D'accordo hai vinto! Vado a vestirmi >> gli sorrisi dopo che abbagliò, e corsi in camera a prepararmi per uscire.

Quando aprii il portone del condominio, una folata di aria fresca mi gelò la faccia.
Si congelava e le strade erano completamente imbiancate, tutto quanto era ricoperto di neve, dai tetti dei negozi agli alberi maestosi. Schiacciai la neve con i miei stivali e sorrisi come una bambina, fino a quando Puzzolo incominciò a tirarmi correndo.

<< Puzzolo cosa stai facendo?! >> gridai.

Non passarono nemmeno due secondi che, quando aumentò la corsa, il mio cane mi fece inciampare e cadere di faccia sulla neve sotto ad un mio gemito.
Mi girai dalla posizione di sacco di patate e guardai il cielo sempre sdraiata su quel velo di freddo. Il mio cane si avvicinò di corsa e mi leccò la faccia dopo aver abbaiato.

<< Che schifo! >> risi io, mettendomi seduta.

Feci una palla di neve e glie la tirai addosso ridendo, così lui rincominciò a correre e ad abbaiare.
Senza accorgermene eravamo finiti in un parco poco distante da casa mia.
Mi guardai attorno e non vidi più Puzzolo, ed il mio cuore iniziò a battere all'impazzata.

<< Puzzolo! >> urlai, girovagando in quel parco, dove qualche bambino giocava con la neve, mentre alcune madri rimanevano sedute sulle panchine a ghiacciare.

Sentì delle risate dietro ad una siepe e corsi veloce per andare a vedere se c'era lì il mio cane.

<< Puzzolo.. >> pronunciai ancora quando arrivai davanti alla siepe.
Mi sollevai sulle punte e mi protesi davanti per sbirciare e vedere a chi appartenevano quelle risate infantili.
Puzzolo stava giocando sopra di una bambina mentre lei rideva e lo accarezzava.

<< Puzzolo alzati subito >> lo rimproverai io sorpassando la siepe e andando a prenderlo.

Il mio cane si tolse dal corpicino della bimba svelandomi il suo volto che, io, conoscevo.

Era Marilyn, la nipotina di Terence.
Era proprio lei, quella che avevo conosciuto al supermercato quando stavo facendo la spesa con Terence.

<< Ciao Marilyn! >> la salutai sorpresa, mentre lei mi guardò per un attimo, alzandosi in piedi << Sono Catherine, ti ricordi? >> le domandai, mentre lei annuii affannosamente.

<< Ciao Catherine >> mi sorrise lei << È tuo questo cane? >> mi chiese accarezzandolo di nuovo, sotto lo sguardo compiaciuto di Puzzolo.

<< Si >> gli risposi io sorridendole.

<< È bellissimo! >> rise lei, giocando con lui e continuando ad accarezzarlo

<< Stai attenta che poi non ti molla più >> l'avvissai mentre lei scoppiò a ridere di nuovo.

Mi guardai attorno con un cipiglio sul volto e non potei fare a meno di notare che era sola.

<< Sei da sola? >> le domandai abbassandomi alla sua altezza, mentre lei scosse la testa.

<< No, sono con zio Rence, solo che è andato a prendere la mia frittella che volevo làggiù >> m'indicò le bancarelle di Natale, attorno al parco << C'è la mamma della mia amica Celia che mi guarda >> concluse lei, per farmi capire che non era sola.

Quindi zio Rence era nei paraggi e io ero orribile e di certo l'ultimo dei miei desideri era di farmi vedere in questo stato.

Speravo non venisse proprio ora, giusto il tempo per salutare Marilyn e prendere Puzzolo per andarcene via.

<< Eccolo guarda sta arrivando! >> mi disse poi Marilyn, facendomi girare dal lato in cui Terence stava camminando e facendomi imprecare mentalmente.

Il suo corpo atletico era fasciato da un paio di jeans neri, un maglione bianco e una giacca nera, e ci raggiunse con uno sguardo confuso, probabilmente nel vedermi.

<< Zio Rence guarda c'è Cathe con il suo stupendissimo cane, ne voglio uno anche io me lo prendi perfavore? >> disse velocemente la bambina avvicinandosi a Terence che la guardò sorridendo con in mano un pacchetto molto probabilmente contenente la sua frittella.

<< Lo zio non ti può prendere un cane Mar, quello lo devi chiedere a mamma e papà >> gli rispose lui abbassandosi per guardarla negli occhi << Ma in compenso ti può comprare tutto il cibo del mondo >> finí, passandogli il sacchetto e regalandole un sorriso che mi fece quasi sciogliere.

Era chiaro che Terence mi stava facendo un effetto strano da ieri notte, magari ero sotto ad un incantesimo di qualche stupida strega oppure in discoteca mi avevano drogata e questo spiegava anche la sfuriata, ma di certo non poteva piacermi così ogni qualvolta faceva il dolce.

Si alzò dopo che Marilyn prese il sacchetto con un gridolino di gioia e ritornò dal mio cane e mi guardò mezzo compiaciuto.

<< Ti mancavo già e mi hai cercato? >> sorrise lui mettendosi le mani in tasca.

Il venticello gli faceva svolazzare i capelli marroni e qualche ciocca li era finita sulla fronte e su di un occhio, aveva anche il naso rosso e le labbra più rosee del solito.

<< Ma ti pare? Stavo passeggiando, non è che sei tu quello che sentiva la mia mancanza e che ha portato apposta la nipotina nel parco più vicino a casa mia? >> chiesi stando al gioco e facendo un sorriso malizioso.

<< Si.. forse >> ridacchiò lui facendo spallucce.

Poi, improvvisamente una palla di neve sfrecciò sul collo di Terence e sentii riecheggiare il suono di una pernacchia, mentre io spalancai la bocca.

<< Zio Rence hai visto come sono brava al tiro a fersaglio? >> urlò Marilyn, intendendo bersaglio e facendomi scoppiare a ridere.

La faccia di Terence era impagabile e questo mi fece piegare dalle risate ancora di più, mentre lui guardò storto la sua nipotina e poi anche me.

<< È così che si fa allo zio che ti ha portato la frittella? >> disse lui divertito e incominciando a rincorrerla sotto le sue risate << Sei una piccola peste >> concluse acchiappandola.

Finirono azzuffati nella neve e me ne approfittai per fare anche io una palla di neve e lanciarla addosso a Terence, almeno per aiutare Marilyn.

<< Perché non te la prendi con quelli della tua taglia? >> gli domandai mentre Marilyn mi raggiungeva euforica.

<< Vi siete coalizzate contro di me? >> chiese alzandosi mentre Puzzolo gli girava attorno, forse perché dalla sua parte << Comunque non so quanto ti convenga Cath, devo ricordarti com'è andata quella volta che mi hai sfidato a casa tua mentre facevamo i muffin? >> aggiunse, mentre io lo guardai sempre più furbesca.

<< Perché avete fatto i muffins e non mi avete chiamata? >> mi chiese Marilyn guardandomi.

<< No, non intendeva Muffins lo zio
Rence! >> le rinfilzai come scusa.

Feci velocemente un'altra palla di neve e glie la lanciai incominciando a correre e a ridere.

Poco dopo, una palla mi colpí il sedere e mi fermai con la bocca spalancata, mi girai e fissai Terence che mi fece l'occhiolino compiaciuto.

<< Ehi guardate là vendono le caramelle! >> urlò Marilyn incominciando a correre verso ad una bancarella << Andiamo >> aggiunse poi, mentre Puzzolo la rincorse.

Terence mi raggiunse sogghignando, mentre io ero rimasta ferma ancora con la bocca aperta e anche divertita.

<< Sappi che questa me la pagherai >> gli dissi quando raggiungemmo Marilyn e Puzzolo alla bancarella.

<< Se vuoi per farmi perdonare ti tolgo la neve dalla tuta >> mi sussurrò stuzzicandomi con uno sguardo malizioso.

Lo guardai mezza scioccata di nuovo, mentre dentro di me urlavo di strapparmi i vestiti di dosso, con quella battutina a dir poco provocante.

Stavo letteralmente uscendo fuori di testa, almeno si sarebbero spiegati i miei pensieri.

<< Non ci pensare nemmeno >> feci in tempo a dire prima che Marilyn ci richiamò.

<< Ci sono quelle all'arcobaleno >> disse saltellando.

<< Prendi quelle che vuoi, te le avevo promesse al supermercato >> le sorrisi e lei mi abbracciò lasciandomi sorpresa per l'ennesima volta in quella giornata.

<< Sei troppo bella grazie! >> saltellò Marilyn facendomi scoppiare a ridere per il complimento.

Mi girai per guardare Terence che mi osservava con uno sguardo addolcito.

E mi resi conto che avevo anche io bisogno di mangiare degli zuccheri, se volevo uscirne viva dai suoi sguardi.

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