33. Ritrovo - Hazel
Un ragazzo bellissimo mi viene incontro, sul suo volto appare un sorriso e le guance si tingono di rosso.
Rivedo la mia casa e confusa inizio a correre da lui.
Indosso un vestito bianco che vola da tutte le parti mentre non gli stacco gli occhi di dosso, i piedi nudi congelati che per poco non scivolano su una superficie così lucida. Lui indossa una camicia bianca e dei jeans, i piedi scalzi come i miei ma sono sicura che sarà caldo, a differenza mia.
Non dice nulla, si limita a studiarmi con occhi attenti e neri, che seguono ogni mio minimo passo. Senza pensarci troppo su, mi ci getto addosso cingendolo con le braccia e aggrappandomi come una bambina a lui.
La sua altezza mi fa venire i brividi, ma non mi interessa. Quello che conta ora è che siamo insieme, che queste poche ore passate distanti sono state orribili, che lui è qui.
Credevo di morire dopo essermi punta, invece ho incontrato Arasia, che ho scoperto essere mia sorella.
Vorrei dire parole incoraggianti a James, ma invece di dirgli un ti amo mi limito a sussurrare un "scusa se ho scelto te", detto con il cuore in gola.
Sì, mi devo scusare davvero, perché non credevo che avremmo sofferto così.
Non credevo che avrebbe preferito la morte rispetto che restare nell'altro mondo.
Non so perché, ma credevo che sarebbe stato solo felice che me ne andassi, e invece eccolo qui, che mi sorregge con le braccia e mi abbraccia con una dolcezza che non credevo avesse.
"James, io non posso" dico poco dopo mentre camminiamo fianco a fianco. Non ha ancora detto una parola, e quando sento la sua voce sussulto.
"Non puoi cosa?"
"Non posso rimanere con te, io devo andare al regno, devo sconfiggere gli altri."
"Ma siamo morti..." lo guardo con tenerezza e ripenso alle parole che mi ha rivolto Arasia.
"Non siamo morti, siamo a metà tra due mondi, questa è stata una prova per vedere chi scegli: se me o il tuo mondo. So solo questo però, non so se tu possa passare per così tante volte da una dimensione all'altra. È pericoloso."
"Non siamo morti? Ma Arasia..."
"Arasia sta solo aspettando che Connor arrivi qui da lei, è paziente come ragazza. Ha lasciato a me il compito di finire la guerra, di proteggere la mia famiglia."
"La tua famiglia non si merita la tua protezione" sussurra arrabbiato lui.
"Lo so che sono stata un errore, non c'è bisogno che tu me lo ripeta continuamente."
"Non intendo questo, intendo che io posso darti molto di più che le ferite che ti procureresti entrando in guerra. Guardati, moriresti durante il primo giorno..." non ha tutti i torti, ma non potrei fare diversamente.
"E cosa consiglieresti tu?"
"Affrontarla insieme, non permettermi di allontanarmi da te come ho già fatto, aiutami ad aiutarti."
Mi supplica e mi guarda con due occhi ai quali non riesco a dire di no e allora lo prendo per mano iniziando a camminare velocemente.
Corro come non ho mai corso, nemmeno per andargli incontro ero così carica.
"Corri!" urlo mentre inizio ad avere il fiatone: per uscire da qui, bisogna arrivare alla fine della stanza, alla fine del vuoto, e per riuscirci bisogna acquisire velocità.
La mia mano nella sua è l'unica cosa che mi rassicura, anche quando il respiro manca, gli occhi si chiudono e le gambe tremano, il vuoto sotto ai piedi.
Ci schiantiamo per terra e mi graffio il viso e le ginocchia.
"Ahia" sento dire dal mio compagno che mi stringe più forte la mano.
"Tutto bene?" chiedo tirandomi seduta a fianco a James. Si siede pure lui e osservo il suo viso alla luce naturale per la prima volta. Allungo una mano per accarezzarlo, ma quando lui distoglie lo sguardo, perde la magia e mi sento in imbarazzo: le guance diventano bollenti in contrasto all'erba sotto di noi.
"Ma questa non è erba" commento a voce alta per cercare di riordinare le idee.
"No che non lo è" mi fa eco lui.
Mi alzo titubante in piedi e mi ghiaccio i piedi quando vanno a contatto con la neve ghiacciata. Il lago è uno specchio e i ghiaccioli decorano i salici che ci sono attorno al castello.
Poi studio quella che dovrebbe essere la mia casa, ripercorro i suoi profili rimarcati e gli spigoli vivi, le vetrate di colori diversi, il balcone di camera mia che è molto triste rispetto a quando io ero qui.
È tutto così triste che non riesco a immaginare che questo sia il posto in cui sono cresciuta.
"Questo è il regno dei tuoi genitori...?" chiede perplesso James.
"Benvenuto a Dawngrove! Prima non era così, davvero, era molto più bello..." cerco di giustificarmi, ma sembra che James non voglia giustificazioni, bensì voglia che io stia zitta mentre lui contempla il paesaggio.
"Ma questo posto è bellissimo... io... non credevo che tu vivessi in un posto del genere..."
"Vieni, tu mi hai fatto vedere il tuo mondo, io ti faccio vedere il mio..."
Entriamo dalla finestrella delle cucine, in cui non c'è nessuno.
Ammira i grandi banconi su cui ci sono pane raffermo, patate, cavoli e molti ortaggi, pentole, coperchi e mestoli che creano disordine.
Mi avvicino ad uno sgabello vicino al tavolo di legno più antico che conosca e mi ci siedo sopra.
"Quando mia madre da piccola mi sgridava, venivo qui. Le cuoche sono sempre state molto gentili con me, e una aveva comprato con i pochi soldi che aveva questo sgabello per me, così sarei arrivata al tavolo. Le aiutavo a cucinare, sai?"
"Credevo che il personale odiasse tutte le persone che avevano a che fare con la nobiltà..."
"Oh, è così, ma sapevano tutti che i miei genitori mi odiavano, che ero stata un errore, così tutti mi trattavano bene per far arrabbiare mio padre."
Mi avvicino alla porta e controllo che non ci sia nessuno.
Percorriamo un po' di strada (James è colpito dalla grandezza del castello e guarda tutto a bocca aperta) e arriviamo davanti alle due camere che ho sempre adorato: la mia e quella di Madden.
Faccio per aprire la stanza di mio fratello ma è chiusa a chiave da dentro, così entro nella mia e chiudo la porta dietro a James.
"Questa è la mia stanza..." annuncio avvicinandomi all'armadio.
"Hai i vestiti... quelli veri?"
"Veri?"
"Quelli che usate voi, sai cosa intendo!"
"Oh, sì! Dovrei avere anche dei pantaloni della tua misura" stacco la parete in fondo dell'armadio ed entro in camera di Madden.
Guardo tutto con malinconia e studio il pianoforte, il letto su cui abbiamo giocato tanto da piccoli e delle casse di legno dentro le quali ci sono tutti i suoi oggetti personali.
"Tua madre non vuole più riconoscerlo come figlio..." mi scendono le lacrime dagli occhi mentre guardo i vestiti di mio fratello buttati in una cassa, violandone la dignità.
"Queste... queste andranno bene." dico schiarendomi la gola e porgendo delle scarpe e una giacca pesante a James.
Mi prende per un polso e lascia cadere i vestiti.
"Piangi? Hazel, guardami in faccia." Il mio nome pronunciato da lui mi fa venire i brividi e mi obbliga alzandomi il viso a guardarlo negli occhi.
"Perché piangi?"
"Per tutto, James. Guarda il casino che ho fatto!" non mi trattengo più e piango sulla sua spalla, lui non mi stringe, probabilmente imbarazzato dalla situazione, ma non si sottrae nemmeno alle mie lacrime che gli bagnano i vestiti.
"Guarda! Tutto il castello è in rovina, mio fratello è dimenticato da tutti, le cuoche probabilmente sono state cacciate tutte via, i gemelli... i gemelli non so nemmeno dove siano! Mio padre non oso immaginare dove sia sepolto o in che condizioni sia e..."
"E poi ci sono io" sussurra lui.
"Tu?"
"Io che sono venuto qui per aiutarti, perché quando ho aperto la porta della tua camera, io e Connor ci siamo sentiti vuoti. Quando ho letto la tua lettera di addio, avrei voluto poter tornare indietro nel tempo e non lasciarti andare, avrei voluto stringerti e obbligarti a stare là, a casa."
"Mi... mi dispiace, non fosse successo tutto questo... tua madre come farà? E Aviana?"
"Loro staranno bene, quella che ha bisogno ora sei tu: hai sempre l'ansia di aiutare gli altri che non ti prendi mai cura di te stessa."
Ci stendiamo vicini sul letto di Madden, cercando di dormire.
Le tende scure non lasciano passare la luce e gli spifferi gelidi mi fanno tremare. Sono stanca, ma non riesco a chiudere occhio.
Il suono delle trombe mi fa alzare gli occhi che poco prima erano fissi sulla mano che mi cinge il fianco: il castello sembra popolato da molta gente, visto la quantità di voci che circolano e non mi permettono di addormentarmi.
Sento il respiro pesante di James e immagino che stia dormendo, piano piano mi giro per guardarlo in faccia.
Non appena vedo il suo viso a pochi centimetri dal mio e sento il suo respiro investirmi le guance, inizio a fissarlo, ad ammirarlo.
Le occhiaie che ha sotto agli occhi mi dissuadono dall'idea di svegliarlo: sembra così indifeso, un bambino che prende sonno e su cui la madre deve vegliare.
Mi stringe a sé come se fossi la cosa più importante che ha in tutta la sua vita, e questo pensiero mi agita un po'.
Un altro rumore di trombe, poi dei passi dall'altra parte della porta.
"Mia signora, dove desidera che siano messi i corpi del re e..."
"Cosa hanno sentito le mie orecchie? Come hai chiamato quel lurido uomo?" una voce che non è affatto quella di mia mamma mi fa sorgere dubbi.
"Intendevo dire del... dell'uomo che..."
"Quante volte te lo devo ripetere? L'uomo che ha rubato il mio trono! Ecco come si chiama quel lurido verme!" la voce della donna rimbomba nei corridoi silenziosi e l'uomo con cui sta conversando tace.
"Quindi il funerale di suo marito..."
"Te lo ripeto per l'ultima volta" lo interrompe seccata lei, "mio marito sarà celebrato tra pochi istanti, tutto il regno sarà presente e si dovranno portare ricchezze per onorarlo, quando a quell'uomo che ha rubato il mio potere... gettatelo nel fiume con la sua famiglia."
Si allontanano entrambi e una brutta sensazione mi obbliga ad alzarmi.
Abbottono sopra al vestito leggero una giacca che mi arriva fino alle ginocchia (prima era di Madden), preparo una cartina del castello e a malincuore sveglio James.
"Ehi, sveglia, James!" lo smuovo leggermente, poi gli sposto i capelli dalla fronte.
"Ah, no, non portarla via! Lasciala dov'è!"
"James!" dico più forte. Apre gli occhi e mi studia senza dire nulla. "Stai bene?"
"Io... sì, credo. Quanto ho dormito? Tu stai bene?" fa per prendermi una mano ma mi scanso e mi siedo sullo sgabello del pianoforte, è obbligato a mettersi a sedere per guardarmi in faccia.
"Non volevo svegliarti, ma quando dormivi è passata una donna che parlava con un probabile servo e diceva che avrebbero gettato la mia famiglia in un fiume..."
"La donna è la moglie di Kiestun." Dice tutto sicuro. So che lei è riuscita a liberarlo e mi torna in mente quello che mi ha raccontato James poco prima: lei ha ucciso il mago per prendere il potere.
"Ascolta cosa faremo noi," mi inginocchio vicino a lui, nonostante la sua statura sia più grande della mia e lui debba guardare in giù per vedermi negli occhi. "ho fatto uno schizzo della cartina del castello, a te spetterà andare a liberare Madden e Briella dalla prigione. Dovrai solo scendere un po' di rampe di scale e prendere le chiavi della cella: aprine solo una, solo lo stretto necessario. Impiegateci poco tempo, poi scappate."
"E tu?"
"Mi è venuto in mente un piano per far finire tutto questo: proporrò la pace, sconfiggerò la regina e sarà tutto finito."
"Non è così semplice, Hazel. Come puoi credere di combattere contro tutti e chiuderla qui? Se tuo padre è morto in guerra come puoi tu..."
"Devo fare qualcosa."
"Scappiamo, è la cosa migliore."
"Scappare come due codardi? James, te l'ho già detto, saresti potuto rimanere a casa tua, invece sei venuto qui, non mi farò dissuadere da te!"
"E io non ti lascerò andare!"
"E se te lo chiedessi io?"
"Non puoi farlo, non dopo tutto quello che abbiamo passato..."
"James, prendi mio fratello e Briella e scappate."
"Non..."
"Fallo e basta."
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