30. Indipendentemente - James
Non trovo le parole per descrivere quello che sta succedendo.
So che il mio cuore non trasmette più il calore che irradiava in questo periodo e che le mie labbra non riescono più ad inarcarsi all'insù.
Come posso pensare di lasciarla andare?
Come posso pensare che si ucciderà per me e per persone che non la amano, la sua famiglia?
Madden e Briella sono gli unici che se lo meritano: sono le uniche persone che non le hanno mai mentito e che le sono sempre stati vicino.
Ma io? Come posso pretendere di far sacrificare una persona per me?
Con che coraggio uscirò di casa ora che lei se n'è andata?
Con che coraggio vivrò dopo aver letto il suo arrivederci?
Con che coraggio continuerò a vivere senza averle detto prima che... la amo?
"James?" alzo lo sguardo dalla pagina finale del libro di favole.
Connor sta studiando attentamente il diario di Arasia.
"James?"
"Sì?"
"Mi puoi rispiegare com'è arrivata qui Hazel?"
"Emh, io la stavo cercando in giro per il paese, ma è arrivata da un... posto vanitoso... lo specchio di mia sorella. L'ha trovata lei." Il telefono squilla e mi alzo per prenderlo dal cuscino del divano.
"Pronto?"
"James! Non puoi capire cos'è successo!" Aviana mi parla con una vocina felice ed emozionata.
"Avi, io ho da fare..."
"La rosa bianca è diventata rosa!" mi blocco.
La rosa bianca è diventata rosa?
"Aspetta, cosa?"
"Hai capito bene! Questa è magia!" questo è un bel problema.
"Senti, ora non tocchi la rosa e io arrivo, va bene?" mi saluta così tanto forte che devo allontanare il telefono dall'orecchio, chiudo la chiamata e vado da Connor.
"Connor..."
"Ho trovato il modo. Arasia ha scritto che basta tornare al punto di origine e pungersi con una ro... ros... rod... non capisco cosa ci sia scritto..."
"Rosa?"
"Si, può darsi, ma non capisco il perché..." si blocca, mentre inizia a capire quello che intende Arasia.
"Mia sorella mi ha chiamato: ha trovato la rosa che aveva in camera vicino allo specchio con i petali non più bianchi, ma rosa." Spalanca gli occhi.
"Questo è un bel problema"
"Siamo troppo in ritardo dici?" chiedo mentre i tergicristalli cercano di vincere sulla pioggia che insiste sull'auto di Connor, senza nessun risultato.
"Previsioni del tempo pessime, 'uscire solo con un ombrello' è la frase che oggi rispecchia il tempo in città...'" spengo la radio: non sono dell'umore giusto per pensare al tempo.
"Non lo so. So solo che nel racconto... la rosa diventava scura mentre lei..." non conclude la frase: è troppo duro parlare di morte accostando la parola ad Hazel.
Hazel, perché? Perché lo hai fatto?
"Mi sembra di rivivere l'angoscia provata qualche mese fa. Lo psicologo non ne sarà felice..." mormora Connor. Sembra sia risentito.
"Sei arrabbiato con me?" chiedo guardandolo in faccia.
Aggrotta la fronte frenando: siamo al semaforo.
"Ti ho permesso di compiere lo stesso errore mio, questo non me lo perdonerò mai. Mi sono promesso di proteggere Hazel, di non farla stare male, di non ferirla ancora di più," si osserva le braccia, la pelle scoperta, "di non permettere che tu ti ferisca." Guardo le ferite, i tagli ancora arrossati, una cicatrice più grande, che percorre l'avambraccio.
"E invece..."
Un cuore. Una teca. Occhi spiritati. Capelli lunghi.
Kiestun è in piedi di fronte al modello del cuore che non è per niente in salute e osserva preoccupato.
Gocce rosse sporcano il vetro e i battiti si fanno sempre più veloci. L'organo diventa marrone e la visuale si sposta verso una donna.
"Tesoro, cosa c'è che non va?" una donna dai capelli lunghi, neri, gli occhi rossi, le unghie che si chiudono sulla spalla del mago, il fruscio del vestito, un urlo.
Non proviene dalla donna, ma da un'altra dama.
"La regina si sta arrabbiando..." biascica il mago. La donna inizia a ridere.
"Spetterà a lei rimanere in carcere a vita, fino a quando non morirà. Oh, Kiestun, sono così felice di stare qui con te, di..." affonda le unghie nella spalla dell'uomo che sibila.
"Cara, cosa stai facendo?" lui si gira verso di lei e la guarda.
"Mai fidarsi dell'amore, dico bene?" le compare in mano un pugnale, che in meno di due secondi perfora la zona sinistra del petto dell'uomo.
"Non ti ha insegnato nulla la ragazzina che hai spedito via? Illusa. Povera. Piccola. Illusa. Illuso te, che credevi che ti amassi così tanto da governare al tuo fianco. Illusa io, che non sono scappata da te prima di farmi incarcerare. Ho aspettato per diciassette anni e tu non hai mai fatto nulla. Ho aspettato per diciassette anni e tu mi hai lasciata marcire lì dentro."
"Te l'ho detto... il piano non ha funzionato..." Kiestun fatica a respirare e cerca di parlare piano piano, cercando di giustificarsi.
Pensa che lei lo salverà se lui troverà una scusa? Ha ragione la donna: povero illuso.
"Era... era tutto perfetto... avevo mandato via la sorella maggiore, l'altra l'avrei usata per scatenare una guerra... il padre sarebbe morto... poi i filtri... e la scuola per il piccolo... ma poi è rimasta incinta e... non posso uccidere un cuore puro e..."
Lei lo spinge senza ascoltarlo e un fiume di sangue bagna il pavimento.
"Cuore rotto, eh Hazel, sta finendo tutto?"
Uno schiaffo mi fa aprire gli occhi.
"James! Cos'è successo? Hai tenuto gli occhi chiusi per cinque minuti!" una visione. Un'altra stupida visione.
"Kiestun è morto."
"Kiestun?"
"Sì. Kiestun. Una donna lo ha accoltellato... e poi c'era il cuore di Hazel che si disintegrava nella teca... e la regina è chiusa nei sotterranei..."
"Il mago ci sta riuscendo: ha ucciso il re, la regina non è più un problema, Madden è stato allontanato, i gemelli?"
"Morti. Piper non sa nulla. E Hazel?"
"Il cuore si è disintegrato?"
"Sì, cosa significa? Non quello che penso vero?"
"Spero di no pure io..."
Scendiamo dalla macchina, ho ansia e non credo a quello che sta accadendo: perché non ho sfondato la porta e non le sono corso incontro? Perché non l'ho abbracciata dandole calore e incatenandola a me? Perché non le ho fatto capire che lei per me è importante?
Se si è veramente punta con quella rosa... non oso immaginare che dolore abbia provato.
Apro la porta di casa e vedo Aviana sul divano.
Sta disegnando di nuovo sui miei appunti dell'università, ma non la sgrido: non è un problema ora.
"Dov'è la rosa?" chiedo alla bambina mentre Connor mi segue a ruota.
"In camera mia! Vieni, vieni! È come nel libro che leggiamo di sera, come la fine! Sembriamo in una favola!"
Vorrei dirle che questa non è una favola, che questa è la cruda verità, questa è la vita: questa è la morte.
La morte di una persona che mi è molto cara, la morte di un'amica, la morte di qualcuno che era finalmente riuscito a farmi stare bene, la morte della felicità, del sorriso, della semplicità di uno sguardo, la bellezza di due occhi marroni come miele.
Tutto questo buttato via. Se solo Hazel non avesse tutto questo coraggio... si sarebbe limitata a piangermi su una spalla, la mia maglietta si sarebbe bagnata di lacrime, di dolore, ma quella cosa sarebbe finita, prima o poi.
Avremmo trovato un modo insieme.
L'avrei abbracciata fino a quando non sarebbe finito il dolore, ma arrivo in ritardo pure ora, e di lei è rimasta solo una rosa, i petali bianchi diventati rosa per colpa del suo sangue.
Mi inginocchio di fianco al fragile fiore e lo studio con gli occhi impregnati di lacrime.
Rivedo lei: la sua bellezza, la delicatezza, la semplicità, lo stile che ha nell'appassire piano piano.
Ancora una volta il sorriso vince su tutto. Pure il suo sorriso è riuscito a trovare un modo per scassinare il lucchetto che teneva chiuso il mio cuore, senza bisogno della chiave.
"Ti ho visto!" mi nascondo ancora di più tra i rami e mi graffio una guancia, ma non faccio in tempo a portarmi una mano al taglio che lei è dietro di me: ride guardandomi.
"Che hai fatto alla guancia? Sei tutto bagnato!" mi alzo e la mia statura la sovrasta: devo abbassarmi per guardarla dritta negli occhi. Mi prende per la manica e mi fa avvicinare alla porta d'entrata, alzata rispetto al pavimento da un gradino.
Ci sale sopra e in questo modo più o meno riesco a guardarla stando dritto.
"Guarda, ho un fazzoletto." Mi passa il tessuto sopra al taglio con molta delicatezza, facendo sentire una leggera pressione.
"Credo sia già passato, ti fa ancora male?" non le rispondo: la vicinanza mi blocca e non mi lascia uscire le parole dalla bocca.
Si avvicina ancora di più, ma non capisco che intenzioni abbia.
Sento un lieve sollievo quando un'arietta fresca investe il mio viso.
Sta soffiando per far passare il dolore.
Almeno fosse così semplice cancellare tutto...
Senza pensarci su, le prendo il polso e lei si blocca. Riesco a vedere le sue pupille che si dilatano e il battito aumentare.
Quanto vorrei dirle che Elliot non esiste, che sono io, che sono crudele, uno stupido, perché le sto mentendo già da troppo e non posso permettermi di farle ancora male, ma non trovo il coraggio.
Come un codardo la lascio e mi rifugio in camera mia, con ancora i suoi occhi in mente.
"Connor ha detto che dobbiamo imbiancare la tua stanza: se starai qui così tanto, dovrai pure metterti comodo..." si appoggia alla parete della mia nuova camera: la osservo incrociare le braccia, ciocche di capelli le cadono e le coprono le spalle.
"Oh, va bene, ma tu..."
"Ti aiuterò, se ti va bene. Connor ha aggiunto che in giardino nella casettina ci sono tre barattoli di vernice: bianca, grigia e blu, puoi scegliere che colore usare." Andiamo a prendere tutta l'attrezzatura e uno scatolone cade a terra: pennelli di ogni misura e con le setole impregnate di colori diversi riempiono il pavimento.
"Oh no, mi dispiace" sussurra lei mentre si abbassa per raccoglierli. Faccio lo stesso pure io, mettendomi vicino a lei. I capelli le cadono in avanti e non vede più cosa sta raccogliendo, così si ritrova a prendere il mio stesso pennello.
Si sposta le ciocche con l'altra mano e quando mi vede così vicino sussulta.
"Io... non ti avevo visto..." si allontana e prende i pennelli finiti sotto al tavolo.
Sono stato troppo affrettato? Probabilmente sì.
Una volta sgomberato tutto il pavimento, torniamo in casa e iniziamo a coprire con giornali vecchi tutti i mobili della mia camera.
La tensione nella stanza è troppa, così metto su un mio CD.
Non ci parliamo, lei si limita ad immergere il pennello e a coprire il colore violaceo del muro. Io intanto la osservo, seduto sulla scrivania.
Il mio pennello è appoggiato sul tavolo e osservo i suoi movimenti goffi mentre cerca di non sporcare per terra né di gocciolare in giro.
Disegna qualche cuore per poi coprirlo e verniciare un'altra parte, si tocca una spalla e noto che la maglietta rosa è diventata bianca.
Mi metto a ridere e lei si gira immediatamente: sembra che stesse tendendo l'orecchio per ascoltare cosa stessi facendo.
"Che hai? Ehi! Ma tu non stai affatto verniciando!" dice puntandomi contro il pennello che gocciola a terra.
"Sei... un po' sporca sulla spalla... non lì, no, più a sinistra..." passa una mano sulla fronte senza tenere conto della vernice bianca che si spalma coprendo la sua carnagione piuttosto abbronzata.
"Ora pure in faccia sei sporca..." commento cercando di non ridere. Soffoco una risata mentre lei cerca di specchiarsi nel vetro della finestra e la vedo sussultare quando mi trova davanti a lei, a una spanna di distanza.
"Qui" dico mentre con una mano le sfioro la fronte. Trema a quel contatto e mi guarda come se avessi detto la stupidata più assurda in tutta la mia vita.
"Mi stai prendendo in giro?" chiede mentre si gira per guardarsi ancora nel riflesso.
Ci vedo lì, così vicini, io con un sorriso che non riconosco, lei stranamente scocciata.
"Qui" dico di nuovo, ma questa volta le prendo la mano e passo la sua sulla sua fronte, guardandoci nel riflesso.
Si gira verso di me, ancora con la mia mano sul dorso della sua, mi guarda negli occhi, mentre si appoggia alla parete dietro di lei (per fortuna non ancora imbiancata).
Passiamo qualche secondo così, studiandoci e respirando appena. Guardo i suoi nei, quei tre puntini che sembrano una costellazione sulla sua guancia, le ciglia lunghe e scure anche senza trucco, gli occhi marroni che con il riflesso del sole hanno un colore diverso, un sorriso che vedo anche se non c'è, perché Hazel sorride sempre.
Sorride sempre, anche se soffre.
Sorride sempre, anche se non sopporta qualcuno.
Sorride sempre, anche se è stufa, stanca, triste.
Lei sorride indipendentemente da quando, con chi e perché.
Chissà se ha sorriso anche mentre si stava pungendo.
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