L'eredità
Era sembrata una buona idea: una gita in fuga dallo smog di Milano fino alle colline umbre, l'occasione perfetta per dichiarare i propri sentimenti a Sabrina. Quando lei aveva accettato con entusiasmo, Stefano si era sentito la vittoria già in tasca.
Il suo stato d'animo, però, era decisamente cambiato quando la giovane gli aveva presentato un certo Marco.
"Non ti dispiace se viene anche il mio ragazzo, vero?" Cinguettò Sabrina.
"No, certo".
Dopo aver scaraventato con rabbia la valigia del terzo incomodo, Stefano chiuse il bagagliaio sbattendolo con una forza pari a quella di un maglio da stamperia e si mise alla guida.
Mentre Sabrina, accomodata sui sedili posteriori, cercava notizie sulla zona con lo smartphone, Marco tentò di fare conoscenza.
"Così hai ereditato una cascina, eh?"
"Già".
"Da una zia".
"Già".
"Che figata!"
"Già".
L'umore di Stefano non migliorò quando, dopo averli fatti arrampicare per una stradina sterrata immersa nella campagna incolta, il navigatore GPS proclamò con tono allegro: "siete giunti a destinazione!"
"Questa è la proprietà?" Chiese Marco, valutando con lo sguardo l'edificio fatiscente: il tetto era sfondato in più punti, diverse persiane erano danneggiate, penzolavano storte da un solo cardine, o erano del tutto assenti. Molte finestre erano rotte e la parte di intonaco esterno sgombra dai rampicanti e dalla muffa era sgretolata, in certi punti fino ai mattoni.
"Altro che una sistematina! Qui fai prima a buttare giù tutto e ricostruire da zero!"
"Stai scherzando? Casa della zia non si tocca! Ho un sacco di bei ricordi legati a questo posto..."
"Vabbè, Marco diceva così, per dire". Intervenne Sabrina.
I tre entrarono, attraverso una porta cigolante che ben si addiceva all'atmosfera tetra di quel luogo.
Il piano di Stefano era dare una rassettata veloce, portare Sabrina a passeggiare negli ameni dintorni e infine, dopo una gradevole cena, andare a dormire, possibilmente insieme.
Invece, tutto stava andando storto.
L'edificio versava in condizioni pietose, e non sarebbe certo bastata una mezza giornata per rimetterlo in sesto. La campagna circostante era in egual modo abbandonata,invasa dai rovi e dalle erbacce.
Quando tentarono di accenderla, la stufa fece una tale quantità di fumo che rinunciarono al pasto caldo e si limitarono a consumare i panini avanzati dal pranzo.
Infine, a sera, si raccolsero tutti nel salotto, per dormire sul pavimento.
Trascorsero la serata a raccontarsi storie da brividi, con gran disappunto di Stefano che era superstizioso e impressionabile.
Forse la delusione per la giornata non andata come pensava, forse per effetto delle storie raccontate, quasi non riuscì a chiudere occhio: dalla cantina provenivano suoni strani, che gli facevano rizzare i capelli in testa. Topi, si disse, devono essere per forza topi.
In realtà, l'intera casa scricchiolava e gemeva, come se respirasse, se fosse viva.
Quando Marco lo svegliò si sentiva tutte le ossa rotte e gli sembrava di essersi appena addormentato, cosa che probabilmente non era troppo distante dalla realtà.
"Sabrina è sparita".
Ci mise un attimo a mettere a fuoco il senso di quelle parole.
"Che significa sparita?" indagò.
Marco si limitò ad indicare il pavimento: strane orme fangose attraversavano la stanza, da e per il giaciglio di Sabrina, vuoto. Impronte di grosse zampe palmate.
Stefano deglutì, incapace di dire alcunché.
"Non sono uno che si impressiona facilmente" ci tenne a mettere in chiaro l'altro "ma devo ammettere che questo è strano forte".
Finalmente Stefano si alzò, prese in mano il cellulare.
"Chi chiami?"
"I Carabinieri?"
"Per dirgli cosa?"
"Beh... gli proverò a spiegare che..."
"Lascia perdere. Hai un'arma?" Al cenno di diniego del compagno, Marco prese un attizzatoio dal caminetto e ne saggiò la solidità "speriamo che basti questo, allora. Vieni?"
"Dove?"
"Ovunque portino quelle impronte!"
Se c'è qualcosa di più inquietante di una catapecchia diroccata che scricchiola tutta la notte, è senza dubbio un cimitero altrettanto diroccato.
La pista li condusse proprio lì.
Dei cipressetti smunti, soffocati dall'edera e dai rovi, facevano ombra alle lapidi scheggiate e ricoperte di muschio.
I due si ritrovarono davanti a una tomba... sulla cui sommità il terreno era stato smosso di fresco.
"Il mo... mostro è uscito da... qui!" balbettò Stefano, sempre più terrorizzato.
"Non dire sciocchezze. In tal caso, la terra sarebbe smossa dall'interno verso l'esterno".
"Dannazione... dopo i rumori nella cantina, ci mancava anche questo!"
"Rumori?"
Su insistenza di Marco, i due ritornarono sui propri passi. La porta della cantina era celata oltre la dispensa.
"Vai avanti tu".
Stefano prese a tremare. "Co... cosa! Stai scherzando, spero!"
"No".
"Ma... sei tu quello armato!"
"Appunto. Non discutere".
Appena Stefano terminò la discesa, si udì un verso agghiacciante, mezzo ruggito e mezzo grido. Poi, una figura indistinta gli si avventò contro ringhiando.
Stefano strillò e cadde.
Un suono sordo echeggiò per un attimo.
Marco diede una spinta col piede al corpo privo di sensi, l'attizzatoio con cui l'aveva colpito ancora pronto nella mano.
Indossava un dozzinale costume di Halloween da lucertolone e aveva ai piedi due pinne da sub. Marco gli tolse la maschera.
"Lo conosci?"
Stefano annuì, sconvolto. "È il legale della zia... quello che mi ha detto dell'eredità. Insisteva perché vendessi tutto a lui, dicendo che ormai era senza valore."
"Si dà il caso che lo conosca anche io." constatò Marco. "La sua foto era sul giornale locale, l'altro giorno: è proprietario di una catena di alberghi e B&B".
Sabrina era in un angolo, poco più in là. La liberarono e usarono le corde con cui era stata imprigionata per legare il mostro.
"Ora puoi chiamare chi ti pare" sentenziò Marco.
"E così, non c'era niente di sovrannaturale, eh?" chiese Sabrina, mentre si mettevano in macchina per tornare a casa.
"Già" confermò Stefano.
"Era proprio un caso alla Scooby-Doo" spiegò Marco, ridacchiando "l'avvocato, sapendo quanto Stefano fosse impressionabile, ha cercato di spaventarlo con la storia del finto mostro, nella speranza che la paura lo convincesse a vendere a basso prezzo quello che sarebbe diventato un resort per ricconi".
"Fortuna che c'era Marco, eh?" trillò Sabrina, facendo gli occhi dolci al suo innamorato.
"Già" concesse Stefano.
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