1.4
Maia posò la tazza di the col piattino decorato con piccole roselline gialle sul tavolino dal ripiano intarsiato, di fronte al grande camino di marmo bianco dalle sottili venature grigie. Stava comodamente seduta su uno dei due divani di pelle chiara, posti simmetricamente ai due lati del tavolino. Il parquet era nascosto dal pregiato tappeto isfahan, dagli elaborati disegni a foglie e fiori dai colori sgargianti.
Il mobilio era sobrio, senza decori sfarzosi, ma dai pochi intagli che vi erano, si capiva che erano stati fatti a mano.
Maia poteva sembrare tranquilla, ma dentro di lei l'ansia stava prendendo il sopravvento, il suo ospite al contrario, sorseggiava tranquillamente dalla sua tazza, come se non avesse fatto nulla di azzardato.
«Non capisco come tu possa aver fatto una cosa del genere senza prima consultarmi».
Asteri posò la sua tazzina, si sistemò più comodamente sul divano e sorrise :«Mia cara Maia, tu non sei l'unico Astro con cui possa consultarmi, ho seguito i consigli delle stelle che mi hanno indicato la via».
«E chi ti avrebbero indicato?».
«Rhea».
«Ah! Questa poi, l'unica che non si è mai interessata della missione, sicuro di saper leggere ancora le stelle?».
«Il tuo disappunto non può prevaricare sul buonsenso, sai che io sono l'unico che sappia ascoltare le stelle e non semplicemente studiarle».
«Sì, e a cosa ci ha portato questo tuo saper "ascoltare"?» disse con disappunto.
«Ciò che è accaduti a tutti noi non è dovuto a ciò che ho fatto io, tu lo dovresti sapere bene».
Puntò i suoi occhi in quelli della donna, che non ribatté sulla sua osservazione, sapeva che aveva ragione.
Tuttavia il fatto che non l'avesse informata di nulla l'aveva irritata notevolmente. Lei si era occupata della ragazza, l'aveva seguita in tutto, aveva creato una famiglia che lo accudisse, un mondo tutto per lei in cui crescere sicura fino al giorno in cui avrebbe dovuto compiere la sua scelta.
«E lei, Rhea ... Che cosa ha detto?».
«Era sorpresa, ma ha capito che se le stelle hanno scelto lei l'unica cosa da poter fare era obbedire».
«Spero soltanto che non combini qualche guaio».
«Tranquilla, sa perfettamente cosa fare».
«Me lo auguro, sono stanca di quest'assurda situazione» si massaggiò la tempia «Vivere qui sospesi, cristallizzati da secoli e non andare mai avanti, ripetere all'infinito questa vita nell'attesa che le stelle decidano quando sia il momento giusto di agire».
«Tutti noi siamo nella stessa situazione e proviamo il tuo stesso disagio Maia, ma finalmente le stelle hanno parlato e adesso possiamo soltanto sperare e cercare di non influenzare le loro scelte, altrimenti la nostra occasione sfumerà nuovamente».
Maia ricordò l'ultima volta in cui le stelle avevano parlato, acconsentendo a far provare alla coppia di amanti di ricongiungersi, purtroppo andò male a causa di un agente esterno, una donna per la precisione. Dannata vipera, circuì lui facendolo innamorare e causando così il fallimento della loro possibilità di essere nuovamente liberi.
In seguito scoprirono che lei era un Ombra, quei dannati riuscivano a entrare e uscire dalla loro dimensione e causare soltanto danni.
«Sono stati rilevati ingressi di Ombre?» Il suo tono era preoccupato.
Dovevano fare molta attenzione, le ombre erano infime, sembravano comuni esseri umani invece erano creature appartenenti all'oblio, a Caos, che con la sua magia aveva rinchiuso tutti loro in quel mondo parallelo.
«No, i nostri rilevatori non hanno segnalato nulla, fino adesso almeno, ma l'allerta è alta, presto ci sarà la Notte delle lacrime e tutti faranno del loro meglio affinché tutto vada bene».
Maia sospirò, mettendosi a fissare la tazza.
«C'è qualcos'altro che ti preoccupa?».
«Mia nipote ha iniziato a frequentarsi con un ragazzo».
«Che non è lui» il suo silenzio fu una conferma «Sai bene che non possiamo interferire direttamente sulle loro scelte, devono capire da soli di amarsi e scegliere di stare insieme, altrimenti la maledizione non sarà mai spezzata».
«Sì lo so, ma vederli così distanti tra loro, che fanno scelte sbagliate, logora i miei nervi».
«Purtroppo agiscono come dei giovani umani, alla loro età l'amore è quasi un gioco, possiamo soltanto sperare che percepiscano la forza che li unisce e si lascino guidare da lei».
Astori si alzò e andò a affacciarsi a una delle alte finestre, scostando appena la tenda bianca e osservare il giardino curato che circondava la sua casa, Maia lo seguì con lo sguardo.
«Le stelle questa volta, mi hanno concesso di darle il libro, forse grazie a esso un ricordo, un'immagine del suo passato potrebbe farle capire quale sia la verità».
«Così non ci resta altro che affidarci alla possibilità che fra loro ritorni l'amore».
«Sperare, questa è l'unica cosa che c'è concesso fare» pronunciò quelle parole in un sussurro che Maia non le sentì.
Maia terminato di parlare con Astori, invece di ritornare a casa iniziò a vagare senza meta con l'auto. Doveva schiarirsi le idee, capire come poter dare uno stimolo ai due giovani affinché si avvicinassero senza interferire troppo.
La voglia di ritornare alla sua vecchia vita la stava logorando, oltre al fatto che così avrebbe riacquistato il suo vero aspetto.
Si fermò sulla collina che sovrastava la piccola cittadina, scese dell'auto e poggiandosi al cofano lasciò vagare il suo sguardo sul mondo che la circondava, così diverso da quello vero, il suo, il loro.
I palazzi costruiti in pietra stellare che rilucevano, riflettendo la luce del sole durante le giornate e della luna di notte. Era come essere immersi nel cosmo, gli alberi, ogni pianta, persino gli animali splendevano. Ci si sentiva avvolti dalla pace, quella sensazione non era dovuta soltanto al mondo che li circondava.
L'imperatrice colo suo potere, con la forza e l'amore che metteva nel compiere il suo dovere era centuplicato e riversato nel mondo attraverso il diadema di Andromeda.
Ciò garantiva l'armonia nel loro mondo e i vari Astri avevano smesso di farsi la guerra. Purtroppo anche le cose belle sono destinate a finire e Caos, che si credeva ormai sconfitto durante la Battaglia dell'Eclissi, stava tramando dall'oscuro luogo in cui aveva trovato rifugio.
Si era creato un nuovo esercito di ombre ma questa volta non le inviò a combattere, aveva studiato un piano più subdolo. Le Ombre, esseri incorporei simili a fantasmi, s'impossessarono di vari Astri, riuscendo a piegare le loro menti e decidendo così al posto loro.
In principio seminarono il mal contento e l'astio verso la famiglia reale, fino a creare un vero e proprio gruppo di sovversivi, che crebbe sempre più fino a che non iniziarono una guerriglia tentando di uccidere l'imperatrice.
All'epoca lei non riuscì a fare molto, a nulla valsero le sue parole, i tentativi di far ragionare i membri della sua famiglia, specialmente suo padre. Dopo la scomparsa dell'imperatrice scoprì che era stato corrotto. Pensare che lo avesse odiato a tal punto da desiderare la sua dipartita, era così ingenua all'epoca, per questo adesso non voleva che la loro possibilità di ritornare a Nihal svanisse nuovamente a causa delle Ombre o del destino avverso.
Risalì in auto e ritornò a casa che era ormai sera.
Trovò Rigel e Talitha che si erano cimentati in una nuova ricetta trovata in rete, la cucina era un caos: ciotole sporche riempivano il lavello, farina su ogni cosa come se avesse nevicato, un paio di uova rotte sul parquet e svariate ditate sui mobiletti della cucina. Sembrava che invece di aver provato a cucinare avessero combattuto con i vari ingredienti e conoscendoli con molta probabilità era andata a quel modo.
«Almeno il profumo è buono» disse soltanto.
I due si guardarono e scoppiarono a ridere, erano ricoperti di farina e Talitha tra i capelli aveva dell'impasto appiccicoso, Rigel si era macchiato con il sugo e sembrava ferito a un fianco.
«Mi auguro che rimettiate in ordine».
«Signora sì signora» esclamò Talitha mettendosi sull'attenti, Rigel la imito.
Maia sorrise, lieta di vedere quella loro complicità.
Quella sera riuscirono a cenare spensierati, Talitha raccontò alla nonna con accuratezza tutto ciò che aveva fatto, piena di entusiasmo e voglia di aiutare ancora Rigel con i vari lavori.
Finalmente si era ripulita e aveva infilato il pigiama, era stanca, ma si sentiva appagata e felice. Prese il libro e passò col dito sul titolo :«Scritto nelle stelle» lo strinse al petto e andò a bussare alla porta della camera di Rigel.
«Entra pure».
La camera era più grande della sua: il letto sulla sinistra, una cassettiera, la scrivania su cui erano poggiate delle riviste di moto e la sedia ergonomica di stoffa verde. Alle pareti alcuni poster di moto, da quella d'epoca all'ultimo modello e accanto alla finestra il cavalletto con sopra una tela ancora bianca e accanto il tavolino con sopra alcuni barattoli colmi di pennelli e tubetti di colori sparsi sul ripiano. L'odore dei colori era pungente, ma allo stesso tempo così familiare e accogliente, le faceva pensare subito a Rigel.
Lui stava sfogliando una rivista, che mise subito da parte, Talitha corse a sistemarsi al suo fianco e gli mise il libro in mano.
«Dovrei leggere io?».
«Sì».
«Va bene, ma sappi che se ti addormenti di butto a terra e ti lascio dormire sul pavimento».
«Quanto sei premuroso» si sistemò meglio stingendosi a lui e aspettò che iniziasse a leggere.
Rigel rigirò il libro osservando la copertina, passò il dito sui diamantini, una strana sensazione di familiarità lo avvolse, aprì il libro sfogliando lentamente le pagine che emanavano un dolce profumo.
«Dove hai detto di essere arrivata?».
«Ho letto soltanto la prima pagina del diario».
Rigel trovò la nuova pagina e cominciò a leggere :«Mia cara Alesha».
MAIA
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SPAZIO AUTRICE
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Ciao a tutt3 e grazie di essere arrivati fin qui, spero che la storia vi stia piacendo.
In questo capitolo ci vengono svelate alcune cose del passato e ciò che li attende.
Questa volta i due amanti riusciranno finalmente a ritrovarsi o torneranno le Ombre a ostacolarli?
Sperando che continuerete a seguire la storia vi auguro buona lettura.
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