1.3
Rigel rincasò tardi, assieme a loro si erano venute ad aggiungere altre due coppie di amici, nonostante il clima leggero e allegro che si era venuto a creare, per tutta la serata era stato distratto da un unico pensiero, come stesse Talitha.
La conosceva fin troppo bene, qualcosa la preoccupava, ciò che lo impensieriva di più era che non si volesse aprire con lui, eppure gli aveva sempre raccontato tutto. Possibile che le fosse capitato qualcosa di talmente brutto che riuscisse a parlarne con nessuno?
Salendo le scale tenendo le scarpe in mano, mille possibili scenari prendevano forma, doveva convincerla ad aprirsi, sapeva che di lui si poteva fidare, le cose tra loro non potevano essere cambiate fino a questo punto senza motivo.
Aprì la porta della sua camera, ritrovandola al buio, la tenue luce che entrava dalla finestra illuminava la sua sagoma sdraiata sul letto, il suo respiro profondo e regolare gli fece capire che dormiva e decise di lasciarla riposare, ma l'indomani avrebbe parlato con lei.
Una volta in camera sua accese la luce e invece di andare a dormire riprese a dipingere. Sorrise intanto che passava col pennello intinto nel blu sui suoi occhi, conosceva così bene ogni suo particolare, ogni sfumatura, linea, piega, che non aveva bisogni che fossero di fronte a lui a fargli da modella per poterla ritrarre. Smise all'alba, gli occhi si chiudevano da soli e avrebbe dovuto riposare almeno un paio d'ore se avesse voluto finire qualche lavoro quel giorno. Si spogliò e rimase per un poco di fronte la finestra a lasciarsi accarezzare la fresca brezza che entrava dalla finestra aperta.
Finalmente riuscì a svegliarsi, dopo i continui richiami da parte di Talitha che lo minacciava di gettargli addosso una secchiata d'acqua, la ragazza lo richiamava intanto che saliva le scale saltando i gradini due a due.
«Insomma sei finito in letargo?» Spalancò la porta della sua camera e non fece caso che fosse con solo i boxer addosso si fiondò su di lui.
«Cavoli Talitha così mi uccidi» sorrise, perché se si comportava a quel modo, significava che si sentiva meglio, ma le avrebbe parlato ugualmente.
Talitha si sistemò cavalcioni su di lui e scostò i capelli che le erano andati davanti agli occhi, accorgendosi del fatto che Rigel fosse in pratica nudo e lei era in una posizione tutt'altro che decente. Arrossì.
Rigel sorrise, era talmente bella quando arrossiva, intrecciò le sue dita a quelle di lei e la tirò a sé.
Talitha si strinse a lui e sospirò, chiedendosi perché dovesse essere tutto così complicato, o se dopo tutto era lei a porsi troppe domande, a fare mille congetture e lasciarsi travolgere da paranoie infondate. Sarebbe stato così sbagliato in fondo lasciarsi andare alle emozioni, dirgli quanto lui fosse importante. Confessare tutto in quel frangente le sembrò la cosa migliore da fare.
Il cellulare di Rigel risuonò un motivetto, era giunta una notifica.
«Non controlli chi è?».
«Sarà di sicuro Alhena».
Ecco uno dei motivi per cui era riluttante a dirgli tutto la sua ultima ragazza. Non aveva mai capito come mai un ragazzo come lui on riuscisse ad avere una relazione stabile, non che le dispiacesse, ma ciò la faceva riflettere.
E se quella del bravo e perfetto ragazzo fosse stata soltanto una facciata e in realtà in una relazione diventasse qualcun altro.
In fondo ne aveva sentite di storie finite male, proprio perché inizialmente si mostravano premurosi, gentili, perfetti e poi divenivano dei mostri pronti a risucchiare la volontà di chi avevano promesso di amare.
Lui no, non poteva essere a quel modo, Rigel lo conosceva fin troppo bene, poi non si era mai permesso di approfittarsi di lei, o di cambiarla.
«Rigel».
«Sì?».
Poggiò il mento sul suo petto e rimase a osservarlo in silenzio, il ciuffo ribelle che gli finiva sempre davanti ai suoi occhi così dolci, il naso dritto, gli zigomi marcati, le sue labbra. Adesso erano socchiuse, avrebbe tanto voluto poggiarci le sue, sfiorarle e senza rendersene conto lo afferrò per il collo e si tirò su ritrovandosi a faccia a faccia fino a sfiorargli il naso.
«Talitha dovremmo scendere per la colazione».
Lei continuava a guardarlo in silenzio, cercando nei suoi occhi un indizio che potesse farle capire che anche per lui lei era più di un'amica.
Rigel iniziava a sentire caldo, la teneva per la vita, indeciso se spingerla via o stringerla ancor di più a sé. Si morse il labbro e quel suo gesto agli suoi occhi dovette somigliare a un invito, perché rispose baciandolo. Non un bacio appassionato, irruento, posò appena le labbra alle sue, tenendo gli occhi chiusi, respirava lentamente come a gustare il suo profumo.
«Stellina dobbiamo andare» riuscì a costringere il suo corpo a non rispondere, ad allontanarla invece di amarla.
Talitha lo guardava confusa, poi arrossì, chiedendosi che le era saltato in mente di fare. Chinò la testa per non fargli vedere i suoi occhi lucidi e senza dire nulla scappò via.
Dopo la colazione, che le sembrò il momento più difficile da superare cercando di fingere di fronte a loro che tutto andasse bene, decise di fare una lunga passeggiata per schiarirsi le idee.
Questa volta invece di andare in direzione della casa di Miranda, percorse la strada secondaria che si addentrava nel boschetto della proprietà del signor Asteri.
Il luogo era sempre tranquillo, la gente sapendo che era una proprietà privata non vi si addentrava mai e ciò le donava la possibilità di starsene in santa pace ad arrovellarsi il cervello alla ricerca di una soluzione.
Il viale era ombreggiato dalle querce secolari, che con le loro forme sinuose e solide sembravano uscite da una fiaba. Uccellini e scoiattoli animavano lo scenario, il ticchettio di un picchio scandiva il ritmo di una danza allegra per le altre creature.
Nonostante il lungo cammino fatto Talitha si sentiva soltanto più confusa e triste. Percepiva di aver fatto un grosso errore e che forse a causa di ciò Rigel si sarebbe allontanato da lei.
Giunta sulla sponda del laghetto occupò posto sotto un leccio a guardare i raggi del sole che si riflettevano sulla superficie increspata dal passaggio di un'anatra.
«Bel posto vero?».
Talitha trasalì, il cuore iniziò a martellare all'impazzata, trattenne il fiato e un urlo coprendosi la bocca con le mani.
«Scusa non volevo spaventarti».
Talitha quando si voltò e vide di chi si trattasse lo spavento iniziale cedette il posto all'irritazione.
«Sirio, che ci fai qui?».
Lui, si accomodò di fianco a lei e le sorrise, per la prima volta non le sembrò tirato, carico di sarcasmo o sfida, ma sincero.
«Credo la stessa cosa che fai tu, cerco un po' di tranquillità» avvicinò le ginocchia al petto e vi appoggiò le braccia «Sai ho litigato con Altair».
Talitha a sentire quel nome s'irrigidì. Si era completamente dimenticata di lui e del suo pessimo comportamento :«E come mai?».
«Per te».
Talitha si girò a guardarlo scettica, incontrò il suo sguardo, si era chinato leggermente verso di lei. Certo che i suoi occhi erano davvero particolari, il taglio allungato, le ciglia folte, qualcosa di magnetico attraeva tanto da far essere difficile staccare lo sguardo, ma poi ebbe come l'impressione che nel profondo di quello sguardo si muovesse qualcosa, un'ombra, un movimento fulmineo, appena percettibile, che però le fece provare un brivido.
«Perché avreste dovuto litigare per me?» Domandò cercando di sembrare poco interessata.
«Mi ha raccontato come si è comportato con te».
Talitha s'intristì e abbassò lo sguardo, era soltanto un idiota, poi cosa credeva di fare andando a raccontare tutto a suo cugino.
«Gli ho detto che è soltanto un idiota e che se tu gli avessi spaccato quella zucca vuota io, ti avrei dato ragione».
Le strappò un sorriso.
Poi lui posò le sue dita sotto il suo mento e la fece girare delicatamente, incollò il suo sguardo al suo e con voce calda e dolce le disse :«Perdonami per come mi sono comportato al lago, sono un idiota, ma non riuscivo a dirti quanto fossi diventata bella».
Talitha arrossì, non riuscì a spiccicare parola, quella sua confessione l'aveva lasciata di stucco.
«Soltanto un idiota potrebbe trattare male una ragazza come te, o uno stolto non desiderare di averti al suo fianco».
Quelle parole la colpirono nel profondo, perché rispecchiavano la sua attuale situazione, Altair era un idiota e Rigel non la amava come lei desiderava.
Continuarono a guardarsi senza dire nulla, cos'altro c'era da aggiungere, nella, si era venuta a creare un'atmosfera per Talitha in cui si sentiva stranamente serena, in pace, finalmente compresa.
«Posso rubarti un bacio?».
Talitha fremette, poi sorrise :«Se me lo chiedi, non è rubare».
Sirio aggrottò le sopracciglia, le sorrise :«Hai ragione» e la baciò.
Talitha si sentì avvolgere da un dolce tepore, qualcosa di magico, misterioso e affascinante. Ricambiò il suo bacio che aveva lo stesso sapore delle ciliegie, Sirio la tirò sulle sue gambe, senza mai staccare le labbra.
Talitha non capiva cosa le prendesse, in quel momento però l'unica certezza era che non voleva altro, le bastavano i suoi baci e le parole che le aveva detto. Non c'era bisogno di nulla, andava bene così, era tutto perfetto.
Sirio, infilò le mani sotto la sua maglietta e lei si staccò, accaldata rosa in volto, gli occhi colmi di desiderio.
«Se non vuoi, mi fermo» le disse dolcemente, intanto che col dito lentamente andava su e giù seguendo la linea della sua schiena.
Talitha sembrò ridestarsi come da un sogno a occhi aperti, si guardò attorno e sì, era tutto reale, stava baciando Sirio, con una passione che non credeva di avere, in mezzo a un bosco.
«Non qui».
«Va bene, ci fermiamo allora».
Talitha gli cinse il collo con le braccia :«Puoi continuare a baciarmi» arrossì paurosamente.
Come le era venuto in mente di essere così sfacciata? Si morse il labbro, stava facendo la figura di quella facile, soltanto fino il giorno prima diceva di stare con suo cugino e adesso se ne stava cavalcioni su di lui a divorargli le labbra.
Sirio come se fosse stato in grado di leggere nei suoi pensieri le prese il viso tra le mani e la baciò dolcemente.
«Ti hanno mai detto che sei perfetta?». Fece di no con la testa «Beh, lo sei, se ti rende felice, ti bacerò fino a domani, se vuoi che sparisca lo farò all'istante, se vuoi che ti dia di più, lo farò. Non devi aver paura di raccontarmi delle tue emozioni, dei tuoi desideri, non c'è nulla di male. Li custodirò come un tesoro, io farò altrettanto con te, se vuoi il mio cuore, sarà tuo».
Talitha in tutta risposta lo baciò, quelle parole non gliele aveva mai dette nessuno e riuscirono a fare breccia in lei.
Quando ritornò a casa Talitha, si rese conto che aveva passato tutta la mattinata con Sirio, il giovane l'aveva accompagnata fino all'ingresso della proprietà, salutandola con l'ennesimo bacio, di cui nessuno dei due sembrava stancarsene mai e si diedero appuntamento per quella sera.
«Cos'hai intenzione di fare adesso?» Altair se ne stava seduto comodamente sulla poltrona di fronte a Sirio che con espressione annoiata ricontrollava per l'ennesima volta il cellulare.
«Pensavo di portarla a mangiare qualcosa e poi una bella passeggiata romantica al lago e raccontarle qualche altra frottola, cercare di essere carino».
«Mi raccomando gli occhi languidi e colmi d'amore».
Rise :«Quella sarà la prima cosa che vedrà, poi le mie labbra che sembra apprezzare».
«Le ragazze sono così scontate, scialbe».
«Non solo loro, tutti gli umani sono così».
Altair sollevò la birra che teneva in mano Sirio, fece altrettanto.
«Alla nostra».
«Al Caos».
🌟🌟🌟Achemar🌟🌟🌟
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Spazio autrice
Ciao a tutt3, e rieccoci tra le vicende di Talitha e Rigel, che sembrano essersi incasinate parecchio.
spero che la storia vi stia emozionando, che ve ne pare del finale di questo capitolo? Avete avuto qualche sospetto o è stato più un 😱 ?
Come sempre se vi piace stelline e commenti, voglio sapere la vostra su come pensiate che andrà tra di loro, con il Caos e le sue Ombre tra i piedi riusciranno a innamorarsi?
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