Seconda Prova - Spara Amore Mio

"Mi hai costruito con mattoncini da costruzioni così puoi buttarmi giù"

Spara Amore Mio

I suoi occhi ambrati erano puntati in quelli del suo carnefice. Lo osservava bene, in piedi di fronte a lei, la pistola puntata verso il suo petto. Sentiva quasi il tocco glaciale del metallo sulla sua pelle nuda e indifesa.

Era un altro uomo quello di fronte a sé. Non vedeva più traccia d'amore, di affetto, di rispetto. L'uomo era terribilmente lucido nel suo stato di follia.

Un brivido freddo attraversò la schiena della ragazza.

"Non farlo. Non sei un mostro e soprattutto non vuoi essere un assassino" sussurrò con tutto il fiato che aveva trattenuto nei polmoni fino a quell'istante.

"Non sai nulla di chi sono e cosa posso fare" ribatté lui digrignando i denti.

"Pensavo di conoscerti fino a che..."

"Che?" una risata grossa e isterica proruppe dalle labbra di quell'uomo "Fino a che non hai deciso di tradirmi?"

"Non ti ho tradito! Non stavamo più insieme"

"Sei tu che hai voluto chiudere con me. Non io" urlò glaciale "Per me non è mai finita e lo sai"

"Perché non riesci ad accettare la mia decisione?" Lei con ogni mezzo a sua disposizione cercava di far ragionare quell'uomo, lo stesso che fino a qualche mese prima amava più di se stessa.

Era sola, rinchiusa in casa, segregata nel suo incubo peggiore.

L'aveva distrutta talmente tante volte, psicologicamente e fisicamente, che portava i segni di quell'amore malato sulla pelle, fin sotto le ossa, anche la sua anima sanguinava.

Come aveva fatto a non cogliere i segnali? Come aveva potuto scambiare la sua folle gelosia per amore, come aveva potuto credere che il suo rapporto morboso fosse qualcosa di sano? Non riusciva a capacitarsi di essere stata tanto cieca. Poi una sera, uno sguardo mal interpretato, e la sua gelosia si era tramutata in violenza. Solo a ripensarci sentiva le mani ruvide e grosse di quell'uomo afferrarla per la gola, alzarla e sbatterla contro un muro.

"Perché io ti amo e non posso sopportare di vederti con altri che non siano me" disse lui improvvisamente più vulnerabile, quasi sincero.

"Se mi ami, non vorresti vedermi felice?" Provò lei, cercando di avvicinarsi a lui compassionevole.

"Stai lontana" ordinò spingendola indietro "Solo io posso renderti felice, non quello stupido che ti porti dietro" afferrò una cornice con la foto dei due scaraventandola al suolo. Una pioggia di lacrime di cristallo si sparse sul pavimento.

Lei si portò le mani verso la testa tentando di proteggersi da quello scatto d'ira. Aveva gli occhi lucidi e un leggero tremore le attraversava le vertebre. Non sarebbe uscita viva da quella situazione.

"Non mi hai mai amato come io amo te" riprese lui, brandendo nuovamente l'arma verso la donna che credeva di amare.

"Ti ho amato anche più di quel che fosse lecito. Ho abbandonato la mia famiglia per te, non ho più rivisto le amiche di sempre, mi sono completamente annullata per te. Come un foglio bianco sono rinata sotto la tua folle guida. Hai resettato ciò che ero stata fino a quel maledetto giorno in cui ti ho incontrato." La sua voce s'interrompeva di tanto in tanto, le lacrime scorrevano a fiotti lungo le guance sempre più rosee. "Non ero più io, ma ero solo una proiezione di ciò che volevi tu. Mi hai resa fragile e vulnerabile. Mi hai costruito con mattoncini da costruzioni così da potermi buttare giù non appena qualcosa non andava come volevi. Per te questo è amore?"

"Io ti ho resa migliore! Ti ho fatto diventare una donna diversa."

"Mi hai indebolita. Succube della tua violenza."

Lui scosse il capo. "Non hai capito, tu mi hai mancato di rispetto così tante volte, ma io ti ho perdonata. Sono sempre pronto a ricominciare."

"Tu mi hai perdonata?! Non c'era nulla da dovermi far perdonare. Nella tua versione contorta dei fatti ti sei mai reso conto di tutto il male che mi hai fatto?"

Scosse nuovamente il capo incredulo. Lei non lo capiva. Lo credeva forse uno stupido o uno sprovveduto? "Quante volte hai guardato altri, o peggio, desiderato altri? Credevi, forse, che non me ne fossi accorto? Me lo facevi sotto il naso. Non eri altro che una sgualdrina da quattro soldi. Io ti ho resa donna"

"Tu non stai bene! Tu veramente non stai bene! Non ti senti, non ti rendi conto di quel che dici. Non facevo altro che vivere in funzione di te. Non ci sono stati altri uomini. Non c'è mai stato nessun altro. Avevi chiuso tutti i rapporti, non avevo amiche, non avevo nessuno, solo te! Una donna merita rispetto, una donna merita amore, merita di essere felice e non lo ero. Ho scelto me stessa." Gridò al limite della sopportazione.

Lui le si avvicinò ancora di più e lei arretrò fino alla parete alle sue spalle. Sentiva il suo fiato infernale sul collo. Il suo cuore pulsava come un matto e la saliva gli si seccava in gola. "Tu non hai capito. Tu mi appartieni. Sei mia." Potevano sembrare le parole più belle del mondo, ma quelle parole erano cariche di odio, di un affetto malato, di possessione. "Se non sei mia, non sei di nessun altro."

Aveva capito che quella era stata la sua dichiarazione di morte. Poteva scegliere di tornare tra le sue braccia, poteva lasciarsi avvolgere da quell'amore tossico ancora una volta e continuare a vivere, sperando che lui cambiasse, cercare aiuto, qualcuno che la salvasse. Ma quanto avrebbe dovuto aspettare? La legge non l'aveva protetta. Nonostante la diffida lui era rientrato tra le sue mura. Gli occhi da pazzo e un'arma in mano, da cosa era stata salvaguardata? Poteva morire quel giorno, o forse dopo due, vivere nel terrore continuo che lui potesse tornare. Poteva provare a scappare, ma lui l'avrebbe trovata, come aveva fatto quel giorno. Era un uomo incredibilmente intelligente e questo lo rendeva ancora più pericoloso.

In quel momento lei aveva deciso di liberarsi di tutto. Non sarebbe tornata succube di quell'uomo. Non avrebbe lasciato che fosse di nuovo lui a vincere. Sarebbe finito in prigione a vita. Nessuno lo avrebbe fatto più uscire di lì. Non avrebbe più fatto del male ad altre donne. Aveva sbagliato a fidarsi di lui, era stata ingenua e ora il prezzo da pagare era troppo alto. Guardò verso il soffitto. Sussurrò una preghiera, chiese scusa a se stessa e all'uomo che amava davvero. Guardò la foto frantumata a terra, il sorriso sereno di quell'amore sano, di quella bolla di felicità. Adesso toccava a lei, doveva difenderlo. Non poteva permettere che lui se la prendesse con l'uomo che l'aveva accolta e aveva ricucito i brandelli del suo cuore. In quell'appartamento nella periferia di una città tranquilla, dove credeva di essere al sicuro, avrebbe detto addio a tutti. Sperando che il suo sacrificio avrebbe reso giustizia a quel piccolo angolo di mondo di cui aveva fatto parte. Sperando di difendere e risparmiare i suoi cari da quell'uomo che aveva portato anche nelle loro vite.

"Io non appartengo a nessuno al di fuori di me stessa" affermò guardandolo dritto nei suoi occhi da diavolo.

Un colpo secco rimbombò nell'atrio di quel salone. L'ultimo rumore che lei udì prima di piombare in un sonno senza fine.

Nota_Autrice

Seconda prova del concorso indetto da WritinwithyouProject

In questa prova mi sono voluta mettere alla prova con un argomento a cui tengo particolarmente. Non è stato facile scrivere questa storia, e ho cercato di trattare il tutto con le pinze, così da non risultare troppo pesante o al contrario superficiale.

Mi auguro di aver trovato il giusto equilibrio.

Spero abbiate capito dal finale che il mio è un atto di denuncia, di un senso di ingiustizia, qualcosa che nel suo piccolo spera possa spronare a pensare...

Un ringraziamento speciale anche al mio Angelo JennaRavenway

Un abbraccio,

vostra Angela

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