Capitolo 10: verso Uig
Provo a immaginarmi come sarà Harris e come sarà Lovesbourgh. Chissà perché quando penso agli ostelli mi vengono sempre in mente luoghi allegri, porti di mare dove si raduna gente festante o apparentemente riservata, ma con storie da raccontare come reti da pesca nodose allungate in prospettive quasi infinite.
Poi, alla prova dei fatti, le mie aspettative vengono quasi sempre tradite, disattese o per lo meno superate dagli eventi.
Come nel Castello dei Destini Incrociati, in molti casi si scopre che il viaggio è un'arte combinatoria, in cui si incontrano tipi simili. Allora, in una visione stereotipata alla Beppe Severgnini, tutto diventa standard, spiegabile con modelli fissi e ripetibili, anche se a volte complessi.
Però le Adelines in viaggio non sono standard (a sorpresa una delle due è una professoressa unoversitaria) e la signora Wendy non è standard e questo ostello, questo fiordo e questo angolo di mondo sono del tutto particolari.
Convinto dalle affermazioni del tipo del pub che esiste un bus alle 8.45, mi alzo presto per fare colazione. Prendo un breakfast molto ricco con uova, bacon, tè forte e pudding nero di Stornoway, che altro non è se non una specie di sanguinaccio sbriciolato e pressato (a colazione). Lo trovo inaspettatamente delizioso.
Quando vado alla fermata scopro che il bus c'è, ma va solo un chilometro più avanti, fino alla scuola elementare di Carbost, tra l'altro mi sorprende ne esista una.
Ho una seconda possibilità fra un'ora e dieci, il che significa ancora fare quattro chiacchiere con le Adelines, controllare dove in effetti si trovi il mio ostello di Harris ed essere certi del nome, mi immagino che ce ne siano diversi.
Ambothan, ma non sono sicuro di cosa significhi il nome, e la città è Leversborough: finalmente mi stampo in testa la grafia corretta.
Wendy si offre di darmi un passaggio con la sua macchia (già perché è venuta qui guidando) fino a Portree se avrò altri problemi con il bus, ma non voglio davvero approfittare e in poco tempo arriva l'ora reale della partenza.
Alla fermata, all'ombra della distilleria Talisker, incontro un simpatico signore italiano di circa cinquant'anni, anche se data la mia ben nota incapacità di attribuire alle persone le età corrette potrebbe averne un numero variabile tra i 40 e i 60. È di Verona ed è qui a fare trekking, zaino in spalla.
Tutto questo 'mountaineering' sulle Cuillins, cioè le montagne, di Skye, alte fra i 900 e i 1000 metri (quota che non raggiungono però mai) mi fa un po' sorridere. Sarà anche vero che si parte dal livello del mare, ma comunque credo che il mio papà ed io, in un giorno di grazia, potremmo tranquillamente salirle tutte e due da spiaggia a spiaggia senza grade fatica.
Ovviamente non lo dico. Il veronese è un installatore di impianti elettrici e mi intrattiene su una serie di considerazioni legate al fotovoltaico nel tragitto. Scende poi a Slighaden, mentre io procedo verso Portree.
Una volta arrivato ho tre mete a cui pensare. La prima è una banca, per prelevare qualche pound: la carta di credito qui è accettata.... A volte! Inoltre spesso storcono il naso e sotto un certo importo ti impongono una penale di una sterlina. Poco, certo, ma abbastanza per innervosire.
Decido per la Clydesdale Bank, suona meglio e dal mio lavoro so che è australiana: difficilmente gli Scozzesi considereranno meno straniera la Bank of Scotland, finita in mano all'inglese Lloyds. La seconda tappa è l'ufficio del turismo, affollato fino all'esasperazione da gente varia. Riesco ad avere una mappa della città e dell'isola, che è poi il vero motivo per il quale sono qui, e chiedo del mio terzo desiderio, la libreria, che si trova purtroppo in senso opposto alla fermata del bus a 15 minuti di cammino da qui. Non mi servono più le informazioni di cui pensavo di aver bisogno appena sveglio, perché il ritardo fuori programma mi ha permesso di vedere tutto a Carbost.
Decido di approfittare dei pulitissimi e gratuiti bagni pubblici. Un elogio si rende inevitabile in questa fase. In tutti i paesi, in Scozia, ci sono dei bagni pubblici degni di questo nome (non delle latrine da campo), periodicamente pulite e senza scritte sui muri. Lo trovo un elemento di assoluta civiltà che andrebbe imitato.
Vado a visitare il porticciolo della città, che la Guide Routard della Scozia definisce 'colorato di deliziose tinte pastello'. Ora, non so se la traduzione fa schifo o se in Francia, paese da cui provengono gli autori, le tinte pastello siano qualcosa di estremamente diverso rispetto alla definizione italiana, ma i colori sono più smunti che tenui e c'è molto bianco e grigio scuro.
Comunque, alla fine, è una visita piacevole, con un negozio di chincaglieria benefica dove purtroppo non trovo nulla per contribuire alla causa di turno sostenuta con la vendita di libri e cd improbabili.
Sul molo un ragazzo in kilt suona la cornamusa raccogliendo qualche sterlina dai passanti, credo sia un modo come un altro per sopravvivere e pagare parte di queste assurde rette universitarie da 7-8 mila sterline.
Nonostante la mia colazione ho di nuovo fame perciò vado a un interessante caffè, 'l Cafè Arriba' (infatti si trova al primo piano e si accede da una scala), il cui tavolo vista mare è inspiegabilmente libero, e mi prendo un panino aggiungendolo alla mia razone K, costituita da pane burro e marmellata che ho avanzato dalla colazione odierna. Mentre vado verso il bus consumo comunque anche quella.
Poco prima di Uig, dove il bus mi consegnerà al traghetto per Harris, scende un tipo assurdo, che avevo notato già in precedenza per la sua stranezza: ha un'aria un po' fumata da Hippie, ed era convinto di essere a Dunvegan... a sole 30 miglia da qui!!!
/S
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