𝘂𝗶𝘀𝗴𝗲

➥✱ SMUT alert

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Avrei voluto nasconderli meglio.

L'interesse, l'attrazione.

Avrei voluto tenerli chiusi in una scatolina nel mio cervello, serrati in un portagioie di emozioni che ho riscoperto da una manciata di giorni, avrei tanto voluto.

Ma non ci riesco.

Non ne sono in grado.

E penso di poter dire con sufficiente razionalità, al momento, che sia perché quando mi prendono, le emozioni, lo fanno in modo così totalizzante da radere al suolo tutto il resto.

Ci stava, penso ci stesse quantomeno, rispondere a qualche provocazione, no?

Ma è diventata più di questo.

La faccenda è passata da me che realizzo la mia inclinazione verso l'Elfo a me che sento un bisogno viscerale di toccarlo e averlo un po' tutto per me in così poco tempo, che quasi mi ha fatto paura.

Ma se c'è qualcuno che di essere com'è non si spaventa, insomma, quello è decisamente la persona con le orecchie a punta che mi stuzzica solo per il puro gusto di divertirsi.

Io...

Sapevo che se n'era accorto.

È stato strano.

Immagino che ritrovarmi sempre a dormire nel suo letto sia stato un segnale più che lampante, e probabilmente anche la mia voglia di contatto, forse la sfrontatezza.

Ma...

Credevo, a mia discolpa, che la cosa l'avrebbe messo a disagio, che avrei visto la diffidenza e che tutto si sarebbe spento.

Ma non c'era disagio.

Non c'era quando m'imbucavo sotto le coperte, non c'era la mattina presto quando non riesce a mimare con sufficiente attenzione le espressioni facciali della persona che crede di essere, non c'era quando ha chiaramente provato a sedurmi per distrarmi pochi attimi fa.

Sapevo quel che stava facendo?

Da una parte sì, dall'altra mi sa di no.

Sarebbe tanto più virile e forte dire che era tutto calcolato, che mi sono lasciato irretire dal suo bel faccino perché non avevo niente da perdere, ma non è la verità.

La verità è che in quel momento, quando Tooru ha preso la mia mano e se l'è messa sulla coscia, il mio cervello ha completamente smesso di funzionare.

Questo per due ragioni principali.

Primo, penso di averlo ripetuto più di una volta e mi troverete un po' cantilenante, ma quanto cazzo amo le gambe e quanto cazzo amo le sue gambe.

Sono una persona fatta di carne, io, ok?

Non sono di ferro.

Vorrei in certi momenti, ma non è proprio per niente così.

È una bella coscia, è affusolata, è morbida ed è maledettamente sensuale e io credo di non avere un'interazione di quel genere dalla figlia della locandiera del paese vicino di sei mesi fa.

Ero ubriaco.

Non reggo per niente bene l'alcol.

Secondo motivo, che forse è un po' più sensato, l'ha fatto lui.

So, lo so e lo so bene, direi anche troppo, che l'Elfo ha un atteggiamento servile quando vuole qualcosa e che non lo mette in imbarazzo sfruttare la bellezza che indubbiamente ha per giocare con le altre persone.

Ma con me no.

Con me non ha funzionato.

E ho visto in fondo ai suoi occhi che lui lo voleva fare, non lo stava facendo per altri motivi se non la sua sola volontà.

Possiamo dire che l'Elfo si è... lasciato toccare?

Sembra così stupido, così stupido.

Non è un animale feroce e intoccabile che hai paura di avvicinare, anzi, è affabile e disponibile, loquace, aperto.

Non credo abbia mai detto a qualcuno di allontanarsi.

Ma questo gli crea un muro di fronte.

Nessuno è più riservato di chi ha un sacco di amici, nessuno è più inavvicinabile di chi piace a tutti. Perché se piaci a tutti, vuol dire che tutti non sanno niente di te.

L'Elfo è piacevole, con gli altri, ma non è onesto.

È una messinscena.

E non penso che la cosa sia deplorevole, è un modo di difendersi come un altro, se io mi sono rinchiuso fra le frasche lui magari preferisce la compagnia distante di chi frequenta, ma è pur sempre un muro.

Un muro che ha tirato giù per me.

C'è stato qualcosa che frizzava nell'aria.

Ha avuto paura di me, l'ho sentito, quando l'ho scaraventato a terra, ed eppure lui che è così onesto con me nel modo di manifestare i suoi stati d'animo, non ha pianto, non ha urlato.

Si è... fidato di me.

E si è lasciato toccare.

E poi cazzo, ha usato il mio nome.

Trovo vergognosamente adorabile "Iwa-chan", ma il mio nome è su tutt'altro livello.

Non credo che l'immagine che ho appena visto mi lascerà mai la mente, davvero.

Era così indifeso, ed eppure aveva completamente padronanza della situazione, sapeva come farmi muovere e sapeva come muoversi lui ed era così... perfetto.

Nelle mie riflessioni sono giunto alla conclusione che Tooru, l'Elfo di merda, orecchie a punta e seta colorata, è esattamente l'opposto della persona che sono io.

Io sono taciturno, lui parla a vanvera, io pratico e lui sognatore, io chiuso e lui disponibile, io timido e lui estroverso.

Se a me piace la calma e la pace di una giornata di silenzio e foglie che volano nell'aria, a Tooru piacciono le cose che fanno rumore, gli eventi improvvisi, le emozioni forti.

Siamo diversi, tanto diversi, completamente diversi.

Ed eppure in questo così simili.

Non sapevo di aver bisogno di qualcosa del genere finché non me la sono ritrovata davanti e per quanto odi ammettere di avere debolezze, questa lo era.

Mi sono sempre sentito tanto solo, nella vita.

Io contro il mondo, io contro tutti, io contro chi amo e io contro chi odio, io e basta a dover portare il fardello di responsabilità e colpe ma anche io a gioire pochi istanti per vittorie che non sapevo con chi condividere.

E l'Elfo non è forse così?

L'Elfo ha lo stesso sguardo perso, lo stesso vuoto da riempire, lo stesso terrore di non essere nessuno per nessuno.

Siamo diversi, è vero, siamo opposti ed è per questo che scattiamo insieme nello stesso meccanismo, ma siamo anche uguali, perché un po' ci facciamo compagnia a vicenda, in un mondo che ci ha dimostrato che non potevamo avere nient'altro.

E a dirla tutta, al momento, non c'è nient'altro che vorrei.

È per questo, che l'ho deciso.

L'ho deciso al fiume il giorno che ho capito che mi piaceva, ma non ho avuto l'occasione.

Credo che... vorrei che l'Elfo sapesse.

Vorrei che mi conoscesse.

Da lui, per quanto sia irritante, vorrei forse un po' di quella sensazione calda che ti danno le persone che ti vogliono bene.

E spero che magari aprendomi, ne darò un po' anche a lui.

È stranamente silenzioso, mentre scendiamo gli scalini di pietra fino al seminterrato, sento il suo respiro un po' mozzato e dubito che sia per la fatica.

È intimidito?

Da me?

Ok, ok, smetto di fare il finto tonto, ci sta che un po' sia intimidito, dopotutto l'ho appena quasi ucciso per gioco sul pratino.

Ma... posso dire una cosa da insicuro? So che non è molto nel personaggio, ma la dirò lo stesso.

Sono io che sono intimidito.

Insomma, è Tooru.

Qualcuno qui ha visto Tooru?

Qualcuno qui è mai riuscito nella vita a non guardare Tooru e trovarlo la cosa più bella dell'intero Regno Conosciuto?

Io... sono solo io, in fondo.

Sono sicuro di me, diciamo che sono fatto così, più che altro non mi faccio molti problemi e non ho intenzione di farmene ora, e so anche che ho una discreta esperienza alle spalle, ma stiamo parlando di... Tooru.

Insomma, se io sono un uomo di bell'aspetto, lui è su tutt'altro livello.

Il pensiero, però, paradossalmente mi rassicura un pochino.

Tooru non sta scendendo le scale di qualcun altro col respiro che saltella e le gambe che tremano, sta scendendo le mie. Non dorme con qualcun altro, dorme con me.

E non voglio trattarlo da trofeo, ma cazzo, un po' lo è.

Un bel risultato.

Una cosa che ho fatto io.

Che ho io.

Nessun altro.

− Elfo, questo silenzio mi mette ansia. Parla. – borbotto, mentre apro la grande porta di legno e lo faccio entrare prima di me.

Palesemente un "non so cosa dire, riempi quest'attesa di parole o giuro che muoio" detto con un filo di arroganza, ma questo a lui non lo diciamo, facciamo così.

S'infila nella stanza, lo vedo fermarsi al centro, di fronte alla vasca e girarsi verso di me.

Non ha la verve del seduttore di prima.

Non che sia goffo, non credo che nessuno dei suoi movimenti potrebbe mai esserlo, è troppo elegante, ma è meno rilassato.

Alzo un sopracciglio verso di lui come ad incalzarlo, mentre lascio che il legno si assesti dietro di me.

− Mi spoglio? – è quello che riesce a dire.

Mi prende alla sprovvista.

Mi si stringe un po' la voce e sento la mia faccia scaldarsi.

− Per Yggdrasill, no! –

− No? Facciamo il bagno... vestiti? Non l'ho mai fatto, ma magari è diverte... − inizia a rispondere, più paonazzo di me, più in imbarazzo di me.

− No! –

− No cosa? No i vestiti? No al bagno? –

− Io... −

Ok, questo potrebbe a mani basse vincere l'incontro verbale più ridicolo della mia vita, e lo dico pure vergognandomene come un ladro.

Cerco di riprendere fiato.

Con calma, Iwaizumi.

Con calma.

Non è una battaglia, è Tooru.

Ancora peggio, cazzo, uccidere è facile, essere interessante agli occhi di qualcuno che è l'incarnazione dell'essere interessanti un po' meno.

No, no, con metodo, su.

− Scusa, mi sono confuso. No, io il bagno vestito non lo faccio, ma tu puoi fare come preferisci. – mi ritrovo a dire, con il tono più pacato di quanto non sia io.

Si blocca, vedo il suo corpo tremare di qualcosa che credo sia un misto incertezza-impazienza e poi si rilassa.

− Preferisco non farlo vestito anch'io. –

Deglutisco nonostante la mia gola sia davvero secca.

− Vado ad accendere il fuoco, tu metti l'acqua dentro. – rispondo, cambiando un argomento che si ripresenterà fra un attimo e indicando i bacili che ho portato stamattina con un gesto del capo.

Lo vedo scuotere appena la testa.

− Non ce la faccio. –

− Ma come non... −

− Eddai, Iwa-chan, sai che faticare mi fa schifo. –

Non nascondo un accenno di risata, poi scuoto la testa.

− Scemo di un Elfo. –

− Mio eroe, se non ci fossi tu come farei? –

Mi rendo conto di quanto sia riuscito meglio di me a spezzare la tensione con una sola battuta quando mi ritrovo a sorridere come uno scemo mentre sistemo i ceppi sotto la vasca e accendo il braciere.

È bravo con le parole.

E mi fa... sentire a mio agio.

Non esattamente una cosa che ci si aspetta io voglia provare, ma andiamo, chi non vorrebbe?

Torno su che l'Elfo si sta spogliando a mano.

Di solito schiocca le dita e gli indumenti scompaiono, questa volta lo vedo slacciare i bottoni con le dita, uno alla volta, tirare via i laccetti che tengono insieme la camicia di seta e sfilare gli anelli uno alla volta.

Rimango fermo in piedi.

C'è qualcosa, dentro Tooru, nel profondo di lui, che è... irreparabilmente attraente.

Ma, e mi fa strano dirlo, va oltre quell'impacchettamento così delicato che è il suo corpo.

C'è qualcosa.

Gli tremano le mani e i suoi movimenti sono sempre meno delicati, sempre più frettolosi e incerti, si sistema una ciocca dei capelli dietro l'orecchio quasi ossessivamente, si morde l'interno del labbro.

C'è qualcosa che mi fa sentire potente e qualcosa che mi fa sentire debole.

Mi sento forte all'idea che dia questa realtà, questo aspetto onesto, veritiero di se stesso solo a me.

Mi fa sentire debole l'idea che non so che cosa farei se mi dicessero che non posso più averlo.

Mi fa paura.

Legarmi mi ha sempre fatto paura.

Ed eppure qualcosa, c'è qualcosa, che mi urla che io sono già legato e troppo, troppo per averne timore.

Vado verso la bacinella dell'acqua, ne tiro su una alla volta e la verso nella vasca mentre sento il fruscio della seta scivolare via dal suo corpo.

Non so se volesse essere guardato mentre lo fa, ma credo ne avrebbe fatto uno spettacolo, in quel caso.

Ora mi sembra solo un ragazzo un po' intimidito che cerca di levarsi d'impiccio l'imbarazzo.

Quando fino all'ultima goccia l'acqua è completamente versata, poso i bacili e prendo un grande respiro, prima di guardarlo.

Sta litigando coi pantaloni, sono tenuti su da un intrico di laccetti sul retro che fa un po' fatica a sciogliere.

− Hai bisogno di una mano? – mi sento di chiedere.

Mi è scesa la voce, ma è anche diventata più dolce.

Vorrei avere un qualche tipo di controllo su questo, ma ahimè, non ce l'ho proprio.

Annuisce senza parlare, ricomincia a mangiucchiarsi l'interno della bocca.

Percorro un passo alla volta.

Ha un profumo così distinguibile, così zuccherino, dolce, misterioso. Sa di qualcosa di giovane e insieme qualcosa che ti assuefà completamente.

Essere fisicamente vicini per caso, è un conto.

Farlo per volontà, è un altro.

Mi sembra che il cuore mi stia per saltare fuori dalle costole, ad ogni centimetro che percorro verso di lui.

Allungo un braccio per appoggiare la mano sul suo fianco mentre indietreggio per osservare il casino di fili che gli tiene addosso i pantaloni, lo sento trasalire.

− Vuoi che smetta? –

− N...no. –

Deglutisco un'altra volta, mi concentro sui vestiti.

Diceva che il rosso scarlatto non gli stesse bene, ma non è così, secondo me. Dice che lo spegne e non lo fa risaltare, ma per me che non capisco niente di tutto questo, sembra che vada bene.

Lo rende più affascinante.

Gli dà un non so che di... violento, immagino.

E come potrebbe essere affascinante la violenza?

Beh, lo è.

È disinibita, ti sbatte in faccia, ti cattura e non riesci a lasciarla andare.

Mi avvicino ancora un po', finché non ci separano altro che centimetri, e mi permetto di appoggiare la fronte contro la sua nuca, guardando in basso.

Non c'è bisogno che mi spiaccichi addosso a lui per slacciargli i pantaloni, ma per quale motivo non dovrei farlo?

Ha un buon odore.

Un buonissimo odore.

Trasalisce al contatto, ma si rilassa l'istante dopo.

− Non riesco a capire per quale motivo tutti i tuoi vestiti siano così complicati. – borbotto, alla ricerca di minuscoli fiocchi intrecciati fra di loro.

− Prevenzione contro lo stupro. –

Mi si fermano le mani, mi si blocca il fiato.

− Che cosa? –

Ride appena, la schiena che balla contro la mia testa, in un suono calmo e appena accennato. Niente di quelle risate sganasciate che fa di tanto in tanto.

− Stavo scherzando, Iwa-chan. –

Sento la mia bocca formare un broncio.

− Non è divertente. –

− Sì che lo è. –

Sbatto la fronte contro di lui.

− Per niente divertente, già. –

Ride di nuovo, io ricomincio a slacciare i fiocchetti.

− Sei troppo serio. –

Inizio a credere di voler strappare tutta questa merda a mani nude, ma immagino e spero che quella foga sarà per un'altra volta.

− Slacci spesso pantaloni alle persone? – mi sento chiedere, poi, con un filino di voce incerta che, questa volta, fa ridere me.

− Scusami? –

− Vorrei solo sapere se... ecco... −

Sorrido fra me e me, tanto non può vedermi, non può sapere che non riesco a trattenere la bocca da quanto è adorabile.

− Ho slacciato sia gonne che pantaloni, Tooru, non tutti i giorni ma... è capitato. – rispondo, cercando di sfruttare la sua metafora.

− Aah, ok. Io solo pantaloni. –

− Capisco. –

Le mie dita arrivano alla pelle pochi attimi dopo.

Ho fatto.

Ho... fatto.

Mi stacco dall'Elfo con un sospiro che gli finisce dritto sulla schiena, lo osservo girarsi verso di me e mi accorgo che ha le guance un po' arrossate, gli occhi appena più chiusi di prima.

L'orlo dei pantaloni cade, ora che sono slacciati, ma non si sfila oltre le anche. Rimane là, a penzolare, rivelando la pancia piatta e il segno appena accennato degli addominali.

Ha un solco che corre in mezzo al ventre, che trapassa l'ombelico, dove la pelle si piega appena.

Mi sento appoggiare una mano sulla clavicola prima di poter iniziare a sbavare.

− Via la camicia, Iwa-chan, sto aspettando questa cosa da tutta la vita. –

Mi si scaldano le guance.

− Ci conosciamo da due settimane. –

− Prima non sapevo di volerlo. –

Mi viene istintivamente da ridere e lo faccio, mentre le sue dita lunghe prendono l'orlo di cotone e lo lanciano oltre la mia testa.

Me la lascio sfilare senza dire niente.

Certo mi fa più effetto quando spiaccica le mani sulle mie spalle e sorride come se volesse mangiarmi.

− Mi hai già visto senza camicia, non fare quella faccia. –

Alza le sopracciglia.

− Ogni volta è meglio della prima. –

− È sempre uguale. –

Mi lancia un'occhiatina un po' maliziosa.

− Anche le mie gambe sono sempre uguali, Iwa-chan, ma non mi sembra che ti facciano un effetto diverso, ora che le hai viste tante volte. –

La mia faccia va legittimamente a fuoco.

Non rispondo, perché cazzo, ditemi voi se non ha la ragione stretta fra quelle mani da infame.

Riprendo fiato, mi distacco di qualche centimetro e faccio per slacciare i miei, di pantaloni, quando l'Elfo decide saggiamente di fare l'unica cosa che più delle sue provocazioni avrebbe potuto mandarmi in completo, definitivo cortocircuito.

L'Elfo si spoglia.

Allora, razionalmente è sempre lui, sempre lo stesso Elfo, che ho visto nudo a pezzi per giorni e che non differisce in niente dall'immagine che mi ha sempre dato.

Ma è diverso.

È proprio diverso.

È completamente diverso.

È a suo agio, completamente nudo, si vede.

La luce batte diversamente sul viso e sul corpo, sulle gambe, persino sul culo, senza vestiti. Fa sembrare la sua pelle più chiara e più uniforme, come se fosse davvero dipinta di un color crema così delicato da sembrare impalpabile, e esalta ogni ansa di quello che lo descrive.

Vorrei trattenermi, vorrei farlo per non metterlo a disagio, per non sembrare un pazzo maniaco che lo fissa senza distogliere lo sguardo.

Ma come potrei?

− Sei... la cosa più bella che abbia mai visto. – è quello che esce dalle mie labbra.

Quante altre cose avrei potuto dire, tutte più false e meno eloquenti di questa.

Lo vedo trattenere il respiro, poi diventare improvvisamente più consapevole del fatto di essere completamente nudo, più timido quasi.

Distoglie lo sguardo e lo lancia verso terra, incollandolo alla pietra fredda che lo compone.

− Io... −

− Sei così bello, Tooru. –

Potrei trattenermi, quanto sarebbe facile, quanto sarebbe da me, farlo.

Ma perché?

Perché dovrei?

Non sto mentendo, so solo dicendo la verità.

− Io non... −

− Non ho mai visto nessuno che fosse bello quanto lo sei tu. E lo so che te l'avranno detto un sacco di persone ma voglio dirtelo anch'io. –

Respira, gli si alza appena il petto, ma lo fa tremando.

− Non è la stessa cosa se me lo dicono gli altri o se me lo dici tu. –

La consapevolezza mi si espande nel petto.

− No? –

Scuote la testa.

Di nuovo, debole e forte.

Forte, perché mi sento come se avesse scelto solo me.

Debole, perché ora ho qualcosa da perdere.

S'infila nel bagno prima che possa proferire parola, una gamba magra alla volta.

Si abbassa lentamente ma senza farne uno spettacolo, si siede appoggiano la schiena contro la pietra fredda, la testa cade un attimo indietro, tira su le ginocchia e ci appoggia la guancia un secondo dopo.

Si sta... coprendo?

C'è un'ombra sul suo viso.

Raggiungo il laccio dei miei pantaloni, ma prima di slegarlo e toglierli di mezzo, vedo di nuovo la sua schiena che trema.

Un colpo più netto, questa volta.

Come se fosse un...

− Tooru, va tutto bene? –

Un altro colpo.

− Tooru? –

Oh, merda, 'fanculo i pantaloni.

Dire che mi butto per terra vicino alla vasca è il più ridicolo degli eufemismi, considerando il male che mi fanno le ginocchia quando sbattono per terra.

Mi ci lancio proprio.

Ha gli occhi... lucidi.

Stava singhiozzando.

Non lo tocco, evito di toccarlo, ho quasi il timore di farlo, ma stendo gli avambracci sul bordo e avvicino la testa alla sua, sorrido.

Se prima, con le persone che piangevano ero un completo disastro, non so cosa di tutto questo mi venga naturale.

− Tooru, che cosa c'è che non va? Non ti senti a tuo agio? Vuoi che me ne vada? –

Singhiozza ancora.

− Non voglio che mi odi, Iwa-chan, non voglio che... −

− Perché mai dovrei odiarti? –

Alza gli occhi scuri verso di me, sembrano un po' spaventati e un po' arrabbiati.

− Non voglio fare sesso con te, Iwa-chan. –

Lo dice come se fosse qualcosa che dovrebbe farmi incazzare. Lo dice come se ora io mi dovessi alzare da qui e urlargli in faccia, fargli del male o trattarlo da stronzo.

Ma...

Non è così?

A dirla tutta, non capisco neppure perché dovrebbe esserlo.

− Ok. –

− Non è che non mi piaci, anzi, solo che vorrei che questa cosa fosse un po' meno impulsiva e magari ti dà fastidio sapere che non voglio ma davvero se aspetti un minuto magari cambio idea e mi calmo e... −

Sembra che non abbia sentito la mia risposta.

− Tooru, non c'è nessun problema. –

− Però davvero, non è che non mi piaci, anzi, ho sempre voluto fare sesso con te, ma... −

Supero la mia ansia di toccarlo e alzo una mano sul suo viso.

Ammutolisce quando sente il contatto.

− Iwa-chan? –

− Perché ti stai giustificando? – è quello che chiedo, guardandolo dritto negli occhi.

È come se fosse in ansia, e i suoi occhi lacrimano appena.

Gli tremano le labbra, la voce, il corpo.

− Pe... perché se no tu te ne vai e non hai più niente a che fare con me? –

Sento i miei occhi farsi un po' più scuri di prima.

− Pensi davvero questo di me? –

Si mordicchia il labbro.

− Io... non so in che altro modo pensare. –

Inspiro ed espiro con lui.

Nel corpo mi monta una rabbia cieca e scura, ma non nei suoi confronti, più in quelli di chi gli ha insegnato che sentirsi a questo modo fosse la normalità.

− Tooru, tu non devi fare sesso con nessuno se non vuoi. Tu non devi aspettare un minuto per calmarti o cambiare idea. Tu fai quello che ti pare, intesi? –

Non risponde, rimane a fissarmi con lo sguardo vitreo.

− Anche se il motivo fosse che non ti piaccio, non sarebbe comunque una scusa per non avere più nulla a che fare con te. Chi cazzo te l'ha insegnato, questo? –

Deglutisce le lacrime.

− Mio... −

− Chi? –

Distoglie lo sguardo, poi me lo rimette addosso.

− Mio padre diceva che se vuoi ingraziarti qualcuno devi fare quello che vuole, anche se devi aprire le gambe. –

− Quando te lo diceva? –

− Quando avevo quindici anni. –

Si accorge dell'effetto che questo ha su di me quando mi irrigidisco.

Stringo il suo viso più forte, ma non per fargli male, perché non posso fare altro.

− È una stronzata. –

− Ma l'unica cosa che ho è che sono bello, e se non uso questo allora... −

− Allora cosa? Allora non puoi manipolare gli altri? Ti serve davvero farlo? –

Inclina il capo.

− Serviva a lui. –

Lascio andare la presa.

Non posso...

Sono una persona rabbiosa, lo sono, l'ultima volta che mi sono arrabbiato non è andato bene niente. E ucciderei frotte di schifosi Umani, Elfi, qualsiasi cosa, se questo maledetto ragazzino con le orecchie a punta me lo chiedesse, davvero, lo farei.

Suo padre, lo ucciderei volentieri.

Credo che vorrei affondare la spada fino all'elsa nel suo petto, girarla e osservarlo morire.

Ma...

Mia madre al fiume diceva una cosa giusta.

Se le riconosco, le emozioni, e se le confronto con onestà, fanno meno paura.

Non ho voglia di uccidere suo padre, ora, ho voglia di farlo stare meglio da solo.

Mi rilasso, mi ammorbidisco un po' e lascio correre un braccio dietro allo schienale della vasca.

− Appoggiati. –

− Dove? –

− Su di me, Elfo. –

Aggrotta un attimo le sopracciglia, prima di guardare me, il mio braccio e annuire.

Sento la sua testa sulla pelle, la guancia che si piega di lato, la fronte contro il mio collo.

Non è una posizione particolarmente comoda, ma neppure scomoda.

Allungo una mano verso di lui, il pollice che spazza via un paio di lacrime dalla guancia, lascio che le dita s'inerpichino l'istante seguente fra i ricci.

− Non devi ingraziarti me, Elfo, lo sai? –

Annuisce e sento il mio braccio piegarsi con il suo movimento.

− E poi non ci siamo manco mai baciati, tu già pensavi a fare sesso? Corri troppo, Elfo. Manco ti ho detto che mi piaci. –

Tira su con il naso nascondendo una risatina.

− Si capiva. –

− Ah sì? E da cosa? Sai che ti odio. –

Sorride, chiude appena gli occhi.

− Mi hai detto di fare il bagno insieme, Iwa-chan, mi sembra piuttosto eloquente come richiesta. –

Schiocco la lingua.

− Merda, ho fallito. –

Strofina la fronte contro il mio collo piano, sento il sorriso contro la mia stessa pelle.

− È per questo che sei strano, ultimamente? –

− Anche. –

Rimane in silenzio, rimango anch'io in silenzio.

Prendo fiato dopo un tempo indefinito.

− Il fatto che io ti abbia detto che sei bello, non vuol dire che ci sia solo quello, lo sai? –

− In che senso? –

Le punte delle dita salgono fino alla tempia, descrivono lo zigomo, pizzicano scherzosamente la punta dell'orecchio.

− Sei bello, Tooru, lo sai quanto sei bello. Ma a me non basta che tu sia bello. –

Tiene gli occhi chiusi.

− Mi piaci tu, proprio tu. Perché siamo un sacco diversi e perché mi fai sentire vivo. Non credevo di averne bisogno, pensavo di stare bene prima che arrivassi qui, ma non era vero. –

Il suo viso si scalda.

− Io... vorrei che rimanessi qui con me per sempre. –

Apre gli occhi di scatto.

Alza di poco la testa, una delle sue mani, completamente fradicia, mi atterra sulla guancia.

− Io non vorrei mai andarmene. E anche a me piaci, Hajime. Mi sento al sicuro, quando sono con te. –

Mi sembra che il cuore stia per uscire dal petto e andare a farsi un'amabile passeggiata lontano dalla mia cassa toracica.

Non ricordo di essermi mai sentito in questo modo con un'altra persona.

Mai.

− Non voglio fare sesso, ma se mi baciassi sarebbe un'ottima cosa, non credi? –

Alzo gli occhi al cielo, prima di sporgermi.

− Non potevi farlo tu? –

− Sai che odio fare fatica. –

Ha le labbra... morbide.

Non me le aspettavo diverse, non sapevo come aspettarmele a dirla tutta. Non ho mai amato baciare gli altri, l'ho sempre trovato un po' noioso.

Ora è... come tutto, diverso.

Sa di sale, ed è un po' bagnato, ma ha un sapore che mi ricorda lontanamente il miele e il suo profumo è così dolce.

Mi lega le braccia dietro il collo, piega il viso per incastrarlo col mio, si stacca per prendere fiato prima di fondere le labbra con le mie un'altra volta.

Ha la bocca più aperta ora.

Dire che non ne approfitti è una menzogna.

Sento il sangue iniziare a fluire verso il basso, il cuore che batte sempre più forte, sempre più forte, il fiato mozzato e tutto quello che c'è, ora, per me, è Tooru.

Tooru che sa di zucchero.

Tooru che profuma di fiori.

Tooru che mi bacia e io che bacio Tooru.

− Hajime. – lo sento dire, fra un bacio e l'altro, ed è inutile dire che se prima c'era una minuscola parte di me a trattenersi, ora non c'è più.

Sento la mia mano chiudersi dietro la sua nuca, le dita affondate fra i capelli, la lingua che s'intreccia con la sua, i respiri che si fondono.

− Tooru, cazzo. –

La sua voce è più un lamento, quando sento un versettino uscirgli dalla gola verso la mia.

Mi irrigidisco.

Lo tiro più forte verso di me.

Appena prendiamo fiato, prima di ricominciare.

Non ricordavo come fosse baciare qualcuno, ora non voglio fare altro. Ancora, ancora, ancora. Voglio baciarlo ancora, voglio baciarlo completamente.

Voglio...

Lo tiro indietro dai capelli, si stacca con un gemito d'insoddisfazione.

− Che fai? –

− Non mi trattengo se continui. –

Gli calano le palpebre sugli occhi, si adagiano a metà delle iridi scure.

− Non riesci a controllarti, Iwa-chan? Grande e grosso e sembri un adolescente, ora. –

Stringo più forte la mano, mi avvicino al suo viso, naso contro naso.

− Stai cercando di farmi incazzare? –

− Eccitare, incazzare, un po' di tutto. –

− Ma non vuoi fare sesso, no? –

Si mordicchia il labbro, scuote la testa.

− Ho solo paura che dopo non ci sia più niente che posso fare per te, non so se mi spiego. –

Mi sporgo per baciarlo un'altra volta.

− Se credi che sia tu a fare un regalo a me e non l'inverso, Tooru, hai completamente sbagliato persona. – rispondo, più per smorzare la tensione che altro.

Lo sento ridere appena.

− Oh, ragazzone, ti vedo piuttosto sicuro. –

Rido anch'io.

Mi bacia di nuovo, o forse sono io che bacio lui.

Inizio a sentire parecchio caldo, e non credo che c'entri affatto il vapore dell'acqua che scroscia ad ogni movimento di Tooru.

Appoggia la fronte sul mio mento, quando ci stacchiamo.

− Non voglio deluderti, però. –

Faccio salire una mano sulla sua schiena, stringo una scapola fra le dita e la lascio arrivare fra i riccioli castani.

− Non è una frase adatta al contesto, dovevi dirmelo quando hai versato la cena sul lavandino per sbaglio due giorni fa. –

Ridacchia.

Io lascio calmare il mio respiro, il cuore ancora batte all'impazzata ma cerco di darmi un contegno.

− Quando e se vorrai farlo, Elfo, io non dirò certo di no. Ma se pensi che l'unico motivo per cui non ti ho ancora cacciato è che spero di infilarmi nei tuoi ridicoli pantaloni da giullare, non hai capito niente. –

− Ridicoli? È arte, pezzente. –

− Sì, sì, come vuoi. –

Gli prendo la testa fra le mani e faccio una cosa che mi espone più di quanto non l'abbia fatto quello che è successo negli ultimi cinque minuti.

Dove sono cresciuto, si diceva che i baci sulle labbra dimostrano l'attrazione, sulla fronte l'affetto.

C'è grande differenza.

Appoggio le labbra sul suo viso e chiudo gli occhi.

Mia madre mi ha sempre detto, quando era ancora viva, che "avrebbe tanto voluto vedermi baciare qualcuno sulla fronte, perché avrebbe significato per lei di potermi lasciare a qualcuno a cui volevo davvero bene".

Quando mi stacco, gli occhi lucidi, ce li ho io.

Ricaccio indietro qualsiasi cosa fosse salita dal mio cuore.

− Wow, nessuno mi aveva mai baciato sulla fronte. È strano, rifallo. – mi sento dire da una voce un po' cantilenante.

− No. –

− Come no? –

Merda, e come glielo spiego, ora?

− Mi fa male la faccia. –

− Scusami? –

Ok, scusa sbagliata.

− No, scherzo. È che è una cosa della cultura di mia madre, vuol dire una cosa che tu non sai. –

− La saprei se me la dicessi. –

Quando è diventato così intelligente? No, forse sono io che sono tremendamente stupido.

Mi manda il cervello a farsi fottere.

Divento tutto rosso, la faccia è bollente e lo sguardo non regge il suo.

− Vuol dire che ti voglio bene e spero che qualsiasi cosa che faccio ti possa far stare meglio. Che provo affetto per te, Elfo. –

Spalanca gli occhi.

− Ma non è niente di che. – aggiungo di fretta.

− Niente di che un corno, Iwa-chan. –

Sono grandi, quando li apre così. Sono scure, le iridi, e non sembrano più pesanti e provocanti, ma molto più ingenue, al momento.

Sembra più giovane.

Più indifeso.

Più... Tooru.

Lo vedo deglutire.

− So che non è romantico o bello come quello che hai detto tu, ma c'è una cosa che non ho mai fatto perché mi sono ripromesso di farla solo con chi mi volesse bene davvero, Hajime. –

Alzo un sopracciglio.

− Cioè? –

Distoglie lo sguardo un'altra volta, poi lo rimette sul mio.

− Sembra stupido, davvero. –

− Tutto quello che dici sembra stupido. –

− Ecco... −

Inspira, espira.

− Non mi sono mai fatto... toccare da nessuno. Più che altro ho sempre fatto tutto io e non mi sono mai fatto fare niente. –

− Oltre al sesso? –

− Oltre al sesso. –

Mi vuole dire che...

− Perché? –

− Mi metteva a disagio essere l'unico a ricevere senza dare niente anche solo per un minuto, all'inizio, poi ho cominciato a pensare che fosse perché non voglio piacere da chi mi fa schifo. –

Ha senso, credo.

Ha... senso.

− E quindi tu vuoi che io... −

− Mi piacerebbe, ma non sei costretto a dirmi di sì. –

Io? Costretto?

Oh, piccolo Elfo scemo, se decidessi di stringere le tue cosce attorno alla mia faccia credo che mi lascerei persino strozzare.

Mando via questa esatta risposta.

− È la tua versione sconcia dei baci sulla fronte. –

Arrossisce appena sulla punta degli zigomi.

− Possiamo dire di sì, ecco. –

Non so se pensare che sia una cosa stupida o adorabile, ma credo che questo si applichi alla sua intera persona.

È scemo? È adorabile?

Chi lo sa.

Non io di certo.

So che però, quando l'ipotesi si fa più concreta nella mia testa, inizio a sentir stringere di più i pantaloni.

Io con la faccia fra le cosce di Tooru, eh?

Io con la faccia fra le cosce di Tooru.

− Smetti di fare quell'espressione, mi fai paura. – mi sento sgridare, e mi riprendo dalla mia trance scuotendo la testa.

− Che faccia? –

− Quella da stronzo soddisfatto. –

− Oh, ma io sono uno stronzo soddisfatto. – ribatto, osservandolo irrigidirsi un'istante.

Che faccio, entro nella vasca? Ma ci devo entrare nudo, vestito non mi va, e se lo mettesse a disagio? Eh ma senza entrare come lo tiro su? Potrei...

− Che pensi? –

− Se mi tolgo i pantaloni ti metti a urlare? –

Forse non era formulata bene.

No, non era per niente formulata bene.

− Iwa-chan, ma di cosa stai parlando? Non è che per caso sei un incrocio con qualche razza strana e il tuo... −

So di diventare rosso, anche se non mi vedo.

− Non è quello! Volevo dire... ti mette a disagio? –

Si lecca le labbra e ride guardando di lato.

− Beh, ora sono più che curioso. –

Ah, maledetto me, che cosa ho combinato. Non sono insicuro riguardo a me nudo, direi proprio di no, però cazzo, ora chissà che si aspetta.

Mi slaccio i pantaloni cercando di non tremare come un idiota.

− A proposito, che incrocio sei? –

− In che senso? –

Raggiungo con le dita il fiocco, lo sfaccio e slaccio i bottoni interni.

− Che cos'era tua madre? –

Alzo un sopracciglio.

− Devi proprio parlare di mia madre mentre mi spoglio, Elfo? –

− Era per chiedere, stronzo. –

Faccio spallucce, prendo coraggio e abbasso i pantaloni.

So che sta guardando, e mi dico con una vampata di autostima che guardi pure, in fondo non ho di che lamentarmi.

− Una Fata. –

Non sente.

O sente e non recepisce.

Non lo so.

Alza lo sguardo verso i miei occhi in un modo ridicolo, come se fossero incollati ad un'altra parte del mio corpo e non riuscisse a staccarceli di dosso.

Sorride.

− E questo ti rende un Fato? –

− Si chiamano Fate anche i maschi, coglione. E solo per metà. –

Sorride di più, e non so se vorrei baciarlo o tirargli un cazzotto.

− E la caratteristica peculiare delle fate è per caso avere un enorme... −

Smette di parlare quando caccio una gamba nell'acqua, poi l'altra e mi metto in ginocchio di fronte a lui.

− E le fate donne? Secondo il tuo ragionamento dovrebbero avere un cazzo anche loro. –

Si batte il mento come se stesse pensando.

− Un grosso cazzo, per l'esattezza. –

Non so se ringraziare, sprofondare nell'imbarazzo o cosa, nel dubbio mi avvicino verso di lui e gli pizzico la punta di un orecchio.

− Ahia, e questo per cos'era? –

Mi avvicino ancora.

Profuma di più, senza vestiti. È strano che blocchino l'odore, di solito se ne impregnano e lo fanno mantenere più a lungo, ma sento più chiaramente il sentore fiorito della sua pelle.

− Elfo, se è un complimento sulle mie dimensioni ringrazio, ma non puoi sperare che sia delicato con te se ti comporti come se fossi in calore, capisci? –

Apre appena la bocca per rispondere, ma non esce niente.

− Ecco, bravo, mi piace quando stai zitto. –

Se c'era qualcosa di cui non mi sono dimenticato, è di come Tooru reagisca alla parola "bravo".

Ma se andava in brodo di giuggiole per un complimento casuale per del tè, che cosa succede quando quel "bravo" è molto meno leggero e molto più intimo?

Si alza il centro delle sue sopracciglia, l'espressione si fa quasi servile, respira con la bocca.

Prendo il suo mento fra le dita, lo tiro verso di me.

− Sei sicuro di volerlo fare? –

Fa "sì" con la testa.

− Guarda che puoi parlare. –

Si mordicchia l'interno del labbro, poi scuote il capo.

All'inizio non capisco cosa voglia dire, poi faccio due più due e arrivo alla conclusione alzando terribilmente un sopracciglio.

− Vuoi essere bravo per me e non parlare, Tooru? –

Annuisce.

− Penso che tu abbia un piccolo problema con i complimenti. –

Fa spallucce.

Mi sporgo verso di lui, lo bacio un'altra volta, lo spingo indietro finché la sua schiena non è appoggiata perfettamente contro la pietra della vasca.

Forse così può funzionare.

Mi concedo un attimo di debolezza quando immergo le mani e le stringo sulle sue cosce, lunghe, affusolate, delicate.

Stringo le dita e le lascio andare, strizzo per sentire come la carne si muova sotto il contatto, il mio contatto.

− Appoggiati per bene sul bordo. –

Si tira su, stringe le mani sul granito e vedo i muscoli delle sue braccia irrigidirsi al movimento.

Poi lo prendo e metà del suo corpo esce dall'acqua.

Devo ammettere che una parte di me ha sempre voluto fare questa cosa, prendergli le cosce in mano e aprirle per appoggiare il retro delle ginocchia sulle mie spalle, averlo completamente nudo e completamente indifeso di fronte a me.

Ma fra volerlo e farlo, ce n'è.

− Iwa-chan! – mi sento chiamare, e salto con un palmo aperto sul retro della sua schiena per reggerlo.

− Hai paura di cadere? –

− Non ho... come fai a reggermi? –

− Non pesi così tanto, Elfo. Dovresti mangiare di più, in effetti. –

− Io non... merda! –

Non finisce la frase perché credo di avergli morso l'interno coscia.

"Credo", suvvia, diciamo che l'ho decisamente fatto.

Diciamo anche che la sua pelle ha un sapore ancora più delicato dell'aspetto, che adoro il modo in cui si contorce, quello in cui stringe involontariamente le ginocchia sul mio collo e la sua voce.

− Se vuoi che smetta... colpiscimi, credo. – borbotto.

Verifico che sia stabile, a metà fra il bordo della vasca e le mie spalle, poi mi dedico completamente a quello che ho davanti.

Wow, Tooru, wow.

Mi dispiace quasi, trovarlo così bello, sapendo con quanta superficialità è stato più volte trattato, ma che cos'altro potrei pensare, o dire?

Io...

− Sogno di vedere la tua faccia fra le mie gambe dalla prima volta che ti ho visto, ragazzone. – mi sento dire, prima che senta dita sottili corrermi fra i capelli e tirarli piano.

Sorrido contro di lui, affondo di nuovo i denti, succhio piano la carne fra le labbra.

− Sai quanto mi piacciano le tue gambe, che te lo dico a fare. – ribatto, prima di sentirlo ridere e lasciar sfumare la risata in un gemito sottile.

− Ti piacciono un sacco. –

− Mi piacciono da morire. –

Giro il viso di centottanta gradi, mi dedico all'altra coscia.

Potrei così facilmente toccarlo, o quantomeno avvicinarmi, ma dove sarebbe la parte divertente?

No, io rimango a mordicchiare e prendere la pelle chiara fra le labbra finché non inizia a contorcersi e spingermi i talloni sulle scapole.

− Hajime, che fai? –

− Ti faccio patire, problemi? –

Se non avessi tirato su gli occhi, che cosa mi sarei perso.

Si pinza una mano fra i denti e morde come per sopprimere un gemito fastidioso, la schiena che sale e le guance rosse.

Mi fissa come se avessi la sua vita in mano.

Quando mi fa sentire...

Dominante, quest'Elfo.

− Fai come vuoi, Iwa-chan. –

Sorrido.

− Bravo. –

Le gambe si irrigidiscono, il bacino salta.

Io non stavo con un maschio da davvero un sacco di tempo. Non ho particolari preferenze, ma mi è capitato di frequentare più donne, soprattutto perché il mio tipo di ragazzo di norma non è attratto da me.

Non che Tooru sia il mio tipo, lo è solo in parte.

Ha di quello che mi piace di solito solo la statura e le gambe lunghe.

Poi per il resto non è né pragmatico, né deciso né tantomeno una persona seria e matura.

Lo vorrei diversamente?

Cazzo, no.

Salgo con le labbra fino al retro del ginocchio, poi scendo di nuovo verso il basso ventre. Ha la pelle che si colora facilmente, diventa subito scura, violacea.

Affondo i denti più forte, non lascio andare finché non lo sento lamentarsi.

No, non sono un cane.

Voglio solo vederlo domani mattina coi segni che gli ho fatto io.

Ha senso?

Ce l'ha, miseria.

Quando mi allontano da quel punto specifico, noto che la pelle è già scura, tirata, come se potesse uscire il sangue da un momento all'altro.

− Perché non mi hai fermato? – mi viene istintivo chiedere, prima di tirare fuori la lingua e passarcela sopra di piatto.

Tooru trasalisce, il respiro si fa più affannato, la schiena si tende.

− Mi piace. –

− Che cosa? –

Tira più forte i miei capelli.

− Che mi fai male. –

Mi stacco e mi sporgo per guardarlo.

− Io? –

Annuisce.

− Gli altri mi trattavano sempre come se fossi fatto di vetro, come se fossi un giocattolino da non rompere. Tu mi tratti come se fossi vero, Hajime. –

− E quindi... −

− Fammi male. –

Deglutisco la saliva.

Fargli...

Lo tiro su, lo piego in due.

Affondare i denti sulla sua pelle mi era piaciuto, un attimo fa, ma farlo perché so che a lui piace, che lui mi vuole così, è ancora diverso.

Mi fa sentire più caldo.

Più...

− Così, cazzo, così. –

Piego di più le sue ginocchia, mordo così forte che temo potrebbe staccarglisi un pezzo di gamba dal corpo.

La mano sulla vita stringe così forte che sento di avergli scavato solchi nella pelle.

− Da bravo, apri di più le gambe. –

Le spalanca proprio.

Mi lecco le labbra prima di avvicinarmi.

− Sai cos'è che fa male, Tooru? –

− Cosa? –

Ha gli occhi glassati di desiderio, impazienta e incertezza.

− Non venire. Ti senti come se avessi qualcosa che brucia dentro e non riesci a mandarlo via, hai mai provato? –

Scuote la testa.

− Proviamo adesso. –

Mi avvicino verso il punto del suo corpo dove al momento non credo di poter entrare ma che spero di poter avere prima o poi nella vita.

− Che succede se vengo? –

− Non ti tocco mai più nella vita. –

− Ma... ah! –

Nessuno ha mai fatto questo per lui, no?

Forse un paio di dita per evitare di fargli male, ma questo dubito che l'abbia mai concesso a qualcuno.

Ci infilo la lingua, dentro Tooru.

Che non se lo aspettava e lascia uscire un verso che non ha niente della serietà elegante che usa di solito.

Oh, forse l'Elfo inizia a cadere un po' a pezzi.

− Hajime ma che cosa stai... merda, non smettere. –

No che non smetto, no di certo quando i tuoi muscoli interni si contraggono.

Lo sistemo meglio, premo le dita sui morsi per stimolare un po' del dolore che sembra piacergli tanto nel suo corpo.

Ma quando sento il suo corpo irrigidirsi, lo fisso attraverso le ciglia con la lingua fuori dalla bocca, prima di fare "no" con la testa e vederlo morire dentro all'idea di non poter venire.

Piange, come piange.

Debole, questo "mangiauomini".

Fino a prova contraria sono io che sto mangiando lui.

− Ti prego, ti prego, ti prego, farò il bravo, solo... −

È un altro no, questa volta accompagnato dal mio viso che sale e lecca un po' più su.

Eccitato, il piccolo Elfo, non lo è forse?

Che poi, avessi tempo per concentrarmi su me stesso, mi renderei conto di quanto anche io lo sia. Ma il mio cervello è ora indirizzato solo a lui, quindi dell'erezione che sembra voglia uccidermi fra le mie gambe, me ne faccio poco.

Quando chiudo le labbra attorno alla punta e succhio un po', il gemito è davvero forte.

− Merda, merda, se continui così... −

− Vuoi che lo rifaccia, Elfo? –

− Io... no, però, sì, sì, cazzo, Hajime, mi stai facendo... −

Lo rifaccio.

Basta un accenno di movimento, succhiare piano, per farlo tremare. Non dev'essere abituato e forse anche il fatto che sia io, qui, potrebbe avere qualcosa a che fare con la sua sensibilità.

Mi spiaccica il bacino contro il mento spingendo in alto, mi guarda pregando.

− Ti imploro, Hajime, per favore. Per favore, per favore, io... −

Abbasso il tono.

− Non vuoi essere bravo per me? –

− Voglio, lo voglio, ma non ce la faccio, io... −

Tiro fuori la lingua, lecco una striscia umida dal basso verso l'alto.

− Tu cosa? –

Strizza le palpebre.

− Io voglio solo... dammi il permesso di venire, ti prego. –

Salgo ancora, bacio la pelle sotto l'ombelico.

− Mmh, non lo so. E se dicessi di no? –

Sporge il labbro in un broncio adorabile.

− Ti prego, ti prego, ti... −

Prega così bene, l'Elfo.

− Quante persone hai pregato come fai con me, Elfo? –

Non ama ricordare con chi è stato prima e tantomeno lo amo io, ma c'è qualcosa in quest'atmosfera che mi convince che possa esorcizzarli, i brutti ricordi, questa cosa che sto cercando di fargli dire.

− Nessuna, Hajime. –

− Davvero? –

Affondo i denti sul fianco.

Che costellazione di segni sarà, domani, questa creatura così dolce.

− Non mi farei fare niente di tutto questo da nessun altro, Iwa-chan. Nessuno. –

Mi dà un senso di potere, di pace e forza, sentirglielo dire.

− Dovrei capire che vuoi solo me? –

Annuisce tremando.

− Solo te, Hajime. Ci sei solo tu. –

"Solo tu", è quello che mi getta dall'altra parte.

Solo io, eh?

− Guardati, Elfo, a pregare come una troia per qualcosa che posso darti solo io. Hai idea di quanto potente mi faccia sentire? –

Passo le dita sulla sua erezione, piano, delicatamente, per dargli la sensazione come un ricordo, più che una fiammata d'eccitazione.

− Sai quante persone ho ucciso, Elfo? Quante ho distrutto per sentirmi in questo modo? E pensare che tutto quello che mi serviva eri tu a pregarmi. –

Gli si dilatano le pupille.

Gli piace la violenza, gli piace come mi dipinge.

− Tu sei mio, Elfo. –

− Tuo, Hajime. –

− Mio. –

Mio, mio, mio.

Nessuno potrà fargli nulla, ora che è mio.

Niente.

Farò pentire di essere nato chiunque provi ad avvicinarsi al mio angolo di pace. Altro che casa in mezzo al Bosco, questa è la serenità.

Sapere da chi tornare.

Sapere chi proteggere.

Avere qualcuno.

Sorrido, prima di tuffarmi su di lui una volta ancora.

− Vieni, Elfo. –

Basta la sola parola, la mia lingua dov'era all'inizio e un'altra stretta sulla carne per farlo cadere in piccoli pezzi incerti.

S'inarca, stringe forte le gambe su di me, la sua voce danza nell'aria senza filtri e senza remore, chiama il mio nome e ripete un "sì" cantilenante e sensuale.

Il suo orgasmo gli bagna la pancia, lo esaurisce e distrugge.

Me lo ritrovo molle e inerme fra le braccia, gli occhi lucidi e le palpebre che non riescono a star su, l'espressione prosciugata e un sorriso soddisfatto.

Mi slaccio le cosce dal collo, le rimetto nell'acqua, avanzo sul suo corpo.

Sono eccitato, così tanto che fa male, ma non voglio niente da lui, ora, non voglio niente che non sia guardarlo.

Qui, dovevamo arrivare.

Qui.

Dove siamo fatti per stare.

Insieme.

− Hajime... −

Gli prendo il viso fra le mani e gli bacio le labbra.

− Va tutto bene, Tooru. Ci sono, non me ne vado. –

Mi spinge verso di sé come se volesse essere avvolto da me.

− Non vai via mai, vero? –

− Mai. –

Appoggia l'orecchio contro il mio petto, come se volesse ascoltare il mio cuore che batte.

Una delle sue mani corre sott'acqua.

Mi sembra di cadere nel vuoto quando si stringe attorno a me e inizia a muoversi in un pacifico su e giù.

− Non devi... ah, non devi farlo. – mi costringo a dire, mentre mi rotolano indietro gli occhi alla sensazione.

È sfinito, il movimento è pigro, ma è così sensuale sfinito che trattenermi mi riesce male.

− Voglio farlo. Tu non vuoi? –

Mi mordo l'interno della bocca forte quando stringe più forte e aumenta il ritmo.

Non durerò tanto, ma non credo interessi a nessuno dei due.

− Cazzo se lo voglio. –

Si lecca le labbra, sporge il collo verso di me.

M'immergo nella sua bocca mentre le gambe iniziano a farsi molli e il calore si annida nella mia pancia.

Non mi ero reso conto di essere così vicino, merda.

Mi ha...

Fare quello che ho appena fatto a lui mi ha acceso come niente prima d'ora.

Che infido, subdolo essere, questo Tooru.

− Non trattenerti, lasciati andare. – sussurra al mio orecchio, prima di mordicchiare la zona del collo subito sotto.

− Non lo sto... −

− Voglio che tu venga su di me, Hajime, puoi farlo? –

Posso...

Merda.

Merda, merda, merda.

− La prossima volta ti darò quello che meriti, ma ora voglio solo questo. Per favore, per favore. –

Sbatte le ciglia folte, mi guarda con pura preghiera negli occhi.

Lento, dolce e sfatto, sembra qualcosa che nessun altro ha mai visto e che regala solo a me.

Così bello.

Così sensuale.

Così...

− Vieni per me, Hajime. –

Mi cade la testa indietro quando mi sento tirare fuori da un baratro che non sapevo di aver imboccato, le gambe scompaiono e rimane solo la forse sensazione di piacere.

Quanto, un paio di minuti?

Bella figura, ma onestamente, 'fanculo.

Non si può resistere a lui.

Io non ne sono in grado.

Mi riprendo che mi sta accarezzando il viso con le dita, l'espressione dolce e amorevole.

− Come stai? –

Respiro con la bocca aperta.

− Io? –

Si vede oltre l'acqua trasparente, la miriade di morsi profondi che ha sulle cosce, sulla pancia, sui fianchi.

− Tu, Hajime. –

− Mai stato meglio. –

− Perfetto, perché io sono conciato una merda e voglio che mi abbracci almeno un'ora. –

Ridacchio con la voce sfinita.

− Solo un'ora? –

− Ho puntato al ribasso per evitare di spaventarti, ragazzone. –

Mi faccio strada oltre lui, lo sollevo dal bordo e mi metto al suo posto, prima di vedermelo attaccato addosso subito dopo.

Si accoccola come un animaletto.

− Perfetto. –

Gli accarezzo i capelli.

− Già, perfetto. –

In effetti, lo è. Chi l'avrebbe mai detto, che la metà di quello che sono fosse un Elfo a cui piace la moda, miseria.

Ma in un modo strano e peculiare, lo è, credo.

S'incastra.

Ci incastriamo.

E mi fa sentire di nuovo come se fossi una persona.

− Sei la cosa migliore che mi sia capitata in questi ultimi dieci anni, lo sai? – mi scappa.

Sorride contro il mio sterno.

− Tu la migliore degli ultimi diciannove. –

Sorrido anch'io.

Gli bacio il centro della testa, poi con la stessa solennità di prima la fronte.

Prendo un grande respiro.

Ero pronto al fiume, ero pronto prima, sono pronto adesso. Ma oltre ad essere pronto, sono anche convinto, certo, che la persona giusta sia lui.

Quella giusta per...

− Ti va di ascoltare qualcosa di me? –

− Che cosa? –

− Tutto. –

Silenzio.

− Volentieri. Ho sempre voluto saperne di più, ma eri così misterioso, soldato del Bosco. –

Misterioso, già.

Più riservato per scacciare qualcosa che mi fa male.

Ma se fa male, dirlo è la cosa migliore.

Non scappi.

E Tooru è la persona giusta con cui condividere.

− Allora ti racconto tutto. Non ti addormentare. –

− Non posso prometterlo. –

Risponde a questo modo ma ha lo sguardo improvvisamente più vispo e mi fissa negli occhi.

− Benvenuto nella vita di Iwaizumi Hajime, Tooru. – scherzo.

Piega il capo, si sporge per baciarmi, si rimette dov'era.

− La tua vita senza di me, la parte brutta. –

Ridacchio.

− Giusto. –

− Giusto. –

Mi sembra che la paura che non sollevo mai in me riappaia per essere squarciata da un sorriso stanco e dolce.

La persona giusta, no?

La persona giusta.

Prendo fiato.

Apro la bocca.

E inizio a parlare.

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➥✱"uisge" in gaelico significa "acqua, pioggia".

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