𝘂𝗮𝗺𝗵𝗮𝗹𝘁𝗮

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Strano.

Se dovessi descrivere tutto, da come mi sento a come sento di pormi con Iwaizumi, la parola che userei, è decisamente "strano".

Non so che cosa sia scattato, non so quale dettaglio abbia cambiato le cose, ma, innegabilmente, tutto questo è solo strano.

È iniziato con lui che uccide lo stronzo vecchio bavoso che mi tocca e dice di volermi, e so che sarebbe logico prendere quello come evento scatenante, ma non sono sicuro che sia esattamente il punto della situazione attuale.

È qualcos'altro.

So solo che è strano.

Rimango con le gambe nude tese sul prato mentre lo aspetto tornare fuori.

Strano.

È così... strano.

Ma non strano in senso cattivo, solo strano.

È più aggressivo, in tutto, in qualsiasi cosa, come se fosse arrabbiato. Sono io che l'ho fatto arrabbiare? Ed eppure non è scortese, nonostante sia brusco.

Sembra aver perso un po' d'inibizione.

Sembra essere più diretto.

E più diretto nel senso che mi sta confondendo in un modo che da lui non mi sarei mai aspettato.

Non è gentile.

La mattina s'infila lui nel mio letto e non è gentile quando mi stringe come se volesse farmi del male. Non me lo fa, ma non è carino, non è dolce o morbido.

Non è gentile quando mi tira indietro prendendomi dal braccio quando faccio qualcosa di stupido, non è pacato o attento quando sistema i miei vestiti che si stropicciano, non è gentile.

Ieri notte non ha aspettato che fosse l'alba.

Scompare spesso.

Sono due o tre giorni che vaga nel Bosco da solo, cerca di non farsi vedere ma lo sento che va via quando il materasso si piega con i suoi movimenti e non ho la minima idea di cosa stia facendo.

Ieri notte non ha detto niente quando è entrato nel mio letto.

Di solito sciorina qualche scusa rude e chiude gli occhi prima che abbia l'occasione di ribattere.

Ieri notte no.

Ieri notte ha...

Non amo essere toccato.

Lo sa.

Ma, e questo non lo sa o quantomeno non gliel'ho mai detto, amo essere toccato da lui. L'ha sempre fatto in modo così casuale e spensierato che ho trovato dal primo istante, dalla prima arruffata di capelli, il suo tocco spontaneo e ingenuamente affettuoso.

Ieri notte non è stato niente di tutto questo.

E dire che non mi sia piaciuto sarebbe un'inutile menzogna.

Ieri notte Iwaizumi, Iwa-chan come vuole che lo chiami, mi ha scostato con un gesto brusco dal materasso, si è infilato fra le coperte e mi ha tirato verso di sé.

Ha preso la mia...

La mia gamba con la mano.

Ha stretto la coscia fra le dita e l'ha aperta oltre la sua vita, e non ha mollato la presa.

Non amo essere toccato in quel modo.

Ma era lui.

Era lui, che di me non ha mai avuto quella voglia così carnale, che mi ha preso la pelle fra le dita e l'ha stretta come se...

Come se fosse sua.

Come se la volesse.

Come se non volesse mollarla, come se fosse qualcosa che aveva sempre desiderato toccare.

Confuso.

Sono tremendamente confuso e tutto questo è così strano che non so davvero che cosa aspettarmi d'altro? Mi caccerà via? Mi chiederà di spogliarmi? Mi urlerà addosso che mi odia?

Che cosa è cambiato?

Eravamo così pacifici l'uno con l'altro, certo ci davamo fastidio scherzosamente a vicenda, ma non c'era nulla che superasse quel limite del concesso, prima che tornasse a casa pieno di sangue.

Ora non c'è la pace.

C'è qualcosa di strano.

Forse la cosa più strana di tutte, è come io mi senta all'idea.

Dovrebbe darmi fastidio, no? Mi è venuto da vomitare quando quel viscido mi ha baciato la mano, ho pianto come un bambino e non mi sono mai sentito così sporco.

Invece non mi dà fastidio.

Mi fa...

Vedere un lato che attendevo e speravo.

Non è che è bello.

Non solo.

È bello, è vero, è sempre più bello e sempre più aggressivo in questo.

Ma c'è qualcos'altro.

Quel qualcos'altro è che è intoccabile e che è chiuso, Iwa-chan.

Ha capito tutto di me in una manciata di giorni, in poche settimane, e per quanto il tempo sia così poco, di fatto passiamo questo scorrere delle ore costantemente assieme, è normale che s'impari qualcosa l'uno dell'altro se si sta appiccicati per così tanto.

Ma se lui di me ha capito le gestualità, i modi di fare, io di lui so un paio di cose e basta.

Soldato, ex soldato, ex condottiero, aggressivo, bello, affettuoso nonostante la facciata rude.

Non so nemmeno che cosa sia.

Mezzo uomo, ok, ma cos'altro? Cos'è, quell'altra metà?

Lui sa della mia vita, sa della mia adozione, sa del palazzo.

Non ho mai voglia di parlarne, ma se siamo a cena assieme, solo noi due, mi viene naturale condividere, perché sono quel tipo di persona.

Lui invece è bloccato, fermo, serrato e misterioso.

Che ci fa qui?

È congedato dall'esercito, ma perché?

Perché ha ancora la spada, se l'hanno mandato via?

Perché non esce da questo posto se non per comprare da mangiare, e ancor prima che uccidesse quel mercante, neppure per quello?

Che cos'è che non vuole vedere?

Come conosce i Mutaforma?

Chi è?

Chi è, Iwaizumi Hajime, chi è?

Non sono curioso, o quantomeno, lo sono ma non ho mai permesso a questo di andare oltre il limite che era conveniente per il nostro rapporto, perché non volevo metterlo a disagio.

Ma ora...

Ora sembra essersi aperto.

E non con le sue storie, ma con le sue emozioni.

Forse il fatto di aver ucciso l'ha riacceso, ma è così... strano, aggressivo e inspiegabilmente avido quando mi parla, mi tocca.

Perché l'uomo che arrossiva quando gli toccavo distrattamente il braccio e faceva di tutto per dimostrarmi di non essere affetto dal mio modo di essere, ora mi stringe le cosce prima di dormire?

È questo.

È questo, in realtà che è strano e fa sentire strano me.

Fa un po' paura.

Non è che ora s'incazzerà per davvero con me? Non è che prima faceva finta di sopportarmi, o che magari pensava di me che fossi solo un bel ragazzo ma sopprimeva la questione?

Ma no, non è così.

Se fosse stato solo il sesso, non avrebbe aspettato di "sbloccarsi".

Dopotutto cosa c'è di più anonimo del sesso senza emozioni?

Sarebbe stato qualcosa di conforme al suo modo di essere.

È strano.

Mi piace.

Ma è strano.

Sento i suoi passi dietro di me prima di sentire la sua voce, ma non sobbalzo né mi preoccupo, non temo che mi faccia del male.

In realtà, se c'è un momento in cui potrebbe, è ora che non ha più tanti filtri in mezzo, ma se avesse voluto, sarei già morto per terra a sanguinare fra le frasche.

Stamattina, alla domanda "di che colore ti senti", ha risposto "rosso scuro", come il sangue.

Non penso mi stia bene questo colore.

Non è forse troppo scuro per il tono chiaro e delicato della mia carnagione?

Ed eppure era così intenso, il modo in cui ha aspettato che il tessuto scendesse su di me. Come se non vedesse l'ora di osservarmi quella sfumatura addosso.

Chissà cosa gli passa per la testa.

Chissà se cambierà ancora.

Chissà se smetteranno mai di piacermi, tutte le cose che di volta in volta scopro di lui.

− Elfo, alzati. –

Stiracchio le gambe di fronte a me.

− Non c'è bisogno di essere così... −

Si ferma dietro di me, sento chiaramente il suo corpo chinarsi sul mio, afferrare con le mani salde le mie spalle e tirarmi su di peso.

− Sei così lento, Elfo, stento a credere che tu abbia veramente vent'anni. –

Caccio un urletto quando mi molla per terra.

− Che bisogno c'era? E comunque sono diciannove, buzzurro. – mi lagno, sistemandomi le pieghe dei pantaloni larghi.

Sono larghi, sì, ma sono completamente aperti da spacchi sul davanti che corrono dalla metà delle cosce alle caviglie.

Sono più mutande lunghe che pantaloni, ma mi piacciono così, e credo di aver capito che a qualcuno non fanno poi così schifo le mie gambette lunghe da Elfo.

Che strano, anche questo.

Non ero particolarmente contento del fatto che le persone guardassero prima le mie cosce della mia faccia, ma con Iwa-chan è diverso.

Lui ha guardato la mia faccia due settimane.

Se vuole guardare le cosce ora, non vedo per quale motivo non dovrebbe farlo.

Se volesse anche metterci le mani da plebeo sopra, credo che farei degradare la mia regalità molto volentieri dai suoi modi da villano.

Che bella perifrasi per dire che mi farei fare di tutto.

Sarò un rinnegato, ma parlo e penso ancora come un principe.

Mi giro lentamente, solo per il gusto di aggiungere un po' di pathos ai miei movimenti, faccio attenzione a lasciar ondeggiare i capelli e sorrido pacatamente.

Prima di rendermi conto che Iwa-chan ha in mano una... spada?

Mi scatta una mano in alto e senza vergogna la appoggio sul suo petto.

Mi ha toccato la coscia, potrò toccargli io un pettorale.

Ho toccato diverse guardie, quando vivevo a Palazzo, ma lasciatevi dire che la consistenza densa e solida di questo pettorale ha qualcosa di magico.

Vorrei strizzare.

Non lo faccio.

− Chi vai a uccidere, oggi? –

− Te. –

Alzo le sopracciglia.

− Me? –

Annuisce.

Non dice niente sulla mano che tengo addosso a lui, anzi, rimane tranquillo.

Gli batte forte, il cuore, però.

− Sono andato al ruscello, ieri, e ho preso una decisione. Non posso venirti a salvare ogni volta che finisci nella merda, Elfo, e con quella faccia da stronzo ci finirai piuttosto spesso. –

"Faccia da stronzo" lo dice in maniera così plateale che rido persino io.

Da stronzo, eh?

Dillo che sono bello, Iwa-chan, lo sappiamo tutti e due.

− E dunque vuoi concludere la mia esistenza prima che mi succeda qualcosa? Cos'è, protezione ossessiva? – lo stuzzico, lasciando scendere le ciglia.

Non volevo che fosse così, il rapporto fra noi, qualche giorno fa.

Apprezzavo che mi ordinasse di non guardarlo in questo modo.

Cosa è cambiato?

Che mi conosce.

Prima non voleva, perché lo disgustava l'idea che gli offrissi qualcosa in cambio.

Ora...

Risponde non togliendomi gli occhi di dosso per un istante che sembra durare un'era.

C'è... tensione.

Si potrebbe affettare con un coltello.

− Voglio che mi fai vedere che cosa insegnano alle principessine a palazzo. –

Ok, l'ha fatto apposta?

L'ha fatto apposta.

− Non ti posso far vedere cosa insegnano alle principesse con i vestiti addosso, Iwa-chan. –

No, forse non se n'era accorto, perché vedo il suo naso tingersi di un rosso scarlatto, gli occhi sfuggire dai miei e cadere sulle spade fra le sue mani e indietreggiare per allontanarsi.

L'ha voluto lui, ok?

Ed era una battuta così calzante.

Mi sento davvero un genio ora, con la mia faccia goduta da fenomeno della comicità.

Non parla.

Penso che debba... riprendersi?

Prima che si riprenda, forse addirittura per aiutare il processo, mi lancia una spada che invece di prendere al volo scanso con un urletto.

− Aaah, ma che fai? –

− Prendi la spada, Elfo. –

Sto per dire "la tua anche adesso" quando decido di scegliere la vita, e taccio.

− Non riesco ancora a capire perché stiamo facendo questa cosa. Non posso vivere chiuso in casa senza combattere mia nella vita? –

Sbuffa.

− Voglio che tu sia in grado di difenderti se mai ne avessi bisogno, Elfo. –

− Non ci sei tu a farlo per me? –

Se lo sguardo alla battuta sconcia era imbarazzato, questo non lo è per niente. Questo è scuro e minaccioso e persino incredibilmente fiero, quando mi si schianta addosso.

Sta dicendo "ovviamente".

Quest'uomo mi smuove qualcosa.

E non è solo la voglia sessuale, è qualcos'altro.

− Non è obbligatorio imparare a tirare di scherma nelle corti degli Elfi? Lo fanno solo gli Umani? –

Arriccio le labbra.

− Sì che è obbligatorio, ma ho odiato quella parte della mia vita. E poi tu sei un soldato, come pensi che possa competere? –

Alza un angolo della bocca.

− Non puoi competere, infatti, ma ti prometto che ci andrò piano. –

Oh, wow, ora ci promettiamo anche le cose?

Mi chino per raccogliere la spada dall'elsa, piego volontariamente le gambe per mettere in mostra le cosce.

Non sono in grado di combattere con la spada, forse distraendolo diminuisco la mia sconfitta?

− E io che ci guadagno, Iwa-chan? –

− Che eviti di morire se qualcuno ti attacca? –

Schiocco la lingua.

− Mmh, no. Non mi sembra un patto equo. –

Lo è, ovviamente lo è. Iwa-chan è un uomo logico e per quanto fatichi a dirlo, ha anche sempre ragione, ma se le mie sensazioni me la raccontano giusta, Iwa-chan è anche in un momento in cui potrebbe non disdegnare qualche tira e molla.

− Che cosa vuoi, allora? –

Mi mordo l'interno della bocca.

Una ripassata di una notte intera e che mi fai le coccole dopo vale?

No, troppo.

Puntiamo su...

− Se vinco io questa pagliacciata mi dici perché sei strano ultimamente. –

Ruota gli occhi.

− Non sono strano. –

Sistemo l'elsa sul palmo della mano.

È vero, che sono scarso, e sono anche piuttosto convinto che pur di non dire ad alta voce quale sia la verità mi affetterebbe le braccia, ma qualcosina so farlo, per cui meglio puntare sul far finta di cavarmela, no?

Magari si spaventa e si arrende.

Certo.

Indietreggio e sono di tre quarti rispetto a lui, quando alzo la spada in linea retta col mio braccio, dritta davanti al suo mento.

− C'è qualcosa che è cambiato, voglio sapere perché. Non è forse lecito? –

− Che cosa sarebbe cambiato? –

Mi lecco le labbra.

− Il piccolo Iwa-chan fa fatica a dormire da solo, ultimamente, non credi? –

Il suo movimento è rapido, quando lo vedo roteare la spada sulla mano e impugnarla perfettamente di fronte a se stesso.

Mantengo un briciolo di calma evitando di mollare tutto e scappare urlando.

− È solo un letto. –

Di nuovo, non indietreggio ma di certo non attacco.

Sarebbe un suicidio, preferisco puntare sul dargli fastidio con le parole.

− È il mio letto. –

Non so se sia un sorriso o un ghigno, quello che gli compare sulla faccia.

So che il mio cervello urla "indietro" e gli do retta quando faccio un passo indietro.

Vedo la spada di Iwa-chan infilzare l'aria dove prima c'era la lama della mia.

Un secondo di ritardo e sarei a mani vuote, disarmato.

Un po' di memoria muscolare, immagino.

− Sei tu che hai iniziato, non dare la colpa a me. –

Indietreggio ancora, sistemo la spada di fronte a me e l'altro braccio indietro per aiutarmi nell'equilibrio.

Mi studia, ed è spaventoso.

Non vorrei mai trovarmelo seriamente davanti armato, Iwa-chan.

Mi farebbe secco in un battito di ciglia.

− Credevo che ti desse fastidio, sai, che ti disturbasse, che lo facessi io. E invece ultimamente sei così... −

Le spade stridono l'una contro l'altra quando la lama di Iwaizumi si scontra con la mia. Dura un paio d'istanti in cui mi rendo conto di quanto "piano" ci stia andando.

Se avesse forzato un po', di nuovo, sarei disarmato.

Quanto è forte, quest'uomo?

Sembra star giocando.

− Dormo meglio, è un problema? –

Sorrido a metà cercando di respingere un altro attacco.

− Come? Con me vicino o quando mi tocchi? –

Sbatte forte contro il ferro, la sua spada, con un rumore secco che quasi quasi mi spaventa.

Indietreggio ancora.

Ho toccato un tasto dolente?

− Ti dà fastidio che lo faccia? Pensavo me l'avresti detto, ma se... −

Oh, ma questo non è l'Iwa-chan che flirta, questo è quello preoccupato.

Spalanco gli occhi.

− No, no, sto scherzando. Non mi dai fastidio, figurati. –

− Sicuro? –

− Ah-ah. –

Sospira lui, sospiro io, poi ci rimettiamo in posizione.

Mi frizza qualcosa nello stomaco, in quell'istante in cui penso al tono che ha usato. Ma che carino, che tenero e che dolce è quest'uomo che potrebbe uccidermi con un gesto netto del polso, cazzo.

− La tua tecnica non è così agghiacciante come pensavo, Elfo. – commenta, quando affondo verso di lui e vengo respinto elegantemente.

Si muove come se sapesse in anticipo ogni mia mossa ed è così rapido che appena lo vedo, ma ringrazio ugualmente del complimento.

− Odiavo allenarmi con la spada. – borbotto, respingendo un attacco.

Piega la testa.

− Come mai? –

− La mia arma sono le parole, Iwa-chan, non il ferro. È sempre stato così. –

Schiocca la lingua ma non con cattiveria, più con ironia e annuisce.

− Vipera. –

− La peggiore. –

È vero, non è forse vero?

La mia arma non è nobile né dichiarata come una spada, non sono una creatura coraggiosa che combatte faccia a faccia, non lo sono mai stato.

Io sono molto più subdolo di così.

Sono fragile per questo, sono debole perché troppo giovane per essere costretto a campare in questo modo, ma se dovessi guardare al futuro, so che mi difenderei col veleno delle parole, non con l'onestà di una spada.

Inizio a sentire i muscoli che sfrigolano.

Merda, sono proprio fuori allenamento.

− E comunque sei troppo bravo perché questa sfida sia onesta. –

Ridacchia, annuisce e sorride.

Ha una fossetta sulla guancia sinistra.

Me ne sono accorto l'altro giorno.

− Ho imparato a tirare di scherma a dodici anni, ti concedo questo. –

− Sono appena quarantotto anni che sei in grado di farlo, non mi sembra uno scambio equo. –

La luce lo taglia di lato, facendogli brillare gli occhi.

Sono più verdi, oggi, in genere in questi giorni.

Sempre scuri, sempre minacciosi, ma più verdi.

− Sei tu che volevi qualcosa in cambio e sei tu che l'hai scelto. Potevi proporre uno patto diverso, potevi pensarci prima. –

Sbuffo.

− Non metterti a fare il brillante, mi avresti detto "stai zitto Elfo di merda" e mi avresti costretto a farlo lo stesso. –

− Probabile. –

Paro con un po' più di difficoltà l'attacco successivo, sfrutto il momento della forza che mi corre nel braccio per cercare d'infilarmi un po' fra le sue difese ma finisce con la sua spada che ricaccia indietro la mia.

− Quanto ancora hai intenzione di rimanere qui a stuzzicarmi? Attacca per bene, Elfo. – chiede, guardandomi dritto negli occhi.

Sì, certo, perché io sono scemo.

− Perché non lo fai tu? –

− Non voglio ucciderti. Non ancora quantomeno. –

Alzo gli occhi al cielo.

− Mi adori proprio, allora. –

Questo non riceve risposta, solo un altro paio di accozzamenti di spada.

Non stiamo andando da nessuna parte, vero?

Dovrei fare una mossa io, dovrebbe forse farla lui.

Ma mi sembra di rischiare troppo a sfidare le sue difese, ed è probabile che lui voglia evitare di concludere questo duello d'allenamento così in fretta.

− Si vede che non volevi sapere davvero cosa mi passasse per la testa. – lo sento dire.

Ah, merda, ecco cosa c'era in palio.

Me n'ero quasi...

Mi sporgo con un mezzo passo in avanti, piego il braccio come facevo agli allenamenti a palazzo, schivo la sua parata che mi arriva addosso e infilo la spada nello spazio che si è liberato.

Prevedibile, la lama di Iwaizumi era già tornata al suo posto per respingere la mia.

Ma così non vale, però.

− Bel tentativo, conosco parecchia gente che sarebbe morta per una cosa del genere. –

È un complimento?

Mi manda in brodo di giuggiole.

− Non tu, però. –

− Io sono lo spadaccino migliore del Regno, Elfo, non mi sconfiggerai con un mezzuccio del genere, andiamo. –

Sbuffo.

− "Il migliore del Regno" chi l'ha detto? Ci sarà qualcuno più bravo, ci scommetto. –

Sembra che abbia un po' pizzicato il suo orgoglio, quando mi attacca con un po' più di fretta pochi secondi dopo.

− Scommettici pure, perderesti. Nessuno mi ha mai sconfitto a duello e nessuno è in grado di farlo, intesi? –

− Non ne sono molto convinto. Che ci farebbe uno spadaccino così bravo qui nel Bosco, allora? Non sarebbe un magistrale talento sprecato? –

Luccica la lama, e non la vedo arrivare.

Deve averla presa un po' sul personale perché mi sento immobilizzato sul posto dal mio stesso corpo quando la punta della sua spada mi preme contro la glottide.

Mi fissa.

Merda.

Merda, merda, questa cosa non dovrebbe essere sexy, dovrebbe farmi paura e dovrebbe farmi tremare di terrore.

Ma cazzo, è indescrivibile.

La camicia che porta oggi non ha le maniche, si vedono le braccia e tutti i muscoli tesi verso di me, la postura autorevole, maestosa, lo sguardo severo.

Sto per pregarlo di affondare la spada.

Potrei guardarlo così per sempre.

Si lecca le labbra ma non volontariamente, si vede che è un gesto di riflesso, fa una leggera pressione contro la mia pelle, poi tira indietro il braccio.

− Questo non vale, era solo per scherzare. –

"Per scherzare?"

Ho una mezza idea del motivo per cui il mio bagno stasera durerà il doppio del solito, maledetto ex soldato con le braccia d'acciaio.

− Continuiamo? –

− Se non te la sei fatta addosso, volentieri, Elfo. –

No, non me la sono fatta addosso.

Ho avuto un micro-orgasmo mentale, ma non vale.

Vero?

Riprendo un po' di fiato con le labbra semi aperte, scaccio via i pensieri strizzando un attimo gli occhi.

Scorretto, Iwa-chan, davvero scorretto da parte tua.

Ruoto la spada sulla mano, la rimetto in posizione e sistemo una gamba dietro l'altra.

− In guardia, Iwa-chan. –

Sorride prima di tornare lui stesso in posizione e ricominciare a parare periodicamente i miei colpi.

− Come ti difendevi a palazzo? Avevi sempre le guardie dietro? – chiede dopo un paio di sferragliamenti, genuinamente curioso.

Mi mordicchio il labbro inferiore.

− Avevo sempre le guardie dietro ma non per quello che pensi tu. – rispondo, un po' per dargli fastidio e un po' per vedere se posso approfittare di un attimo di défaillance da parte sua.

Spalanca gli occhi, le sopracciglia si alzano e un guizzo di nervosismo gli si dipinge in volto.

In ogni caso, l'effetto è opposto a quello sperato, perché attacca con più forza e faccio fatica a non lasciarmi strappare la spada dal movimento brusco.

− Non è professionale, per una guardia. – borbotta.

− Non lo è, no, ma quantomeno la differenza d'età era onesta. –

Sbuffa, lo vedo tranquillizzarsi e ricominciare a parare più tranquillamente.

− I principi e le principesse erano piuttosto invadenti anche con noi, ma a nessuno è passato per la mente di fare qualcosa del genere. Ci avrebbero ammazzati, se l'avessero scoperto. Non che m'interessasse farlo. –

Ignoro il fatto che si stia come scusando da un'accusa che non ho fatto, piego la testa e fermo un attimo le braccia.

− Oh, ma è probabilmente perché le principessine del tuo palazzo non erano belle come me. –

Ridacchia, ridacchio anch'io.

Non risponde.

Vedo le sue labbra comporre la parola "vero", ma non la dice ad alta voce.

Non credo che sia per imbarazzo, più forse per non giustificare la faccenda.

− E comunque non avevo quasi mai la scorta, non so per quale motivo ma mio padre diceva sempre che era fortemente improbabile che qualcuno mi attaccasse. –

− Strano, io ti avrei ucciso senza pensarci due volte. –

− Questo è solo perché sei un pazzo aggressivo, Iwa-chan. –

− Dipende dalle occasioni. –

Non aspetto che finisca la parola e affondo verso di lui un po' per coglierlo di sorpresa, dal lato scoperto.

Inaspettatamente, Iwa-chan fa saltare la spada da una mano all'altra e para con la sinistra.

Alzo un sopracciglio fino al cielo, mentre indietreggio.

− Sai tirare con tutte e due le mani? –

Sorride.

− So fare un sacco di cose con tutte e due le mani, Tooru. –

Sta...

Ma che bastardo.

Sta usando la mia arma contro di me?

Schiocco la lingua.

− Ti odio, Iwa-chan. –

Sento la mia faccia arrossire ma la ignoro.

Non sono uno che arrossisce, io, sono un ragazzo giovane ma sono navigato da quel punto di vista, io non sono in grado di provare imbarazzo.

O forse...

Lo vedo rimettere la spada nella mano giusta, abbassarla e prendere fiato.

− Ok, Elfo, così non andiamo da nessuna parte. – commenta.

Inutile dire che l'affondo che ripeto su di lui con l'arma non in posizione viene parato in un lampo.

− Dove vuoi che vada, Iwa-chan? Non so combattere con la spada, te l'ho detto. –

− No, non è vero, non sei così male come credi. –

Merda, merda, forse sono in grado di provare imbarazzo.

− Allora possiamo fare che smettiamo e siamo soddisfatti per oggi? Devo finire di rammendare i miei pantaloni dell'altro giorno, e mi andrebbe un tè e... −

− Ora combattiamo seriamente, il primo che perde la spada ha perso. –

Spalanco la bocca.

− "Seriamente"? Che c'è, vuoi uccidermi per davvero? –

− Naah, saresti già morto. –

Faccio per mollare tutto in segno di ribellione – e scontatamente per la mia innegabile pigrizia – ma la vena seria che ha il suo sguardo mi impedisce di realizzare veramente questa cosa.

− Prometti di non farmi troppo male? –

Inclina la testa.

− Vuoi una parola di sicurezza? –

Come quelle del sesso?

Malvagio, cattivo Iwa-chan.

− No che non la voglio, voglio che tu mi lasci in pace. –

− Fai questo e ti lascio in pace. –

Roteo in alto gli occhi.

− Non mi lascerai mai in pace, tu. –

− Questa è la mia battuta. –

Protesterei ancora, ma che senso avrebbe?

Tanto faccio tutto quel che mi dice, sarebbe una stronzata dire il contrario, per cui cedo e mi stiracchio le braccia prima di tirare su la spada una volta ancora.

Bastardo.

Bastardissimo, Iwa-chan.

− Dopo però voglio vedere davvero cosa sai fare, ragazzone. – borbotto.

− In che senso? –

− Voglio vedere "lo spadaccino migliore del Regno", non la versione per bambini che stai mettendo in scena adesso. –

Scuote la testa.

− Non sarebbe onesto, Elfo. –

− Sì, infatti ho detto dopo. Mi hai fatto venire la curiosità. –

"Voglio materiale per il mio bagno" non lo potevo proprio dire, passatemi questa scusa del cazzo.

Sbuffa.

− Facciamo così, conto fino a cento e se riesci a non farti disarmare, ti faccio vedere come ti disarmerei se non mi stessi trattenendo, ok? –

− E il patto di prima? –

Fa spallucce.

− Quello vale solo se riesci a togliermi la spada dalle mani. –

Ecco, lo sapevo.

Non me lo dice, cosa gli passa per la testa.

Stronzo misterioso.

Ma anche avere uno scorcio dell'Iwaizumi cattivo mi alletta, più di quanto sarebbe decente, per cui convengo con un movimento della testa e mi preparo a... impegnarmi?

Che schifo, non lo faccio mai.

− Quindi, ricapitolando, se riesco a non farmi disarmare per cento secondi dalla versione carina di te mi fai vedere quella violenta? – domando, per prendere un po' di tempo e ristabilire il fiato.

− Ah-ah. E se mi disarmi ti dico perché sono strano ultimamente. –

− Vedi che lo dici anche tu che sei strano? –

− Taglia corto. –

Ah, che stronzo.

Mi sta infastidendo, il miserabile.

Era tanto facile quando ero io l'unico petulante, qui, ma Iwa-chan che mi ripaga con la mia stessa moneta non è per niente divertente e non è per niente onesto.

Scuoto la testa e aspetto che inizi a contare.

− Uno... −

La spada scatta in avanti, la sua allo stesso modo s'infila di lato di fronte al petto e ricaccia indietro il rumore.

Ma un attimo, perché ho attaccato?

È lui che deve attaccare me.

Io devo solo non... farmi disarmare, credo.

Rimetto in ordine le mie braccia.

− Sette, otto... −

Ci starà pure andando piano, ma è tremendamente veloce e devo concentrarmi davvero per vedere il movimento che s'infila dal lato scoperto verso di me.

Lo paro all'ultimo, ma lo paro.

Se fossi in grado di cambiare anch'io mano con cui difendermi, sarebbe più comodo.

Ma non sono proprio capace.

− Quindici. –

Mi devo letteralmente piegare di lato, questa volta.

Merda, se non l'avessi visto mi avrebbe squarciato il petto.

No, forse no, forse si sarebbe fermato.

Ma la lama l'ha proprio fenduta, l'aria, cazzo.

− Oh, vacci piano! –

− Non ti ho fatto niente. Diciassette. –

Mi rimetto dritto, caccio indietro un paio di riccioli chiari con la mano libera e gli lancio un'occhiataccia.

− Mi avresti fatto secco. –

− Non l'avrei fatto. –

Ah, come vuole, al diavolo.

Indietreggio per aumentare lo spazio fra di noi ma non funziona, perché lui arriva verso di me, la spada di nuovo di fronte.

Parata decente, questa volta, me lo concedo.

Sferragliano un po' ed evito di farmi attaccare per qualche secondo che trascorre.

− Ventisei, ventisette, ventotto, ventinove... −

Un terzo del tempo.

Perché sembrano così tanti, cento secondi, in questo momento?

Sembrano un'eternità.

Decido per prenderlo alla sprovvista, magari la fortuna mi arride, di rispondere ad un attacco contrattaccando invece di parare e basta, infilo la spada fra i suoi movimenti.

Indovinate?

Respinta.

− Trentaquattro, trentacinque. –

Ci avviciniamo al cinquanta.

Non devo farmi prendere dalla fretta né dalla pigrizia, devo stare attento.

Sono convinto che ora ci andrà un po' più pesante, non lo farà forse?

Ero convinto bene, Iwaizumi rende i suoi movimenti più rapidi, più nervosi.

Non aspetta che pari elegantemente, approfitta di tutto il tempo che ci metto a risistemarmi per attaccarmi una volta dietro l'altra.

Non si ferma.

Però non... non so come, riesco a stargli dietro.

Forse ha semplicemente tastato un po' le acque per abituarmi al suo modo di fare e aiutarmi ad aumentare un po' il ritmo?

Non ho tempo di pensarci quando vedo la lama passarmi a pochi centimetri dal naso e tiro indietro la testa con un respiro mozzato.

− Ottantaquattro, ottantacinque. –

Quindici secondi, mancano solo quindici secondi.

Quando tira indietro la spada, c'è la mia di mezzo.

Perdo l'equilibrio la mano inizia a farsi più debole perché mi sembra di star per cadere.

Stringo i denti, torno alla posizione iniziale, lascio sfilare l'elsa di lato e non mi faccio prendere dal panico.

− Novantuno. –

Mi piego appena, lo lascio vibrare il colpo senza farmi toccare.

− Novantadue. –

Metto la spada di traverso fra di noi, respingo la sua con un po' di energia in più.

− Novantatré. –

Indietreggio con un passo a metà, non mi raggiunge con il colpo.

− Novantaquattro. –

Sta sorridendo, mi accorgo.

Mi ha lasciato vincere?

− Novantacinque, novantasei, novantasette. –

Mi aspetto un ultimo fendente, osservo nervosamente la sua mano, ma non dà cenno di vita.

Rimane...

− Novantotto, novantanove e... −

Mi ha lasciato vincere.

Forse voleva solo spingermi un po' oltre la mia sconcertante pigrizia, forse voleva solo farmi fare un po' di movimento fisico.

− Cento. –

Il mio corpo si rilassa completamente.

− Hai visto, Iwa-chan? Ho vin... −

Non mi ero dimenticato del patto, certo che non mi ero dimenticato.

Ma mi aspettavo che avrebbe atteso un istante, forse due, che avrebbe fatto qualche commento o detto qualcosa.

Non lo vedo, dire che lo vedo è falso.

Lo intravedo.

Sento il terrore che mi monta fin nelle ossa.

L'attimo prima ero con la spada di fronte al viso, quello dopo, riconoscere cosa accada mi è quasi impossibile.

C'è una rotazione da qualche parte, forse è la lama che fende l'aria, il rumore è sibilante, secco, mi fischia nelle orecchie.

Non sento nient'altro.

Non i passi, non il suo fiato, non la sua voce.

Solo paura.

Mi sembra che qualcuno mi strappi il braccio dal corpo quando la lama di Iwaizumi s'infila sotto la mia.

Indietreggio con la mano di riflesso ma mi sbilancio completamente, le dita si aprono da sole, un po' per la paura e un po' per evitare che davvero mi venga sradicata la spalla dal torso, la lama cade a terra con un tonfo sordo.

Se un attimo prima era due o tre passi di fronte a me, ora è qui di fronte.

Così vicino che giurerei di sentire l'odore che ha, ma non ho il tempo di farlo.

Non so quando abbia messo la sua spada fra di noi, so che cado indietro, che sono con la schiena sul prato prima di rendermene anche solo conto, che forse mi sono eccitato e che non ho fiato nel petto.

Merda.

Quando ricomincio a vederci, Iwa-chan è gloriosamente in ginocchio sopra di me, la sua spada mi corre trasversale sulla gola, a pochi centimetri dalla pelle chiara, non sembra star versando una goccia di sudore né tantomeno essere in qualche modo influenzato dai movimenti e la calma serafica nel suo viso è davvero affascinante.

Ha una vena brillante negli occhi, i muscoli che sembrano sul punto di guizzare e staccarmi la testa, il volto serio.

Dev'essere la sua cosa, questa.

Magari gli faceva schifo, essere un soldato, magari l'han cacciato per qualche ombroso retroscena, magari non ama uccidere.

Ma la scherma, la scherma a quest'uomo piace e si vede.

Si vede dal sorriso minuscolo sul volto, dal modo in cui il suo corpo è teso e serio, da come impugna la spada.

Affascinante, bello, serio, maestoso.

Nel suo elemento.

Forse gli mancava, forse voleva solo una scusa per fare la sua cosa preferita una volta ancora, no?

Ed eppure perché adesso, perché mostrarmi questa sua passione così plateale ora?

Non è proprio il tipo, Iwa-chan, lui che dice che non ha un cibo preferito e che i colori sono tutti uguali, da farmi capire in questo modo quali siano i suoi gusti.

Perché?

Merda, quanto voglio saperlo.

Voglio davvero...

Ad ognuno la sua arma, no?

Sorrido, come la preda debole e docile che sono, il petto che si alza e abbassa ritmicamente e il cuore che sbatte contro la cassa toracica, mentre abbasso le ciglia e le rialzo guardandolo negli occhi.

A qualcuno non piace solo la scherma.

A qualcuno piace avermi così.

Gli piace.

Io lo so che gli piace.

Devo solo togliergli la spada dalla mano.

Devo solo disarmarlo.

No?

Quando alzo una delle braccia, fissa il movimento con lo sguardo dritto e diretto, ma non dà cenno di volersi scostare, osserva semplicemente quello che sto facendo.

Ha un ginocchio fra le mie, l'altro oltre il mio corpo, ho una gamba libera.

Prendo la mano con la quale non mi sta spingendo una lama sulla gola con la mia, delicatamente e piano, sfarfallo con lo sguardo su di lui, mi lecco le labbra.

Quando appoggio la sua mano, quando porto la sua mano sulla mia coscia, lo sento che s'irrigidisce.

Sorrido.

Stringe le dita.

E magari non vorrebbe ma non riesce a toglierle, perché lo sto spingendo contro di me come a dirgli di non preoccuparsi, di non sentirsi in imbarazzo, di fare quello che teme mi dia fastidio.

Strizza.

Gli si sfoca lo sguardo.

Le pupille si dilatano appena, la mano passa da incerta ad aggressiva in un istante.

Il braccio gli trema, mentre tira su la mia gamba contro la sua vita, e trema anche l'altro con la lama che mi preme contro la gola.

− Hajime. – è quello che dico, sussurro con un filo di voce.

Se erano verdi, qualche ora fa, ora sono scuri.

Concentrati.

Ho la mia arma, non ce l'ho forse?

E poi vorrei che non finisse mai, questa cosa, vorrei che rimanesse ferma per sempre.

− Tooru. – risponde.

Ho il bacino un po' alzato, con il retro del ginocchio agganciato alla sua vita, la sua mano non dà cenno di volersi staccare e anzi strizza e tasta la coscia senza fermarsi.

Il suo ginocchio fra le mie gambe sale e preme contro di me.

Apro le labbra, prima di lasciar andare un minuscolo gemito.

Vorrei dire, per orgoglio, che è studiato, ma non lo è.

Niente lo è, per la miseria, odierei fare questa cosa con chiunque altro, la farei per sopravvivere ma non mi divertirebbe.

Ora la sto amando, miseria se non lo sto facendo.

Quando la mia voce gli risuona addosso, s'irrigidisce di più e mi guarda così intensamente che mi sembra voglia inghiottirmi.

Deglutisce.

Ed è quando la sua glottide sale e scende, che stringo più forte la gamba, sorrido come la vipera che sono e prendendo l'elsa con la mano libera lancio la spada dall'altra parte del prato.

Lo sciocca.

Rimane con gli occhi spalancati a fissarmi mentre il metallo striscia contro l'erba soffice, fermo e immobile, con l'espressione mista di un sacco di cose.

Tradimento, forse, ma anche una nota divertita e una un po' più carnale che non saprei davvero distinguere.

− Mi hai disarmato. – dice, non dà cenno di volermi mollare la gamba.

Annuisco, non do cenno io di volermi staccare dalla sua coscia in mezzo alle mie.

− Ora ti devo qualcosa. –

Annuisco di nuovo, mi mordo il labbro inferiore mentre lo faccio, ma solo al centro, giusto un istante, giusto un secondo.

Si abbassa per un attimo che sembra un'ora.

La sua fronte atterra contro la mia.

− Cosa vuoi sentirti dire? –

− Tutto, Hajime. –

E vuol dire così tante cose, questo "tutto", che non saprei come altro descriverlo.

− Vuoi che ti racconti perché sono strano? –

Si stacca, ma le nostre labbra sono così vicine e i suoi occhi così intensi, che mi dimentico di respirare.

Annuisco e basta, gli fisso la bocca senza nemmeno vergognarmene troppo.

− Prometti che poi non scappi, Elfo? –

− Te lo prometto. –

Perdo il calore del suo corpo così velocemente che se non avessi un minimo di autocontrollo mi sarei messo davvero a frignare.

Perché?

Torna qui, stronzo.

Torna qui, rimettiti dov'eri.

Ti odio.

− Andiamo a farci un bagno e ti racconto tutto. –

Mi si ferma il battito cardiaco.

Farmi un bagno, ok, ma "andiamo"?

Io e... lui?

Tiro su le gambe.

Prendo aria.

Ci crepo, stasera, ci crepo. Ma se devo creparci sui muscoli e il carattere scorbutico di Iwaizumi Hajime che è la persona più forte e interessante e dolce che conosca, cazzo...

Crepiamoci pure.

− Arrivo. –

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➥✱"uamhalta" in gaelico significa "strano, particolare".

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