𝘁𝗵𝗮 𝗽𝗹𝗼𝗶𝗴𝗵 𝗮' 𝗱𝗼𝗹 𝗮𝗻𝗻

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Il cuore mi si stringe nel petto.

Mi sembra che qualcuno l'abbia fra le mani, che lo stia serrando fra le dita con l'unico intento di spremerlo e farmi male, che stia deliberatamente scegliendo di ferirmi.

Mi fa male.

Mi fa...

Iwa-chan mi mette le mani sulle guance.

– Non succederà niente. Tornerò intero, Tooru. Tornerò intero. –

Apro gli occhi verso di lui, lo guardo.

Non dico niente.

Non so che dire, non dico niente.

Io...

Vorrei che il mio egoismo non mi costringesse a pensare quel che penso. Vorrei provare genuina gioia al fatto che il suo amico gli abbia chiesto di fare questo con lui. Vorrei avere speranza, vorrei sorridere e gioire.

Ma...

– Ti fidi di me, Tooru? –

– Mi fido di te. –

– Continua a farlo. Ti prego, continua a farlo anche adesso. –

Muove le dita sulle mie guance, sento la sua pelle ruvida strofinare la mia più liscia, più morbida.

Sono felice per te.

Sono tanto felice per te.

Sono felice per me stesso, perché questo posto è un sogno fatto realtà, è una boccata d'aria, è una parvenza di respiro.

Sono felice perché sembra amichevole, questa fantomatica Fata Bianca, e perché il tuo migliore amico ti guarda come se di te gli fosse mancato anche solo il respiro.

Perché devi andare via?

Perché mi hai convinto a dirti che potevi andare via?

Perché devi metterti in pericolo?

Perché...

– Se ti fai male, Hajime, se ti succede qualsiasi cosa, se qualcuno ti picchia o ti rapisce o ti amma... –

– Tornerò da te. Qualsiasi cosa accada, Tooru, io tornerò da te. Sempre. Dovunque tu sia, dovunque sia io. –

Mi stringe forte il viso, mi si avvicina.

Sei così...

Familiare.

Tanto che mi pare tu sia una parte di me.

Tanto che mi pare che andandotene, sia tu quella persona che prende il mio cuore in mano e lo strizza.

Non voglio essere così.

Non voglio essere egoista.

Non voglio mettere me prima di te.

Ma tu...

– Se ti ammazzano come ci torni da me, Hajime? –

– Troverò un modo. –

– Sei un cre... –

– Non sto scherzando. Non scherzo. Io torno da te. –

La mia vita non è cambiata perché sono scappato, lo sappiamo entrambi. La mia vita non è cambiata perché ora so di essere una Regina, non è cambiata perché ho rischiato la vita, non perché ho disobbedito, non perché ora vivo in un posto che non è un grande, splendente palazzo di vetro.

La mia vita è cambiata perché sei arrivato tu.

Perché ci sei tu, ora.

Non voglio che torni indietro.

Non voglio essere quello che ero prima.

Non so cosa sono adesso ma so che è meglio di qualsiasi cosa potessi essere un mese fa.

Se tu te ne vai che mi rimane?

Se tu te ne vai...

– Ti divertirai con la Fata, ne sono sicuro. Starai bene e tornerò prima che tu possa renderti conto che me ne sono andato. Devo andare, Tooru, lo sai, ma voglio tornare e tornerò. –

Sorride piano, piega la testa.

Avvicina le labbra alle mie, incastra il naso col mio, gli occhi diventano più dolci, più calmi.

Tá mo chroí istigh ionat, m'fhíorghrá. – mormora, poi.

Sbatto le ciglia.

È quella frase che mi aveva detto quando eravamo ancora da Kuroo e Kenma, non è vero?

Quella che significa...

Il mio cuore è dentro di te, amore mio.

Is tú mo chiusle. – rispondo, non sapendo bene da dove questa risposta provenga, ma trascinato nel dirla da qualcosa interno a me stesso.

Sei il battito del mio cuore, significa. Non so come lo so, lo so e basta.

Hajime sorride, quando le parole si liberano dalle mie labbra, si avvicina al mio viso, appoggia la punta del naso contro la mia.

– Lo sapevo che potevi capirmi. – sussurra, prima di esaurire la distanza fra noi e premere la bocca sulla mia.

È dolce.

Dolce, dolce, dolce.

Si muove piano sulle mie labbra, non morde, non invade e non prende, solo mi bacia e mi fa sentire che è qui, che è con me.

Non voglio che tu te ne vada, Hajime.

Vorrei che rimanessi qui con me.

Non ora, non in questo contesto specifico, no.

Sempre.

Sempre, Hajime.

Vorrei che rimanessi con me... sempre.

Rispondo al bacio con una nota di pura, desolata disperazione.

Io sono solo senza di te, sono solo al mondo.

Ero solo anche prima, so che lo ero, ma... la ferita fa meno male se non sai di averla, se credi e fingi di star bene, no? Ora che so che c'è e so che sei stato tu a medicarla, se strappi le bende dalla mia carne aperta, cosa pensi che succederà?

Fa male.

Male fisico.

Male che mi strizza il cuore, mi pesa nel petto, mi riempie la cassa toracica di ansia e preoccupazione, mi fa annegare sommerso dai miei pensieri.

Non andare, Hajime, non...

Si stacca.

– Quando torno te la dico bene. Quella cosa che non riesco bene a dirti perché non l'ho mai detta a nessuno. Te la dico bene. –

Mi accarezza i capelli.

Ha le mani bendate perché quella rissa con Daichi gli ha spaccato le nocche, fanno attrito fra i miei ricci.

– Te la dico come meriti di sentirla. –

– In che senso "come merito di sentirla"? –

– In quel senso, esattamente quello. Come meriti che te la dica, Tooru, nel modo in cui ti meriti che qualcuno ti dica una cosa del genere. –

– Guarda che puoi dirmela anche senza... –

– No. –

Mi guarda negli occhi.

Verdi, misteriosi, profondi sui miei.

– L'ho deciso prima di arrivare da Kuroo e Kenma che avrei fatto con te solo cose che fossero all'altezza di cosa sei per me, Tooru. Quindi anche la mia dichiarazione lo sarà. –

Lo dice con serietà ma lo dice anche con una vena di ironia, tanto che un po' mi viene da sorridere.

– Coi fiori e inginocchiandoti? –

– Forse. Non lo so. Non ho ancora deciso. Non sono molto pratico di queste cose. –

– Lo decidi mentre sei via? –

Annuisce.

– Già. Deciderò come dichiararmi, poi quando tornerò lo farò. È un viaggio di raccoglimento e di meditazione. –

Mi scappa una risatina, giusto un secondo, un attimo, ma da come lo vedo tirar su i bordi delle labbra al suono di me che rido, capisco che era questo a cui stava puntando.

A sollevarmi un po' il morale.

Maledetto stronzo, se sei così... perfetto, rendi la separazione solo peggiore.

– Sei uno scemo, Iwa-chan, uno scemo. Non cercare di farmi ridere, guarda che sono tri... –

– Forse mi dichiarerò nudo, sai? Potrebbe essere un'idea. Ti piaccio, nudo. –

La risatina diventa un po' più piena.

– Iwa-chan! –

– Mi bevo un bel cicchetto prima e poi mi dichiaro. Sai, per darmi coraggio. Sperando di non dimenticarmi della tua esistenza e di non fare battute sulle mie mutande, magari. –

Sono io a prendergli il viso con le mani, questa volta.

Con gli occhi lucidi perché il cuore mi fa male ma un sorriso, sulle labbra, che non riesco ad estirpare.

Lo bacio decisamente con più passione di quanto non ne abbia usata lui.

Lo bacio...

Fino a finire il fiato, con le labbra che aprono le sue e le mani che gli si aggrappano dietro al collo, col corpo che aderisce al suo e la volontà di svegliarmi tutt'uno con lui che invece da me si sta, anche se solo per poco, allontanando.

Mi stringe forte anche lui.

Forte davvero.

Perché...

– Vedi di tornare presto, vedi di tornare presto e dichiararti e farmi piangere, Hajime. Se mi lasci solo per troppo tempo giuro che mi trovo un altro. Te lo giuro, mi trovo un altro. –

– Torno, Tooru, torno presto. –

– Non farti male e stai attento, non fare stronzate, non fare lo scemo. –

– Sei tu quello che si fa male e fa stronzate, di solito, ma... –

– Non m'interessa, ascoltami e basta, ok? –

Annuisce.

– Ok, ok. Non faccio lo scemo. –

– Bene. –

Pianto gli occhi sui suoi.

– Lo sai che facciamo quando torni? –

Sbatte le palpebre.

– Che facciamo? –

– Sesso. Fino a crepare, Hajime. Io e te facciamo sesso. Quindi devi... –

Sorride, ridacchia, si sporge di nuovo e mi bacia ancora.

– Tornare presto, sì, ho capito. Yggdrasill, tu sì che sai come convincere un cretino a fare quello che vuoi. –

– Solo te. –

– Solo me. –

Mi stai strappando un pezzo di cuore, Hajime. Mi stai strappando a mani nude un pezzo di me e te lo stai portando via.

Lo sai, vero?

Riportamelo.

Ti prego... riportamelo.

Senza io non credo che riuscirei a... sopravvivere.

Senza... senza di te.

Senza...

Mi bacia la fronte.

Con calma, mi bacia la fronte, poi china il viso e fa in modo che io faccia la stessa cosa.

Tutto si mescola.

Il divertimento, quella risata che è riuscito a strapparmi, il dolore fisico, l'ansia, tutto si mescola quando indietreggia di un passo.

Tutto...

Vorrei andare con lui.

Vorrei fare un passo e andare con lui, tendere la mano verso di lui e aspettare che la prenda, che mi tocchi, che stia con me.

Vorrei...

Non riesco a guardare Daichi che si scioglie dall'abbraccio con Suga poco distanti da noi, non riesco a sentire quel che si dicono, non riesco.

Guardo Hajime.

Hajime che... se ne va.

No.

No, miseria, no, no, non andare via.

Non andare...

Immobile.

Rimango immobile.

Lui...

Mi sorride, prima di darmi le spalle e avvicinarsi al suo amico e iniziare a parlare non si sa di cosa con lui.

Mi sorride.

Hajime, non te ne andare.

Non farlo.

Torna qui.

Fa male, fa male, fa male, mi fai...

Quando sento la mano di Suga sulla mia spalla sto già piangendo. Quando mi tira verso di sé aprendo le braccia, quando infila le dita chiare fra i miei capelli sussurrandomi all'orecchio che andrà tutto bene, quando mi stringe forte, sto già piangendo.

Continuo a piangere.

Sulla spalla di qualcuno, e questo è nuovo, ma col cuore troppo stretto per pensare a qualcosa che non sia l'amore della mia vita che se ne va.

Non so bene quanto tempo sia passato quando le lacrime si diradano sul mio volto, so soltanto che quando succede sono seduto con le gambe al petto sul divano di tessuto di fronte al caminetto, con la testa piegata e appoggiata sulla spalla di qualcuno che non sono io, una coperta sulle ginocchia e mani gentili fra i capelli.

Mi ritrovo a riprendermi dal mio dolore che non scompare, ma per un attimo inizia ad attutirsi, rannicchiato in un angolo in una situazione che per me non è affatto... familiare.

Non è Hajime che sta con me.

Non è un domestico che ha come compito quello di prendersi cura di me.

È...

– Stai meglio? Ti va di bere un po' d'acqua? –

È qualcosa di nuovo.

Qualcosa di gentile.

Qualcosa che prende forma nelle immagini un po' sfocate di lui che mi porta in casa, che mi dice di piangere, che mi abbraccia e mi stringe e qualche lacrima la versa assieme a me.

Sembra quasi...

– Un po' d'acqua mi piacerebbe. –

– Ecco, prendi, bevi. –

Mi porge il bicchiere appoggiato sul tavolino di legno, lo regge come si fa con i bambini, mi aiuta a mandare giù un sorso.

– Ancora un po', Tooru, ancora un po'. –

Non faccio in tempo a protestare che lo inclina di nuovo, mi spinge un altro po' d'acqua fra le labbra, che mando giù sonoramente nella gola seccata dal pianto.

Decide lui quando devo smettere di bere.

È una cosa... carina?

Stacca il bicchiere da me, lo rimette a posto sul tavolino dov'era, poi si gira seduto dalla mia parte per guardarmi in faccia.

Mi asciuga il viso con una manica della sua tunica, il tessuto morbido è piacevole sulla pelle, mi studia e mi fissa, come se cercasse qualcosa.

– Come ti senti? –

– Stanco. –

– Depresso? –

– Solo un po' rintronato. –

Mi tira la pelle coi polpastrelli, passa le dita sull'incavo dei miei occhi, sotto le ciglia, per tirare via ogni rimasuglio di lacrima.

– Piangere ti ha seccato la pelle, dopo ti mettiamo un po' di crema. –

– Dici? –

– Decisamente. Sarai anche una creatura magica ma prendersi cura di sé importante. –

Sento le labbra tirarmisi su di un pochino.

– Giusto. –

Apro gli occhi sui suoi, lo guardo fra le ciglia ancora inumidite, il fuoco del camino gli fa danzare la luce addosso che si riflette morbida, accogliente su di lui.

L'ultima volta che ho pensato di potermi trovare bene con qualcuno come mi sto trovando bene con te stavo facendo un bagno nel Regno degli Gnomi.

Qualche giorno dopo ho scoperto che anche se avessi voluto, non mi sarei potuto fidare.

Non so perché io l'amicizia proprio non riesca ad averla.

– Lo so che è uno schifo quando se ne vanno, lo so. Sembra che non torneranno mai e ti senti tanto solo e pensi che rimarrai così per sempre. Ma ti prometto che quando sarà qui starete ancora meglio, insieme. –

La vorrei, però.

L'ho sempre voluto, un amico.

Ho sempre voluto qualcuno che fosse... dalla mia parte in quel modo.

– Mentre aspettiamo che tornino possiamo divertirci anche io e te da soli. Possiamo bere del vino e parlar male di loro e scambiarci consigli di moda e fare un milione di altre cose. Non dev'essere necessariamente una sofferenza, l'attesa, lo sai? –

Ho paura di pensare che tu possa essere qualcuno di cui avere fiducia.

Ho paura di me stesso, perché vorrei così tanto che mi fossi amico che potrei essere poco cauto nel tentativo di avvicinarmi a te.

Però...

– Diventiamo un po' amici fra noi. Ti sembra un'idea così malvagia? –

Ci provo solo un pochino.

Solo un pochino.

Mi apro solo un pochino e mi fido solo un pochino.

Perché mi sembra di vedere in te quello che di me nessuno ha mai capito. Mi sembra che tu non sia come Hajime, che mi è simile ma anche completamente opposto, mi sembra...

Che tu sia un po' come me.

Quindi...

Annuisco.

– Possiamo provare, sì. –

– Perfetto. –

Mi sorride e il suo sorriso è luminoso, lucido, bianco come lui.

Un raggio di Sole.

Questa Fata è un raggio di Sole.

Mi giro piano verso di lui, mi metto in una posizione uguale alla sua, con le gambe incrociate e il volto rivolto dalla sua parte.

È lui a prendermi le mani, ma le accetto di buon grado.

Cerco di sciogliermi un po'.

– Daichi va spesso via? Sei... abituato? –

Scuote il capo.

– Per Yggdrasill, no, non va via quasi mai. Qualche volta è capitato in vent'anni ma non è una cosa che succede spesso, no. –

– E allora come fai a non stare uno schifo? –

Non risponde subito.

Quando non lo fa ripenso a quel che ho detto e...

Merda, forse sono un disastro con questa storia di avere degli amici.

– Non intendevo che dovresti perché se no non lo ami o qualcosa del genere, no, non intendevo quello, giuro che non... –

– Tooru, non preoccuparti. Avevo capito. Non mi sono offeso. –

La mia schiena che s'era irrigidita tutto un tratto si distende, lo stress defluisce.

Mi stringe più forte le mani.

– Stiamo insieme da tanto tempo, io e Daichi. Sono vent'anni interi, è tanto. Sono... triste che se ne sia andato, ma sono sereno perché so com'è fatto e so che farà di tutto per tornare da me. – risponde poi, col tono di voce liscio e pacato.

C'è tanto amore nel modo in cui parla, si sente, si percepisce.

– Non hai paura che possa succedere qualcosa di brutto? –

– Ho più paura per le persone che pensano di poter fare qualcosa di brutto a quei due. –

Sorride con gli occhi, mi scappa una risatina.

– È vero anche questo. –

– Certo che è vero. –

Appoggia le nostre mani legate fra loro nello spazio fra le nostre ginocchia.

– L'unica cosa di cui ho paura è che incontri la donna con cui stava prima di me. Ma di nuovo, non ho paura per lui, ho paura per lei. Se vengo a sapere che fa la gatta morta non sopravvivrà un giorno. –

– La conosci? –

– Oh, l'ho conosciuta. E ti assicuro che non è stata un'esperienza piacevole. –

Cerco il suo sguardo.

– Per te o per lei? –

– Per entrambi. –

C'è qualcosa di malefico che gli si accende nelle iridi.

Qualcosa di malefico che forse... riconosco.

– Era una situazione complicata, io non ero in me dopo lo Sterminio e Daichi si sentiva in colpa e quell'Umana non capiva né me né lui. Diciamo che c'è stata un po' di competizione. Diciamo che ovviamente ho vinto io e che lei è molto probabile che mi odi ancora. –

– Le hai rubato il marito? –

– Me lo sono semplicemente ripreso. –

Slaccia una mano per sistemarmi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

– Certe persone sono fatte per stare insieme e quando trovi la tua lo capisci. Io l'ho saputo con Daichi, anche se c'era l'Umana di mezzo. Non credo tu ti fermeresti se sapessi che c'è un'Umana fra te e Iwaizumi, o mi sbaglio? –

– Ci manca solo che ci si metta un'Umana, la ucciderei. –

– Come volevasi dimostrare. –

Alzo un bordo delle labbra verso di lui.

– E pensare che crede anche di essere lui, quello possessivo. –

– Lo sei anche tu? –

– Se qualcuno provasse a prendermelo darei di matto. –

Sbatte le ciglia chiare, c'è ilarità nei suoi occhi.

– Dovrei dirti che non è sano ma sarei un ipocrita. Odio chiunque faccia lo spiritoso con mio marito. –

– Anche Iwa-chan? –

– Tranne lui, si vede che sono troppo cretini per combinare qualcosa. –

Annuisco.

– Sono due cretini, sì. –

– In piena, perfetta regola. –

Il rumore delle nostre risa si mescola nell'aria, ed è piacevole, bello e leggero attorno a me.

– Daichi fa tanto il duro ma se tiro fuori mezza chiappa si fa comandare come un cagnolino. "Guarda che ero il generale" e poi si butterebbe da un ponte se glielo chiedessi. –

– I due soldati, eh? Due idioti. –

– E pensare che credono pure di avere loro il comando. –

– Sì, certo, come no. –

Mi prende il mento con la mano libera, lo gira verso di sé, avvicina il viso al mio e i suoi occhi si fanno più affilati, in un taglio che ho già visto sul mio, di viso, e che vedere sul suo mi sembra tanto affascinante.

– Noi Fate siamo fatte così, Tooru. È nella nostra natura. Il mondo gira solo per vedere un po' della nostra pelle. Non credere che Iwaizumi e Daichi siano tanto meno sensibili a questo. –

– Anche se Iwa-chan è immune alla magia e Daichi riesce a resistere? –

– Sono solo più difficili da conquistare e più complessi dentro. Ma fuori... subiscono il fascino come lo subiscono tutti. –

– Davvero? –

– Non c'è creatura nella Terra Conosciuta che resista ad una Fata, Tooru. Nemmeno se ci prova. –

Sorride.

– Almeno con il corpo. –

Mi stampa un bacio sulla punta del naso, poi si allontana, torna più ingenuo e dolce, meno tagliente.

– Ma questo non c'entra niente con l'amore, che è tutta un'altra storia. Molto più lunga, molto più appagante, se chiedi a me, ma completamente diversa. –

Muove la mano nell'aria in un movimento sinuoso, rapido ma elegante.

– Siamo per natura brave a sedurre, amare è un discorso più complicato. –

– Nel senso che è difficile? –

– Nel senso che cercare di capire la differenza fra chi s'innamora di te perché la tua magia lo soffoca e chi s'innamora di te perché ti ama non è affatto facile. Ma non mi sembra che tu abbia questo problema, sinceramente, per cui non ti ammorbo con le mie congetture. –

Sento il petto scaldarmisi un po'.

– Già, non credo di avere questo problema. –

– Sicuro non con Iwaizumi. Che tra l'altro dai racconti me l'aspettavo più musone, invece è molto più carino del previsto. –

– Daichi ti aveva detto che era brutto? –

– No, solo che era freddo. –

Alza le sopracciglia verso di me.

– Invece a giudicare da come ti ha baciato, quel mezzo Umano è tutto tranne che freddo. –

Mi mordo l'interno della guancia.

– E dovresti vederlo quando fa altro. –

– Si scalda quando toglie i vestiti? –

– Impazzisce. –

– Credo di saperne qualcosa. –

Si scosta il colletto della tunica con una mano, s'intravede chiaramente il segno viola di un morso sulla sua spalla.

– Animali. – borbotta.

– Animali. – ripeto, lo sguardo sul suo che condivide la malizia e la spensieratezza di non parlare di niente di importante, niente di fondamentale, solo di qualcosa di leggero e divertente con qualcuno che potrebbe essere...

Un amico.

Forse.

Chissà.

Sarebbe bello.

Sono io a stringere la sua mano, a tirarlo verso di me, questa volta. Solo per gioco, solo per scherzare, solo per... dare confidenza a qualcuno.

– È il fascino del soldato, però, non me la sento di lamentarmi. Grande grosso e cattivo. –

– Sanguinario, violento. –

Annuisco.

– Un po' tutto pazzo. –

Suga mi accarezza una guancia ironicamente, come se stesse fingendo di sedurmi.

– E poi sono forti, Yggdrasill, quanto sono forti. Fanno tutto quello che vogliono, non li ferma nessuno. –

– Non smettono mai. –

– Tremendi. –

Piega la testa, fa spallucce.

– Prima o poi non riuscirò più a camminare, temo. Ma se succederà so che ho dato via le mie gambe per una buona causa. –

– Sono rimaste uccise in battaglia. –

– Si sono sacrificate per un bene più grande. –

La sua risata mi tintinna nelle orecchie.

– Mica è colpa nostra se Yggdrasill li ha fatti... proporzionati. –

– E resistenti. –

– E instancabili. –

Sorriso e sorriso, ci sorridiamo a vicenda.

– È carino trovare qualcuno che ti capisca. – commenta, poi.

– È vero. – ribatto.

– Pensavo che non avrei mai più incontrato un'altra Fata, lo sai? Pensavo di essere solo al mondo. Lo so che c'è Daichi, ma... –

– È una cosa diversa. –

Annuisce, i capelli chiari si muovono col suo movimento, gli occhi scintillano della luce di chi ha ascoltato e capito quel che hai detto.

Rimaniamo a guardarci per un attimo.

C'è un'altra cosa che mi colpisce, quando lo guardo, di cui mi rendo conto ogni volta.

È così che sono le Fate da fuori?

È così?

È...

Bellissimo.

Elegante, sensuale, meraviglioso nel solo modo in cui appare, in cui si muove, in cui parla.

Sono così anch'io?

Davvero?

Sono così...

Mi sembra così strano.

Mi sembra così strano pensare che la creatura che vedo di fronte a me sia della mia stessa razza, della mia stessa specie.

Mi sembra così strano rendermi conto delle caratteristiche positive che a rigor di logica dovrei possedere anch'io.

Ho sempre saputo di essere bello, ma Suga non è bello, è molto, molto di più.

È...

– Cosa pensi, Tooru? –

– Eh? –

– Mi stai fissando in un modo un po' strano. A cosa pensi? –

– Oh, ecco... –

Slego le mani dalle sue e impasto le mie fra di loro.

– È che forse tu sei abituato a vedere altre Fate, nel senso che almeno ne hai viste altre nella tua vita, io... non ne avevo mai vista una. Mi chiedevo se fossi come te anche io, sai. –

– "Come me" come? –

– Così... bello. Anzi, più che bello. –

Alza gli angoli della bocca.

– Grazie. –

– E di che, è vero. –

Mi squadra per un secondo, piega la testa.

– Comunque sì, Tooru. Anche tu sei così. Molto di più, anzi, sei la Regina, per la miseria. –

– Davvero? –

– Me lo stai chiedendo sul serio? Non sai di essere bello? –

Scuoto la testa.

– No, no, lo so. È una cosa diversa. È che sei bello in un modo... strano, non so come spiegarlo. –

– Ok, un attimo, facciamo così. –

Si stira le pieghe sul tessuto dei pantaloni, elegantemente si alza dal divano, mi porge una mano per invitarmi a fare lo stesso.

Lo faccio, prendo la sua mano e lo seguo.

Si muove con familiarità dentro casa sua, è casa sua, dopotutto, e io non dico una parola mentre imito i suoi movimenti per andare dovunque voglia portarmi.

Salgo le scale con lui, mi capita d'osservare come si muove, la sua gestualità, come il suo corpo si sposti nell'ambiente che ci circonda.

È su tutt'altro livello rispetto a chiunque io abbia mai visto.

È innatamente perfetto.

È sinuoso anche nel modo in cui cammina, ogni movimento sembra perfettamente studiato per farlo sembrare più bello, ancora più bello.

È più bello di Iwa-chan.

O quantomeno...

Sono belli in modo diverso.

Iwa-chan è bello in un modo non sensuale ma direttamente sessuale. È di una bellezza più rude, più diretta, non è angelico e delicato, è violento e terreno, nel modo in cui è bello. Iwa-chan è eccitante.

Suga è perfetto.

Sono due cose completamente...

– Ecco. Guarda tu stesso. –

Sbatto le palpebre, riemergo dai miei pensieri e mi trovo...

Siamo in una camera da letto, a giudicare dai vestiti sparsi qua e là e dalle coperte un po' arruffate la loro camera da letto, e di fronte a me è posizionato uno specchio a figura intera che mi mostra in ogni dettaglio.

Ci guardo dentro.

Ci vedo...

– Guardati, Tooru. Per davvero, guardati. Come sei? –

Sono... io.

Bello, perché per essere bello sono bello, ma...

Mi prende il viso con una mano, lo gira per bene verso la superficie riflettente, mi costringe a piantare gli occhi sui miei.

– Tu sei la Regina delle Fate, Tooru. Sei perfetto. Sei bellissimo. Non esiste creatura viva in questa Terra più bella di te, non esisterà mai. Guardati. –

Mi guardo.

Io sono...

Alto.

È la prima cosa che ho sempre notato di me stesso.

Sono alto.

Molto più alto dei miei genitori, dei miei fratelli, di qualunque Elfo ci fosse nella corte dove sono cresciuto.

Sono alto, le mie gambe sono lunghe, magre, forse... sensuali.

Salgo piano con lo sguardo.

La mia vita è stretta, le spalle più larghe, le clavicole sporgono e invitano lo sguardo verso il centro del petto. Ho il collo sottile, s'intravede nel mio viso l'ombra che separa lo zigomo dalla mandibola, gli occhi sono grandi, le ciglia lunghe.

– Qualcuno ti ha mai fatto dubitare del fatto che fossi bello? –

– Non è questo. È più che... –

Mi specchio un'altra volta.

– So che sembra una cosa ipocrita da dire, ma qualche volta vorrei non essere... bello. E qualche volta mi sento... volgare. –

– Stronzate. –

Lascia il mio viso, indietreggia, mi lascia da solo di fronte al riflesso di me stesso.

– Tu sei una Fata. –

M'immergo nei miei occhi.

– Tu sei così perché sei una Fata. Devi essere fiero di essere così, perché devi essere fiero di essere una Fata. Non sei volgare. Non devi pensare che non vorresti essere come sei. –

Non dovrei...

– Eravamo un popolo orgoglioso prima che succedesse quel che è successo vent'anni fa. Non so chi ti abbia messo in testa che tu non possa esserlo ma prenderò come missione di vita insegnartelo, Tooru. –

Orgoglioso?

Io?

Orgoglioso di... essere chi sono?

Oh, Suga, non farmi...

– Sei la creatura magica più potente su questa Terra. La più bella. Sei il figlio prediletto di Yggdrasill. Hanno messo a ferro e fuoco il mondo per duemila anni solo per averti. –

Indietreggia ancora, lo vedo allontanarsi verso la cassettiera contro la parete.

– Nessuno può resisterti e nessuno può avere la meglio su di te. Nessuno può metterti in catene. –

Apre un cassetto, prende qualcosa, non so cosa.

– Tu rinasci sempre, tu rivivi sempre, nessuno può fermarti. –

Si avvicina.

– Devi essere fiero di come sei. Di chi sei. –

Si mette sulle punte dei piedi, mi fa chinare la testa, lo sento incastrare qualcosa fra i miei capelli, il metallo è freddo contro la mia fronte quando sfila il filo d'argento che portavo fino ad un attimo fa e ci mette qualcos'altro.

– Tooru Oikawa, la Regina delle Fate. Il mondo si inginocchia a te perché non può fare nient'altro. –

Si sposta.

Mi guardo di nuovo.

È una...

Tiara.

Corre lungo la fronte, ma non è il solito filo tempestato di gemme, è più elaborata, più fine, sembra davvero una tiara, una corona.

Riconosco il colore del platino. Il rilucere dei diamanti e la lavorazione elegante delle pietre  fanno sembrare l'intero gioiello intagliato nel cristallo e nel ghiaccio, il loro colore si mescola con quello chiaro della mia pelle.

– Questo te l'ha regalato Iwaizumi, non è vero? – mi sento chiedere, poi, e non capisco cosa intenda finché non noto la sua mano che indica il bracciale stretto sul mio braccio.

– Sì. Come l'hai capito? –

– È vetro colorato, dubito che tu compreresti mai del vetro colorato. Però il fatto che lo porti vuol dire che per te ha significato. –

Mi si accosta, entra nello specchio, guarda dritto davanti a sé.

Indica il bracciale.

– Questo è quello da cui parti, Tooru. Questo è quello che sai e che saprai sempre. –

Sposta lo sguardo verso la corona.

– Ma questo è quello che sei destinato a diventare. Questo è quello a cui devi aspirare. Coi piedi per terra ma... –

Mi muove il mento perché il mio viso sia perfettamente di fronte allo specchio.

– Ricordandoti chi sei. E chi sei non è niente meno di questo. –

Niente meno di questo.

Niente meno di...

Si apre dentro di me solo per un attimo.

Solo per un secondo, per un istante che subito dopo corre via lasciandomi com'ero prima che arrivasse.

Non è vero che non sono niente.

Non è vero che sono un bell'involucro di una scatola vuota, non è vero che sono una bella cornice ad una tela bianca, non è vero che sono qualcosa che va usato e gettato via perché non ho alcuna utilità all'infuori di quella momentanea e fisica.

Io sono importante.

Sono forte e sono bello.

Sono nato perché gli altri mi rispettassero e chinassero il capo di fronte a me.

Io sono...

Oikawa Tooru, la Regina delle Fate.

Niente meno di questo.

Niente meno di...

– Non so se ce la faccio, sai? È una cosa un po' nuova. Però grazie, è bello da sentire. –

Suga alza le spalle, scuote la testa.

– Ce la farai, ce la farai, non ho intenzione di demordere. E comunque la corona ti sta d'incanto. –

– È tua? –

– Della mia famiglia da generazioni, ce la regalò la Regina prima di te. L'ho messa al mio matrimonio. –

– Oh, allora te la ridò, non voglio rovinarla. –

– No, no, guardati ancora un po'. –

Scuote la testa in puro orgoglio, quando come me riporta lo sguardo sulla mia immagine di fronte a noi.

– Ti sta meravigliosamente, davvero. Qualsiasi cosa ti starebbe meravigliosamente. Voglio assolutamente farti provare tutti i vestiti che ho e vedere quanto meravigliosamente ti stanno. –

– Vuoi giocare a fare la sfilata? –

Annuisce.

– Assolutamente. Io e te. Ci vestiamo bene e ci sentiamo belli per un minuto senza che nessuno tenti di attentare al nostro culo se stiamo meglio del solito. –

Rido piano.

– Che ne sai che non sarò io ad attentare al tuo culo? –

Sbatte le ciglia.

– Vuoi farmi ridere? Lo so che non sono il tuo tipo. –

China la faccia.

– Non sono un ex soldato pieno di cicatrici con un cazzo enorme. Sono un'adorabile Fata tremendamente affascinante e tremendamente passiva. –

Stringo e labbra.

– In effetti non hai poi tutti i torti. Senza nulla togliere a te che sei bellissimo, ma... –

– Se non ti apre in due non lo vuoi. E dev'essere lui che apre te e non te che apri lui. Lo so, lo so, non specificare. Ti si legge in faccia. –

– Me lo si legge in faccia? –

Alza un braccio, mi mette l'indice sulla fronte.

– Qui. C'è scritto "se non ti chiami Iwaizumi non faccio sesso con te". –

– C'è scritto questo? –

Mi rivolge un sorriso un po' infido, un po' malefico.

– No, in realtà c'è scritto "puttana di Iwaizumi Hajime". –

– Io non sono la sua puttana, lui è la mia puttana! –

Scoppio a ridere, lui scoppia a ridere, poi alza le sopracciglia e mi guarda come se non credesse ad una singola parola di quelle che gli ho detto.

– Certo, come no, lo dico sempre anche io. Poi però chi è dei due quello che striscia? Io, mentre lui tutto arzillo e tutto contento sembra che non abbia faticato un secondo. È un dato di fatto, Tooru. Le puttane qui siamo noi. –

– Ma sarai tu una puttana! –

– Io? Ovviamente. Ma anche tu. –

– Io non sono una puttana. –

– Certo che lo sei, sei davvero una... –

– Non ero una Regina fino ad un secondo fa? –

Si ferma.

– Sì. Lo sei. Però da quando una cosa esclude l'altra? –

– Da sempre? –

– Da mai. Sei una Regina puttana. Di Iwaizumi Hajime. Aaaassolutamente. –

Rido ancora, il modo in cui lo dice mi fa ridere, il suo viso, la sua gestualità, la voce. È simpatico, è divertente, è...

– Ok, forse lo sono. Un po'. –

– Un po' tanto. –

– Un po' tanto. –

Mi si avvicina, alza due volte le sopracciglia.

– E allora dillo. Su. –

– Devo? –

– Certo che devi, te lo sto chiedendo! –

Mi guardo intorno, anche se so che non c'è nessuno, poi mi avvicino a lui, abbasso un po' il tono della voce.

Non le ho mai fatte, io, queste cose.

Ridere con qualcuno e parlare di cose leggere e condividere gli aspetti più stupidi e terra terra della mia relazione.

Non l'ho mai...

È divertente.

Scherzare con un amico, è divertente.

È...

– Sono la puttana di Iwaizumi Hajime. –

– Oh, sì che lo sei. –

– Sono la sua troia. –

– Una battona, proprio. –

– Una donnaccia. –

– Una meretrice. –

– Mignotta. –

– Zoccola. –

– Sgualdrina. –

Le parole non escono dalle mie labbra filtrate dai pensieri perché... non sto pensando. Cadono giù dalle mie labbra e sono stupide, davvero stupide, senza alcun senso, volgari gratuitamente e...

Mi si avvicina e il centro delle sue sopracciglia si alza appena.

– Così mi piaci. Volgare. Fammi sognare, Regina. –

– Ti piace che ti parli sporco? –

Fa fatica a non ridere, la voce un po' gli trema.

– Mi eccita terribilmente. –

Rido io, cerco di smettere ma mi viene naturale e per quanto ci provi non riesco bene a trattenermi.

Mi calo di nuovo nella parte – sapere quale non mi è dato, ma non saperlo mi piace – un secondo dopo.

Faccio un passo verso di lui e Suga lo fa indietro, il retro delle sue ginocchia sbatte sul letto, ride e rido io, ridiamo tutti e due.

– Lo sai cosa eccita me? –

– Cosa? –

– Un secondo, ci devo pensare. –

Si morde l'interno della bocca per non ridere, il mio cervello è vuoto, vuoto completo, non mi viene in mente niente.

Dovrei usare le frasi d Hajime?

Beh, lui è bravo in queste cose.

Io di solito ho come ruolo principale quello di stare steso o in piedi o piegato a gemere e a urlare e a prendere più che dare qualcosa.

Potrei...

– La vuoi seria? –

– Serissima. Non flirto per gioco con nessuno da anni, ti prego. –

– Ok. –

Mi avvicino al suo orecchio.

– Mi eccita quando apri le gambe e lo prendi fino in fondo come la brava troia che sei. Mi eccita quando ti tremano le ginocchia ma continui a muoverti sopra di me perché farmi venire è più importante del dolore ai muscoli. Mi eccita quando mi preghi di venire dentro di te. –

Lo dico senza pensare, e subito dopo averlo detto mi blocco.

Anche Suga si blocca.

Il suo respiro, lo fa.

Oh, non è che forse ho esagerato?

Certo, è una frase di Hajime che mi piace tanto, ma forse ho sbagliato a dirla a lui, perché...

Io non lo so come si fa con gli amici, merda, dovevo ricordarmene.

Non ne ho, come potrei sapere come ci si comporta?

Ho sbagliato tutto.

Ora mi odierà.

Ora penserà che sono...

– Wow, porca puttana. Questa sì che era una bella frase. Ho avuto un orgasmo cerebrale. –

Sbatto le palpebre.

Eh?

Non è...

– È tua? –

– No, Iwaizumi, io queste cose non le dico. –

– Il ragazzo se la cava bene, eh? –

Non si è offeso.

Lo diverte.

Lo diverte come diverte a me.

Lo diverte perché...

– Flirtare per gioco è super divertente, me n'ero quasi dimenticato. Pensavo di metterti in imbarazzo con questo tipo di cose perché non tutti la prendono bene ma sei proprio sulla mia lunghezza d'onda, tu. –

Sulla sua lunghezza d'onda.

Io sono...

– Mi piaci. Ho deciso che mi piaci. Ora io e te siamo amici. –

Amici.

Siamo amici.

Siamo amici perché gli ho detto una frase sporca.

Siamo amici perché abbiamo flirtato.

Siamo amici...

– Hai deciso che siamo amici perché ho fatto un po' la troia con te? –

– Assolutamente sì. –

Mi salta un battito nel petto.

Piangerei se non fossi così felice.

Perché...

– Tu non vuoi essere mio amico perché ho fatto un po' la troia con te? –

Alzo lo sguardo su di lui.

– Voglio essere tuo amico. Voglio tanto essere... –

– Allora ora lo siamo. E siccome non ho altri amici con cui compararti non sei solo mio amico. Da oggi sei il mio migliore amico. –

Migliore...

Annuisco.

– Neanche io ho altri amici. –

– Perfetto, allora io sono il tuo migliore amico. –

– Ok, ok, va bene. Va... –

– Tu lo sai cosa fanno i migliori amici di solito? –

– No. –

Alza le spalle.

– Neanche io, non me lo ricordo. Ma ho un'idea. –

– Che idea? –

Si sporge verso di me, scosta il viso e mi bacia una guancia così, perché gli va, perché ora siamo migliori...

– Beviamo tutto il vino che c'è in casa e ci scambiamo i vestiti. –

Sento i miei occhi brillare anche se non so spiegare come.

– Ok. Sì. Assolutamente, assolutamente sì. –

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

➥✱"tha plòigh a' dol ann" in gaelico significa "loro si divertono"

OK SONO TORNATA VIVA

non ci vediamo mi sa da un mesetto qui eeeeeeeee scusatemi ame prima ho finito angel with a shotgun e poi sono andata in vacanza e poi l'uni ha cercato di uccidermi e niente PERO SONO TORNATA SONO VIVA ECCOMI

RIPETETE CON ME :: LA OISUGA BROSHIP è UNA RELIGIONE

niente, ho scritto un capitolo intero solo di oisuga e MENOMALE SONO FELICE DI QUESTO spero che lo siate anche voi eheh

ultima cosa, inizio una nuova storia a breve, non so quando ma a breve

e basta

tutto quello che dovevo dire l'ho detto

ora scappo che devo andare a lezione

un bacino

ditemi se il capitolo vi è piaciuto

<3

mel :D

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