𝘀𝗲𝗮𝗻𝗮-𝗰𝗵𝗮𝗿𝗮𝗶𝗱

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Torno dentro la stanza passando dal bagno nel freddo del mattino.

La pelle mi formicola, ho ancora i capelli umidi, l'aria fresca quasi brucia contro le zone del mio corpo che non sono perfettamente asciutte.

I miei passi squittiscono contro le mattonelle di terracotta, il silenzio attorno a me è tanto tombale che anche solo l'atto di vivere, mi pare far rumore.

C'è calma.

Ma non è una calma pacifica.

È una calma...

Un po' rotta.

Non so cosa pensare, non so cosa provare. Credo sia ben che appurato quanto scarsamente io sia in grado di gestire le mie emozioni, ma se posso ammetterlo, quasi mi stupisco ogni volta delle reazioni che ho.

Mi sento ansioso. Impaziente, ma spaventato.

Sto per...

Forse.

Forse no.

Non devo illudermi.

Ma vorrei così tanto, vorrei così tanto.

Mi odierà? Forse mi odia ancora. Forse prova solo repulsione nei miei confronti, solo disgusto. Se è lui non so che reazione avrà nei miei confronti, e non saperlo mi disturba, non poterlo prevedere mi mette giusto quella punta di panico che mi stringe la bocca dello stomaco.

Però non riesco ad estirpare via la sensazione di felicità che l'idea mi provoca.

Anche se mi dovesse odiare, anche se...

Vorrei vederti. Vorrei vederti, vivo e intero, e ricordarmi di tutte le stronzate che abbiamo fatto assieme. Vorrei tornare alla tua presenza e ritrovare quella sensazione che mi hai dato per tanti anni prima che distruggessi tutto con le mie mani.

Voglio farti vedere che sono cambiato.

Voglio parlarti di Tooru.

Voglio...

Mi chino verso il bordo del letto, recupero le mutande e me le infilo in silenzio.

Abbiamo sognato tanto, quando eravamo solo due ragazzini, te lo ricordi? Io ci penso, ogni tanto. Quando la consapevolezza di ciò che ho fatto mi si riaccende addosso, ripenso a te, a quello che abbiamo fatto assieme, ai nostri sogni.

Non era tutto orribile.

Io, forse, lo ero.

Tu, tu no.

Stavamo seduti a fare la guardia di notte come tutti i soldati più giovani e tu c'eri, in quelle serate interminabili, seduto dietro di me, la schiena contro la mia, a rompere il guscio delle noci che rubavamo dalle cucine e passarmele una dietro l'altra.

Non vorrei tornare a quel momento perché Tooru non c'era, allora.

Ma vorrei poterlo rivivere.

La... consapevolezza di non essere da soli. L'amore di un'amicizia, la sensazione di pace che hai sempre infuso dentro di me.

Mi manchi.

Mi manchi ogni giorno.

Come l'aria, come il respiro.

Tu ogni tanto pensi a me?

C'era, prima di questo mese, in me, nei tuoi confronti, la rabbia dell'essere stato tradito. Mi faceva bruciare il sangue nelle vene, l'idea che mi avessi abbandonato così, per la tua integrità morale, perché so quanto fosse, e spero sia, importante per te, ma credevo di essere più importante ancora.

Ora credo di capirlo.

Sicuramente lo rispetto.

Questo non fa brillare di meno le cicatrici che mi hai lasciato, ma mi mette l'anima in pace, e con l'anima in pace tornano anche tutte le sensazioni analoghe, quelle che per più di metà della mia vita mi hai dato solo tu.

Crescendo ci è capitato che ci chiedessero se eravamo una coppia. Te li ricordi, quei momenti?

Ti ricordi, cosa rispondevi tu al posto mio che di dire quel che provavi avevi molta meno paura?

Mi faceva ridere, la risposta.

Era qualcosa come... "non lo siamo perché se lo fossimo non ci sarebbe più spazio nel mondo per nessuno di voi pezzi di merda".

Forse avevi ragione.

Forse...

Non mi hai mai attratto.

Ma mi hai sempre fatto sentire a casa.

E vorrei davvero poterti far vedere quanto... sono cresciuto e sono cambiato.

Vorrei dirti che ora mi sono innamorato, che ora ho un figlio, che non uccido, che non sono pazzo. Vorrei dirti che mi sei mancato, che vorrei riaverti con me, che il mondo mi piace, ora, perché Tooru è tutto quello di cui ho sempre avuto bisogno, ma se ci fossi anche tu sarebbe perfetto.

Recupero i pantaloni stesi sul letto, rimetto anche quelli, lego i lacci distrattamente. Non so dove sia la mia camicia, forse è il caso che ne peschi fuori una dalla borsa che abbiamo portato per il viaggio, non credo di aver molta voglia di cercarla.

Vorrei poterti baciare sulla fronte.

Vorrei mettere le mani sulle tue guance, chiudere gli occhi, baciarti la fronte.

Odiami, odiami, odiami.

Io non potrei.

Permettimi di non poterlo fare.

Permettimi di...

Trovo la camicia. È acciuffata, ma sembra intera, sembra ancora discretamente pulita, quindi la infilo sul torso, lascio che le braccia entrino nelle maniche, sento la sensazione del cotone appoggiarsi sulla mia pelle.

Devo prendere i calzini.

So dove sono, quelli.

Mi siedo sul bordo del letto e ne metto uno alla volta.

Quante battaglie, assieme. Quante morti, quante sbronze, quante risate. Quanti momenti di notte a tremare senza ammetterne il motivo, sapendo che non avresti chiesto, che mi avresti tenuto la mano senza fare domande, a ringraziarti silenziosamente per quello.

Mi manchi.

Mi manchi tanto.

Vorrei poterti salutare una volta ancora.

Vorrei...

Eravamo io e te contro il mondo.

Eravamo due ragazzini pieni di talento e vuoti di qualsiasi altra cosa che si aggrappavano l'un l'altro per cercare di sopravvivere.

Io sono qui grazie a te.

Vorrei ricordarmi come sei fatto.

Perché mi salta fuori nella mente il tuo viso spesso, ma temo di iniziare a dimenticarmelo, e non vorrei che fosse così.

Tooru ha sbloccato tutto quello che tenevo in piedi, lo sai? Non avrei mai pensato di sentirmi così nei tuoi confronti e, anche se mi ci sentivo, non mi sarei mai permesso di riconoscerlo.

Ma ora lo so fare.

Ci credi?

Lo so fare.

Ho trovato un Elfo che dormiva nel Bosco e ho scoperto che non era un Elfo, mi sono innamorato e credo di aver trovato qualcuno che sia in grado di amare me, ora sento le cose, le percepisco, mi sono concesso di avere...

Emozioni.

E per te ne ho.

Su di te, ne ho.

Ora che mi ripeto quali siano, mi rendo conto che ci sono sempre state, e vorrei potertele raccontare perché ora ne sono in grado.

Stringo i lacci delle scarpe sulle caviglie, sospiro, mi tiro su e mi guardo attorno.

Tooru è...

Come altro dovrebbe essere?

È sotto shock.

Sapere nel giro di un giorno che non solo non sei chi credevi di essere ma anche che la persona che ti ha fatto sentire male per come eri è la stessa che ha cercato di trasformarti in quello che odiavi non dev'essere facile.

Non ha dormito molto.

Ha pianto.

Mi spezza il cuore e mi fa bruciare il sangue nelle vene.

È seduto sul bordo del letto, vestito di nuovo con i miei vestiti. Il fatto che non porti i suoi è un enorme sintomo della sensazione che ha in corpo. So che per lui è importante, apparire bello, apparire curato, e il fatto che non gl'interessi comunica tutto il suo tormento.

Non che non sia bello, per carità.

È la creatura più bella che abbia mai visto con qualsiasi cosa abbia addosso.

Però...

– Tooru, forse dobbiamo andare. –

Annuisce senza rispondere.

– Se ti va. –

– Mi va. Dobbiamo, no? –

– Credo di sì. –

Mi spezza il cuore. Vederlo così, mi spezza il cuore. Non so come aiutarlo, vorrei poterlo fare, ma tutto quello che riesco a pensare sfocia nel sangue e nella sofferenza e non voglio costringerlo a...

Vedere quella parte di me.

Percorro qualche passo dalla sua parte.

Mi fermo quando sono fra le sue gambe aperte, in piedi, e lo guardo dall'alto con il viso meraviglioso solcato dai segni di una notte pressoché insonne.

Affondo una mano fra i ricci castani, lo spingo verso di me.

Sommerge il viso contro la mia pancia.

– Andrà tutto bene, Tooru. Andrà tutto bene. –

– Come potrebbe andare tutto bene quando mio padre... –

– Andrà tutto bene. – ripeto.

Ne sono certo?

No.

Non per me.

Non so se io starò bene.

Ma tu, Tooru, tu sì. Tu non dovrai soffrire. Tu non dovrai preoccuparti di niente. Ci penso io, io, io e basta. Me la prendo io, tutta la rabbia che provi, tu lasciala defluire, non farti appesantire da lei.

Gli accarezzo i capelli.

– Troveremo un modo per uscire da questa situazione. E poi, se mi prometti che fai il bravo Elfo di merda, ti costruirò una cabina armadio. E mi farò spiegare ogni singolo colore da te e ti prometto che starò zitto mentre lo fai. –

Ridacchia contro la mia pancia.

– Davvero? –

– Davvero. Lo giuro. Lo prometto su quello che ti pare. –

Lascia passare le braccia sulla mia vita, le stringe dietro la mia schiena, preme la fronte su di me.

– Perché dev'essere tutto così complicato, Hajime? –

– Perché la vita è una merda. –

– Lo so, ma cazzo, a diciannove anni vorrei avere altri problemi che non siano mio padre che vuole scoparmi e mio padre che mi odia. –

Respiro a pieni polmoni.

– Sono d'accordo. Ma è andata così e non è che ci possiamo fare mo... –

– Non hai idea di quanto forte sia la tentazione di chiederti di ucciderlo per me, Hajime. Non ne hai idea. E non hai idea di quanto mi senta una merda anche solo a pensare di chiederti una cosa del genere. –

Lo dice con la voce arruffata dal contatto così ravvicinato, le parole mugugnate, il tono sfinito.

Rimango in silenzio un attimo.

Poi prendo fiato.

– Il fatto che tu a diciannove anni sia incazzato, Tooru, secondo me è normale. E anche che tu lo voglia uccidere. E sai che se me lo chiedessi, io... –

– Sarebbe ingiusto. Costringerti a uccidere qualcuno per me. –

– Non sarebbe ingiusto. Lo farei senza esitare. –

Lo stacco da me mettendogli entrambe le mani sul viso.

Gli faccio piegare il collo indietro, lo guardo negli occhi grandi, castani e lucidi, mi premuro di scandire bene le parole.

– Tu hai tutte le cazzo di ragioni di essere arrabbiato. Le hai di voler quel figlio di troia morto. Le hai di chiedermi di ammazzarlo. Non lo fai perché sei una persona dolce e buona e Yggdrasill solo sa quanto ti adori per questo, ma avresti le ragioni. Non sentirti in colpa, Tooru, è lui che ti ha rovinato la vita. –

Sbatte le palpebre, le ciglia lunghe trascinano via un po' della sua insicurezza.

Si morde l'interno della bocca.

Specchio gli occhi nei suoi.

– Pensi davvero che volerlo morto non mi renda cattivo, Hajime? –

– Dopo tutto quello che ti ha fatto? Che ha fatto alla persona che eri prima di te, a me, a tutti noi? Mi stupirei del contrario. –

– Ho solo paura che... –

Mi piego e appoggio le labbra sulla sua fronte.

– Hai paura di noi. Lo so, lo comprendo, anche io. Se facessimo anche solo un passo falso potrebbe davvero finire male. Ma non abbiamo fatto niente. E non faremo niente. –

– Sei sicuro? –

– Se nessuno proverà a toccarti permetterò a chiunque viva di vivere un altro giorno. – mormoro, le mani fra i suoi capelli e il corpo contro il suo.

Sorride.

Non con l'apertura o la dolcezza solite, ma sorride.

E mi basta.

Si alza, l'attimo dopo, e mi tiene la mano, mentre usciamo dalla locanda e abbandoniamo quello che è successo negli ultimi giorni per addentrarci in un ennesimo, inaspettato capitolo.

So cosa intende quando dice che ha paura di noi.

Lo so.

E non posso dire che io ne sia indifferente.

Potremmo avere tutto. Io e Tooru, potremmo davvero avere tutto. Il mondo sarebbe ai suoi piedi e lo sarei anch'io, potremmo distruggere qualsiasi cosa di fronte a noi e vivere sopra chiunque altro.

So cosa significhi essere il cane di un Re. Lo so. E so che odiavo esserlo e che sono quello mi ha permesso di salvarmi dalla follia. Ma con te, non lo odierei, è questo il problema.

Potremmo rovesciare il mondo.

Menomale che a noi non interessa.

Menomale che siamo soltanto interessati a vivere insieme senza che tutto il resto possa intaccarci.

Menomale che...

Mentre camminiamo verso il fondo del villaggio, prima del Bosco degli Gnomi, tengo la sua mano stretta nella mia.

Il potere, eh?

Il potere.

Non mi è mai interessato.

Non credo interessi a te.

Ma mi dà una strana sensazione, pensare a quanto potrei dartene, a quanto potrei fartene avere, a quanto potresti averne, se solo un giorno decidessimo che essere chi siamo sia più importante delle vite di chiunque altro.

Rimaniamo in silenzio per tutto il sentiero.

Vicini, ma in silenzio.

C'è qualcosa di... solenne.

Non so cosa stiamo celebrando, so che...

Spero che sorriderai di nuovo. So che lo farai. Alla fine tu sorridi sempre. E se non dovessi farlo, farei di tutto per assicurarmi anche solo un'altra occasione di vedertelo fare.

Ci sono Kenma e Kuroo, in fondo al sentiero, di Bokuto e Akaashi neanche l'ombra. C'è Tobio, in piedi fra loro, che mi guarda e sembra non vedere l'ora di saltarmi addosso ma si trattiene dietro al suo Capobranco con rispetto.

Sorrido.

Anche tu, ragazzino.

Anche tu.

Anche tu mi mancherai.

Spero che potremo rivederci presto.

Spero che...

Ci fermiamo di fronte a Kenma.

C'è tensione nell'aria, tutti la sentiamo ma tutti facciamo finta che non ci sia. Io e Tooru rimaniamo in silenzio e lasciamo che siano loro a dire quel che intendono spiegarci.

Kenma sospira.

– Che sono quelle facce lunghe? Mica vi sto mandando a crepare. –

– Credo che sia per il racconto di ieri, Ken. – interviene Kuroo.

– Lo so, ma me l'hanno chiesto loro di dirglielo, non sono stato io che... –

Alzo lo sguardo.

Le sue parole si affievoliscono.

Sospira.

– Ok, ok, avete ragione. Allora, siete pronti per partire? Preso tutto? –

– È un cammino lungo? –

– No, in realtà no. Poche ore, se libero un po' la strada. –

– E hai intenzione di liberarla? –

Kenma guarda me, poi guarda Tooru.

– Sì. –

– Grazie. –

– E di che. –

Ha la stessa vestaglia di ieri ma sembra più in forma, i capelli biondi sono puliti, asciutti e lisci sul suo viso, gli cadono sulle spalle delicatamente come fili d'oro.

Sospira, poi appoggia una mano sul fianco di Kuroo, indica dietro di sé col movimento della testa.

– Quindi avete intenzione di andare? –

– Credo che sia l'unico modo. – rispondo, mentendo nella misura in cui c'è anche un altro elemento, ad interessarmi, in questa storia, che preferisco non dire.

– Probabilmente lo è. –

– Allora siamo pronti. –

Tooru stringe forte la mia mano.

Non parla, non dice niente, ma stringe forte la mia mano.

Kenma sospira un'altra volta.

– Ok, perfetto, allora. Dritto da qua, seguite il sentiero, appena arrivate nella radura sarete dalla Fata Bianca. –

– Tutto qui? –

– Tutto qui. –

Abbasso le sopracciglia.

– Sento che sta per arrivare un "ma". –

Kuroo annuisce.

– La Fata non vive da sola. C'è un Umano, con lei. La protegge. L'Umano è molto aggressivo e se vi attaccasse potrebbe essere un problema. So che sono pacifici, ma... –

– Se uno che si fa chiamare in giro "Sterminatore di Fate" si dovesse avvicinare alla sua Fata nessuno sa cosa potrebbe succedere. Sì, l'avevo immaginato. – borbotto, guardandolo negli occhi.

È lui.

Dev'essere lui.

Dev'essere...

– Non verremo ad aiutarti, se dovesse iniziare a combattere. Sappilo. –

– Non avevo dubbi. –

– Era per fugarli nel caso ce ne fossero stati. –

Tooru guarda per terra, continua a stare in silenzio.

Ferito.

È ferito.

E quanto vorrei che non lo fosse e quanto poco posso farci.

– Quando volete andare, fate pure. Saluteremo Akaashi e Bokuto per voi, se partite adesso. –

– Credo lo faremo. –

– Perfetto. –

Chiudo la bocca e per un attimo ci guardiamo tutti negli occhi in silenzio, in quest'attimo di quiete che precede qualcosa che sta per cambiare radicalmente il corso di quello che avrei creduto sarebbe successo.

Non che mi aspettassi qualcosa, è da quanto Tooru è arrivato che non mi aspetto niente e che sento gli avvenimenti trasportarmi in un corso inaspettato, però...

– Posso salutare mio figlio? –

– Puoi. – dice Kuroo, e col via libera quel che succede è quello che succede ogni volta che ci separiamo, lui che mi guarda con gli occhi azzurri e grandi e che fa come ha sempre fatto da che era un cucciolo grande quanto il palmo della mia mano.

Mi getta le braccia al collo.

Tooru si stacca, ci guarda, ma per un attimo mi dimentico della sua presenza e mi concentro solo su quella del ragazzo contro di me.

Lo stringo forte dalle spalle, gli arruffo i capelli scuri, mi godo la sua presenza, il suo odore, il peso del suo corpo su mio.

Tobio, quanto sei cresciuto.

Tobio, piccolo, stupido, dolce Tobio.

Testardo e giovane e...

– Fa' il bravo. Ascolta quello che ti dice Kuroo e non fare stronzate. Non venire a cercarmi finché non ti dico che puoi farlo. –

Annuisce contro il mio collo.

– Ascolta i più grandi. Hai ancora tante cose da imparare, non iniziare a fare di testa tua. –

Di nuovo, lo sento annuirmi addosso.

– Sono fiero di te, Tobio. –

Mi si aggrappa addosso come se l'idea di lasciarmi andare lo ferisse non sono emotivamente, ma fisicamente. Si nasconde contro di me, mi stringe forte, col trasporto di qualcuno che non vuole separarsi da te.

Lancio un'occhiata a Tooru.

Tooru ha...

Lo sguardo contento, un po' commosso. E in fondo ai suoi occhi mi guarda e si chiede perché non si meritasse qualcosa del genere anche lui.

Non lo so.

Non lo so perché il mondo non te l'abbia dato.

So che te lo meritavi, che chiunque se lo merita.

Che Tobio, se lo merita.

Mi stacco piano, quel che basta per poter sistemare il viso di fronte a quello di mio figlio e stampargli le labbra sulla fronte. Lo faccio con calma, con pacatezza, cercando di comunicargli ogni singolo sentimento con solo la pressione della mia bocca sulla sua pelle.

Quando mi allontano lo sento tremare appena.

Piccolo...

– Mi prometti che ci rivediamo? –

– Te lo prometto, Tobio. –

– Mi prometti che non ti fai ammazzare per far sopravvivere l'Elfo? –

Gli sorrido.

– Ti prometto che ci proverò. –

– Mi prometti che non fai stronzate? –

Aggrotto le sopracciglia e lo guardo come se avesse detto qualcosa di davvero, davvero esilarante.

– Io non faccio stronzate, Tobio, sei tu quello che le fa. –

– Io non ho raccolto un Elfo dal Bosco e me lo sono portato a casa. –

– Quella non è stata una stronzata. –

Ridacchio io e ridacchia lui, Tooru alza gli occhi al cielo, poi si avvicina.

– Oh, cane, la smetti di dire a tuo padre di lasciarmi? –

Tobio lo guarda male.

– Non gli sto dicendo di lasciarti. –

– Lo stai facendo perché sei un ragazzino. –

– Ho due anni meno di te. –

– Sei solo un ragazzino di merda che non accetta che... –

– Ragazzi, basta. Su, fate i bravi. –

Cala il silenzio.

Li guardo e sorrido, un po' perché davvero sono completamente, diametralmente diversi, un po' perché è sorprendente quanto poco simili fra loro possano essere le persone di cui mi... innamoro, in un certo senso.

Però sono felice che Tooru abbia parlato.

Sono felice che...

– Grazie di essere venuto a salutarmi, Tobio. Prometto che quando ci rivedremo sarò intero. Ti prego, non diventare una persona completamente diversa mentre non ci sono, che mi piaci così. – gli dico, arruffandogli i capelli e accettando il suo sorriso verso di me.

– Kenma, Kuroo, grazie per l'ospitalità, grazie per l'aiuto. Grazie per... –

Tooru m'interrompe.

– Grazie di tutto. – mormora, e di nuovo il tono dei suoi occhi s'intristisce un po', ma quello della sua voce risulta diretto, sincero.

Kenma sorride.

– Non fare quella faccia, principino, così mi fai sentire in colpa. –

– Non voglio che tu ti senta in... –

– È vero che non siamo amici. È vero che ti ho mentito. Sono vere un sacco di cose. Ma tu mi piaci, chi dice che magari, in futuro... –

Gli prende una mano. Sono tanto più sottili, quelle di Kenma rispetto a quelle di Tooru, ma sembrano più sicure, più capaci.

– Io non ti odio, Tooru. Noi non ti odiamo. Ricordati che non ti odiamo. –

L'Elfo annuisce.

– Va bene. Me ne... ricorderò. Grazie ancora di tutto. –

– È stato più un piacere di quanto immagini. –

Gli stringe la mano e Tooru la stringe indietro, si guardano e in Kenma c'è meno astio di quel che mi sarei aspettato, in Tooru non si ricostruisce una speranza ma quantomeno smette di avvolgerlo l'espressione funerea che ha da tutta la mattina.

Si guardano.

Si sorridono un secondo.

Mi sembra che qualcosa dentro di me si rilassi.

Quando Tooru torna al mio fianco, riprendo subito la sua mano con la mia.

– Quindi tutto dritto nel Bosco degli Gnomi. Davvero, non c'è nient'altro? –

– No. Davvero. –

– Allora forse è il momento di... –

Kenma agita una mano.

– Controllate la magia di Tooru, stateci dietro. In reazione con un'altra Fata potrebbe succede qualcosa di strano. Ricordatevi che c'è una crepa nel suo sigillo, dovete stare attenti. –

– Potrebbe succede qualcosa se incontrassi un'altra Fata? –

– Potrebbe. Non ne ho idea. –

Annuisco.

– Ok, lo terrò d'occhio. –

– Perfetto. –

– Perfetto. –

Indietreggia verso Kuroo, si appoggia su una delle sue braccia, fa cenno a Tobio di avvicinarsi e lui, dopo avermi lanciato un'ultima occhiata, lo fa.

Ci lasciano dritti di fronte al Bosco.

Al Bosco che sembra fitto, denso, composto solo di rovi e di rami che s'intrecciano fra loro e che...

Si apre.

Inizia a ritrarsi.

Il legno si fa più sottile, si sposta, come se camminasse, i rovi si diradano, i rami guardano verso il cielo, tutto il Bosco si muove, e si muove con Kenma.

Un sentiero appare al centro della via, dritto d fronte a noi.

– Prego. –

Stringo la mano di Tooru.

– Sei pronto? –

– Lo sono. –

Faccio un passo.

Mi giro indietro.

– Grazie ancora di tutto. – dico, prima di farne un altro, un altro ancora, e un altro dopo quello in linea retta con le suole delle scarpe che scricchiolano fra le foglie secche dell'inizio dell'autunno e le dita strette su quelle di Tooru, verso qualcos'altro, qualcos'altro ancora, qualcosa di...

Nuovo.

O forse di vecchio.

O forse di familiare.

Non lo so.

So solo che non guardo più indietro, quando i rami iniziano a circondarci e la luce a filtrare meno.

So che cammino in silenzio.

Perché sono ansioso, spaventato, ma sono anche dannatamente, dannatamente impaziente.

Dove sei?

Sei tu?

Ti prego, dimmi che sei tu.

Dimmi che troverò te, al fondo di questo sentiero, dimmi che sentirò la tua voce, che vedrò il tuo volto.

Dimmi che...

C'eravamo promessi che ci saremmo sempre trovati. C'eravamo promessi che qualsiasi cosa sarebbe successa, io e te avremmo sempre combattuto la stessa battaglia.

So che ho tradito la tua fiducia.

So che mi hai guardato, quel giorno di diciannove anni fa, e che non hai visto in me l'amico che amavi, la persona che eri convinto io fossi.

Ma ora sono tornato.

Ora sono io.

Sono io più di prima, sono io più di ogni altro singolo secondo io abbia vissuto in questo mondo, quindi...

Ci attaccherà?

Certo che lo farà, lo so. Quasi me l'aspetto.

Ma come reagirai, quando mi vedrai?

Cosa pensi di me?

Ti manco?

Ti manco come tu manchi a me?

Mi pensi mai?

Chiudi mai gli occhi e speri di riaprili nell'edificio spoglio della Caserma, dove dormivamo attaccati nelle notti d'inverno, dove passavamo le ore prima che l'alba ci riportasse ad addestrarci a parlare dei nostri sogni?

Tooru è la prima persona che abbia mai visto, a prescindere da tutto, la persona dietro la belva. È la prima persona che mi abbia fatto sentire come se avessi un valore per come sono, per quel che sento.

Ma ora che l'ha fatto lui, saresti disposto a farlo anche tu?

Io sono pronto al perdono.

Sono pronto...

Sono...

Stringo forte le dita dell'Elfo accanto a me.

Sono pronto a chiedere scusa.

Spero che le vorrai, le mie scuse. Spero che conteranno qualcosa, per te, come conta per me l'idea di volertele fare.

Spero che dopo avermi attaccato capirai.

Spero...

Guardo Tooru.

La luce che filtra dagli alberi disegna piccole macchie sul suo volto.

Sembra meno distante da se stesso di prima, ma è egualmente permeato dalla tristezza e dalla malinconia.

Spero che non te la prenda con lui.

Spero che tu non faccia l'unica cosa che potrebbe distruggere tutto quello che provo per te.

Perché se attaccassi lui non esiterei un secondo.

Per questo, spero che tu non lo faccia.

Mi riservo di appoggiare la fronte contro la sua tempia un secondo, di respirare, di inalare il suo odore così dolce e di lasciare che la sua presenza calmi l'imperversare dei pensieri dentro di me.

Sono così ansioso, Tooru.

Sono così...

Così...

– Hajime, sei sicuro di volerlo fare? Sei sicuro che sia una buona idea? –

– Hai paura che non voglia? –

– Ho paura che tu non sappia a cosa vai incontro. –

Gli bacio una guancia.

– So a cosa vado incontro. Credo di saperlo. Ho quasi più paura che non sia lui che di quello che potrebbe farci se fosse lui per davvero. –

– Credi che ci attaccherà? –

– Credo di sì. Credo che lo farà a me. Spero con tutto il cuore che non pensi di farlo con te. –

Sorride, di un sorriso tinto dal colore bluastro della desolazione.

– Non è giusto che tu lo dica. Se fosse lui non ti chiederei mai di... –

– Non avresti bisogno di chiedermelo. Non avresti bisogno. –

Sospira piano e lascia che l'aria lo attraversi, stringe forte la mia mano e si lascia andare, guarda verso l'alto, il suo corpo si tende nel gesto.

Meraviglioso.

Sei...

– Ci pensi mai a cosa saremmo potuti essere se ci fossimo incontrati in un modo più... normale? –

– Intendi senza la storia della Regina delle Fate? –

– Senza tutto. –

No, non ci ho mai pensato. Non ho mai...

– Che ne so, se tu fossi stato ancora un soldato e ci fossimo incontrati senza tutti i nostri problemi. Se fossimo stati... noi ma senza le cose brutte. –

– Non sono sicuro che saremmo stati noi, senza le cose brutte. –

– Già, me lo ripeto anch'io. –

Ondeggia con le anche, mentre cammina, lo fa sempre. Sembra che la solennità e il silenzio di quest'arco di rovi che ci fa spazio s'illumini del riflesso della sua luce.

– Per dare un motivo a tutto, sai. Per non dirmi che è tutto una merda. So che non tutto è una merda, ma... certe volte diventa pesante. –

– Lo immagino, Tooru. –

– Lo so. –

Deglutisce la saliva, sbatte le palpebre.

– Forse avevano ragione a non dirmi niente. Forse non starei... così. Forse sarebbe stato meglio se... –

– Se avessi combattuto contro qualcuno di cui non conoscevi l'identità? Se avessi creduto che tuo padre era un manipolatore figlio di puttana senza sapere quale sia il motivo? –

– Esatto. –

Sospiro, cerco di mantenere la calma.

– Forse sì, forse hai ragione. Ma forse sarebbero potute succedere cose che non ti saresti spiegato, forse non avresti saputo chi sei. Sapere chi sei ti dà un posto nel mondo. –

– Tu mi dai un posto del mondo. Non la mia razza. –

Mi si attorciglia il fiato nel petto.

Il cuore mi batte più forte, sento un sorriso disegnarmisi sul volto.

– Ora che so perché la gente mi fa quello che mi fa e mi tratta come mi tratta non cambia il fatto che mi siano successe quelle cose. Ora che so che tu sei più onesto con me per un motivo di sangue non cambia come mi fai sentire. Vorrei solo che non ci fosse tutto il resto. Vorrei solo che fossimo a casa e non qui a scappare. –

– Torneremo a casa. –

– Lo spero. –

– Lo so. –

Cede un po' di peso verso il mio e io lo accolgo, passo con la mano dalla sua alla sua vita, gli cingo i fianchi, strizzo piano la sua pelle.

– Magari ci divertiremo sul serio, qui, che ne sai? Non guardare le cose da una prospettiva così pessimista. – gli borbotto.

– Tu che dici a me di non essere pessimista è un eufemismo. –

– Ho ragione, però. –

Mugugna qualcosa che non capisco.

– Lo so che hai ragione, però... –

– Sei preoccupato. È normale che tu lo sia. Ma ti garantisco che andrà tutto bene. –

– Se lo dici tu mi fido. –

– Bravo, Elfo di merda. –

Ridacchia nell'aria umida e scura del sottobosco, il rumore è musica nelle mie orecchie, tintinna come un campanello e rilassa ogni mio muscolo.

– Sai cos'altro dovremmo fare? –

– Cosa? –

– Riportare un po' qui la tua versione principessina. Mi manca, lo sai? Sono stati giorni così confusi che non l'ho vista più. –

– Intendi me antipatico? –

Scuoto la testa.

– Te fastidioso con i vestiti colorati che mi chiami "Iwa-chan". Sai che mi piace quando mi chiami "Hajime", ma... –

– Ti manca quella parte di me? –

Lo dice con stupore, quasi. Come se non se l'aspettasse. Come se fosse convinto che di tutte le sue versioni quella fosse una che non desideravo vedere e anzi trovavo piuttosto detestabile.

Ma non è vero.

Mi fa... ridere.

La trovo...

– Mi manca. Mi manca un sacco. E se non hai voglia di tirarla fuori non è un problema, ma se ti andasse di farlo sarei molto felice. –

Si ferma.

Le sue gambe si arrestano di colpo.

Seguo quello che fa e mi ritrovo in piedi accanto a lui, a guardarlo immobile.

Sembra...

Riprendersi.

Tornare...

Lo so che la sua estroversione, la sua personalità così frizzante, così fastidiosa, sono tutti modi che ha costruito per nascondere le sue insicurezze. Ma so anche che fanno parte di lui, che relegarli al ruolo di scudo li sminuisce, e che sono tanto, tanto divertenti da vedere.

Mi sorride.

A trentadue denti.

Mi sorride e quando vedo il modo in cui gli angoli della sua bocca si piegano, la posizione del suo corpo e tutto il resto capisco cosa sta per chiedermi.

Mi dice...

– Iwa-chan, di che... di che colore ti senti oggi? –

Ridacchio.

– Continuo a non sapere i nomi dei colori. –

– Sì che li sai, dai, impegnati e non fare il musone. –

Arriccio il naso.

– Un colore che sia regale. –

– Vuoi vedermi fare la Regina? –

– Tu sei una Regina. Voglio vederla... davvero. –

Vedo l'impatto che le mie parole hanno su di lui.

"Tu sei una Regina".

Qualcosa dentro di lui si...

– Io sono una Regina. – ripete.

– Lo sei. – confermo.

– Io sono una Regina. –

Lo sei.

– Io sono... –

Meraviglioso.

Quando il tessuto cambia, è meraviglioso. Ed è regale, è nobile, è irraggiungibile, è perfetto. È l'insieme di tutto quello che di bello c'è al mondo, è...

Chiaro.

Seta, seta, chili di seta.

Seta che si avvolge sulle gambe, che si stringe sulla vita, seta che si disegna attorno al suo collo, in un paio di maniche larghe, in una camicia che s'infila dentro l'orlo dei pantaloni a vita alta.

Ha la tiara.

Quella che aveva la prima volta che l'ho visto.

Dev'essere per questo, che vedergliela addosso mi aveva così colpito.

Perché è fatta per stargli addosso.

È poco più di un filo d'argento tempestato di minuscoli diamantini che corre sulla sua fronte e s'immerge fra i ricci, ma brilla ed è regale, su di lui.

Ha le punte delle orecchie decorate da intrecci sempre più fini, gli anelli che brillano fra le dita, fili luminosi che cadono dai lobi verso le spalle.

Non si veste così dal... giorno della locanda prima che arrivassimo nel Branco.

Mi rendo conto che forse è stata anche colpa mia.

Rimango ugualmente senza fiato di fronte a lui.

Sei meraviglioso.

Sei meraviglioso, davvero.

Le tue gambe lunghe, le braccia sottili, il viso che sembra disegnato dalla mano di Yggradsill in persona, le ciglia lunghe e gli occhi scuri, le labbra morbide, il sorriso che ti ci si disegna sopra.

Sei...

– Allora, come sto? Sono una Regina? –

– Lo sei. Sei... –

Ride piano.

– Senza parole, Iwa-chan? Che c'è, sei rimasto folgorato? –

– Ogni volta che ti guardo. Ora ancora di più. Ma ogni volta... ogni volta che ti guardo. –

Arrossisce sulla punta degli zigomi.

– Vieni qui, scemo. –

– Quando vuoi, quando vuo... –

Mi aggancia le braccia dietro al collo e io appoggio le mie sulla sua vita, sorrido e sorride anche lui mentre ci baciamo, mi scappa quasi da ridere, lo faccio, forse, sento le mie mani scorrere sul tessuto liscio e le sue ingabbiarsi fra i miei capelli, il suo sapore familiare sulla mia lingua.

Così.

Contento, felice.

Lasciamola un po' indietro, tutta quella tristezza.

Datti... il tempo di far finta che vada tutto bene e il lusso di concederti un po' di pace.

Ti fa bene.

T'illumina.

Elaborerai tutto meglio, se per un po', solo un po', non ci pensi.

Quando ci stacchiamo tiene la fronte contro la mia.

– Lo sai che sei l'Uomo più fortunato del Regno Conosciuto? Non a molti è concesso di mettere le loro manacce su nientemeno che Tooru Oikawa, la Regina delle Fate. –

– Ma che "non a molti", proprio ad un cazzo di nessuno. –

– Era per dire! –

– Non dirlo! –

Mi colpisce la fronte, io ridacchio, così per scherzo gli strizzo il culo e lui mi lancia un'occhiataccia, poi mi stacco gli offro il braccio.

Non gli do la mano, faccio come facevo a Palazzo tanti anni fa nelle manifestazioni pubbliche, mi offro come appoggio.

Accetta volentieri.

Mi sento un po' un servitore, ma ci fa ridere, e non m'interessa.

Si schiarisce la voce.

– Dove mi porti, stasera? Ad un Gala? Ad un appuntamento galante? –

Lo guardo con la coda dell'occhio.

– Probabilmente a rischiare di essere ucciso dal mio vecchio migliore amico in mezzo ad un Bosco che non conosco. –

Alza le sopracciglia.

– Miseria, spero di essermi messo gli abiti adatti! –

– Secondo me sì. Questo... grigino ti sta bene. –

– Non è grigino, è color perla. –

– Perla, grigino, tutti uguali. –

Mi pizzica il braccio.

– Dovrà concedermi un ballo, se usciamo vivi da qui, Signor Soldato. –

– Tutto quello che vuole, Mia Regina. –

Ridacchia.

– Sai ballare? –

– Ho passato vent'anni in una Corte e quasi dieci ad essere il braccio destro del Re, è ovvio che sappia ballare. Perché, tu no? –

– Certo che so ballare! –

– E allora un giorno ci autoinviteremo ad una festa in un Palazzo e balleremo. –

– Andata. –

– Perfetto. –

Mi sporgo dalla sua parte e lui dalla mia, ci baciamo a metà strada, indugiamo un secondo uno vicino all'altro, poi ricominciamo a camminare.

Inizio a intravedere qualcosa verso il fondo.

Una luce, o qualcosa di simile.

Manca ancora molto, ma è un segno della presenza di qualcuno.

Stringo Tooru e cerco di concentrarmi.

Scherzare è divertente e farei di tutto, davvero di tutto, pur di farlo stare meglio, ma anche stare attenti quando probabilmente l'unico soldato davvero in grado di darmi del filo da torcere in battaglia è sulla difensiva per il mio arrivo, potrebbe essere un'idea.

Lo conosco.

Almeno, lo conoscevo.

Dovrei essere ancora un po' in sintonia con le sue tattiche d'attacco, no?

Sento solo i nostri passi sulle foglie.

Non dovrebbe esserci nessuno.

Non...

Succede in un secondo.

Quello prima sto camminando e scherzando, quello dopo sento distintamente il rumore di un ramo che si spezza.

Non ci sono rami, qui.

Fuori dal sentiero ci sono i rami.

Il rumore viene da...

Il mio cervello pensa ad una velocità che quasi non riconosco.

Il rumore viene da sinistra. Qualcuno si sta avvicinando. Era abbastanza nitido perché fosse qualcuno di peso simile al mio, non può essere stato uno Gnomo, dev'essere lui.

Ha avanzato per controllare il pericolo, vero?

È questione di attimi.

Se ha sentito la mia voce, è questione di attimi.

Sciolgo il braccio da quello di Tooru e mi giro dalla sua parte, lo stringo dalle spalle, lo abbasso contro di me.

La mano libera tira fuori la spada dal fodero, il rumore dell'elsa fende il silenzio, quasi lo squarcia, ogni muscolo che ho nel corpo s'irrigidisce.

È qui.

Non vedo dove.

So che è qui.

So che...

– Cazzo, sei sempre il solito bastardo con le orecchie da animale. –

Il cuore mi si ferma e mi riparte, quando sento la voce spandersi nell'aria dietro di me. Le mie labbra si piegano in un sorriso, perché nonostante sia preoccupato, mi era...

Mancata.

La sua voce.

– E io che speravo di concludere questa cosa in fretta. –

– Pensavi che se mi avessi colto di sorpresa mi sarei fatto tirare giù in fretta? Yggdrasill, ti ricordi almeno chi sono? –

– Touché. –

I passi si fanno più nitidi e dopo essermi assicurato che Tooru, col fiato corto e gli occhi spalancati, sia perfettamente dietro di me, mi giro per guardare la persona che li sta facendo.

Sempre lo stesso.

Esattamente come ti ricordo.

Sei...

– Che cazzo di fai qui, Iwaizumi? Non te ne ho date abbastanza per farti capire che non voglio più avere a che fare con te? Non combatto. Non uccido. Non voglio più saperne delle Fa... –

– Non sono qui per chiederti di combattere. Sono qui per... lui. –

In un moto di coraggio permetto a Tooru di comparirmi accanto senza nascondersi dietro di me.

Ha le gambe che tremano, ma non ritrae lo sguardo.

Lui guarda l'Elfo.

– Quella è... Iwaizumi, ma che cazzo ci fai con una Fata? –

– Ha bisogno di aiuto. Abbiamo bisogno di aiuto. –

Spalanca gli occhi, guarda Tooru da testa a piedi.

Lui lo sa, come sono fatte le Fate.

Lui...

– Perché dovremmo offrire aiuto ad una Fata qualsiasi e a te, soprattutto? –

– Tooru non è una Fata qualsiasi. –

Deglutisco la saliva.

Prendo fiato.

Non so come mi sento.

So solo che...

– Tooru è la Regina delle Fate, Daichi. –

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

➥✱"seana-charaid" in gaelico significa "vecchio amico"

RAGA LO SAPEVATE CHI ERA SU IO LO SO CHE LO SAPEVATE NON FACCIAMO FINTA CHE NON LO SAPEVATE PERCHE' DAI SU

ok niente scusate l'orario infame mi sono svegliata alle cinque oggi lol

comunque

SPERO CHE VI SIA PIACIUTO SISISISISI

CI VEDIAMO PRESTO

BACI

mel :D

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