𝗼𝗴𝗹𝗮𝗰𝗵
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– Secondo te cosa stanno facendo? –
– Daichi e Iwaizumi? –
– Chi altri? –
Suga ha indosso una vestaglia che somiglia pericolosamente alla mia, la luce del mattino che lo raggiunge infilandosi attraverso il vetro spesso delle finestre pare abbracciarlo, scivolando dolce sui suoi colori chiari.
Mi rivolge gli occhi castani e sorride.
– Non ne ho idea. So solo che Daichi sta bene. Forse ha un po' di mal di testa. –
Sbatto le palpebre.
– Come fai a dirlo? –
Tira su la mano sinistra, un raggio di sole si schianta sulla pietra incastonata sul suo anello.
– Siamo interconnessi. Sai, il matrimonio elfico. –
– Riesci a sentire come sta? –
– Se m'impegno abbastanza e lui s'impegna abbastanza riesco persino a parlargli. –
– Anche se è così distante? –
– Dovunque sia. –
Si gira di nuovo di spalle, riprende il cucchiaio che aveva appoggiato sul piano della cucina, lo tuffa dentro un grosso barattolo di vetro pieno di quella che immagino possa essere miscela per il tè, ne prende una generosa porzione e la scarica dentro l'acqua bollente che ha versato un secondo fa dentro la teiera.
– Puoi chiedergli se Iwa-chan sta bene? –
– Se riesco a mettermi in contatto con lui, volentieri. Al momento credo non sia nelle condizioni. –
– Stanno camminando? –
– Suppongo. –
Incastro le dita fra loro, continuo a guardarlo distrattamente mescolare le foglioline secche nell'acqua, preparare la retina per filtrare il liquido, tirare fuori le tazze.
– Sono un sacco preoccupato. –
– Anche io, ma preoccuparsi non li farà stare più al sicuro, farà solo stare noi più sulle spine. –
– Lo so, ma non riesco a non pensarci. –
Respira piano, china il capo esponendo alla luce la nuca e il retro del collo per guardare meglio l'intruglio che sta preparando.
– Comunque sono due soldati addestrati, due soldati molto forti addestrati. Non sono due cretini allo sbando. Sicuramente sanno cosa stanno facendo, dobbiamo solo fidarci. –
– Ma non è che non mi fidi, è che ci sono un sacco di cose che potrebbero andare storte e... –
– Sono abituati agli imprevisti. Torneranno, Tooru. –
Incastro le braccia fra loro e ci appoggio sopra la fronte, esalo un sospiro di frustrazione, cedo.
– Hai ragione. Hai... hai ragione. –
– Io ho sempre ragione. –
Non rispondo, chiudo gli occhi e li tengo serrati per un attimo nel tentativo di riprendere controllo delle mie emozioni e rilassarmi.
Non posso farci niente.
Io non posso farci niente.
Non posso fare in modo che Iwa-chan sia al sicuro e non posso fare in modo che non si ferisca, non posso aiutarlo, non posso farci niente.
Devo lasciare che sia lui a...
Devo fidarmi.
Io devo...
Ma io mi fido, miseria se mi fido.
Di lui.
Della sorte?
Del fatto che il Yggdrasill abbia per me in programma un lieto fine invece che una sequela infinita di sofferenze?
Di quello un po' meno.
Di quello...
– So che te l'ho già detto e so anche che te l'avranno detto tutti ma continuo a pensarlo, è impensabile quanto sia cambiato quell'Uomo in questi anni. –
Apro gli occhi e alzo lo sguardo.
– Iwa-chan? –
– Già. –
– Sì, in effetti continuate a dirmelo tutti. –
– Lo so, giuro che però è impossibile non farlo. –
Ha versato il tè nelle tazze che ora fumano verso l'alto, le prende entrambe dal piattino su cui sono appoggiate e percorre qualche passo verso il tavolo.
– So che non dovrei dirtelo, ma in fede della nostra nuova amicizia lo farò lo stesso. L'ultima volta che l'ho visto aveva due spade in mano e stava tagliando la testa di netto ad uno con cui ero andato a scuola da piccolo. –
Alzo le sopracciglia.
– La testa? –
– Sì, proprio... zac. Così. –
Posa il tè sul tavolo, poi incrocia i polsi e li muove insieme verso l'esterno, mimando il gesto.
– Io sapevo che ci volesse un sacco di forza per tagliare una testa, sai. Immagina cosa mi sia passato per la mente quando ho visto il tuo bel fidanzato farlo come se fosse bere un bicchier d'acqua. –
– Dev'essere stato spaventoso. –
– Le mie chiappe fatate hanno smesso di tremare il giorno dopo, Tooru. –
Mi mordo l'interno della bocca per non ridere troppo forte. Suga, invece, ridacchia senza fingere di non volerlo fare.
Riprendo fiato dopo un attimo.
– E la prima volta? –
– La prima volta cosa? –
– Che l'hai visto. –
Alza le sopracciglia.
– Oh, menomale, credevo mi stessi chiedendo della prima volta che ho fatto sesso, non sono pronto a parlare di quello. Allora... –
– Sai che ora mi hai messo curiosità, vero? –
Sospira.
Poi agita la mano come a scacciare la questione, l'attimo dopo sta sistemando la vestaglia per potersi sedere di fronte a me.
Prende il tè, prima di ricominciare a parlare, lo porta al viso e soffia il vapore via dalla superficie bollente, ne inspira l'odore.
– Mi ricordo che quando nacque ci fu un bel casino nel villaggio. Era... la prima volta che la maggior parte di noi vedeva un mezzosangue. Fu uno shock. –
– Non fu accettato da tutti, vero? –
– Non fu accettato da nessuno. Persino io... ricordo di aver pensato di non volerci avere nulla a che fare. –
– Ma... perché? –
Sospira, prende un sorso. Lo imito, prendo la mia tazza e la porto anche io alle labbra.
Non commento per non interrompere il discorso, quando assaggio il tè, ma sorrido perché il sapore che mi si spande in bocca è davvero paradisiaco.
– Non eravamo una comunità aperta. Non ci piaceva chiunque non fosse come noi, eravamo... spaventate da ciò che che era diverso. Credo che in parte ci siamo meritate quel che è successo. Non la strage, ma la furia, beh, quella sì. L'abbiamo emarginato. –
– Eravate una banda di razzisti. –
– All'incirca. Ma considerando che ora il popolo delle Fate è ridotto a noi due e siamo entrambi in relazioni con persone di razze diverse, direi che quel problema si è risolto. –
Ridacchio, lo fa anche lui, bevo altro tè.
Sì, così va bene.
Parlare d'altro fa bene.
Mi aiuta a non pensare troppo al fatto che Iwa-chan è lontano e che potrebbe star facendo cose pericolosissime e che potrebbe...
No.
Niente morte.
Solo...
– Era bello anche quando era piccolo? –
– Era un bel bambino, sì. Se non avessimo saputo per certo ch'era mezzosangue nessuno se ne sarebbe reso conto. –
– Come mai? –
– Ha gli occhi verdi. –
Incastro le sopracciglia fra loro e scuoto la testa come a chiedere tacitamente spiegazioni.
– Era il colore tipico degli occhi delle Fate, un tempo. Quando vivevo là non li aveva verdi quasi più nessuno, però, nemmeno la Regina. –
– Solo lui? –
– E sua madre. Forse Yggdrasill voleva dirci che era una Fata come noi dandoglieli e non abbiamo colto il suggerimento. –
– Può darsi. –
Per qualche istante mi concentro solo sull'odore floreale che il tè sta spandendo nella stanza. Ascolto il silenzio con le narici piene di questo sentore dolce e familiare e...
– Faceva un po' paura anche allora. Era sempre zitto, non parlava con nessuno e nessuno parlava con lui, ma ogni volta che ti capitava di incontrare il suo sguardo era come se stesse progettando il tuo omicidio. Non ha mai dato nessun segnale, però è sempre stato... intenso. Credo ci odiasse anche allo... –
– Non vi odiava. Voleva solo che vedeste che era uno di voi. –
– Eh? –
Alzo piano le spalle e lascio uscire l'aria dai polmoni.
– Quando si è ubriacato alla locanda giù verso le Lande era tornato con la testa a quando aveva vent'anni, più o meno. Quando gli ho detto che in realtà era più grande, la prima cosa che mi ha chiesto è stata se voi vi foste rese conto del fatto che potevate essere orgogliose di lui. –
– Sul serio? –
– Sì. Voleva diventare Comandante dell'Esercito per tornare e dirvi che ce l'aveva fatta. –
– Oh. –
– Già, "oh". –
Suga schianta lo sguardo verso il legno del tavolo, piega la testa di lato, chiude gli occhi.
– Noi gli abbiamo dato l'odio e poi ci siamo sorprese se ci ha odiate, non è vero? –
– Non meritavate quello che ha fatto. Nessuno lo meriterebbe. Però sì, siete voi ad avergli dato la prima spinta verso tutto quello che è venuto dopo. –
Si sporge verso di me, la Fata Bianca, sbatte le ciglia chiare e poi sorride.
– Vederlo con te è la prova del fatto che se l'avessimo amato non sarebbe diventato lo Sterminatore di Fate. –
– Tu dici? –
– Mh-mh. –
Sorrido, le sue parole mi accarezzano e mi scaldano, qualcosa mi si sveglia dentro e frizza per un attimo.
È carino sentirlo.
È carino sentire che è d'accordo con me sul fatto che Iwa-chan sia vittima tanto quanto carnefice ma è anche carino che veda che quel che c'è fra noi è grande ed è importante e gli fa bene.
È...
– E vale lo stesso per Daichi. Anche lui ha fatto un po' di cosacce, però col mio amore incredibile l'ho guarito e ora è un patatone. –
Quando incontro il suo sguardo sta annuendo tutto convinto.
– Certo, all'inizio è stato un po' difficile ma superate le frizioni iniziali ci siamo persino sposati, quindi mi ritengo più che soddisfatto. –
– Frizioni iniziali? –
– Yui Michimiya, frizioni iniziali, chiamale come ti pare. –
– La ex di Daichi? –
Annuisce.
– Ha creato qualche problema, mettiamola così. Ma come puoi ben vedere, alla fine si è risolto tutto. –
– Che genere di problema? –
– Mmh, allora, vediamo... –
Si adagia con la schiena sulla sedia, accavalla le gambe e prende con sé la tazza di tè, guarda per un attimo nel vuoto come se stesse ripescando ricordo per ricordo tutta la tela delle memorie che gli servono.
– Sai come ci siamo conosciuti io e Daichi? –
– Ti ha salvato dallo Sterminio. –
– Sì, all'incirca. Diciamo che durante il nostro primo incontro si è reso conto che quel che stava facendo era completamente fuori di testa e ha deciso di salvarmi per mettere un cerotto sulla sua coscienza. –
– Ok, ho capito. –
– A quel punto poi mi ha portato via e mi ha portato qui. All'epoca non era ancora terra degli Gnomi, questa, lo è diventata dopo. Era la casa che Daichi aveva costruito per viverci con la sua famiglia, con Michimiya e i figli che progettavano di avere. Ci viveva con lei. Mi ha portato qui. –
– Oh, miseria. –
– Esatto, "oh, miseria". Quando siamo arrivati non ero incazzato, di più, questo stronzo mi aveva pur salvato ma fino al secondo prima stava sventrando i miei vicini di casa e i miei amici. E quindi volevo vendicarmi. E considerato che in quanto a Fata i miei poteri erano limitati... –
– Hai cercato di sedurlo e di rovinare la relazione con la sua promessa sposa? –
– Bingo. –
– Questo è un livello tutto nuovo di cattiveria. –
Suga mi guarda e quando comprende il tono e l'espressione con cui l'ho detto, reciproca il sorriso e affila lo sguardo.
– Lo è. Ed è stato bellissimo. –
– Sei riuscito subito? –
Alza le spalle, ride come se avessi chiesto qualcosa di impensabile.
– Subito? Con Daichi? Quell'uomo ha una forza di volontà, Tooru, che non riuscirei nemmeno a descriverti a parole. Non riuscivo nemmeno con la magia. Ci ho messo una vita. Solo che il problema con l'averci messo una vita è stato che nel tentativo di conoscerlo per manipolarlo, beh... ci sono cascato anche io. –
– Ti sei innamorato di lui. –
– Già. E quindi l'ho sedotto e invece di lasciarlo là come prevedeva il mio piano malefico me lo sono tenuto. E poi me lo sono sposato. –
Schianta gli occhi sui miei, alza un paio di volte le sopracciglia.
– E ci ho anche fatto un sacco di sesso. –
– Prima o dopo che la lasciasse? –
– Prima e dopo. Più dopo che prima ma per motivi di tempo. –
– Giusto, giusto. –
Alza la tazza come se stesse brindando, poi prende l'ultimo sorso, appoggia la ceramica sul tavolo e rimane là, seduto e basta, il viso rivolto verso l'alto a guardare il soffitto.
– Non rimpiango affatto di averlo sposato e anzi, è stata la cosa migliore della mia vita, ma ogni tanto mi manca la mia magia. Era bello... sentire che c'era, sai, percepirla. –
– Non ne hai proprio più? –
– Poca, quanto basta per canalizzare qualche incantesimo elfico di quelli semplici. –
– Io non l'ho mai avuta, quindi non so cosa si provi ad averla. –
Suga allunga una gamba verso di me, mi colpisce piano un polpaccio, schiocca la lingua un paio di volte.
– Non dire stronzate, non è che non l'hai mai avuta, è che non sei mai riuscito ad usarla. Tu di magia ne hai più di chiunque altro, Tooru. Se solo potessi usarla potresti fare tutto quello che ti pare. –
– Sì, ma non posso. Quindi non ne ho idea. –
– Nemmeno un briciolino? –
– Kenma ha detto che mio padre potrebbe sentirmi e trovarmi se la usassi, quindi no, nemmeno un briciolino. –
– Secondo me Kenma ha paura che tu poi diventi troppo bello e gli rubi il tipo. –
– Chi, il lupo? No, guarda. Mi piacciono gli animali ma non in quel senso. –
– Sicuro? Hai visto quant'è alto? Poi anche il sorriso storto ha il suo fascino. –
Faccio spallucce.
– Sì, però ha qualcosa di strano, non lo so, qualcosa di un po'... mostruoso. Con Iwa-chan che ha sterminato un popolo intero non ho quella sensazione. Non saprei come spiegartela. –
– Sì, sì, ho capito. Un po' quel mezzo "ora mi mangia" misto a "ora mi strappa la gola coi denti". –
– Ecco, quello, esatto. Non so come faccia lo Gnomo a non aver paura. –
– Oh, è perché lo Gnomo è masochista. –
– Dici? –
– Ovviamente lo è, dai. Cioè comunque scusami stiamo parlando di un metro e cinquantacinque di Gnomo contro due metri di Mutaforma. Non ti fai scopare da una cosa del genere se non sei un pochino masochista. –
Stringo lo sguardo, tiro l'aria dentro la bocca.
– Oh, ora che la metti così capisco cosa intendi. Sì, in effetti ha senso. Lo Gnomo è palesemente masochista. –
– E anche il Non Morto secondo me. Un po'. –
– Conosci Akaashi? –
– Va al Branco ogni volta che ci sono i Riti di Luna, qualche volta è capitato che bazzicassero da queste parti. –
Annuisco e lo guardo dondolarsi piano sulla sedia.
– Quello è un altro super bello. Anche il suo fidanzato, ma in modo diverso. Il Non Morto è uno a cui le Fate avrebbero detto che era bello. –
– È tipo il grado massimo di bellezza? –
– Esatto. –
Riprendo il tè per finirlo, nonostante sia un po' freddo il sapore rimane comunque buono, sempre floreale.
La voce di Suga mi raggiunge e circonda.
– Comunque ho una teoria su loro quattro. Supportata da una voce che ho sentito da uno Gnomo una volta. –
– Una teoria? –
– Quasi una certezza. –
Incastro una gamba sotto al sedere, mi appoggio in avanti verso il bordo del tavolo.
– Spara. –
– Ho sentito uno Gnomo dire ad un altro Gnomo che durante i Riti di qualche mese fa, alla fine dei tre giorni, sono usciti in quattro dalla stessa casa. –
La mia mascella si stacca dalla faccia e cade verso il basso.
Devo seriamente guardare il tavolo per cercare di capire se è solo una sensazione o se davvero ho l'arcata inferiore dei denti a un metro da quella superiore.
– Tutti e quattro dalla stessa casa? Nel senso che... –
– Che hanno fatto i Riti in quattro. Tipo... insieme. –
– Ma non sono super gelosi fra loro al punto che non sopportano la presenza reciproca e tutte queste cose qui? –
– Sì, ma i lupi vanno super d'accordo fra loro. Quindi credo che... –
– No, non posso crederci. –
Allunga una mano verso di me e abbassa le sopracciglia.
– Sei sicuro di non poterci credere? Guardami negli occhi e dimmi che non riesci a crederci e che la mia teoria è totalmente infondata. –
Alzo lo sguardo, schianto le pupille sulle sue.
– Non riesco a... cazzo, non posso dirlo. Sì, in effetti un po' ce li vedo. –
Suga schiocca la lingua.
– Infatti. –
– Però ce li vedo come vedrei noi. –
La Fata spalanca gli occhi.
– Vedi noi? –
– Noi quattro? Un po'. Non dico di volerlo fare, dico solo che... beh, se la guardi sotto un certo punto di vista non è poi così impensabile che... –
– Credevo di essere solo io a vederci. –
M'interrompo per ridere appena, appoggio la tazza e guardo il mio – nuovo di zecca – amico annuire e sorridere.
– Dovremmo solo convincere Daichi e Iwa-chan a... –
– Ma che convincerli, quelli l'hanno fatto per anni. –
– Che? –
Alzo le spalle.
– Ti ho detto che si è ubriacato, no? Ecco, alla fine del suo tentativo di rimorchiarmi mi ha chiesto se per caso invece di andare solo con lui volessi andare con lui e il suo amico assieme. Che è una cosa da fratelli, tipo. –
– Miseria, e io questa non la sapevo. –
– Neanche io, quando me l'ha detto ci sono rimasto. –
Si riassetta e sistema il viso che per un attimo ha espresso tutto il suo stupore, poi aggrotta la fronte e piega la testa.
– Quindi fammi capire, ci sono persone nel mondo che hanno fatto sesso con Daichi e Iwaizumi... contemporaneamente? –
– A quanto pare. –
– Per quale motivo sono ancora vive? –
Mi scappa una risata che lascio uscire e risuonare nell'aria.
– Nel senso, se non sono morte durante l'amplesso chi ha dato loro il diritto di continuare a vivere dopo aver vissuto l'esperienza più incredibile della loro vita quando io invece non l'ho vissuta? Scusami, ma se non lo faccio io non lo fa nessuno. –
– Ecco, su questo sono d'accordo. Già sono geloso di chiunque l'abbia toccato nella vita perché sono un insicuro pezzo di merda, ma figurati di quelli che l'hanno toccato insieme a Daichi. Cioè dev'essere un livello di gioia nella vita inimmaginabile. –
– Mmh. –
Suga socchiude gli occhi, si avvicina verso di me sul tavolo, percepisco che voglia che lo imiti e lo faccio.
Parla quasi sottovoce.
– Uccidiamoli tutti. Li troviamo e li uccidiamo tutti. –
– Sì, hai ragione. Facciamo il Grande Sterminio degli schifosi, li facciamo fuori tutti. –
– Però prima ci facciamo raccontare com'è. Per curiosità. –
– Sì, per il bene del sapere. Solo per quello. –
Annuisco, annuisce.
– Ora prima di progettare il nostro omicidio di massa potremmo andare a farci un bagno, che dici? Così spettegoliamo nell'acqua. E devo anche farti provare il mio sapone speciale. –
– Mi sembra un'ottima idea. –
– Cazzo, avere degli amici è fichissimo. –
– Non dirlo a me. –
Increspa le labbra come per mandarmi un bacino, poi si ritira su, si stiracchia col collo indietro prima di alzarsi.
Lo imito, dopo qualche istante, ma lo faccio meccanicamente, per inerzia, senza saper bene cosa stia facendo il mio corpo perché completamente disconnesso dalla mia testa che pensa tutt'altro.
Ho spettegolato con una persona.
È stato bellissimo.
E ha detto che siamo amici.
Anche quello è stato bellissimo.
E non vuole che io me ne vada.
Vuole fare il bagno con me.
Non mi odia.
Non mi detesta.
Non mi vuole solo per come sono fuori, non vuole usarmi, non vuole il mio corpo ma vuole che gli risponda e che gli parli e che pensi, vuole, vuole...
– Tooru, il bagno è di qua. –
Mi scuoto dal torpore.
Oh, avevo sbagliato strada, stavo andando verso la camera.
Mi giro di novanta gradi, vedo i capelli argentati di Suga attraverso la porta che sta reggendo aperta.
– Sì, scusami, arrivo. –
– Fai con calma. –
Entro.
Con l'ansia sì, ma con anche tante altre cose dentro al petto che paiono essere, per una volta nella vita, una più bella dell'altra.
Sono steso con la schiena immersa fra i fili morbidi d'erba, qualche ora dopo, coi capelli ancora umidi e la pelle coperta da sottile seta azzurra, il cuore in pace e l'aria che profuma di fiori nelle narici, quando un'altra ondata di parole mi s'inerpica nella testa e prega di sfondare le pareti della mia bocca per uscire.
Abbiamo parlato dentro l'acqua del bagno.
Abbiamo parlato mentre ci asciugavamo, mentre ci rimettevamo i vestiti, quando stavamo mangiando.
Parlo, parlo così tanto.
Parlo al punto che mi rendo conto che non sono per nulla abituato al suono della mia stessa voce, tanto che quasi la gola mi fa male, che mi pare di starmi spogliando di fronte agli occhi di Suga e di offrirgli me stesso in un modo che l'erotismo non mi ha mai concesso.
Sono sempre stato un estroverso, un chiacchierone, uno socievole. Però sono anche sempre stato circondato da muri, da persone di roccia, di mattoni, alle quali le mie parole non servivano e non interessavano, che rigettavano il mio parlare così tanto col loro essere statici, fermi e annoiati.
Ho iniziato a parlare volendolo fare e con la consapevolezza che avrei ricevuto attenzione ad Iwa-chan.
Ma lui non è tanto per le parole, è più per i fatti.
Suga invece... è come me.
Suga parla e ascolta e poi riparla e poi riascolta. Suga non ha bisogno che io mi trattenga e che smetta di parlare, perché gli piace che io parli, perché ascolta quello che dico.
È compatibile con me in un modo che non credevo fosse reale, che ho letto nei libri e mai visto di persona.
È strano.
Per me è strano, paradossalmente molto più strano di quel che provo quando sono con Hajime.
L'amore, la passione, il fomento e l'interesse romantico sono al mio cervello molto più comprensibili dell'amicizia disinteressata. Sono più facili dell'accettare il fatto che ci siano persone a cui tu piaci senza che ci sia niente di pratico coinvolto.
Avere un amico era qualcosa di cui avevo bisogno, mi rendo conto ora.
Era una voragine della quale non sapevo l'esistenza.
Era la sensazione di essere soli al mondo ma soli in un senso non romantico, puramente platonico, in un senso che ti fa sentire come se della tua specie al mondo ci sia solo tu, come se in un mondo che è un libro tu sia l'unica parola in una pagina vuota gettata in mezzo a fitte righe di sproloqui.
Ora, però...
Ho tante domande.
Tante parole.
Sono curioso di sapere, di capire, di comprendere chi sia e perché e di dire chi sono io e perché.
Voglio solo... parlare.
Posso solo parlare.
– Posso metterti la mia crema? Ti va? –
Apro gli occhi e sposto il capo per guardarlo.
Ha un barattolo di vetro fra le mani pieno di una sorta di burro rosato che spande fin qui un profumo dolciastro.
– Cos'è? –
– Burro di cacao, olio di mandorle e rosa canina. L'ho fatto io. –
– Oh, sì, ti prego. Non metto una crema da prima di scappare dal Palazzo, la mia pelle dev'essere secca come un deserto. –
– Perfetto! –
Sorride a trentadue denti, prima di tirarsi su sulle ginocchia e avvicinarsi a me.
Non sussulto quando si piazza a cavalcioni sul mio torace e si avvicina alla mia faccia, lo lascio fare, sento anzi il mio corpo quasi rilassarsi.
Mi studia il viso da vicino.
– Secca un cazzo, è perfetta. Io la crema te la metto lo stesso, ma non ne avresti bisogno, sappilo. –
– Ma se la sento che mi tira. –
– Perché sei scemo. –
– Suga! –
Ridacchia, poi infila la mano dentro il barattolo e prende un po' del suo intruglio da spalmarmi sulla faccia.
– Scusa, ma qualche volta qualcuno deve dirtelo. –
– Mi basta già Hajime, guarda. –
– Ti dice che sei scemo? –
– Sì, ma me lo dice con la faccia da pesce lesso perché in realtà sta pensando cose super dolci che si vergogna di dire. Oppure perché faccio lo scemo ma quello è molto più raro perché io non faccio mai lo scemo. –
Sento le sue dita entrare a contatto con la superficie della mia pelle, la crema sciogliersi sotto il calore delle mani, il profumo farsi più forte e più insistente.
– Adorabile. –
– Già. –
Indugia sulla punta degli zigomi, ci passa sopra i pollici, lo sento respirare piano.
– Hai gli zigomi alti, miseria. Proprio da Regina. –
– Anche tu hai gli zigomi alti. –
– Non come te. I tuoi sono proprio... ah, che belli. Gli zigomi alti sono una delle mie cose preferite nelle persone. –
– Il figlio di Iwa-chan ha gli zigomi alti. Più belli dei miei, pure. –
– Quello che ha adottato? –
– Sì, il Mutaforma. Quel bastardo ha una delle facce più belle che io abbia mai visto. Infatti quando tutto questo sarà finito, che so, quando sarò in pace, voglio lanciarlo addosso a mio fratello. La mia testa ha deciso che sarebbero una coppia perfetta. –
– Hai un fratello? –
– E una sorella. Sono i figli biologici dei miei genitori. –
Suga serra le labbra e mugugna un verso d'assenso.
Poi passa a massaggiare la crema sulla mia fronte.
D'istinto chiudo gli occhi.
– Io avrei sempre voluto avere un fratello, prima dello Sterminio. Poi, dopo quello, ho ringraziato il cielo di non avere nessuno, il dolore sarebbe stato insopportabile. –
– Non avevi nessuno? –
– I miei genitori sono morti che ero piccolo, mi ha cresciuto il villaggio. –
– Oh, mi dispiace. –
Approda al collo, la pressione dei suoi polpastrelli è davvero piacevole.
– Non so se sia meglio non averli mai avuti o averne di merdosi come i tuoi. Probabilmente nessuna delle due. –
– Io avrei voluto avere una mamma come quella di Iwa-chan. –
– Quello sarebbe piaciuto anche a me. Quella donna era una delle persone più forti che io abbia mai conosciuto. –
– Era una brava persona? –
Non lo vedo, perché ho gli occhi chiusi, ma dallo spostarsi della luce dietro alle mie palpebre, intendo che stia facendo di sì con la testa.
– Era l'unica erede di una famiglia molto antica. L'hanno minacciata di cacciarla quando Iwaizumi è nato se non avesse dato via il bambino ma lei li ha preceduti, ha preso le sue cose e se n'è andata senza guardarsi indietro. Gli voleva un bene dell'anima. –
– Se mi dici così mi fai piangere. –
– Viene da piangere anche a me, a pensarci. Mi è tanto spiaciuto per lei, non è che fossimo amici ma mi è sempre piaciuta. –
Raggiunge le mie spalle, sento il suo respiro battermi sul viso.
– Era tipo una principessa? –
– Principessa non lo so, ma ecco, diciamo nobile. Sai prima che ti dicevo degli occhi verdi? Nel tempo tutte le Fate hanno smesso di averli tranne la sua famiglia. Erano quel genere di purosangue. –
– E ci somigliava a lui? –
– A Iwaizumi? –
– Sì. –
– Identici. –
Sento le mie labbra tirarsi su in un mezzo sorriso.
– Davvero? –
– Sì, identici. Stesso colore di capelli, stessi occhi, stesso viso. L'unica cosa è il colore della pelle, Iwa-chan ha preso la carnagione dal padre, credo, perché lei aveva la pelle chiarissima. –
Mi sarebbe piaciuto vederli assieme.
Mi sarebbe piaciuto conoscerla.
Chissà se le sarei andato a genio.
Le dita di Suga affondano sulla mia pelle, il fiato mi esce dai polmoni, per un attimo indugio nell'immagine surreale quanto piacevole di essere in una situazione normale, con persone normali, essendo io stesso normale, e di poter avere il lusso di provare l'ansia dell'incontrare la madre della persona che amo.
Chissà come mi sarei comportato in una situazione del genere.
Sarebbe stata una comica doverle spiegare com'è che io e Iwa-chan ci passiamo quarant'anni, vero?
Beh, è pur vero che siamo creature magiche, però...
– Suga, posso chiederti una cosa? Pura curiosità. –
– Dimmi. –
– Quanti anni ha Daichi? Non anagrafici, ma quando ha smesso di invecchiare. Si vede che è un po' più grande di Iwa-chan esteticamente, ma... –
– Trentotto. –
– Trentotto?! –
Ridacchia, annuisce.
– Lo so, sembra meno, vero? Però quando ci siamo sposati ne aveva trentotto. –
– Wow, altro che me, quello è uno con la pelle perfetta. Sono quasi invidioso. –
– Assolutamente. –
– E dopo quanto esservi conosciuti vi siete sposati? –
Le sue mani lasciano il mio viso, quasi quasi mi vien da protestare perché erano piacevoli, morbide, e quasi quasi le rivoglio.
– Otto mesi. –
– Così poco? Un matrimonio elfico dopo così poco? –
– Dimmi che tu non sposeresti Iwaizumi anche se lo conosci da poco, avanti. –
Apro gli occhi, il suo sguardo mi trafigge sul prato.
– Ok, lo ammetto. –
– Bene. –
Mi sorride, mi dà un paio di colpetti sulle guance, mi squadra il viso come se stesse cercando qualcosa.
Non so se voglia parlare, so solo che lo precedo.
– E posso anche chiederti un'altra cosa? –
– Chiedimi quel che vuoi senza farmi sempre questa domanda. –
– Ok, ok, allora... –
Si sgancia dalla mia vita e torna sul prato, si stende al mio fianco, le nostre spalle si toccano.
– Mi ha detto Kenma che il matrimonio elfico è una magia super complicata che possono fare solo poche creature. Come avete fatto voi? L'hai fatto tu? –
– Io? Oh, Yggdrasill, no, io no di certo. L'ha fatta uno che abbiamo conosciuto alla bisca clandestina degli Gnomi. –
– Alla che? –
Suga scoppia a ridere al modo in cui glielo chiedo, forse per l'allarmismo nella mia voce, forse per lo stupore, forse solo perché gli va.
Lo ascolto ridere, il rumore è piacevole, è rotondo.
– La bisca clandestina degli Gnomi. È una sorta di locanda nascosta in cui si può entrare solo se conosci il proprietario. Diciamo che è il ritrovo di tutti i criminali della zona, all'incirca. E devi anche avere le erbe magiche per diminuire di dimensione. –
– Ed è qui? –
– Sì, a due passi. Ci sono tanti ingressi per il cunicolo, uno è quegli alberi là dietro. –
– Oh, wow. –
– Io e Daichi siamo andati spesso, il proprietario è uno della ribellione alla Corona dei tempi dello Sterminio, quando ha saputo che Daichi aveva tradito Iwaizumi ci ha dato il permesso di andare. –
– E avete giocato d'azzardo? –
– Sì, qualche volta. È divertente. Le persone che ci sono dentro te l'ho detto, sono i criminali della zona, ma se conti che criminali siamo anche io e te capisci che non è brutta gente, solo persone che vogliono nascondersi. E tra loro ce n'è uno che ci ha fatto il matrimonio elfico. –
– Ci sono creature così potenti là dentro? –
Sento Suga avvicinarsi un po' a me, appoggiare la testa proprio accanto alla mia.
– Qualcuna. Quella che ci ha sposati è un po' un mistero per tutti, credo che l'unico che ne sappia qualcosa sia la Strega delle Terre del Nord, dopotutto sono della stessa razza. –
– Era una Strega? –
– Ah-ah. Tutto quello che so è che era una Strega che praticava la Magia Nera. Non ho mai saputo altro. –
– La Magia Nera? –
– Beh, dopotutto per essere là qualcosa di cattivo doveva pur averlo fatto, no? –
– Immagino di sì. –
La mano di Suga si avvicina alla mia, si avvolge sul mio polso delicatamente, lo tira su per farci vedere la nostra pelle a contatto.
– Certo che fai un sacco di domande, tu, eh? –
– È che non so praticamente niente ed è la prima volta che incontro qualcuno che mi risponde a tutto. E poi abbiamo un sacco di tempo da passare qui e... –
– Non giustificarti, ti prendevo in giro. Anche a me mancava parlare con qualcuno che non fosse Daichi. –
– Oh. –
Gira il mento dalla mia parte, lo imito, ci ritroviamo ad un centimetri di distanza a guardarci negli occhi, entrambi un po' più sereni di quanto non fossimo prima di conoscerci, entrambi un po' più completi.
– Anzi, sai che c'è? Se vuoi te la faccio vedere, la Strega della Magia Nera. Ti va? –
– In che senso? –
– Daichi e Iwaizumi ci hanno detto di non uscire dal Bosco degli Gnomi e di non andare in posti con tanti sconosciuti. La bisca è dentro il Bosco e tutte le persone che ci sono dentro sono, come noi, persone che non vogliono essere trovate. Ora che mi ci hai fatto pensare direi che è un ottimo modo per passare il tempo prima che quei due ritornino, no? –
L'idea mi si assesta nella mente.
Lo è.
Però...
– E sei sicuro che non sia pericoloso? –
– Sicurissimo. –
– E che non rischiamo che mi rapiscano. –
– Giuro. –
Se lo dicessi ad Iwa-chan, lui direbbe che...
Però Suga è mio amico.
Lo so che è mio amico da due giorni, però è mio amico.
E con gli amici si fanno cose divertenti e cose folli, tipo...
Iwa-chan tirava le pietre ai nobili, si lanciava dai balconi, picchiava gli ambasciatori.
Dopotutto non è così fuori di testa se per una volta vado in una bisca clandestina.
Dopotutto...
– Quando vorresti andare? –
Il sorriso sul volto di Suga diventa accecante.
È chiaro come il suo volto, argenteo, quasi luccica.
– Domani sera. –
– Allora possiamo andarci. Però se poi succede qualcosa a Iwa-chan glielo dici tu. –
– Ci penso io al suo culo iperprotettivo, non preoccuparti. –
Mi scappa da ridere.
Lo faccio.
Questa cosa non ha nessun senso.
È completamente idiota.
È per questo, che non vedo l'ora di farla.
– Allora mi fido. –
È un mese che scappo.
Giorni che vengo rimbalzato da una parte all'altra col messaggio che sono un nodo di problemi, un sacco di questioni che apro e complico soltanto essendoci nel mondo.
Io però ho diciannove anni.
Io però non ho mai avuto un amico.
Io però mi voglio divertire.
Se è solo una volta...
Se è...
Non prego da anni.
Ma ora è la prima cosa che mi viene da fare.
La faccio senza farmi fermare dalle mie remore.
Prego Yggdrasill per un istante intenso.
Prego che tenga Iwa-chan al sicuro.
Prego che Suga sia mio amico per davvero.
Prego che per un paio di giorni soltanto, non più, mi conceda di vivere una vita che sia vita e non sopravvivenza ai limiti della disperazione.
─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───
➥✱"òglach" in gaelico significa "ragazzo, giovane"
ok allora
sono TRE MESI che qui non mi faccio sentire e spero che ci sia ancora qualcuno a leggere i miei sproloqui qui sotto perché niente sono imbarazzante lo sono mi dispiace tanto
so che le pubblicazioni stanno andando un po' così così e spero che non siate annoiat* nel frattempo di leggermi D:
in ogni caso coi miei tempi biblici IM BAC sono viva mi sono sorbita la sessione e un mese di casini e ce l'ho fatta e per *l* poch* di voi che ancora keep up with my mess SPERO CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTO
ik its solo dialogo però i felt che fosse la cosa giusta da fare sisi e spero che anche se è un po' strambo non vi sia sembrato troppo strambo ecco ahah
niente
io spero di riuscire a ritrovare una regolarità nella vita di qualche tipo perché sto impazzendo ma nel frattempo ci tengo a ringraziarvi di essere ancora qui e vi mando un super bacio, non rispondo spesso perché non apro l'app ma vi leggo sempre dalle mail la sera prima di andare a dormire e tutti i messaggi che mi avete lasciato nei capitoli di new americana e soap e in privato i really appreciate those so tysm for bein here
spero di rivedervi presto
un bacio
mel <3
(non so per quale motivo suoni così tanto come un addio NO RAGA NON è UN ADDIO è UN A FRA POCO PERò OK è USCITO COSì CE LO TENIAMO)
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