𝗺𝗮𝗱𝗮𝗶𝗻𝗻 𝗺𝗵𝗮𝘁𝗵

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Percorriamo un passo alla volta sul selciato del sentiero verso la casetta di mattoni che si staglia sul fondo.

Camminerei dritto, davvero, lo farei.

Ma Iwa-chan mi barcolla addosso con tale energia che lo trovo davvero difficile.

– Viviamo qui, Fata? –

– No, stiamo da un'altra parte. –

– Dove? –

– È complicato da spiegare. –

Mi spiaccica metà del viso contro la spalla, mi sorride, rido piano mentre gli arruffo i capelli con una mano.

Non saprei come spiegarti che viviamo sul cimitero del tuo popolo che tu hai ammazzato, quindi preferisco sinceramente non farlo, e far finta di nulla.

– Perché abbiamo una casa qui, allora? –

– Non ce l'abbiamo, è una locanda. –

– Quindi ci sono altri ospiti? –

– Non credo, no. –

Piega la faccia in un sorriso allusivo, che forse è convinto essere sottile ma in realtà è palese, chiaro nelle intenzioni. È vero che preferisco l'Hajime normale, ma anche questo è piuttosto divertente.

– Allora siamo tutti soli per la notte? –

Ridacchio.

– Parrebbe. –

– Mmh, interessante. –

Mi si appoggia addosso con più peso.

– Andiamo, allora. –

– È quello che sto cercando di fare. –

Stringo forte la sua mano e continuo a camminare cercando di non farmi distrarre troppo dal modo in cui barcolla da una parte all'altra.

Vorrei veramente parlargli di quel che mi hanno detto Kenma e Akaashi, è vero, ma... sono successe diverse cose negli ultimi cinque giorni, è stato tutto uno "scappiamo", "corriamo", "andiamo" senza sosta, è vero che avevo bisogno di staccare.

Mi dà fastidio che mi chiami "Fata", io non sono una Fata, ma in ogni caso, è più divertente del previsto e mi sembra di potermi godere per un istante la vita.

Credevo che chiudere gli occhi lo avrebbe fatto rinsavire.

In realtà... no.

Ho passato cinque o sei minuti con il suo viso sul petto, seduto sopra di lui, ad accarezzargli i capelli.

C'erano Kuroo e Kenma a meno di due metri da noi, Bokuto e Akaashi poco distanti.

Non credevo che questa cosa dei Riti fosse così seria, ma a quanto pare lo è, miseria, lo è davvero.

Kenma era seduto sulle ginocchia di Kuroo non come me ed Hajime, non petto contro petto, ma al contrario, col collo tirato perché il suo compagno potesse affondarci il naso in mezzo e non hanno fatto molto altro nel tempo che ho passato là.

Ma lo sguardo era davvero qualcosa di disumano.

Il modo in cui Kuroo mi ha guardato quando ho osato anche solo allungare una mano verso di loro per sbaglio, per sistemarmi meglio, era...

Terrificante.

Quasi quanto Hajime quando ha ucciso quell'uomo dei cervi.

Giallo oro e violenza da animale che difende il territorio.

Ringhiava.

Sono rimasti là quando ce ne siamo andati.

E ce ne siamo andati perché Iwa-chan ubriaco ha preteso di girarsi e parlagli, l'ha chiamato "Fido" due volte e ho seriamente temuto per la nostra incolumità.

Akaashi e Bokuto li ricordo meno.

So che c'era qualcosa di ancora più minaccioso in loro ma che in un qualche modo risultava più controllato.

Akaashi mi ha detto che Bokuto ha qualche problema con la sua parte da lupo, ieri, nel bagno, sono giunto alla conclusione che la gestiscano in un modo non proprio convenzionale, non mi sono fatto altre domande.

– Mi dai la mano? –

Hajime si tira un po' su da me, si allontana, mi guarda con gli occhi da cucciolo.

Vederlo così mi diverte.

Un po' mi spezza il cuore.

Era sempre aggressivo, è vero, ma sorrideva molto di più, a vent'anni.

Il dolore ti cambia davvero, no?

– Come vuoi, Iwa-chan. –

Mi rivolge un'espressione adorabile, adorabile davvero, poi allunga il braccio verso il mio. Apre le dita per bene fra loro ma all'ultimo evita le mie, passa dietro con la mano, me la schiaffa aperta sul culo.

– Iwa-chan? –

Non risponde.

Stringe un po'.

Cerco di non scoppiare a ridere.

– Iwa-chan, quella non è la mia mano. –

– Ah no? –

Non so nemmeno...

Non so nemmeno da dove iniziare.

Credo, dopo la battuta delle mutande, di averci perso le speranze, però cazzo, è una sorpresa ogni secondo con questa sua versione un po' più... allegra.

– È la tua sesta regola di rimorchio? Chiedere la mano e toccare il culo? –

Scuote la testa.

– No, sto improvvisando. –

– Oh, wow, sei un grande improvvisatore. –

Stringe un'altra volta, poi mi guarda come a chiedermi "scusa" e quest'espressione, tutte quelle che ha fatto nelle ultime due ore, è carina, adorabile, dolce. Non credevo l'avrei mai vista sul volto di un soldato come lui ma a quanto pare c'è stato un periodo della sua vita in cui anche lui, di tanto in tanto, era meno rigido di quel che è.

– Ti dà fastidio? –

– No, Hajime, non mi dà fastidio. –

– Ah, menomale! –

Ricomincio a camminare con la sua mano sul culo perché ormai anche farmi domande è complesso.

La locanda è vuota, lo so per certo. I lupi non accettano visitatori in questo periodo dell'anno, gli estranei non sono bene accetti, e credo di aver capito che Akaashi e Bokuto hanno una casa loro, da queste parti.

Mi hanno detto di rimanere dentro, domani.

Le pareti sono infuse di magia, a quanto pare trattengono tutto al loro interno. Il rumore, l'odore, qualsiasi cosa. Se uscissi si sentirebbe il mio profumo e Kuroo non può starmi attaccato, domani, per impedire che qualcuno dei suoi impazzisca, credo abbia altro da fare.

Non che mi turbi, la questione.

Domani Hajime starà meglio.

Potremo passare un'intera giornata solo io e lui, potremo parlare e stare assieme e questa cosa delle ventiquattr'ore di reclusione non è una minaccia, è una benedizione, non vedevo l'ora di farlo.

Vorrei che fosse sobrio per raccontargli della teoria di Kenma e Akaashi.

Vorrei che fosse sobrio per farmi dire da lui quanto sia ridicola, quanto sia impensabile.

Che anche mi tornasse c'è qualcosa che non quadra in ogni caso, ma non mi torna, io so che non torna, io non sono mai stato niente, credere di punto in bianco che io possa essere una Regina è sbagliato, è stupido, è immotivato.

Sarebbe bello?

Non lo so, se sarebbe bello.

Sarebbe pericoloso.

Ma forse, sotto sotto, mi piacerebbe sapere che qualcosa valgo anch'io.

Rallento quando la locanda si fa più vicina, tiro via la mano di Hajime dal mio culo e lo prendo sottobraccio, si lagna ma non protesta, me lo trascino dietro.

– Siamo arrivati? –

– Sì. –

Apro la porta, è buio, è tutto buio. Faccio entrare prima Hajime, lo lascio andare per poter richiudere la locanda alle mie spalle, non faccio in tempo a girarmi che sento il tonfo del suo corpo sul pavimento.

– Iwa-chan? –

– Scusa, è che non si vede un cazzo. –

– Ti sei fatto male? –

– Naah, era studiato. –

Trovo la chiave infilata nella serratura, la giro due volte, rido piano.

– Studiato? –

– Se cadi per terra poi non puoi più cadere. Ormai sono caduto, rimango caduto qui. –

– Iwa-chan, sei un cretino. –

– Non è vero, sono uno stratega. –

Procedo tentoni sulla parete, trovo una finestra chiusa e la apro, la luce della Luna filtra piano attraverso il vetro. Non è che sia illuminato, ora, però distinguo ciò che mi circonda, riesco almeno a capire dove siamo.

Ci sono due porte sul corridoio e una fila di scale.

No, le scale non possiamo affrontarle.

Decisamente no.

– Iwa-chan, ce la fai ad alzarti? –

– Posso strisciare? –

Rido appena.

– Non credo riuscirò più a guardarti in faccia se ti vedo strisciare. –

– Merda, sarebbe un problema. –

Spiaccica una mano sul muro, poi l'altra. Sembra fare parecchia fatica a rimettersi in piedi ma ce la fa, in un modo o nell'altro, ce la fa.

È senza maglietta da quando l'ha tolta prima.

La Luna gli disegna meglio il corpo, le linee sono morbide ma nitide, la luce è chiara, sembra dipinto con la china su una delle pergamene nell'archivio di Palazzo.

Mi guarda, sorride.

– Non ci posso credere che io e te stiamo insieme per davvero. – mormora.

– Che c'è, sono insopportabile? –

Scuote la testa, forte che perde l'equilibrio, ma si regge al muro un'altra volta.

– No, sei così... perfetto. Io... sai, ho l'impressione di non essere una bella persona. Mi sento proprio una persona di merda, invece, credo che il me sessantenne lo sia. Come hai fatto ad innamorarti di me? –

Mi avvicino a lui, tendo una mano verso il suo viso.

– Non sei una persona di merda, Hajime. Sei una persona che ha sofferto. –

– Non sono sicuro che sia la verità. –

Mi studia in un modo così dolce, così pacato.

Sembra meravigliato da tutto quello che compone il mio viso.

Mi fa sentire...

– Mi sono innamorato di te perché sei la prima persona e l'unica che mi ha sempre trattato come se io fossi qualcuno per come sono, Hajime. Io non so che origini ho, chi siano i miei genitori, non so nemmeno la mia razza di nascita, a dirla tutta. Ma quando mi guardi tu mi sento Tooru, mi sento qualcuno, e non mi era mai capitato. –

Alza gli angoli della bocca.

Lo fa con dolcezza ma con misura, come il mio Hajime, il mio ex soldato che vive fra i boschi.

– Finché tu sei tu, non importa di cosa tu sia, Tooru. –

– È vero solo quando lo dici tu. –

Mi sporgo e le nostre labbra si mescolano insieme, dolcemente, con calma.

Quando mi stacco mi sento meglio.

Molto meglio.

No, non mi serve essere una Regina per contare qualcosa, per valere qualcosa. Mi servi tu, mi basti tu, fai tutto il lavoro tu. Non credo di farmene molto, del resto.

Mi allontano per aprire la porta alle nostre spalle, grazie a Yggdrasill vedo un letto, è una camera da letto, e posso metterlo a dormire senza dover necessariamente affrontare l'enorme, incommensurabile problema di dover far fare le scale a Iwa-chan ubriaco.

– Ce la fai a entrare nella stanza? –

– Certo, per chi mi hai pree... cazzo! –

Tendo una mano al volo e si aggrappa, ma per poco non finiamo per terra tutti e due.

Ma quest'Uomo non ce l'ha, l'equilibrio?

Diventa molesto e barcollante, da ubriaco?

Lo spingo verso lo stipite.

Lo supera con un paio di passi, ne fa un altro e un alto ancora, perde di nuovo l'equilibrio ma per fortuna, questa volta, atterra sul materasso.

Missione compiuta.

Sospiro di fatica.

– Sei simpatico ma sei un tale peso, da ubriaco. –

– Eh? –

Gli prendo le gambe che spuntano fuori dal materasso, le tiro su, tolgo gli stivali e le butto sul letto.

– Credo che apprezzerò di più tutte le cose che fai per me di solito. – borbotto.

– Davvero? –

Faccio spallucce.

– Già che cammini da solo è più utile di quanto credessi. –

– Se lo dici tu. –

Cammino verso la finestra, apro di nuovo le tapparelle di legno perché un po' di luce entri nella stanza, lo guardo steso e mi sento fiero del mio duro lavoro.

Sono riuscito a metterlo a letto.

Ho fatto decisamente un ottimo lavoro.

– Ti direi di lavarti ma non credo tu sia nelle condizioni. –

– Guarda che... –

– No! –

Lo urlo, quasi, ma a mia discolpa... ha tirato un piede fuori dal letto. E no, davvero, no, non posso affrontare un'altra volta tutta l'immensa fatica di rimetterlo dov'è, non scherzo.

– Oddio, scusa. Se vuoi che rimanga a letto sto a letto. Vieni a letto con me? –

Apro la bocca per rispondere ma mi ritrovo a guardarlo male prima di riuscire a dire qualsiasi cosa.

– Stai usando un doppio senso? –

– Tu che dici? –

Rido, lascio cadere la questione.

– Viste le tue condizioni non credo riusciresti a fare niente in ogni caso. –

– Mi stai sfidando? –

– Sto solo constatando i fatti. –

Tira su la testa per guardarmi, io appoggio un ginocchio sul letto, schiocco le dita nell'aria.

Non dormo senza pigiama, ok?

Non lo faccio.

Non si può.

È illegale.

– Ti sei cambiato per sedurmi? –

Mi spingo più su, vicino a lui, atterro steso al suo fianco.

– E secondo te ti sedurrei col mio pigiama? –

– Beh, sei in mutande. –

– Sono pantaloncini. –

– Mutande. –

Lo prendo da una spalla, lo spingo a girarsi di fianco, lo fa.

– Potresti sedurmi anche con un mantello addosso, con quella tua faccia, Fata. –

– La prossima volta ci proverò. –

Mi bacia lui, ma non lo lascio prendere le redini della situazione, rispondo e lo costringo a staccarsi, mi spingo in alto verso i cuscini.

– Non fare il furbo. –

– Ma ti stai perdendo il sesso migliore della tua vita! –

Infilo le dita fra i suoi capelli, passo una gamba oltre la sua vita, lo stringo forte.

– Mettimi la mano sulla coscia e fattelo bastare. –

– Posso? –

– Sì, cretino. –

Mi fa ridere la solennità con cui si muove per farlo. Come se stesse per toccare il cielo, come se una qualche divinità gli avesse permesso la maggiore delle grazie.

Si sposta piano, senza la sfacciataggine giovanile di prima, quasi intimidito.

– Iwa-chan, hai paura? –

– Non ho paura! –

Lo esclama con tale energia che quasi ho l'istinto di saltare indietro, ma non lo faccio, no, rimango a guardare la sua mano a pochi centimetri dalla mia gamba.

– È che... che... non lo so, m'intimorisce. –

– La mia coscia? –

– È magica! –

Prendo la mia mano con la sua, lo forzo ad appoggiarmela addosso.

Mi ricorda quando stavamo combattendo con le spade di fronte alla casa nel Bosco Proibito, a quando ho fatto questa stessa cosa con lui.

Ma ora non c'è tensione sessuale da affettare con un coltello, c'è solo sonno e stupidità e tanta, tanta birra.

– Non ti è successo niente, vedi? –

– Mmh, ho ancora qualche dubbio. –

Sposta i polpastrelli su e giù, si assesta a metà, il suo braccio si rilassa, muove le dita come se mi stesse coccolando.

– Hai la pelle davvero liscia, per essere un maschio. –

– I maschi non hanno la pelle liscia? –

Mugugna un verso di dissenso, poi avvicina il viso al mio petto.

– Sembra la pelle di una donna. In effetti c'è qualcosa di te che mi ricorda una donna. –

– È un male? –

Ridacchia.

– No, no, ma che dici. –

– Ok, sarà meglio. –

– È che... non lo so, Fata, c'è qualcosa di super femminile in te. –

Mi fa... innervosire, che lo dica.

L'ha sempre pensato?

Non lo pensa, di norma?

Com'è possibile che dica tutte le cose che hanno detto di me Kenma e Akaashi, ora? Che sotto sotto lo pensasse anche prima? Che sia stato disonesto con me?

Domani gliene parlerò.

Davvero.

– Però a me piacciono sia le femmine che i maschi quindi non è un problema, davvero. –

– Oh, grazie, ora sto molto meglio. –

– Di nulla. –

Si sistema ancora, lo faccio con lui.

Mi mancava dormire assieme.

Sono un paio di giorni che non lo facciamo, ma mi mancava lo stesso.

Solo io e Iwa-chan, solo noi due.

Nient'altro.

– Sono così comodo che potrei morire. –

– Muori quando sei comodo? –

– Ah, non ne ho idea, forse sì. –

Rido piano alle sue parole, mi sporgo verso il basso, verso il suo viso.

– Se domani mattina non sei di nuovo il musone iperprotettivo che amo, credo che ti ucciderò. Sei divertente ma sei un tale bambinone, Iwa-chan. –

– Hey, non è vero. Sono solo... giovane. –

– Ho l'età che pensi di avere, Hajime, non usarla come scusa. –

– Allora è perché sono mezzo Umano, sì, è per quello. –

– Come vuoi. –

Appoggio le labbra sulla sua fronte.

Quando mi stacco, lo sento irrigidirsi.

– Mi hai baciato sulla fronte, Fata, o sono talmente sbronzo che non mi sento più la faccia? –

– No, no, l'ho fatto. –

– Porca troia, questa non me l'aspettavo. –

Mi stendo sul cuscino, chiudo gli occhi.

– Come mai? –

– È il massimo gesto d'affetto. Vuol dire che... –

– Che ti voglio bene, che tengo a te, che spero che tutto quello che farò ti farà stare meglio. –

– Esatto. –

Lo stringo forte.

– È quello che provo per te, Hajime. –

– Non credevo che sarei mai stato così fortunato. –

Percorro il lato del suo viso con una mano, infilo le dita fra i capelli corti.

– Tu non sei stato fortunato, nella vita, Hajime, credimi. –

Si zittisce.

Il suo corpo si rilassa.

– Beh, ho te, no? –

– Sì, questo sì. –

– E allora 'fanculo al resto. –

La stanchezza mi arriva addosso tutta d'un colpo.

Mi sto...

– Non c'è fortuna più grande. –

Mi sto addormentando.

Io...

– Grazie di esserti preso cura di me, Tooru. –

Il mio respiro rallenta.

Il suo allo stesso modo.

– Di niente, Hajime. –

Il sonno ha il sopravvento.

E come m'ero svegliato due giorni fa in un letto con lui, con la stessa calma nel cuore, con la stessa tranquillità mi addormento, ora, sfinito, stanco, ma decisamente più felice di prima.

Quando mi risveglio, non è sulla schiena di un lupo, seduto in mezzo alle foglie in un bosco.

Non è sul letto di una locanda dove ho rischiato di morire.

Non mi risveglio col panico, con la paura e l'ansia di essere dove non dovrei, non spaventato dagli eventi né intimorito da quel che verrà, no.

Quando mi risveglio, oggi, è col suono delle labbra di Hajime sulla mia tempia, con le sue mani sui fianchi e le dita che scorrono sulla schiena, con la dolcezza, la calma e la consapevolezza che ora, sono davvero al sicuro.

Si muove dal lato del mio viso alla fronte, agli zigomi, la mascella.

Dolce.

Rilassato.

Quotidiano.

Sposta le mani sotto la camicia del pigiama, apre le dita sulle scapole, infila il naso nell'incavo del mio collo e inspira, mi bacia sotto l'orecchio, sulla clavicola, sopra la gola.

Era un po' che non rimanevamo completamente da soli, vero?

Era un po'.

Mi sei mancato.

Sembra dirlo anche lui, nel modo in cui mi tocca.

Mi sei mancato, solo tu, solo e sempre tu, tu, tu e basta.

Strizzo gli occhi fra di loro per adattarli, prima di aprirli, alla luce che filtra dalla finestra.

– Sei sveglio, Elfo? –

Mugugno senza rispondere.

Non sono sicuro che la mia voce uscirebbe come voglio, quindi non articolo nessuna parola.

– Ricordo di essermi addormentato con Bokuto e Kuroo, non so bene cosa stia succedendo. Per quel che vale, se è un sogno, è un bel sogno. –

Rido appena quando mordicchia il lato del mio collo, mi fa il solletico, piego la testa per cercare di cacciarlo via.

– Svegliarmi con te è decisamente la parte migliore della giornata. –

Un'altra volta, non rispondo, ma lascio scivolare via dalla mia gola un verso che gli faccia capire che lo sento, anche se non dico niente.

Lo sento sorridermi addosso, poi si sposta sul materasso.

Quando dormiamo, ed è successo anche prima che ci dicessimo a vicenda che no, la nostra non era di certo un'amicizia, sono io che stringo lui.

L'ho trovato adorabile dalla prima volta.

Sembra che mi dica, che mi urli, quando ci addormentiamo, che vuole essere protetto.

Lui che ha sempre tutto sotto controllo, lui che ha la responsabilità delle cose che succedono, lui che sa e che fa per se stesso e per me.

Ha sempre il mondo in mano.

Sembra me lo lasci, quando ci addormentiamo, perché io lo custodisca al posto suo.

Ora che siamo svegli, però, quando si sposta lo fa di modo che la mia guancia atterri sul suo petto.

Hai ripreso le redini?

Le rivuoi?

Te le lascio.

So bene che hai bisogno di averle, quando sei sveglio, perché altrimenti non sapresti più che cosa fare di te stesso.

– Vuoi dormire ancora un po'? –

Scuoto la testa.

– Sicuro? –

Impasto le labbra fra di loro, mi porto una mano di fronte alle labbra e sbadiglio.

– Non credo sia saggio uscire, è meglio se rimaniamo qui, per oggi. Se vuoi dormire abbiamo tutto il tempo del mondo. –

– Non voglio dormire. –

– Non vuoi? –

Ho la voce un po' rauca, me la schiarisco per liberarla dal suono raschiante che ha di prima mattina.

È più bassa, a quest'ora.

Ma se la mia è lievemente più maschile, la sua, cazzo, la sua sembra musica e voglio sentirgliela usare ancora.

– No davvero. –

Il suo petto vibra contro il mio orecchio quando ride, il rumore mi scorre lungo tutto il corpo, mi risuona dentro, mi fa scoppiettare il sangue nelle vene.

Infila il naso fra i miei capelli, mi bacia un'altra volta il capo, respira.

– Sei così bello, al mattino. –

– Di solito non lo sono? –

– Scemo di un Elfo, non intendevo questo. –

Mi pizzica la guancia con una mano, ma non lo fa per farmi male, più per scherzare.

– Sei bello sempre e lo sai, ma al mattino ancora di più. Lo penso dalla mattina della vestaglia, sai, quella volta che pensavamo che saresti dovuto partire. –

– La vestaglia? –

– Mh-mh, quella bianca, semi trasparente. –

Ci penso un po' su.

Forse ho presente.

Sì, sì, ho decisamente presente.

È uno dei miei pezzi forti, sapevo la mattina che l'ho messa che avrei attirato la sua attenzione. Certo non mi aspettavo che se la ricordasse, ma Iwa-chan è pieno di sorprese, no?

– Pensavo a quello che facevi a palazzo. Sai... la storia dei politici e degli alleati e quello che ti facevano fare con loro. –

Annuisco senza rispondere.

– Mi è sembrata una cosa da pazzi. –

Mi tira su il viso dal mento.

La luce del Sole colpisce direttamente i suoi occhi.

Sono verdi, scuri, del colore del Bosco Proibito, fitti, intricati, profondi.

– Quale coglione penserebbe che sei una cosa da trattare a quel modo, Tooru? Quale folle? –

Sento il sangue salirmi fino al cervello.

– Ho pensato che se fossi stato mio non ti avrei mai e poi mai trattato come qualcosa da smerciare. Che se fossi stato mio ti avrei davvero tenuto tutto per me. –

Ride appena.

– Ero un pazzo maniaco e geloso anche allora, credo. –

– Non sei un pazzo maniaco e geloso. –

– Lo sono, lo sappiamo entrambi. –

– Sei solo iperprotettivo. –

– Se vuoi dirlo così, come preferisci. –

China il viso e incontra le labbra con le mie, piano e dolcemente.

– Buongiorno, Tooru. –

Sorrido.

– Ciao, Iwa-chan. –

Ci guardiamo qualche altro istante e poi torno giù, sul suo petto, a farmi accarezzare i ricci nella totale calma e tranquillità del mattino.

Passano un paio d'istanti prima che lo senta sospirare.

– In ogni caso resta il fatto che non capisco come sono arrivato qui. Non mi sembra neanche la stanza in cui mi sono addormentato? Ero così stanco che mi hanno dovuto trascinare via? –

Oh, Iwa-chan, peggio.

– No, sei venuto qui spontaneamente. –

– Come ho fatto a... –

– Solo che eri sbronzo. –

Non finisce la frase.

Rimane zitto, fermo.

Lancio un'occhiatina verso l'alto e lo trovo con le labbra aperte, confuso e quasi nel panico a guardare il muro di fronte a se stesso.

– Ho scoperto un sacco di cose interessanti dal te ubriaco. –

Apre la bocca per parlare ma non dice niente.

– Tipo che quando bevi credi di avere quarant'anni di meno, e che... –

– Ho per caso provato a rimorchiarti? –

Lo chiede con un filo di voce.

Un filino timido, quasi spaventato.

– Oh sì che l'hai fatto. –

– Con le cinque regole e... –

– Tutte e cinque. –

Dice "merda" sottovoce, distoglie completamente lo sguardo da me.

– All'inizio eri convinto che fossi una sedia, sì, decisamente. Poi hai iniziato a chiedermi cose sulla faccenda del Grande Sterminio e non volevo proprio rovinare l'atmosfera. E poi mi hai rimorchiato. –

– Tutto qui? –

– "Tutto qui" un corno, Iwa-chan. –

Mi tiro più su verso di lui.

– Mi hai detto che facevi sesso a tre col tuo migliore amico, mi hai proposto di pagarmi in cambio di sesso, mi hai detto che ti trattavo come se fossi una troia e che eri bello anche dentro e... –

– No, non dirmelo. –

Si piazza una mano in faccia.

– Non dirmi che ho usato quella battuta. –

Scoppio a ridere a vedere quanto rosse stiano diventando le sue guance.

– Non posso averla... –

– L'hai fatto, Iwa-chan. Mi hai guardato negli occhi e l'hai fatto. –

– Yggdrasill, non devo mai più bere una goccia di alcol. –

Continuo a ridere.

– Ho passato la serata a chiedermi come facessi a scopare quando avevi la mia età. –

– Oh, per la miseria, non lo so, guarda, non chiedermelo. –

– Eri... –

Si toglie la mano dal viso e mi guarda dritto negli occhi.

– Facevo schifo, cazzo. –

– Diciamo solo che non eri molto bravo. –

Sospira ancora, lascia andare la testa indietro, guarda il soffitto.

– Ero disastroso. Ancora non capisco perché le persone venissero a letto con me. –

– La regola tre. –

– Dici la parte in cui mi levo la maglia? –

Annuisco contro la sua pelle.

– Se non ti avessi conosciuto sarei caduto alla regola tre. –

– Sul serio? –

Mi giro verso di lui, lo fisso negli occhi, sorrido.

– La cosa che mi attrae di più di te è la tua personalità, Iwa-chan, lo sai. Ma quella a parte, non credere che il tuo corpo sia tanto meno bello da vedere. –

– Non so se essere più scioccato dal fatto che ti piaccia la mia personalità o il mio corpo. –

Rido di fronte al suo sguardo.

– Sei brusco, è vero, e non sei di natura gentile. Ma sei protettivo, Iwa-chan, e sei dolce con me. Si vede che tieni alle persone a cui vuoi bene, che ti prendi cura di loro. E sei tanto tanto carino. E poi...

Scorro con le dita dal suo petto verso il basso.

– Lo sai anche tu di essere un belvedere. Non vai in giro con tutti questi muscoli se non lo sai. –

– Ma ho un sacco di cicatrici. –

Socchiudo gli occhi.

– Fanno uomo d'azione, sono sexy. –

– Se lo dici tu. –

Sorride e si sporge per baciarmi un'altra volta fra i capelli, poi mi tira su di peso perché gli stia a cavalcioni, perché la mia faccia e la sua siano una di fronte all'altra.

– Sembra che tu ti sia preso proprio una bella cotta per me, eh? –

– Dopo la battuta delle mutande era scontato. –

Fa il broncio.

– Ti prego, non dirlo più. –

– Te lo rinfaccerò finché non crepi. –

– Mi ammazzo, allora. –

Rido io e ride lui, ridiamo insieme, smettiamo solo nel momento in cui i nostri nasi si toccano e ci ritroviamo con le labbra le une sulle altre.

Mi passa le mani dai fianchi alla vita, poi scende verso le cosce, le mette lì e lì le lascia.

Mi sembra quasi che non siano più le mie senza le sue mani sopra.

Come se le mie gambe non avessero più senso se non le tocca lui.

– Il tuo bagno, invece? Com'è andato? Avete parlato male di me? –

L'aria diventa scura, pesante, dentro di me.

Il bagno, giusto.

Me n'ero...

– Tooru? –

Il bagno, il bagno, il ba...

– Tutto bene? Tooru, perché fai quella faccia? –

Stringe le dita, s'irrigidisce, i bei tratti con cui sorrideva un attimo fa diventano affilati, d'acciaio. Cerca e scava nei miei occhi, mi guarda come se...

– Tooru che cazzo è successo? –

– Devo dirti una cosa. –

Stringe la mascella.

– Ma devi promettermi di non arrabbiarti con me. –

– Hai fatto qualcosa che non dovevi? –

Chino lo sguardo.

– No, ma... –

– Qualcuno ti ha fatto qualcosa? Ti hanno fatto male? Ti hanno toccato? È successo qualcosa che... –

– No, Iwa-chan, non è niente di tutto questo. Riguarda la storia della mia... razza, ecco. –

Fissa gli occhi sui miei.

Poi...

Sospira.

– Oh, merda, pensavo che ti avessero ferito o che ne so io. Cazzo, mi sono preso un infarto. –

– Non ti preoccupa che riguardi la mia... –

Scuote la testa.

– Certo che mi preoccupa, ma è diverso. È comunque una cosa secondaria, finché nessuno ti fa niente non ho motivo di arrabbiarmi. –

Si rabbuia, mi si avvicina e prende il mio viso con una mano.

– E non permetterti mai più di pensare che potrei arrabbiarmi con te per una cosa del genere. Mi arrabbio se mi distruggi casa, se ti metti in situazioni di merda da solo o se tratti male Tobio, non per chi cazzo sei o chi cazzo erano i tuoi genitori. Non ci puoi fare niente, sarebbe una cosa da pezzo di merda. –

Deglutisco la saliva.

– Dici... dici sul serio? –

Annuisce.

– Serissimo. Tu sei il mio Elfo di merda anche se domani ti trasformassi in un albero, intesi? –

Mi scappa da sorridere.

– Intesi. –

– Perfetto. –

Respiro con calma.

Non è che l'ansia di pensarci se ne sia andata, ma...

"Questo è il momento in cui capisci quanto schifo faccio e mi abbandoni, non è vero?"

"Questo è il momento in cui capisco quanto schifo fai e imparo ad amare anche quello."

Siamo in due, Iwa-chan.

Non ha alcun senso che tenga per me questa cosa.

Non ha alcun senso che la spinga in fondo.

Se ne parliamo insieme, ne verremo a capo, forse. Forse no, potremmo anche non avere una soluzione, ma sicuro sarà meglio di qualsiasi tentativo potrei fare da solo.

– Akaashi e Kenma hanno una teoria sulla mia origine, ma la cosa è confusa e ci sono diverse cose che non mi tornano. –

– Chi pensano che tu sia? –

– Pensano che io sia la reincarnazione della Regina Oikawa. –

Mi guarda negli occhi, dritto come un fuso.

– Pensano che tu sia la Regina delle Fate? –

– Questo è quello che mi hanno detto. –

Rimane in silenzio, respira profondamente.

– Lei è morta. Io l'ho vista morta, non credo che... –

– Mi hanno detto che potrebbe aver fatto una cosa che chiamano "changeling". –

– Un changeling? –

Alzo le spalle. In effetti, per quanto con l'esperienza sappia molte più cose di me, è pur vero che con le Fate non ha mai vissuto davvero.

– Una Fata può infondere la sua energia magica nel bambino di un'altra famiglia e reincarnarsi così in lui. –

– E tu saresti il suo changeling? –

Scuoto piano la testa.

– È una cosa impensabile, vero? –

Iwa-chan allenta la presa su di me, invece di stringermi mi accarezza i fianchi, la vita, le gambe.

– Se mi dici che esiste un modo per trasferire la magia, Tooru, no. Non credo che sia impensabile. –

– In che senso? –

Prende fiato.

– È innegabile che sembri una Fata. Non hai niente degli Elfi, men che meno di quelli del Sole. Sei alto, troppo alto per essere un Elfo, mangi la carne, non reagisci alla magia della Natura, non hai senso dell'orientamento. Ma credevo di averle uccise tutte, credevo che non esistessero più, per quello non ci ho mai veramente pensato. –

Sento il petto stringermisi attorno al cuore.

– Sei bello, ma non un po' bello, Tooru. Sei così bello che la Terra smetterebbe di girare se glielo chiedessi. Tu sembri abituato all'idea ma te lo assicuro, la tua bellezza ha qualcosa di veramente fuori dal normale. –

Arriva al mio ginocchio, ci passa il pollice sopra.

– E per quanto tu sia adorabile e fidati, lo sei, in effetti la storia di "convinco i politici col sesso" non torna se non c'infili la magia, è difficile che così tante persone smercino i loro regni col tuo corpo, se sei solo un Elfo. –

– Lo pensi anche tu? Che sono una Fata, lo pensi anche tu? –

Annuisce.

– Penso che se ci fossero ancora Fate in questo mondo, Tooru, tu saresti decisamente una di loro. –

Lo dice con un velo d'amarezza, di afflizione, quasi.

Non è perché lo sono.

Credo sia per quel che ha fatto loro.

– E se sei una Fata sei per forza la Regina, hai le orecchie a punta. –

– L'hanno detto anche Kenma e Akaashi. –

– Già. –

"Stirpe degli Antichi" era già spaventoso, ma "Stirpe degli Antichi, madre della razza delle Fate, la loro Regina", è più che spaventoso, è terrorizzante.

Sbatte le palpebre e mi rivolge lo sguardo più dolce che può.

– Cos'è di questo che non ti torna? –

Inspiro.

– Due cose. –

– Ti va di dirmele? –

– Solo se continui a farmi le coccole. –

Sorride, mi tira verso di sé e mi bacia le labbra, la punta del naso, la guancia. Mi appoggio contro di lui e non smette di accarezzarmi, come se mi stesse invitando a parlare contro di sé.

Lo faccio.

Lo faccio perché non so se riuscirei a farlo senza questo.

– Io non ho mai avuto la magia, Iwa-chan. Davvero, mai. Se fossi la Regina delle Fate, almeno un po' dovrei averne, no? Certo non quella degli Elfi ma un pochino, un pochino solo... –

– Credi che quel che fai non sia magia, Tooru? –

– Scusami? –

Respira piano.

– Te l'ho già detto, se come dici hai convinto regnanti a fare accordi politici con tuo padre solo con il tuo corpo, hai usato la magia. Te l'ho detto che le Fate era un popolo di seduttori, no? È magia, lo è. –

– Quindi secondo te le persone mi trattano a quel modo solo perché sono una Fata? –

– Non è "solo", è più complicato. Essere una Fata fa parte di te e il tuo corpo è così perché sei una Fata. Non sono due cose che puoi separare, sono entrambe te, direi. –

Tiro su la faccia.

L'ha detto come se fosse una realtà.

E dirlo così mi ha fatto rendere conto di una cosa.

Una cosa che mi fa battere il cuore come un martello nel petto.

– Quindi la mia magia su di te non funziona. Tu sei l'unica persona su cui la mia magia non funziona. Ed eppure... –

Sorride, Hajime.

– Non hai mai avuto bisogno della magia, per conquistarmi, Tooru. –

– Io ti piaccio per come sono. –

– Esattamente per come sei. –

Lui era l'unico su cui non ho mai avuto un briciolo d'influenza.

Certo, non sempre quello che sembro emanare ha avuto l'effetto sperato, ci sono stati tanti incidenti sulla mia strada, soprattutto con gli Umani, ma...

Tante persone io le ho piegate.

Credevo col sesso, pare con altro.

Ma le ho piegate.

Ho fatto far loro quello che volevo.

E invece...

Tu no, Hajime. Tu no davvero. Io non ti ho sedotto con la magia, non ti ho sedotto perché sono una Fata. Non mi hai aiutato per quello, non sei stato gentile con me perché ho infilato la mia presenza nel tuo cervello in modo subdolo, meschino, no.

Di me ti piace la persona che sono.

Tu...

Mi sporgo verso di lui con gli occhi lucidi.

Mi bacia, sorride mentre lo fa, il mio cuore sembra volermi saltar via dal petto.

– Qual è l'altra cosa che ti preoccupa? –

Cerco di ri-concentrarmi sulla discussione.

Respiro a fondo e ricaccio indietro le lacrime di commozione ed emozione e... tutto il resto.

– Il tempismo. –

– Di chi? –

– Di tutti. –

Iwa-chan mi guarda.

Capisce al volo, quando si tratta di me, ed ora non è da meno.

– In effetti è strano, non lo è? –

– Lo è davvero. –

Mi appoggio su di lui.

– Tobio non sapeva che io fossi con te, ma Kenma mi aspettava quando sono arrivato. Keiji viene qui per i Riti e guarda caso doveva arrivare il giorno in cui sono arrivato io. Il giorno prima mi devo sposare e nessuno mi calcola e il giorno dopo sembra che metà del mondo magico s'interessi a chi sono e perché. C'è qualcosa di strano. Io... non mi fido, Iwa-chan. –

– Mmh, nemmeno io. –

Tengo il suo mento fra le dita.

– Non so se siano alleati con mio padre, non credo che facciano il doppio gioco. Ma mi sembra strano che sappiano già tutto. Ci dovremmo conoscere da poche ore, no? –

– Sembra che lo sapessero. –

– Forse lo sapevano per davvero. –

Lo bacio su una guancia.

– Kenma mi ha chiamato "Tooru della Stirpe degli Antichi" la prima volta che mi ha visto, senza nemmeno sentirmi parlare. –

Iwa-chan mi stringe.

– Sembra proprio che nascondano qualcosa. –

– Hai un'idea su cosa possa essere? –

– Non bene, ma... –

Mi sposta più in su, aspetta che metta la fronte nell'incavo del suo collo, mi tira su la camicia mentre mi accarezza la schiena.

– Non hanno forse detto che il tuo flusso magico è strano? L'hanno detto. Vuol dire che tutte le creature magiche forti sanno chi sei. –

– Già. –

– Poniamo che lo sappiano. Magari non delle Fate ma che sei un Antico. È comunque qualcosa di grosso, stiamo parlando di entità magiche molto forti. Poniamo anche che sappiano che sei bloccato, che la tua magia è sotto chiave. –

Ferma la mano.

– È possibile che sia nell'interesse di tutti fare in modo che tu non ti sblocchi mai. –

Tiro su la testa.

– Dici sul serio? –

Annuisce, annuisce brevemente.

– Ha senso. Ha effettivamente senso. È un po' come il Bosco Proibito, alla fine. Non è solo il Bosco che vogliono tenere chiuso, sei anche tu. Sbilanceresti l'equilibrio, se no. –

– Pensi che stiano cercando di manipolarmi? –

– Potrebbero, sì. –

Mi mordo l'interno della bocca.

So che non erano miei amici, ma...

– Non credo che lo facciano in cattiva fede, comunque. È che le magie forti sono imprevedibili e se fossi davvero una Fata, Tooru, l'unica persona che potrebbe ucciderti senza problemi sarei io. E io non ti ucciderei nemmeno se raccontassi al mondo la battuta delle mutande. –

Ridacchio.

– Credo che non sia cattiveria. Più... cercare di mantenere la situazione equilibrata? Ne va della salute dei loro popoli, è normale. –

– Dici che non ce l'hanno con me? –

– Non credo che sia una cosa personale, no. –

Cerco il suo sguardo col mio.

– C'è ancora qualcosa che mi sfugge. –

– Quando finiscono i Riti andiamo a parlarne insieme. –

– Ci diranno la verità? –

Sospira.

– Se te l'hanno detta sulla tua identità lo rifaranno con questo. Sarebbe stato più facile far finta di niente, credo che vogliano effettivamente darti un margine di scelta. –

– Spero che tu abbia ragione. –

– Non andrebbe a finire bene, se non ce l'avessi. –

Lo dice con un tono minaccioso, un po' duro.

Lo guardo di lato.

Ha la mascella dritta, non eccessivamente squadrata ma decisamente netta. Il naso è dritto, gli occhi severi, la pelle abbronzata, le cicatrici sulle spalle, sulle braccia.

– Ti arrabbieresti per me se mi trattassero male? –

– Stai scherzando? –

Allungo una mano e gliela passo sulla linea del naso.

– Mi hanno detto che sei più pericoloso di Kuroo e Bokuto. Sai, loro sono lupi, ma... –

Si gira verso di me.

– Crepano come crepano gli Umani anche se sono lupi, Tooru, e ti prometto che lo vedrai dal vivo se provano a fare qualcosa che non mi piace. –

Rido piano.

– Violento. –

– Se si tratta di te e di quello che ti fanno gli altri, sì. –

Mi sposto verso l'alto, mi rimetto per bene a cavalcioni su di lui, lo guardo negli occhi.

– Me l'ha detto Kenma la prima volta che mi ha visto. –

– Cosa? –

Sorrido.

– "Ironico che tu condivida il letto con lo Sterminatore di Fate, non trovi?" –

Iwa-chan ride, annuisce.

– Non ha tutti i torti. –

Mi abbasso di più verso di lui.

– Siamo nemici naturali, Iwa-chan. Dovremmo odiarci e volerci uccidere a vicenda, ma... –

Pianto le cosce ai lati del suo busto, mi siedo completamente sul suo bacino, appoggio le mani sui suoi addominali e lo guardo dritto in faccia.

– Non è combattere quello che voglio fare con te. –

– No? –

– No. –

Mi prende le cosce, io inizio a sentire caldo.

– La discussione è sospesa fin quando non sono finite le feste, no? –

Iwa-chan annuisce.

– Fino ad allora non potremo parlare né con Kuroo né con Kenma. –

– E dobbiamo rimanere chiusi qui perché andare fuori sarebbe pericoloso. –

– Decisamente. –

Abbasso lo sguardo e lo rialzo l'attimo dopo.

– Quindi non è un male se passiamo un po' di tempo assieme. –

– Cazzo, Tooru, non lo è di certo. –

Sorrido fra me e me, mi lecco le labbra di riflesso, guardo il mio soldato negli occhi.

– Non c'è nessun problema da risolvere che stiamo arginando con questo, vero? –

– Non c'è. –

L'immagine del suo viso distrutto che si scusa per aver fatto sesso mi scompare dalla mente in un attimo. Non c'è niente che non va, non c'è...

Appoggio l'indice sul suo sterno.

– Quindi questo Sterminatore di Fate può sterminare questa Fata senza problemi, no? –

Ride.

– Sì, può sicuramente. –

Tiro indietro la mano, la lascio scorrere fra i suoi pettorali, sugli addominali, sopra l'ombelico, giù, sempre più giù.

Pizzico l'orlo dei pantaloni.

– Cos'è che dovresti farmi, eh? Farmi male? Piegare la mia volontà? Torturarmi finché non confesso i miei crimini? –

Il suo sguardo cambia.

Il suo viso in generale, cambia.

Indietreggio con le cosce sul materasso, arrivo indietro, più indietro, sempre più indietro.

– Se è vero quel che dicono di me dovrei essere la peggiore delle Fate, Hajime. –

Arrivo con le ginocchia al fianco delle sue, incastro le dita sulle asole dei suoi pantaloni, li tiro verso di me lentamente, piano.

– Hai catturato il più pericoloso dei tuoi nemici. –

Stringe la mascella.

Mi guarda fisso negli occhi.

– Ora tocca a te fare di lui quel che vuoi, signor Sterminatore di Fare. –

– Oggi parli davvero tanto, tu. –

Il tono è serio.

È minaccioso.

Quasi quanto la mano che un attimo fa era stesa sul materasso e ora è incastrata fra i miei capelli, che li tira come se fossi un giocattolo.

– Parlo troppo, Hajime? –

– Troppo. – ripete.

Mi osserva arrivare con le mani alla sua cintura.

– Troviamo un modo per farti star zitto. –

Mi lecco le labbra.

– Troviamolo. –

E slaccio finalmente i suoi pantaloni.

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

➥✱"madainn mhath" in gaelico significa "buongiorno"

NON ODIATEMI

VI PREGO

LO SO CHE SONO UNA MERDA MA FATE UNO SFORZO E NON ODIATEMI

also palesemente non io che ho scritto ventidue capitoli solo per arrivare a questo, al momento in cui avremmo tutti realizzato che la fottutissima regina delle fate sta con uno che ha ucciso tutte le fate e che sbeum POWER COUPLE, LA POWER COUPLE, VAI A TOCCARE STI STRONZI SONO A PROVA DI GUERRA MONDIALE CAZZO

(non ho affatto un debole per le power couple no no)

ah e anche

la terza parte credo che vi piacerà

MA LA QUARTA

VOI NON AVETE IDEA DELLA QUARTA

IO STO ZITTA MA ECCO LA QUARTA PARTE DI QUESTA STORIA IO MI EMOZIONO OGNI VOLTA CHE CI PENSO (non io che scrivo storie per poterle leggere e che sono fan di me stessa aiuto questa cosa è di un egocentrismo sconcertante perdonatemi sono un entp dovrei imparare a ridimensionarmi perchè se non sei umile nella vita non vai da nessuna parte)

ok niente

ciao bambini belli

ci vediamo il 13/05 con angel with a shotgun

bye babies :D

mel

PS io lo dico perchè mi viene chiesto

CI SONO IN PROGRAMMA QUATTRO SIDE STORIES (forse cinque, dipende dalla nuova idea che ho al momento ma non sono sicura) DI QUESTA STORIA E SARANNO CIASCUNA LUNGA FRA I SEI E I DIECI CAPITOLI. SICURO CI SONO LA BOKUAKA, LA KUROKEN E LA KAGEHINA e poi anche un'altra che non vi dico e un'altra ancora che non vi dico. sì, se tutto va come deve andare verranno più di quarantacinque capitoli totali dell'iwaoi e una quarantina di side stories aka MEL SCRIVI DI MENO PORCO IL CLERO SEI LENTA COME E' LENTO IL GIUDIZIO UNIVERSALE E DEVI IMPARARE A RIASSUMERE PERCHè COSì LA FINISCI A SETTANT'ANNI

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