𝗯𝗮𝗴𝗮𝗶𝗿𝘁𝗲𝗮𝗰𝗵

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– Iwa-chan, smetti di tirarmi, mi fai male. –

– Sei tu che cammini lento. –

– Sei tu che mi hai distrutto le gambe. –

Mi giro appoggiando il mento sopra la spalla, verso Tooru.

Ha... l'espressione da principino viziato. Quella un po' ironica, un po' sarcastica, un po' infastidita. Quella che sembra dirti "mi stai facendo perdere tempo" e "non capisco come tu possa contraddirmi" insieme, quella che ha di norma in viso.

È carina.

È tenera.

So che è strano che io lo pensi perché ho sempre detto che le persone viziate mi danno fastidio, ma... lui è Tooru, lui è totalmente un discorso a parte.

Mi fermo.

– Vuoi che ti porti? –

– Sarebbe meraviglioso ma sarebbe imbarazzante. –

– Allora come facciamo? –

Lascio andare il suo polso che stavo trascinando con me e gli appoggio la mano sulla spalla. Stringo piano, massaggio delicatamente i muscoli.

– Vai a cercare una carriola, caricami su e portami là. Che dici, come ti sembra? –

– Credo che sia ancora più imbarazzante che farti portare da me, Tooru. –

– Tu credi? –

Alzo le spalle.

– Un po'. –

– Merda. –

Mi giro dalla sua parte.

È sera, il villaggio ha ricominciato a vivere ma non c'è molta gente in giro. Di solito il giorno dopo i Riti i lupi stanno a casa, a prendersi cura gli uni degli altri, è raro che escano e scorrazzino in giro come me e Tooru. Però ho valutato che questa fosse l'opzione migliore, e per quanto mi dispiaccia che Tooru sia stanco sono fermamente convinto che non ci sia momento più adatto.

Sono terrorizzato.

È da stamattina che sono terrorizzato.

Perché io non voglio... che me lo portino via. Lo so che non è un oggetto, lo so che non è mio, che non mi appartiene, che non è costretto a stare con me. Ma... lui vuole stare con me. Me l'ha detto lui, che vuole rimanere con me.

Quindi...

Mi abbasso per infilare una mano sul retro delle sue ginocchia, quando lo tiro su si sbilancia e cade fra le mie braccia.

– Questa è la cosa migliore che possiamo fare, tanto non c'è nessuno per strada. – borbotto, guardandolo sistemarsi contro il mio petto con le guance che si scuriscono.

– Portarmi in giro come se fossi una principessa è la cosa migliore che possiamo fare? Davvero? –

Ricomincio a camminare e mi viene istintivo sorridere.

– Lo è. Così non ti lagni che ti fanno male le gambe e possiamo camminare ad una velocità umana. –

– Lo dici come se fosse colpa mia se non riesco a camminare. –

Mi piego dalla sua parte, gli stampo un bacio sulla fronte e rido piano prima di allontanarmi dal suo viso.

– È metà colpa tua e metà colpa mia. Metà colpa tua perché hai la resistenza fisica di un cadavere, metà colpa mia perché forse io ne ho un po' troppa. –

– "Un po' troppa"? Tu dici che la tua resistenza fisica è "un po' troppa"? –

Specchio i miei occhi nei suoi.

– Perché, tu come la chiameresti? –

– La chiamerei incredibilmente troppa, idiota. Nell'ordine mi hai scopato fino a uccidermi due giorni di fila, sei uscito per andare a prendere l'acqua per il bagno, mi hai lavato, hai dormito credo un quarto d'ora e poi mi hai rivestito, hai cambiato le lenzuola perché erano strappate, hai elaborato un piano d'azione nel caso tutto andasse male, hai lucidato la spada, mi stai portando in braccio e sembra neanche che tu sia stanco. –

Alzo le sopracciglia.

– Infatti non sono stanco. –

– Vedi? Io continuo a chiedermi se veramente tu sia Umano, cazzo. –

Mi pizzica il naso con le dita, io alzo le spalle.

– Per metà. E poi sono stato nell'Esercito quarant'anni, Tooru, non so se te lo ricordi. –

– Sì che me lo ricordo, però non vedo come... –

– Dormire un'ora a notte, combattere per giorni e giorni di seguito, marciare con le ferite addosso, mangiare una volta al giorno, uccidere creature magiche grosse due volte me... sono tutte cose che ti rendono resistente. –

Sospira, mi passa un braccio dietro al collo.

– Immagino di sì, immagino di sì. Certo non ti hanno insegnato la pietà per le gambe degli altri, però. –

– Per le tue gambe non ho alcuna pietà. Però ho un sacco di altre cose, se vuoi te le dico. –

– Ecco, anche a proposito di questo. Possiamo parlarne? Hai un problema, hai chiaramente un problema. –

– Con cosa, con la pietà? –

Scuote la testa, i riccioli chiari si muovono con lui.

– Con le mie gambe, Hajime. Un secondo mi sembra che tu sia un essere cosciente e intelligente e quello dopo posso sentire il tuo cervello dire "gambe, gambe, gambe" da un chilometro. Cos'è, un trauma infantile che ti ha condizionato? –

Il mio cervello non dice "gambe, gambe, gambe".

Lo dice?

Yggdrasill, forse lo fa.

Scuoto la testa.

– È che hai davvero delle belle gambe. Non è che sia una cosa obbligatoria, sono stato anche con persone che non le avevano come le tue, ma... sono una cosa che mi piace negli altri. Tu non hai una cosa che ti piace negli altri? –

Sospira, getta la testa indietro, guarda il cielo della sera che s'imbrunisce sotto i suoi occhi.

– Le braccia dei maschi mi piacciono, credo. Però ecco non è che ci sia qualcosa di specifico, è più l'insieme delle cose. Certo, ora le cose che cercavo in qualcuno sono completamente ridotte a te, però non è che prima fossero così importanti. –

Sento il mio cuore battere appena appena più veloce alle sue parole, ma non me ne curo.

– Io ho tutte le cose che cercavi in qualcuno, Elfo? –

Sbatte le ciglia verso di me.

– Molto, molto di più. Esteticamente sì, alto, con le spalle larghe, in grado di uccidermi con una mano, possibilmente abbronzato, con una bellezza per niente delicata. Ma emotivamente... diciamo che speravo solo di trovare qualcuno che non mi trattasse male. Invece tu... –

Mi fermo.

In mezzo al sentiero centrale del villaggio, mi fermo.

Chino la testa.

Tooru mi stringe forte il collo con le braccia, apre appena appena le labbra, le fonde con le mie. Il profumo del suo corpo m'invade le narici e sento le sue dita muoversi fra i miei capelli, il suo sapore è familiare, il modo in cui mi bacia anche.

Oh, Tooru.

Tooru, mio dolce, adorabile Tooru.

Sono sempre più terrorizzato.

Sempre di più.

Perché se tutte le cose belle che ho avuto nella vita me le hanno portate via, è logico per me pensare che tu, che sei la più bella di tutte, da me cercheranno di portarti via ad ogni occasione.

Ma non ho intenzione di sopportare e andare avanti, questa volta.

Piuttosto ci crepo.

Tu però, rimani qui con me.

Quando ci stacchiamo gli sfarfallano le ciglia e la bocca gli si apre in un sorriso quasi istintivo.

– Invece tu mi vuoi bene. – mormora, completando il discorso di prima.

Annuisco, inspiro un altro po' del suo profumo così dolce e poi ricomincio a camminare in silenzio.

Non ha detto che io lo amo, nonostante lo sappia.

Non l'ha detto perché so che intende una cosa diversa.

È vero, quello che ha detto.

Io non è che lo amo soltanto, Tooru. Io... gli voglio bene. Che è una cosa più familiare, più sincera e più diretta, una cosa che non passa per i filtri dell'attrazione o della sessualità, una cosa solo emotiva.

Ha ragione.

Ha davvero, davvero ragione.

Il sentiero è completamente deserto, in questo momento, e passiamo fra le case come abbiamo fatto tre giorni fa diretti ancora una volta verso la cima del villaggio. Si sente il rumore di qualcuno che parla vicino a certe porte, si vedono persone che dormono dalle finestre aperte e si sente odore di cibo, ma c'è pace per la strada e posso concentrarmi sul cercare di non sballottare troppo Tooru.

La luce si è scurita, è più fredda, celebra l'inizio dell'Autunno come il colore di alcune foglie fra gli alberi, l'aria è fresca, c'è giusto un alito di vento su di noi.

Ho sempre paura della pace.

Ho sempre paura della sensazione che tutto vada bene.

Sarà che non ho avuto una vita facile, però... ho sempre il terrore che il mondo in qualche modo mi stia prendendo in giro. Che mi stia illudendo che tutto andrà bene prima di rovesciarsi e inghiottire tutto quello che amo con sé.

Tutto per me è sempre stato così.

Uccidere il mio primo mentore a dodici anni, uccidere senza guardare in faccia nessuno, uccidere chi pensavo avesse ucciso mia madre, diventare io stesso il motivo del caos e ritrovarmi dopo senza niente in mano.

Ho paura di tornare solo.

Ho paura di svegliarmi e non avere più un motivo per vivere che non sia lo stesso semplice atto di vivere.

Ho paura...

Ho paura.

E dirmelo è importante.

Perché non me lo sono mai detto e non l'ho mai detto ad alta voce.

Perché credo di rispettarmi più in questo momento dicendomelo, che in tutti gli altri anni che ho passato su questa Terra, a fingere di essere invincibile e di non avere niente da perdere.

Tooru muove le dita contro la mia spalla, mentre copro la distanza fra noi e l'ultima costruzione in fondo al sentiero. Passa dolcemente i polpastrelli sulla mia pelle, respira addosso a me, mi fa sentire che c'è così, in un modo delicato, quasi sussurrandomelo.

Lo guardo negli occhi un secondo, prima di fermarmi di fronte alla casa giusta.

Lui non reciproca il gesto perché credo non se ne accorga, tiene lo sguardo fisso verso la porta e si mordicchia l'interno della bocca.

Io senza di te non so cosa farei.

Io credo che farei di tutto per te.

Da quant'è che esistiamo come "noi", Tooru? Tre settimane, un mese?

Io non lo so come hai fatto. Non ho idea di come tu sia riuscito a piombare nella mia vita e a impedirmi di costruire il solito muro che metto su attorno alle mie emozioni. Non so come tu abbia potuto vedere quello che vedi in un uomo che ha perso tutto e che non aveva niente.

Tu credi che io ti abbia salvato ma guardiamo in faccia la realtà.

Chi fra noi due era quello che non aveva motivi di vivere? Chi fra noi due aveva un figlio lontano che non vede mai e che non ha più bisogno di lui, chi fra noi due aveva ucciso la sua gente, chi aveva perso il suo migliore amico, chi viveva in un posto dove vivono le persone che non vuole nessuno?

Lo so che cosa ti hanno detto Kenma e Akaashi di me, lo so, e so che cosa ho sentito quando ti hanno visto al mio fianco. So che mi chiamano "macchina di morte" e "omicida di massa" e "il soldato più forte sulla Terra" e so che lo fanno senza darci troppo peso. So che non pensano mi ferisca.

Ma lo fa.

Mi ferisce.

Perché loro come il mondo intero, Tooru, mi hanno sempre trattato come se fossi una bestia, come se fossi un'arma, come se fossi un oggetto. Come se tutto quello che io sono si riducesse a quanto bene io posso uccidere gli altri, a quanto caos posso portare, a quanto male posso fare.

Tu no.

Tu sei il primo.

Tu sei il primo che abbia visto dentro di me una persona che nessuno ha mai voluto, che nessuno ha mai amato, che tutti hanno sempre gettato via quando avevano finito di usarla. Tu sei il primo a cui interessa come sto, che cosa provo, che cosa penso, che cosa faccio.

A te non interessa che io sia lo Sterminatore di Fate o lo Sterminatore di chissà cos'altro.

A te interessa Hajime.

Hajime che non sa i nomi dei colori e che non regge l'alcol, a cui piacciono le gambe lunghe e i baci sulla fronte, che si toglie la maglia per vederti spalancare gli occhi e che compra il latte ogni settimana nella speranza che suo figlio lo vada a trovare.

Non quello che prende la spada e toglie la vita.

Quello che mangia le fragole.

Quello a cui piace il tè.

Quello che t'insulta perché lo fa ridere.

Tu non sai cosa farei per te, Tooru. Tu non ne hai la minima idea. Tu non sai di cosa sarei capace pur di proteggerti da tutto il mondo all'esterno di noi due.

Ho paura che ti portino via.

Ho paura che mi odieresti se sapessi cosa sono disposto a fare pur di difendere la nostra libertà.

Ho paura.

Non mi era mai capitato nella vita di essere felice di averne.

Alzo lo sguardo verso la porta e prendo un grande respiro.

– Ti lascio scendere, ora, ok? –

– Mh-mh, va bene. –

– Fai piano. –

Abbasso delicatamente le sue gambe verso il terreno, aspetto che si regga in piedi prima di spostare entrambe le mani sul suo viso e girarlo per bene verso di me.

Non lo bacio, lo guardo e basta.

– Ora entriamo. –

– Entriamo. – ripete.

– Cosa fai tu se la situazione si scalda? –

– Me ne vado. –

– Cosa fai se ti dico che ce ne andiamo? –

– Ti seguo. –

– Cosa fai se qualcuno ti si avvicina? –

– Mi ritraggo. –

– Cosa fai se mi attaccano? –

– Ti aiu... –

– Tooru. –

Ha gli occhi del colore del cioccolato, con questa luce, e sono grandi, belli, dolci su di me.

Sospira.

– Scappo. –

– Bravo. –

Mi sporgo e gli bacio piano le labbra, poi mi allontano per guardarlo meglio e gli sistemo un paio di riccioli con le dita. Ha il viso bello come al solito ma un po' stanco, non si è spazzolato i capelli e vanno un po' da tutte le parti. Ha indosso un'altra delle mie camicie sopra un paio di pantaloni di quello che credo sia cotone, semplici, senza particolari fronzoli. Ha un paio di morsi sul collo, gli tremano le gambe.

– Bussa. – gli dico.

Mi sorride, annuisce, si gira dandomi le spalle e lo fa.

Questa è ufficialmente la casa di Kenma e Kuroo. So che ci saranno Bokuto e Akaashi con loro perché i lupi sono creature da branco e tendono, il giorno dopo i Riti, a cercare situazioni il più confortevoli possibili, quindi non metto in dubbio che siano tutti assieme. La porta è di legno, la costruzione piuttosto semplice per quelle che credo siano due delle creature magiche più forti di questo pezzo di Mondo, ci sono le candele accese che si vedono da fuori, non molto di più.

Per qualche istante non si sente la minima reazione dall'interno.

Poi quel che io personalmente sento è il rumore di un ringhio che si spande dall'interno.

Il ringhio di un Capobranco è diverso da quello di un normale Mutaforma per una serie di ragioni che conosco ma, essendo immune alla magia, non comprendo. Dalla mia percepisco soltanto la differenza nel suono, che è più basso e più minaccioso, ma non molto di più.

So però, da quel che ho studiato, visto e sentito, che è per le creature magiche qualcosa di molto più potente.

Dicono ti tolga il respiro dal petto, che ti terrorizzi, che ti faccia sentire una preda. Dicono che si percepisca a distanza di chilometri, che per un semplice membro del Branco sia quasi una forza di volontà esterna che t'impone di fare quello che dice.

Ora come ora so che a me non fa né caldo né freddo.

A Tooru un po' tremano le gambe, ma non molto di più.

Si gira verso di me.

– Kenma dice di entrare e di non far caso a Kuroo. –

– Te l'ha detto nella testa? –

– Ah-ah. –

Appoggia la mano sulla porta e la apre, la luce delle candele accese ci accoglie.

Mi dà la mano.

Poi entra.

Sono già stato qui più di una volta. Kenma tende a ricevere gli ospiti ufficiali, come i condottieri o gli ambasciatori dei Regni vicini nella sua corte, nel Bosco degli Gnomi, perché è meno domestica e più regale, fa decisamente più scena.

Io però non sono mai potuto andare, non so come modificare le mie dimensioni corporee, quindi dalla prima volta quasi trent'anni fa ad oggi, sono sempre stato accolto qui.

C'è un corridoio principale che porta al soggiorno, la cucina speculare a quello, in fondo le scale che conducono alla parte superiore della casa dove non sono mai andato, ma che immagino ospiti di sicuro la camera da letto, la stanza da bagno.

Il fatto stesso di poter entrare dimostra la posizione di Kuroo nel Branco.

Un Mutaforma, soprattutto un lupo come loro, tende ad essere una creatura profondamente territoriale e di rado permette ad estranei di avvicinarsi troppo al posto che considera la sua... tana, immagino. Un Capobranco, però, ha più autonomia dalla propria parte istintiva e animale, un odore più forte, sa che il suo territorio è suo di diritto e che tutti lo sanno, pertanto non lo protegge con quella ferocia tipica di un suo sottoposto.

L'odore di Kuroo permea persino le pareti, è la prima cosa che sento quando le suole delle mie scarpe toccano la terracotta delle piastrelle del corridoio.

E se lo sento io, che ho il naso fino come quello di un Umano e quindi decisamente poco recettivo, non voglio nemmeno immaginare come e quanto lo senta un altro della sua specie.

È buono, comunque.

Molto maschile, molto aggressivo.

Sa di legno, di aghi di pino, di spezie. È caldo ed è avvolgente, mi ricorda il fuoco di un camino, i ciocchi che scoppiettano fra le fiamme, quei tè molto forti che si bevono d'inverno.

Si sente un'altra nota sotto, molto più fredda, simile...

La riconosco, anche questa, la ricollego ad un altro odore forte che ho sentito molti anni fa, diverso, decisamente diverso. Mi ricorda il peso di due spade nei foderi legati sulla mia schiena, il cuoio della mia divisa sul corpo, il freddo pungente di un luogo dove c'era solo gelo a perdita d'occhio. Mi ricorda un Re seduto su un trono di cristallo finissimo e lavorato a sembrare composto di fiocchi di neve, un enorme lupo bianco acciambellato ai suoi piedi, il colore dorato dei suoi occhi che mi squadravano ad ogni passo.

Lavanda, edera, bacche, credo. Qualcosa che ricorda l'inverno, ma non come Kuroo, che sa di freddo vissuto da dentro la casa di fronte al camino, ma quello puro, selvaggio e gelido che si vive lassù.

Mi avvicino alla nuca di Tooru per un secondo.

Inspiro quasi senza farmi notare.

È quasi opprimente, l'odore che c'è qui dentro, perché mi sembra di addentrarmi nel pericolo di un luogo sconosciuto.

Però il tuo mi tranquillizza.

Mi riporta un po' a casa.

Non dice una parola, lui, comunque. Lo vedo inspirare e guardarsi attorno incuriosito ma non dice niente. E credo Kenma gli stia spiegando dove sono, perché che stia zitto quando è curioso e non mi spari una domanda dietro l'altra è sicuramente qualcosa di strano.

Mi guida nel corridoio, sempre la mano stretta alla mia, poi si ferma vicino al soggiorno ed entra lì, una mano sullo stipite e me che mi fermo alle sue spalle.

– Ciao. – mormora, col sorriso sulle labbra che non vedo ma che so riconoscere dal tono della voce, quando si affaccia definitivamente sulla stanza.

Mi sporgo oltre la sua spalla.

Guardo la scena di fronte ai miei occhi.

Kenma ha un'altra vestaglia addosso, sempre di seta come quella dell'altro giorno, sempre trasparente sulle maniche. È lilla, questa, legata distrattamente sul petto costellato di segni. È seduto a gambe incrociate su un cuscino, la schiena contro il bracciolo del divano, sta passando un pettine sui capelli umidicci. Kuroo è steso sul divano, nella sua forma di lupo, tiene il muso accanto alla spalla del suo compagno e gli occhi gli brillano, gli s'intravedono le zanne mentre ringhia.

Sul fondo dello stesso divano c'è Akaashi seduto distrattamente, la testa di Bokuto sulle ginocchia, anche lui nella sua altra forma. Ha le mani che si muovono fra la pelliccia, rivelano la radice più scura del manto candido della creatura che ha addosso.

Avevo ragione.

Stavano riposando.

È per questo che il momento è perfetto.

Perché se stavano riposando, saranno meno reattivi, e sarà per noi meno pericoloso uscire indenni da qui.

– Ciao, principino, già sveglio a quest'ora? Mi aspettavo che ti saresti riposato di più. – commenta Kenma, quando vede Tooru e sente la sua voce.

– Hajime ed io eravamo impazienti di parlarvi, siamo venuti il prima possibile. –

– Immaginavo. –

Si gira per metà verso Kuroo, gli gratta il naso.

– Te l'ho detto che erano loro, no? Puoi smettere di ringhiare, ora. Non siamo in pericolo. Smettila con le tue stronzate da cane iperprotettivo. –

Si sente il rumore umidiccio di qualcosa, un barlume rosa s'intravede fra i due.

Gli ha leccato la mano.

Kenma ride, il ringhio poco a poco si affievolisce.

– Sì, sì, ti amo anch'io, non fare lo smielato. Non hai alcun diritto di essere carino viste le condizioni in cui sono. –

Akaashi sospira dall'altra parte del divano.

– Vero, verissimo, sono d'accordo. –

Tooru mi stringe la mano.

– Se posso accodarmi lo faccio. –

Ridono tutti e tre, io non so se sentirmi in imbarazzo o meno, nel dubbio rimango zitto ed evito di attirare l'attenzione. Non sono timido, e siamo tutti adulti che hanno passato gli ultimi due giorni a fare la stessa cosa, però... preferisco non espormi troppo, ecco.

Tooru riprende la parola poco dopo.

– Siamo qui per chiedervi... delle cose. So che questi giorni sarebbe stato... complesso, farlo, ma ora io e Hajime abbiamo davvero dei dubbi che vorremmo risolvere. Possiamo parlare? –

Kenma alza una mano, indica l'altro divano di fronte a quello dov'è appoggiato.

– Fate pure. –

– Pe... perfetto. –

S'immerge nella stanza prima di me. Supera il tappetto e si avvicina al divano, con le gambe un po' incerte e l'andatura sicuramente meno armonica del solito, poi si ferma prima di sedersi. Gli arrossisce un po' il ponte del naso perché per quanto sia navigato sulla questione è anche giovane e ingenuo, prende un cuscino e lo sistema per bene prima di appoggiarcisi sopra.

Io non dico niente.

Mi metto vicino a lui e non dico niente.

Ovviamente mi guarda male, quando lo faccio.

Abbassa il tono ma non abbastanza perché rimanga fra noi due.

Mi dice "bastardo", io alzo le sopracciglia, ride e finisce lì.

O almeno, pensavo.

Perché...

– Allora, com'è stato? Voglio il mio resoconto. –

– Meraviglioso e terrificante. Non so se sono vivo o morto, credo che le mie gambe smetteranno di funzionare da un momento all'altro e mi fa male anche l'anima. Lui invece guardalo, sta qui seduto fresco come una rosa senza la minima preoccupazione. Ti sembra giusto? –

Eh?

Stanno parlando di...

Akaashi batte piano sulla testa di Bokuto.

– Non è mai giusto. Non lo è. Io sono in questa posizione da ore perché non credo di avere muscoli adatti a spostarmi. Ho fame, sete e sonno e lui non fa altro che stare qui a farsi fare i grattini come se se li meritasse, anzi... – china lo sguardo verso il basso – sei tu che dovresti farli a me, Kō, tu. Non stare qui come una palla di pelo a farti fare le coccole. È ingiusto. –

Bokuto sbatte le palpebre e poi si tira su sulle zampe anteriori, sale con quelle sul divano e caccia il muso contro il viso di Akaashi. Si sente solo la Strega che dice "basta" ridendo mentre quell'altro gli lecca incessantemente la faccia in quella che credo sia la sua... idea di fare le coccole.

Kenma sospira di nuovo.

– State mancando il punto della situazione. –

Non mi azzardo a chiedere "che punto" perché inizio seriamente a credere che la cosa non sia di mia competenza ma ovviamente, ovviamente lo spiega dopo averlo detto, perché se no non sarebbe abbastanza imbarazzante.

– Io sono uno Gnomo. Un maledettissimo Gnomo. E il signor Capobranco delle mie palle qui è letteralmente un Mutaforma mezzo lupo a cui escono fuori i piedi dal letto quando andiamo a dormire. Io credo di non avercelo più, un culo. –

Sono finito in una seduta di pettegolezzi? Cosa sta succedendo, cosa...

Tooru ride con una mano di fronte al viso, scuote la testa e i suoi riccioli si muovono con lui.

– Credo che nessuno dei tre sia messo poi tanto bene. – commenta, e versi d'assenso provengono dall'altra parte della stanza.

– Puoi dirlo forte. –

– Sono talmente a pezzi che credo qualcuno dovrà raccogliermi. –

Si guardano e io non so cosa fare. Davvero non so cosa...

Vi prego, qualcuno mi levi d'impiccio. Kuroo e Bokuto, quei due traditori, si sono nascosti nella forma in cui non possono parlare, ma io posso farlo e non ho la minima idea di cosa dovrei dire e mi sento minacciato, molto minacciato, e...

– Comunque non siamo qui per parlare di questo. Dopo, forse, o un'altra volta. Siamo qui per parlare... di me. Di... –

– Della storia della Regina delle Fate? –

Tooru annuisce.

– Esatto. –

Tiro un silenziosissimo respiro di sollievo.

Menomale.

So che l'argomento che ci attende è ben più serio ma... menomale, menomale e basta.

Mi sistemo vicino a Tooru.

– Tooru mi ha raccontato che cosa vi siete detti. Mi ha raccontato... la vostra ipotesi. Ma... –

Mi guarda per un attimo.

– Ma c'è qualcosa che non ci torna e vorremmo delle spiegazioni. Oneste. Non so se non ce le abbiate date prima perché non vi fidate o perché non volete ma se ne avete l'occasione vorremmo che... –

L'aria nella stanza si fa diversa. In un attimo, le risate e gli scherzi svaniscono e tutto diventa improvvisamente più... pesante. Sento gli sguardi scavarmi addosso come lame e tutti i miei sensi si risvegliano nella familiare sensazione di essere all'erta.

Ok, questo è quello che mi aspettavo.

Perché ci stanno le battutine sessuali, ma questo... questo è quello per cui siamo venuti.

Akaashi ferma Bokuto con due mani sul suo muso. Gli bacia la punta del naso e poi lo conduce di nuovo verso il basso, ricomincia a grattargli la zona dietro le orecchie e si rivolge a noi.

Prima era più acquamarina, il colore dei suoi occhi.

Ora è ghiaccio.

– Non è né perché non ci fidiamo né perché non possiamo. È un'occasione, quella che ti abbiamo dato, Tooru. –

– Un'occasione? –

Kenma annuisce.

– Un'occasione. –

Un'occasione nel senso che...

– L'occasione di tenerti una spiegazione superficiale e scappare, andartene via e non tornare qui mai più. L'occasione di non sapere troppo. –

– Siamo stati vaghi, è vero, lo so, e comprendo che siate curiosi. So che pensate di aver ricevuto informazioni gettate a caso su di voi, so che questa storia sembra completamente uscita dal nulla e che vi abbiamo indirettamente mentito, ma... –

– È perché così avete l'occasione di sapere chi è Tooru e dimenticarvi di saperlo quando sarete lontani. –

Parlano uno sopra l'altro, mescolano le voci al punto che non comprendo chi dei due parli in maniera così distinta, sento solo quello che dicono.

Quello che dicono... non mi piace.

Non mi piace perché...

– Perché mai dovrebbe essere così pericoloso sapere chi sono? Perché mai avreste dovuto mentirmi? –

Tooru è teso.

Io... io non so come sono.

Sono solo...

– Per darti l'opportunità di vivere una vita normale. Una vita in cui non sei una creatura magica che tuo padre ha speso la vita a cacciare e uccidere, Tooru. –

Per...

Oh.

Oh, ho capito cosa intendono.

Io ho capito.

Ho...

Ecco perché. Non per cattiveria, non per protezione, non per crudeltà. Per lasciarlo libero. Per non dirgli come sono andate le cose. Per evitare la discussione e per confonderlo.

Loro gli hanno detto le cose giuste nel modo sbagliato per non spiegargli il resto.

Gli hanno detto chi era ma senza contestualizzarlo per... farglielo sapere e farlo scappare senza nessuna emozione legata alla storia del perché fosse così.

Loro sanno.

Sanno tutto.

E se non tutto, quantomeno buona parte.

Mi schiarisco la voce.

– Quindi voi credete che dicendo a Tooru che è la Regina delle Fate e inventandovi che fosse un'idea che vi è spuntata così per caso lui non si sarebbe azzardato a chiedervi altro e se ne sarebbe andato senza dire niente? –

Kenma fa spallucce.

– Era così improbabile? –

Akaashi piega la testa verso il suo amico.

– Abbiamo anche fatto la scenetta in cui davamo la mano per percepire la sua magia per convincerlo. Credevamo che avrebbe funzionato. –

– Quindi mi avete mentito di proposito? –

Guardo Tooru appena sento il modo in cui ha detto quest'ultima frase. Lo guardo e mi viene l'incredibile, irrefrenabile voglia di abbracciarlo, consolarlo, tirare fuori la spada e tagliar loro la testa.

Sembra...

Ferito.

Ed è ferito perché...

Yggdrasill, se non siamo molto più simili di quanto credessi e se non me ne rendo conto di più ogni giorno. È solo, è sempre stato solo, e credeva di... di potersi fidare.

Non gli trema il labbro inferiore e non è sul punto di piangere, ma lo sento.

Kenma sorride.

– Sì. Ti abbiamo mentito di proposito. Speravamo che mescolando le informazioni e facendo le cose nel modo più casuale possibile ti saresti sentito spaventato e non avresti chiesto altro. Speravamo che le informazioni ti sarebbero bastate e che te ne saresti andato. –

– Non l'abbiamo fatto per farti del male, ma solo perché... è una storia lunga ed è una storia triste, molto più triste di quel che credi. E siamo entrambi d'accordo che se non la sapessi sarebbe più sicuro per tutti. –

Apro un braccio e lo stringo sulle spalle della persona al mio fianco.

Lo stringo forte.

No, non rimanerci male, non farlo, non... non voglio, io non voglio che tu stia male, non voglio che...

– Quindi non mi racconterete la verità mai? Quindi sono qui inutilmente, quindi continuerò a non sapere niente e a... –

– Credi che ti serva sapere qualcosa? Non ti basta stare con il tuo Sterminatore e... –

– Allora potevate non aprire l'argomento e lasciarmi nella mia ignoranza. Nessuno vi ha chiesto di dirmi che non ero un Elfo e di avvicinarvi a me. Non riesco a capire come possiate credere che tutto questo sia meglio per me. –

Lo dice con rabbia. Quasi come se fosse deluso, assolutamente deluso. Si stringe nelle spalle e si stringe verso di me, china lo sguardo, si morde l'interno della bocca.

Cerco di mantenere la calma.

– Tooru ha ragione. Perché iniziare il discorso in primo luogo se non avevate intenzione di spiegarlo chiaramente? Non sarebbe stato più facile far finta di niente? – chiedo.

Akaashi spalanca gli occhi.

– E mandare in giro la Regina delle Fate ignara di esserlo a zompettare in giro? Tu hai una minima idea di quanto sia pericoloso? Di quanto i suoi genitori lo stiano cercando? Hai una minima idea di cosa potrebbe succedere se finisse nelle mani sbagliate e... –

– No, non ho la minima cazzo di idea! E lo sapete perché? Perché nessuno mi spiega un cazzo e perché non so niente e perché ieri ero una troia mandata in giro perché mio padre si arricchisse e ora mi dite che tutto il mondo vuole uccidermi e giuro che sto uscendo di testa perché stavo benissimo anche prima che... –

– Tooru. –

Gli muore la voce in gola, quando chiamo il suo nome.

Si affievolisce e si assottiglia, si spezza.

Appoggio la fronte contro la sua tempia.

– Va tutto bene, Tooru. Tutto bene. Ci penso io, ok? Ci penso io. Tu sta' tranquillo, lascia fare a me. Ti va? –

Chiude le labbra, stringe forte la mia mano.

Annuisce.

– Ok, tu vieni qui. –

Mi tiro su e mi siedo ancora più vicino a lui, lo stringo e prendo un grande respiro.

Poi mi rivolgo ai quattro che ci fissano dall'altro divano.

– Ci sono due modi in cui possiamo mandare avanti questa cosa. Il primo è che tu, Kenma, ti ricordi che tu sei la Benedizione delle Fate al popolo degli Gnomi e che siete alleati da ben prima del Grande Sterminio. Quindi se Tooru è veramente una Fata e credo di aver capito che lo è tu gli devi i tuoi servigi come lui li deve a te. –

Kenma arriccia il naso.

Sembra infastidito.

Sembra...

Akaashi attira l'attenzione schiarendosi la voce.

– Il secondo modo? –

– Il secondo modo è che faccio l'unica cosa che voi credete io sia in grado di fare. Siete quattro contro uno, lo so, e probabilmente uscirei morto da questo scontro. Ma qualcuno di voi bastardi lo porto con me e non voglio immaginare come cazzo debba essere per quelli che rimangono sopravvivere. –

Il ringhio si riaccende d'improvviso nella stanza.

Io porto la mano verso l'elsa che emerge dal fodero legato alla mia cintura.

Kenma perde qualsiasi tipo d'espressione avesse dipinta sul viso.

– Ci stai minacciando? Sei entrato in casa nostra per minacciarci? Sei arrivato a tanto, Iwaizumi Hajime? –

Spingo Tooru verso di me, l'orecchio contro la mia spalla. Tappo l'altro con la mano, poi mi sporgo quel che basta col viso verso il centro della stanza.

– Ho sterminato la mia gente, Kenma. Visto che pare l'unica cosa che sai di me, vorrei che te lo ricordassi. Sono entrato nel villaggio dove sono cresciuto e ho massacrato migliaia di persone innocenti senza fermarmi per giorni. Ho marciato sui loro cadaveri sporco del loro sangue. Tu non hai la minima idea di cosa io possa arrivare a fare. –

L'aria diventa gelida.

Non indietreggio.

Non cedo.

Lo fisso, continuo a guardarlo e...

Kenma sbuffa, incrocia le braccia e si siede all'indietro, guarda Akaashi e alza le spalle.

– Senti, se lo vogliono sapere glielo diciamo e sticazzi. Non so te ma io ho paura e vorrei vivere. Poi ha ragione sulla questione dell'alleanza, io per mia natura devo fedeltà alle Fate. –

– Ma non avevamo detto che era troppo pericoloso? –

– Gli facciamo fare un giuramento e chi s'è visto s'è visto. –

Akaashi mi squadra, abbassa il mento in segno di assenso.

– Ok, ma solo col giuramento. –

Lascio andare Tooru che si guarda attorno confuso e mi si avvicina immediatamente.

– Che hai detto? Perché mi hai tappato le orecchie? Che cosa sta succedendo? –

– Li ho un po' minacciati, niente di che. Hanno detto che va bene se giuri. –

– Cosa devo giurare? –

– Credo... –

Kenma agita la mano per attirare la nostra attenzione.

– Dovete giurare uno sulla vita dell'altro che qualsiasi cosa accada non attaccherete i nostri Regni. Qualsiasi cosa. E Tooru deve giurare che se mai dovesse risvegliare la sua magia, cosa che comunque non gli consiglio di fare, non la userà né su me, né su Kuroo, né su Akaashi o su Bokuto. Se giurate che non ci succederà niente, allora possiamo anche farlo. –

– Sulla vita uno dell'altro? –

– Sì, principino, tu giuri sulla vita dello Sterminatore e lui giura sulla tua. –

Entrambi c'irrigidiamo.

Sembra... una cosa facile.

Ma non lo è.

Io non voglio giurare sulla vita di Tooru.

Io non voglio fare niente sulla vita di...

– Posso farlo? –

Quando mi rivolgo a lui mi accolgono grandi, enormi occhi scuri che si specchiano nei miei. Non sorride, è ancora un po' sballottato dalla discussione, ma vedo... un barlume di speranza.

Lui vuole sapere.

Vuole davvero sapere.

Chi sono io per negarglielo?

Chi sono io per chiudere nella mia paura anche lui?

– Puoi. Posso farlo con te? –

– Certo. –

Scivola con il volto dalla mia parte, in un istante che sembra pura e chiara e semplice intimità mi appoggia le labbra sulla guancia.

Poi si gira e parla.

– Giuro sulla vita di Hajime che non attaccherò mai i vostri Regni. Giuro sulla vita di Hajime che non userò mai, dovessi mai risvegliarla, la mia magia su nessuno dei presenti in questa stanza. Giuro sulla vita di Hajime che non costringerò nessuno di voi quattro a fare qualsiasi cosa contro la vostra volontà. –

Deglutisco la saliva, prima di imitarlo.

Non voglio.

Non voglio...

Non perché voglio far loro del male. Ma perché potrebbe andare in così tanti modi diversi che...

Lui vuole che io lo faccia, però.

Lui me l'ha chiesto.

E se lui lo vuole, che Yggdrasill mi benedica, io lo farò.

– Giuro sulla vita di Tooru che non attaccherò mai nessuno dei vostri Regni. –

Stringo lo sguardo.

– Vi prego solo di ricordarvi che attaccare qualcuno e difendersi da qualcuno sono due cose diverse e io ne ho giurata solo una. –

Akaashi annuisce.

– Come se mai ci potesse venire in mente di attaccare la Regina delle Fate. –

Alzo le spalle.

– Non so cosa potrebbe venirvi in mente, sappiate che in tal caso io non ho giurato di non combattere per difendermi da voi, solo di non attaccarvi. –

– Perfetto. –

– Perfetto. – ripeto.

Di nuovo cala il silenzio, ma è un silenzio diverso da quello di prima, meno teso e meno ostile, giusto una pausa d'attesa.

Stringo Tooru a me, in questa pausa d'attesa.

Lo stringo dalle spalle.

Ti ho tappato le orecchie perché non volevo che mi sentissi essere cattivo con qualcuno, perché vorrei che di me quella parte non la vedessi mai. Ma intendevo ogni parola.

Lo rifarei.

Per te, io lo rifarei.

Uscirei grondante di sangue da qualsiasi villaggio, affonderei la lama della mia spada sul petto di chiunque, guarderei le persone morire senza il minimo rimpianto.

Non voglio che tu sappia quanta crudeltà sono disposto a fare per te.

Ma ne farei.

Credo...

Credo che farei di tutto.

Credo che farei di peggio.

Credo che il cane del Re che ha ucciso e sterminato non sia niente in confronto a quello che potrei essere se tu, Tooru, tu mi chiedessi di usare la mia violenza per te.

Sono fortunato che tu sia così dolce e così buono.

Perché se ci fosse cattiveria in te, io so che sarei disposto a strappare ogni vita in nome tuo.

Mi stringe forte la mano.

Mi sorride.

Io lascio che la tensione defluisca dalle mie spalle.

Ad aprire le danze, è Kenma.

– Ok, la storia è lunga ed è complicata. Ci sono i fatti recenti e i miti antichi. Prima dei fatti, però, c'è una cosa che credo sia necessario tu sappia. Tu sai come funziona la magia in questo mondo? –

Tooru piega la testa.

– In che senso "come"? So che i miei usano la magia degli elementi e che Akaashi fa gli incantesimi e che... –

– Ok, non lo sai. Lascia che te lo spieghi. –

Kuroo si adagia col muso a fianco del suo viso e gli strofina il naso su una guancia, prima che parli.

– Tu devi considerare il nostro mondo come se fosse fatto di fili intrecciati fra di loro. Ogni essere vivente, ogni forma di vita è un filo, alcuni sono di alcuni colori e altri di altri, alcuni sono fili lunghi e molto intrecciati altri, come Hajime, sono fili che nessuno può toccare. La magia consiste nel poter muovere questi fili a proprio piacimento, ma ogni magia può muovere quei fili in un certo modo e in un certo senso. –

Si sistema le maniche sulle braccia, riprende fiato.

– La magia degli Elfi, visto che è da lì che parti, è una magia personale. Consiste nell'interagire con la Natura, nello sfruttare gli elementi che ti circondano. È personale perché gli elementi non hanno magia ma un Elfo la imprime su di essi facendoli agire a proprio piacimento, pertanto la forza di un incantesimo elfico risiede nella persona che lo fa. Chiunque può fare un incantesimo elfico, perché chiunque può interagire con un elemento inanimato, ma solo gli Elfi hanno la quantità di magia necessaria perché effettivamente funzioni. –

– Per quello posso raffreddare il tè? –

– Tu sei un caso a parte ma sì, all'incirca. Mettiamola così, Kuroo può fare l'incantesimo per raffreddare il tè perché è lui che interagisce con l'acqua, lui usa solo il suo filo per fare quella magia. C'è da dire che il suo filo non è abbastanza forte per costringere l'acqua a muoversi come vorrebbe, mentre il filo di un Elfo è di natura molto più spesso e rigido. –

Tooru aggrotta le sopracciglia.

– Quindi la magia elfica la usano tutti ma solo gli Elfi sono abbastanza... pieni di magia perché gli incantesimi siano forti? –

– Sì, all'incirca sì. –

La voce che si leva dopo, è quella di Akaashi.

– La magia elfica è la magia comune perché gli Elfi sono la manifestazione della Natura, quindi funziona a prescindere dalla razza, questo significa che una creatura magica forte di un'altra razza, se ha un... filo abbastanza spesso può usare quella magia. Io ho una magia molto forte, alcuni degli incantesimi elfici li so usare molto bene. C'è da dire che se fossi un Elfo, con lo studio e gli anni che ho, sarei molto più bravo a usarla di quanto lo sono ora. –

Sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

– Ci sono poi un'altra categoria di creature magiche che può soltanto muovere il proprio filo e la cui magia consiste proprio nel loro filo. I Mutaforma, gli Gnomi, le Sirene, i Troll, e così via. La loro magia consiste in quello che sono, nella loro natura. Kōtarō non può trasformarmi, non può muovere il mio filo, ma può piegare il suo per passare da una forma all'altra. –

Tooru sposta lo sguardo verso Kenma.

– Tu hai una magia di natura? Ma ti ho visto muovere un tronco, quindi quella non è magia elfica anche se lavori con gli eleme... –

– Io sono il Bosco degli Gnomi, Tooru. Non muovo gli elementi perché il Bosco lavori con me, il Bosco è un'estensione del mio corpo. Per me è come muovere un braccio o una gamba. Non funziona con tutti i Boschi, solo col mio perché è quello dove sono nato e quello della mia gente, ma fa parte della mia natura. Cammina con me e respira con me. Il ramo che hai visto uscire dalla terra quando Tora vi ha attaccati era una delle mie radici. –

– Oh, ho... capito. –

Akaashi sorride, riprende la parola.

– E poi ci sono le magie come la mia e come la tua. Le magie che muovono i fili degli altri. Sono quelle pericolose e quelle che spaventano, quelle che è più difficile evitare. La mia magia mi permette di... cucirmi dentro i fili degli altri. Funziona con la conoscenza, bisogna studiare molto, ma posso imparare tanti incantesimi che mi permettono di modificare gli altri, dentro o fuori. Tutti i miei incantesimi però sono temporanei. Più lavoro sul mio filo, più posso renderli duraturi. Ora possono durare anche anni. Quando sono diventato una Strega e ho sperimentato coi primi, duravano a malapena qualche minuto. –

– Tu sei diventato una Strega? Non ci sei nato? –

– I Non Morti non nascono, diventano. Lo dice il nome. Se nel momento in cui stai morendo qualcosa interviene sul tuo filo magico, qualsiasi creatura tu sia, non muori e diventi un Non Morto. Per me è stato... l'incantesimo di un'altra Strega, per le creature che succhiano sangue è il veleno di uno come loro, per gli Spiriti di norma l'esagerazione di uno stato emotivo. Siamo le uniche creature che non nascono così. –

Tooru annuisce.

Si guarda le mani dall'alto, poi fa la domanda che tutti ci aspettavamo facesse con un filo di voce.

– E la mia magia... che fa? –

Akaashi prende un grande fiato.

– La tua magia sposta i fili degli altri. Non come la mia, non li modifica, li sposta. Li lascia perfettamente integri e non li danneggia né dentro né fuori, semplicemente, li muove. È per questo che è pericolosa. Perché se io faccio un incantesimo a qualcuno, quel qualcuno sa che glielo sto facendo. Lo può accettare o meno, e se non lo accetta c'è la possibilità che lo rompa. Se tu usi la tua magia su qualcuno, quel qualcuno non ne ha la minima idea e crede che sia la sua volontà a dirglielo, che sia una sua scelta. È per quello che sei un problema del mondo magico, Tooru, perché l'unica cosa che ognuno di noi ha è il libero arbitrio, e tu puoi piegarlo come ti pare. –

– Io posso fare questo? –

Akaashi annuisce.

– Tu puoi fare quello. Ogni Fata può farlo, in misura diversa. Alcune possono muoverli poco, altre possono per un tempo minore. Tu puoi muoverli tutti quanto ti pare. Tutti... tranne quello di Hajime. –

Spalanca gli occhi.

Tooru spalanca gli occhi.

Completamente sbigottito.

Akaashi continua.

– Nel mondo reale, metafore a parte, questo meccanismo s'instaura con la seduzione. Di norma è qualcosa di sessuale ma non è necessariamente così, se usassi la tua magia su qualcuno a cui non interessa il sesso sarebbe una seduzione emotiva, è solo più frequente che sfoci nel sessuale e nell'attrazione fisica perché molte persone non controllano quella parte di loro stesse. È anche il motivo per cui è frequente che gli Umani vi aggrediscano, perché non hanno barriere per proteggersi e percepiscono la vostra seduzione anche se non la state usando, come se fosse un profumo che non vi siete messi ma che si sente ancora. –

– Quindi è per quello che... –

– Che tuo padre ti mandava in giro a fare accordi politici e che finiva sempre col sesso. Quella magia residua che attira gli Umani per una Fata normale, per te è comunque forte vista quella che potenzialmente hai, e bastava per sedurre le altre creature. Ovviamente considerando che il tuo aspetto contribuiva e che loro erano interessati a quello a prescindere dall'effetto della tua magia. –

– Oh. –

Stringo i denti.

Non parlate di Tooru e di sesso, ve ne prego.

L'idea che Tooru... con quella gente...

– Gli Umani non hanno magia? –

– No. Sono le uniche creature che non ne hanno. Ma sono creature intelligenti, interessanti, che hanno una grande forza di aggregazione. Hanno i loro punti forti, o non ce ne sarebbero così tanti. –

– E Hajime? –

Cinque paia di occhi si girano verso di me.

– Iwaizumi è quello che succede quando due creature con due magie completamente opposte si mescolano e Yggdrasill decide di ricomporle in una creatura nuova. Di fatto la sua è una magia di natura, la usa solo su se stesso, ma non ne ho mai viste di simili ed è sicuramente particolare. Su di lui funzionano le cose meccaniche, ad esempio i rami di Kenma, lui gliene può legare uno addosso. Però una volta che l'ha toccato per bene quel ramo non è più un braccio di Kenma, è solo un ramo. Ovviamente tutte le magie rivolte all'interiorità, gli incantesimi, i filtri o le tue seduzioni non funzionano. –

– Wow. –

Piego la testa verso Tooru.

– Wow? –

– Sei molto wow, Iwa-chan. –

Ride piano e sono felice di vederlo fare.

Un minuscolo sorriso si disegna sul mio viso.

Kenma si porta una mano di fronte alla faccia, si stropiccia gli occhi.

– Ultimissima cosa, le magie di legame. Alcune sono strane e sono complicate e solo creature magiche molto, molto anziane riescono a farle, altre sono più semplici. La magia che io e Akaashi usiamo per parlare nella testa è una magia di legame, un incantesimo. Non è difficile, pare che anche alcuni umani lontani discendenti da creature magiche ne siano in grado, fa molta scena ma non è complicato. –

Si tira indietro i capelli dal viso infilandoli distrattamente dietro le orecchie.

– Un incantesimo di legame che invece è molto complesso e che quasi nessuno è in grado di fare bene è il matrimonio elfico. Il matrimonio elfico è una magia di legame che lega le essenze vitali. Non so perfettamente come funzioni. –

– È sempre elementare, in teoria. –

– Davvero? –

Akaashi annuisce.

– È un po' macabro. O un po' romantico. Dipende dai punti di vista. La formula dice che... devi scambiare il sangue che scorre nel corpo di due persone e cambiare l'aria dentro i loro polmoni, scambiare il fuoco delle loro passioni e le radici delle persone che sono, quindi è elementare. C'è da dire che io non ho la minima idea di come si scambi il fuoco delle passioni in due persone, cosa significhi farlo né come mai funzioni in quel modo, però ecco, teoricamente è questo. –

– "In quel modo" quale? –

Oh, eccola svanita la nostra goccia di tranquillità.

Il tono di Tooru è di nuovo funereo.

– Finisce che nella quasi totalità dei casi uno prevale sull'altro. Diciamo che se le anime non sono in sintonia uno dei due diventa un corpo vuoto guidato dalla volontà dell'altro. È un rito pericoloso. Porta tanti benefici, soprattutto se una delle due creature non è longeva come l'altra, perché spezza la magia in due corpi, ma se non c'è un equilibrio perfetto può succedere veramente un casino. –

– Oh, miseria, e mio padre... –

– Già, tuo padre. Parleremo anche di lui. Hai presente il teatrino in cui io e Kenma facciamo finta di chiederti se sia stato tuo padre a bloccare la tua magia? –

Nessuno sorride, nella stanza.

– È stato lui. Non è un'ipotesi, è una certezza. È stato lui. Ah, e per la cronaca, non te l'hanno mai detto perché nessuno l'ha mai detto al Re degli Umani e tu di conseguenza non l'hai mai saputo, ma Hajime, l'ultimo Antico rimasto in vita non era la Regina delle Fate che credevi di aver ucciso. È il Re degli Elfi. E purtroppo quel bastardo non l'hai sterminato. –

– Mio padre è un Antico? –

– Tuo padre ha quasi duemila anni. –

Due...

Due che?

Duemila?

Duemila...

Kenma si tira su in piedi. Kuroo dal divano si alza e scende una zampa alla volta, poi si acciambella per terra, attorno al cuscino, aspettando che il suo compagno si risieda.

Così, con la schiena fra la pelliccia scura e completamente avviluppato da una creatura che non so come lo fa sentire palesemente più tranquillo, interviene.

– Non ti mentirò, visto che me l'hai chiesto. –

Guarda Tooru in faccia.

– Tuo padre ti odia da duemila anni. Tuo padre odia quello che sei da duemila anni. Il mio Bosco c'era, allora, e mi ha raccontato il mito quando le Fate gli hanno dato vita con me. Tuo padre ha sempre odiato la Regina delle Fate ed è sempre stato il più bastardo dei figli di puttana esistenti al mondo. Ha provato ad ucciderti in tutti i modi ma prima dell'arrivo di Iwaizumi non è mai riuscito a minacciare seriamente il tuo popolo. Se cerchi un nemico in questa storia, Tooru, è lui. –

– Mio padre mi odia? –

– Tuo padre ti odia. –

– Perché mai dovrebbe odiarmi? Perché è spaventato da... –

Kenma sbatte le palpebre.

Scuote la testa.

– Tuo padre ti odia perché in duemila anni di vita non è mai, mai, mai riuscito ad averti. –

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

➥✱"bagairteach" in gaelico significa "minacciare"

OK OK lo so che è lungo e che nonostante sia lungo c'è solo metà spiegone ma lo spiegone su perchè il vero villain sia il padre di oikawa mi avrebbe richiesto un po' troppo spazio e sarebbe venuto su un mostro di quindicimila parole (credo si fosse capito che era il cattivo ma è super cattivo raga)

comunque

1) iwachan che minaccia la gente mi smuove qualcosa. qualcosa di losco. qualcosa di AAAAAAAAAA DEVO ANDARE DALLO PSICOLOGO (ci vado da sette anni ma credo di doverci andare di più)

2) dialogo collettivo = ho paura di aver fatto una merda ditemi che non ho fatto una merda

3) niente raga spero che vi sia piaciuto ecco boh

ok torno a studiare buonanotte buongiorno ciao ci vediamo presto con i bokuaka e le vecchie e il cane e un po' di drama un po' di bordello (molto bordello) (ma non fra loro due loro due si amano dw)

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