𝗺𝗮𝗰

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Nonostante io sia una persona tendenzialmente mattiniera, a dirla tutta, il momento del risveglio non mi ha mai fatto particolarmente impazzire.

È vero, il mio orologio biologico scatta appena passata l'alba, il mio corpo e il mio cervello si coordinano nell'impormi di tirarmi su.

Ma di norma, onestamente, mantengo sempre quella vena irritata di chi si sveglia e pensa che magari, forse forse, sarebbe stato meglio continuare a dormire.

Nella vita che ho condotto, negli ultimi dieci anni di essa in particolare, aprire gli occhi era un'altra esperienza in un'altra giornata uguale, un'altra ripetizione di uno schema ben chiaro.

Aprivo gli occhi, poltrivo un po', tiravo su il peso del mio corpo e scendevo di sotto a fare le mille faccende che mi occupavano la giornata.

Ora, però, ora direi che tutto è completamente, trascendentalmente diverso.

Mi è mai capitato di dormire con qualcuno?

"Sì e no" è la risposta.

Non prendo sonno facilmente, se sono con qualcuno nella stessa stanza, perché la mia natura da soldato mantiene in sé una non fiducia nei confronti degli altri.

Ma capitava che mi lasciassi andare dopo essermi rigirato per ore, per poi svegliarmi come se non avessi dormito un minuto.

Dall'altra però, dormire da solo non mi è mai piaciuto.

L'ho fatto gran parte della mia vita, ma non mi è mai piaciuto.

E la via di mezzo dov'è?

La via di mezzo sta nel dormire con persone di cui ti fidi ciecamente.

Tanti anni ho dormito con mia madre, che mi stringeva al petto e cantava in lingua antica, profumava di zucchero, mi accarezzava i capelli.

Ho dormito con Tobio quando era con noi alla Corte degli Umani, mi giravo dall'altra parte perché non amava essere toccato, ma lo sentivo attaccarsi alla mia schiena e aggrapparsi con le manine su di me come se lo rassicurasse.

E poi, insomma, poi è arrivato Tooru.

Dormire con Tooru è...

Lo so che ho detto tante volte che l'Elfo mi irrita quando s'imbuca nel mio letto, ma era prima di ieri, e dei tre giorni fa in cui ho realizzato la verità.

Dormire con Tooru è la cosa migliore della giornata.

L'Elfo è tremendamente espansivo, e quando arriva a letto e stiamo per addormentarci, inaspettatamente... materno?

Non so come spiegarlo senza farlo sembrare idiota, ma credo di poterci provare.

Durante l'arco delle ore che passiamo in piedi, fuori da qui, Tooru è un po' infantile, pigro, gli piace che faccia le cose per lui e che sia responsabile nell'aiutarlo in tutto.

Nei momenti notturni, a letto, questa cosa si ribalta.

Mi... tiene fra le braccia.

Sale sul materasso, finché la mia testa non è sul suo petto, mi infila le dita fra i capelli, mi parla con un tono soffuso, come se volesse rilassarmi.

Non so cosa trovi di perfetto in questo, non riesco a comprenderlo.

È che sono così abituato a prendermi cura di lui che... lui che si prende cura di me è particolarmente efficace.

Non si lamenta quando gli tocco le cosce, il fianco, o la schiena, come se strizzare la sua pelle morbida mi rilassasse, e anzi mi stringe più forte, mi fa sentire più protetto, nonostante le braccine sottili e l'incapacità di difenderci più assoluta.

Dormire con l'Elfo, è meraviglioso.

E svegliarsi con l'Elfo, miseria, lo è ancora di più.

Non ricordo precisamente che cosa mi abbia svegliato, se la luce o il respiro di Tooru che s'incespica, e non ricordo neppure che cosa sia successo nei primi istanti, ma ora ho un paio di ginocchia che affiancano la mia vita, il petto magro di un Elfo premuto contro il mio e una mano su una bella gamba.

E non potrebbe andare meglio di così.

Lo vedo che mi fissa attraverso le ciglia, mi guarda negli occhi e sorride, dolce, carino, adorabile.

Mi bacia la punta del naso, ride appena.

− 'Giorno, Iwa-chan. –

Sorrido anch'io.

È troppo presto per incazzarsi, e sfido chiunque a farlo con quest'essere spiaccicato sopra la faccia.

− 'Giorno, Tooru. –

Ieri sera... credo ieri sera di aver fatto un sacco di cose interessanti e fuori di testa.

Prima di tutto, ho nitidi ricordi di corpi nudi e schiene che s'inarcano, ricordi che alla mia condizione mattutina fanno cadere la terra sotto i piedi.

Poi credo anche di averlo traumatizzato coi racconti del passato.

E credo infine di aver magari, per caso, confessato un'indicibile cotta nei suoi confronti.

Ma sono sicuro, e di questo in maniera totalmente lucida, che i frutti di quello che ho fatto ieri sera si stanno presentando e li amo uno più dell'altro.

Tooru è in uno di quei suoi ridicoli pigiami colorati, col colletto largo che rivela tutto il corpo quando si china, che sfrega la fronte contro la mia guancia come per lasciare che il suo odore mi si attacchi addosso.

Oh, merda, quanto amo tutto quello che ho fatto ieri sera.

− Dormito bene? – mi sento chiedere, mentre il mio cervello tenta di accendersi e viene immediatamente rimandato indietro dai dettagli più che meravigliosi di tutto quello che Tooru è.

− Hai scalciato tutta la notte. –

− Davvero? –

S'imbroncia come un bambino, di risposta stringo la mano sulla sua gamba e scuoto la testa.

− Scherzavo. Ho dormito benissimo. –

Si lecca le labbra.

− Non avevo dubbi. –

Non so se sia in lui totalmente, il cambiamento, o si leghi soltanto al fatto che è mattina presto, ma sembra meno complesso del solito, il modo che ha di fare.

Non costruisce, non sistema.

Fa.

Vedo le sue anche che ondeggiano quando si spinge più avanti, sento le sue mani toccarmi il petto, aspetto che si sieda.

− Anche io ho dormito bene. Vorrei svegliarmi allo stesso modo. –

Si tira su, a cavalcioni del mio grembo, con le mani appoggiate al mio petto e il peso completamente sbilanciato indietro.

Che visione, cazzo, che visione.

Tooru sopra di me è la migliore delle visioni.

− Vuoi svegliarti bene, Tooru? –

Abbassa il bacino, lo muove con un unico gesto e sorride quando la mia voce si piega in un gemito che non riesco a respingere.

− Così bene da riaddormentarmi subito dopo. –

Getta un istante la testa indietro, i riccioli castani che fluttuano nell'aria.

Ha il collo sottile, Tooru, sottile ed esile, lungo, regale. È bianco come il resto del suo corpo, di quel pallore d'alabastro che lo rende tanto elegante, e inizio a pensare di...

Non credo starebbe male la mia mano su quel collo.

Non... credo.

− Abbassati. – dico, con il cervello che ora mi butta addosso solo immagini di dita strette attorno a giugulari.

Tooru ne fa uno spettacolo, inarca la schiena e tira su le anche, mentre si abbassa su di me.

− Che c'è, ti mancavo? –

Infilo la testa oltre il suo viso, atterra sopra la clavicola.

Profuma di più, in questa zona.

È particolare il fatto che sia lui ad avere quest'odore così dolce e non il sapone che usa, ma sono piuttosto certo di sapere che cosa compro e cosa uso, e sono sicuro che la saponetta bianca questo profumo, non ce l'ha.

− No, ma che cazzo dici. – borbotto.

Non è che mi ricordi bene cosa mi abbia chiesto, anche se l'ha fatto due secondi fa, ma per quel che vale ho usato una delle mie risposte di default.

Si stacca con più forza di quanta mi sarei aspettato, mi fissa negli occhi.

Non è offeso, non per davvero, almeno.

Ha solo la faccia di qualcuno che vuole provocare una reazione.

− Davvero? Se non ci fossi non ti mancherei? –

Certo che mi mancheresti, che cazzo. Un sacco, mi mancheresti, stupido Elfo.

− No, assolutamente. – rispondo, con la stessa faccia da culo che ha lui.

Credo che la prenda come una sfida o qualcosa del genere.

Apre di più le gambe, abbassa di più il bacino.

Se prima ci poteva essere l'idea che magari stessimo scherzando, ora Tooru non scherza più.

Mette il viso al fianco del mio, prima di calare il bacino su di me con un'energia che non credevo l'Elfo avesse in corpo.

− Allora? –

Mi devo mordere il labbro per non gemere.

− Merda, Elfo, vuoi uccidermi? –

Ripete lo stesso movimento, inutile dire che questa volta il verso esce dalle mie labbra.

Non che mi vergogni, per carità.

− Forse. Ma qualcosa mi dice che ad Iwa-chan piace molto quello che faccio, no? –

Oh, ad Iwa-chan piace.

Piace molto.

Moltissimo, se proprio vogliamo scoprire tutte le carte.

Lascio salire la mano che tenevo sulla sua gamba più in alto, verso il fianco, verso l'orlo dei pantaloni che porta.

Ma quando infilo le dita oltre l'orlo, la schiaffeggia via.

− Dimmi quello che voglio sentire e forse te lo lascio fare, Hajime. – ordina, sorridendo.

Vuole che gli dica che mi mancherebbe se non ci fosse? No, non credo sia questo, credo che l'abbia ben che capito, quanto starei male se non ci fosse.

Credo semplicemente che voglia prendermi un po' in giro.

E se dobbiamo ballare, balliamo.

Sorrido, lo vedo trattenere il fiato.

La mia mano, da com'era stesa sul letto dopo che l'ha scansata un attimo fa, torna sulla sua gamba, con meno gentilezza di prima.

Se stringessi ancora un po' potrei fargli male.

− Fermami, Elfo. –

Il suo sguardo si fa più affilato in un istante, cala in quel modo che lo fa sembrare più grande di quanto non sia e sicuramente più minaccioso.

− Iwa-chan dovrebbe comportarsi meglio, se spera di ottenere qualcosa in cambio, lo sai? –

Miseria, se non spera di ottenere qualcosa in cambio.

− Dici? –

È a pochissimi millimetri dalle mie labbra.

Mi sporgo per baciarlo, ma il bastardo indietreggia.

− Dico, dico. –

− Dai, Elfo, non fare lo stronzo. – mi viene naturale borbottare, quando fa per allontanarsi ancora.

Sorride, sorride come uno stronzo.

Sembra un predatore, e io la preda.

Guarda tu questo stronzetto.

− Se ti chiedessi di pregarmi lo faresti? –

Credo, al momento, che potrei davvero prendere in considerazione l'idea.

Ma un'altra idea che prendo in considerazione è che Tooru, al momento, si sta comportando come un ragazzino irritante che lancia la pietra e nasconde la mano, e che penso che qualcuno dovrebbe davvero insegnargli come ci si comporta.

Stringo la mano.

Il centro delle sue sopracciglia si alza e geme a mezza voce.

− Hajime! –

Mi piace questo pigiama che mette, sì, mi piace. È un po' largo e cade sulla spalla lasciandola scoperta.

Ma cosa mi piacerebbe ancora di più?

Tooru senza il pigiama.

Oh, decisamente.

− Cedi di già, Elfo? –

Si lecca le labbra.

− Sei tu che stai cedendo. Qualcuno qua non si controlla, eh? –

Piccolo, stupido, strafottente, bellissimo, maledetto...

− Non ti biasimo. Chi riuscirebbe? – continua, e devo ammettere che sono un po' persino d'accordo.

− Potrei ammazzarti per davvero e non credo che ti lamente... −

Succede l'improbabile.

Io... pensavo che quello che sarebbe successo, nell'ordine, sarebbe stato: io che m'incazzo, io che sbatto Tooru sul materasso, io e Tooru che ci baciamo un'altra decina di minuti prima di toglierci i vestiti di dosso e rimediare un orgasmo ciascuno in modalità al momento non meglio dichiarate.

O se ancora dovessi speculare su quello che mi aspettavo e che non è successo, sarebbe stato comunque più plausibile Tooru che s'incazza, si alza e aspetta che lo preghi di tornare a letto, noi due che ci baciamo altri dieci minuti e via dicendo.

Persino noi due che decidiamo di praticare astinenza e scendiamo a farci un tè è più probabile.

Ma quello che succede davvero, quello è incredibile.

L'attimo prima sento il peso di un Elfo inaspettatamente alto sulle mie gambe che mi guarda come se volesse mangiarmi, l'attimo dopo quel peso scompare.

Trascinato via da un ammasso indistinguibile di pelliccia nera, zanne affilate e artigli che sembrano rasoi.

So che non faccio in tempo a saltare in ginocchio sul letto che si spande in camera il rumore di un ringhio.

Oh, cazzo.

Io...

L'istinto è quello di prendere la spada sotto il letto – ho spade ovunque, non si sa mai – e tagliare la testa all'animale in un attimo.

Ma riprendo, quando il panico di sapere che c'è Tooru sotto tutto quel pelo, un barlume di lucidità.

Pelliccia nera, occhi che vedo di striscio color del cielo, corpo massiccio ma giovane, non grosso e imponente come quello degli adulti.

E ancora pelle chiara che appare dopo un attimo, capelli lisci, sottili color della notte, fisico ben piazzato ma non adulto, occhi azzurri.

Cazzo, che infarto.

− Tobio, che cazzo fai? – è la prima cosa che naturalmente, mi viene da dire.

Ok che non è pericoloso, ma ha comunque tirato a terra il ragazzo con cui mi stavo intrattenendo fino a un secondo fa, lo sta tenendo per le braccia sul pavimento e gli sta... ringhiando in faccia.

− Ci penso io, Iwaizumi, non ti preoccupare. – risponde, e la cosa mi lascia interdetto.

Non faccio in tempo a realizzare che ricomincia a parlare.

− Chi sei, Elfo? –

Tooru ha gli occhi spalancati, l'espressione terrorizzata.

Ora che ci guardo, menomale che l'Elfo ha più controllo corporeo di me, se qualcuno mi avesse scaraventato a terra si sarebbe perfettamente reso conto di cosa stavo facendo l'attimo prima.

− Perché vuoi uccidere Iwaizumi? –

Ma che...

Oh, miseria.

Dimentico che i Mutaforma hanno l'orecchio fino.

Non credo che Tobio abbia ben interpretato quello che Tooru mi stava dicendo.

Faccio per aprire bocca ma di nuovo, inutilmente.

− Soprattutto, schifo di un Elfo, chi è questo maledetto Iwa-chan che ti manda? –

La parola che stavo dicendo, si trasforma in una mezza risata. Non vorrei ridere, davvero, Tooru ha la faccia di chi ha visto la morte, probabilmente si è fatto male ed è spiaccicato al pavimento che mi chiede platealmente aiuto con lo sguardo, ma...

Fa ridere, suvvia.

Fa proprio ridere.

− Tobio, molla l'Elfo. –

Si gira verso di me con l'espressione completamente confusa.

− In che senso? Ti stava facendo del male, io ti ho sentito... −

Di nuovo, nascondo una mezza risata.

Scuoto la testa.

− Non mi stava facendo male, Tobio. Mollalo. –

− Ma io... −

Qualcuno perde la pazienza.

E quel qualcuno non sono io.

− Senti, brutto ammasso di peli, se non ti togli da me io ti giuro che... −

Tobio si gira di scatto.

− Che mi fai? Eh? –

Tooru chiude immediatamente le labbra, sbatte le ciglia e lo vedo tremare quando il ringhio ricomincia a sentirsi nitido nella stanza.

− Io... io... Iwa-chan, lo mandi via? Mi mette ansia, per favore. –

Cazzo.

Adorabile.

− Tobio, via. –

− Ma... −

− Togliti dall'Elfo o ti tolgo io. –

E alla terza volta, forse la quarta, finalmente, funziona.

Vedo Tobio indietreggiare, lentamente, un centimetro alla volta, e lasciarlo finalmente andare.

Inutile dire che quello che Tooru fa è alzarsi di scatto, buttarsi sul letto e mettersi dietro alla mia schiena con le mani sulle mie spalle.

Non volevo essere brusco con Tobio ma, ecco, diciamo che ci ha presi un po' alla sprovvista. E diciamo anche che forse sono un po' troppo debole alle lagne di un Elfo con le gambe lunghe.

− Perdonami, volevo evitare che si spaventasse ancora. È un po' un cagasotto. – mi giustifico, guardando il mio figlio adottivo che spalanca gli occhi blu verso di me.

− Iwa-chan! – mi sento sgridare.

Faccio spallucce.

È vero.

Prendo un grande respiro.

− In ogni caso, Tooru, lui è Tobio, il lupo. Tobio, lui è Tooru. È il mio... −

"Ragazzo"? No, sono troppo vecchio per questo.

"Compagno"? Non credo.

− ...Elfo. –

Vedo la confusione spandersi sul viso di Tobio.

− Il... tuo Elfo? –

Giro di novanta gradi la testa, guardo Tooru a metà fra il fastidio e il terrore che piego il capo.

− Come ti definisco? Come ti piace essere chiamato, Elfo? –

− "Vostra altezza reale", "sua Maestà", magari "troia" in privato, e... −

− Tooru. –

Sbatte le ciglia.

− Digli che siamo insieme. Non so come si dica quando due persone stanno insieme ma da pochissimo. –

− Ho sentito. – sentiamo intervenire, da qualcuno che ora inizia ad avere la faccia un po' accaldata.

Torno a Tobio con lo sguardo.

− Già, hai sentito. Stiamo insieme, mettiamola così. –

Silenzio imbarazzante.

− Quindi voi due... −

− Sì, Tobio. –

− E stavate... −

− Sempre sì. –

− E io vi ho interrotto mentre... −

− Continua ad essere un sì. –

Se potesse prendere fuoco, la faccia di Tobio prenderebbe fuoco. Non è rossa, è letteralmente viola.

Abbassa lo sguardo.

− Scusa. –

− Ma di che, non è mica successo niente. – mi viene naturale dire.

È pur sempre un cucciolo, ai miei occhi, sempre lo stesso lupo grande quanto la mia testa che si rotola nelle frasche perché non sa come ritrasformarsi da solo.

Non posso...

− Come non è successo niente? Io ho battuto la testa, mi fa male il culo e non per un motivo valido e mi sono preso un infarto! Qua nessuno pensa al povero Tooru? Eh? –

− Dai, su, Tooru, non fare una scenata. – aggiungo, un po' perché Tobio sembra davvero un cane con le orecchie basse, un po' per dargli fastidio.

− Cosa? –

Merda.

Forse...

Sento le sue braccia alzarsi dalle mie spalle, il suo peso sul letto muoversi fino a scomparire dall'altro lato del materasso.

Spalanca la porta con la verve di una regina.

− Se tu speri di rimettere le tue luride manacce sulle mie belle gambette, Iwaizumi, speri male. –

La richiude.

Diciamo che la sbatte.

Forte.

Fortissimo.

Oh, miseria.

Non penso che sia stata un'ottima idea.

− Vi ho fatti litigare? Ora non state più assieme? –

− No, Tobio. Ora gli passa. – borbotto, girandomi di nuovo verso il ragazzo seminudo seduto sul mio pavimento.

Continua ad avere la faccia rossa e lo sguardo annichilito.

− Mi dispia... −

− Ti ho già detto che non importa, davvero. –

Sorrido un po', sorride anche lui.

− Pensavi davvero che fossi in pericolo? Sai che non c'è niente che possa mettermi in pericolo. –

Mi guarda e torna giù con gli occhi l'istante dopo.

− Pensavo che... −

− Che cosa? –

− Da quando tu fai sesso? –

Mi strozzo con la saliva.

Io...

− Ho sessant'anni, Tobio, e sono un uomo di bell'aspetto, persino. Credevi davvero che non avessi mai... −

− È che non ti ho mai visto con nessuno, e allora ho pensato che forse a te non piacesse... −

− Fare sesso? –

Torna rosso come un peperone.

Cerco di non ridere, mi ci impegno davvero.

− Tooru è successo. Te ne avrei parlato, se non fosse piombato qui dal nulla. – provo a cambiare argomento, avvicinandomi di poco al bordo del letto.

− Non mi piace. Ha la voce lagnosa ed è brutto. –

Mi guarda, alzo un sopracciglio.

− No, ok, non è brutto. È bello. Tantissimo. Ma ha comunque la voce lagnosa. –

− Lo so. Ma è... non saprei nemmeno come spiegartelo. È... −

− Ti piace. Si vede che ti piace. –

C'è qualcosa che...

− Tobio? Sei geloso? –

Alza la faccia, inizia a scuotere selvaggiamente la testa.

− No! Io? No, no, figurati, io... −

− Tobio, lo sai che il fatto che io stia con qualcuno non vuol dire che smetterò di volerti bene, vero? Tu e Tooru non siete in competizione. –

Chiude la bocca.

La riapre per usare solo un minuscolo filo di voce.

− Davvero? –

− Davvero. –

Vedo gli angoli della sua bocca alzarsi di un millimetro, prima che l'afflizione venga sostituita da pura curiosità giovanile.

− E quindi se faccio sesso con qualcuno gli devo chiedere se posso ucciderlo? –

− Merda, Tobio, no! –

− Ma l'Elfo... −

− Facciamo una cosa. Dimenticati tutto. Tutto, qualsiasi cosa. –

Annuisce.

− Tutto tutto? Anche quando prima ha detto che gli piace essere chiamato tro... −

− Tutto. –

Yggdrasill, salvami. Salvami da tutto questo, ti prego. Giuro che porterò le offerte, che ricomincerò a pregare, che...

− Hai da mangiare? Ho fame. –

Grazie, albero magico. Grazie. Sei un amico vero.

− Scendiamo. – sospiro.

− Scendiamo. –

Qualche minuto dopo, sono al fondo delle scale che sospiro perché per quanto ami il mio figlio adottivo e per quanto gli voglia bene, io, queste scale, progettavo di scenderle nudo fra tre ore dopo essermi riaddormentato.

E progettavo di essere solo nell'istante in cui avrei visto spalle bianche girate a fare il tè.

E invece.

− Tooru, sei ancora arrabbiato? –

− Dimmelo tu, miserabile. –

Ha la voce infastidita, ma meno di prima.

Forse se...

Ma c'è Tobio, e...

No, ok, solo un pochino.

Attraverso la cucina, circondo la vita di Tooru con un braccio e stampo un bacio sulla sua guancia.

− Non volevo farti arrabbiare, dai. Se smetti di tenermi il muso ti presento Tobio. –

Inizia a sorridergli la faccia da sola, e mi viene da ridere quando cerca di tirare giù l'angolo della bocca che non riesce a controllare.

Lo bacio un'altra volta.

− Ti sei fatto male da qualche parte? –

− No, no. Stavo... facendo scena, prima. Mi dispiace di averti imbarazzato. –

− Eh? –

Gira il cucchiaio nella teiera, lo tira fuori.

− Sai, ecco, io sono stato un po'... −

− No, no, ma che dici. Avevi anche ragione. Non mi metti in imbarazzo, Elfo. –

− Sul serio? –

Bacio una terza volta la sua guancia, lo osservo mettere il filtro nell'acqua calda.

− Serissimo. Sei un po' drammatico, è vero, ma credo che chiunque si sarebbe spaventato a morte, cazzo. Tobio è pur sempre un Mutaforma quasi adulto. –

− Non sono adulto, sono adolescente. Sarò adulto fra tre anni, Iwaizumi. –

Mi giro.

− Stai ascoltando? –

− Non dovrei? –

Sento Tooru ridacchiare.

− Stronzetto. – borbotta.

− Hey! –

Tooru ride più forte, questa volta.

− A palazzo avrei pagato per avere le orecchie che hai tu, lupo. –

− Ehm... grazie, immagino. –

Ultimo bacio, striscio la mano sulla sua schiena in un gesto d'affetto prima di sedermi di fronte a Tobio e aspettare che arrivi il tè.

Mi prendo un attimo per guardarlo, ora che ci sono, non sono stato colto in flagrante a sbaciucchiare un Elfo e nessuno vuole uccidere nessuno.

Non lo vedo da sei mesi, forse sette, e... cazzo, quanto cresce in fretta questo ragazzino.

È alto, alto davvero, e ha le spalle sempre più larghe, la faccia sempre più impunita e lo sguardo sempre più minaccioso.

Mi sento un vecchio a dirlo, e pure uno di quelli viscidi, ma qualcuno impazzirà per quella faccia, se non lo fa già.

Ha la regalità addosso, una regalità innegabile negli zigomi alti, nei tratti fieri e nei brillanti occhi azzurri.

− Sei diventato molto più silenzioso, Tobio. Non ti avevo minimamente sentito. – commento, ricordarmi ora che davvero, non mi ero reso conto di niente.

− Sul serio? –

− Ah-ah. Di norma mi accorgo quando arrivi, stavolta zero. –

Tooru si gira con la teiera in mano.

− Eri troppo impegnato per sentirlo arrivare, Iwa-chan. –

Oh, miseria se lo ero. Ma no, non è una scusante. Ho i sensi abituati a percepire il pericolo in qualsiasi situazione.

− Il Capobranco dice che sono anche stabile a trasformarmi, ormai. Mi capita di svegliarmi trasformato pochissime volte, e senza vestiti quasi mai. –

− Ti trasformi senza vestiti, di solito? – chiede qualcuno che no, non sono io.

− Succede. –

− Voi Mutaforma siete davvero un passo avanti. –

Ridacchio appena alla battuta, Tooru si siede a capotavola e procede a prendere fra le dita la tazzina di vetro che ha scelto oggi, le labbra che s'increspano a soffiare sul liquido bollente.

− Allora, Tobio, com'era Iwa-chan dieci anni fa? A palazzo, com'era? –

− Ma che... −

− Zitto, tu. Voglio sapere com'eri. –

Tobio spalanca gli occhi, guarda me, guarda lui.

− Era... come adesso? Solo più triste, credo. Non ricordo molto, solo che... sorrideva poco. –

Tooru alza le sopracciglia.

− Oh, e quindi trovi che Hajime sorrida di più adesso? –

Tobio annuisce.

− Sì, ma a te. A me sorrideva anche prima. –

− Ma sei tu che hai detto che... −

− Sorrideva. Anche. Prima. –

M'intrometto con una risata un po' forzata, giusto per cambiare argomento. In effetti, per quanto mi disturbi dirlo, Tooru non aveva alcuna colpa nella faccenda, e vorrei evitare a maggior ragione che Tobio se la prenda con lui.

Di nuovo.

− Come sta il branco? –

− Bene. Come al solito, solo che fra una settimana ci sono i Riti di Luna e sono tutti fuori di testa. Sai come sono fatti. –

− I Riti di Luna? –

− I giorni dell'accoppiamento dei lupi. –

Tooru spalanca appena gli occhi, poi li richiude a metà.

− Già detto, sempre un passo avanti, questi Mutaforma. Perché non esistono i giorni di accoppiamento degli Elfi? Esigo i giorni di accoppiamento degli Elfi. –

− Tu non hai trovato nessuno? – interrompo lo sproloquio di Tooru, rivolgendomi a Tobio che scuote la testa.

− Lo sai che non mi piacciono gli altri. –

− Lo so, lo so. –

Tobio è...

A Tobio non piacciono le persone. Ma non come a me, intendo sessualmente.

Ha detto di aver provato un briciolino d'interesse una volta sola, con una ragazza che viveva al palazzo che conosceva da anni, ma niente di più.

Non c'è niente di male, in ogni caso.

Niente su cui mi permetterei mai di commentare.

− Quanti anni hai, lupo? –

− Diciassette. Tu? –

Tooru alza le spalle, come se parlasse dall'alto di una conoscenza millenaria.

− Diciannove. –

Nascondo un'altra risata.

− Sembravi molto più vecchio. –

− Io non sono vecchio! –

− Sembri un vecchio brutto e antipatico. –

Mi sembra di essere... in mezzo a due ragazzini. Devo dire che inizio persino a sentirmi a disagio, a rendermi conto di quanto effettivamente sia giovante Tooru.

Ok, è adulto, per gli Elfi è adulto.

Ma...

− Dimmi un'altra volta che sono brutto, cane. Provaci. –

− Sei brutto. –

Mi sento ufficialmente vecchio.

Ma nel mio essere ufficialmente vecchio, mi schiarisco la voce.

− Voi due, piantatela. –

Ammutoliscono.

− Tobio, chiedi scusa. –

− Ma io... −

− Hai iniziato tu, chiedi tu scusa per primo. –

Fissa il tavolo mentre sbotta un "mi dispiace" molto poco convinto.

− Ora tu, Tooru. –

Perde il sorriso tutto fiero, quando lo costringo alla disciplina, mi fissa con gli occhi spalancati.

− Io non sono tuo figlio, Hajime, non puoi ordinarmi cosa fare. –

− Eccome se posso, Elfo. –

− Non mi sembra giu... −

Lo guardo, lui ammutolisce.

− Scusa. – blatera subito dopo.

Tiro un sospiro di sollievo.

− Bravi. – mi capita di dire, e noto in tutti e due, tutti e due, la stessa reazione.

Sì, questi due sono diversi, uno è infantile e rumoroso, l'altro imbronciato e taciturno, ma tutti e due, tutti e due...

Brillano due paia di occhi, quando dico quella parola, come se avessi dato loro un motivo per vivere.

Maledetti insicuri cronici.

Li odio.

E odio quanto fiero mi faccia sentire vederli così tanto soddisfatti.

Mi rimetto a bere il tè con le loro facce puntate addosso, e devo esibirmi in ben due sorsi prima che cedano e si rimettano a farlo anche loro.

Quantomeno, uno di loro.

− Iwaizumi, ma non ce l'hai il latte? –

Oh, dimenticavo.

− L'ho comprato l'altro giorno, sotto il lavabo. Lo prendi, Tooru? –

Lo compro sempre, anche se devo buttarlo via la maggior parte delle volte. A Tobio piace, e non voglio rischiare che non lo trovi quando viene.

È pur sempre mio... figlio, ecco.

Tooru si alza, raggiunge il punto che gli ho indicato, tira fuori una bottiglia di vetro e l'appoggia sul tavolo.

− È una cosa da lupi, bere il latte? –

Faccio spallucce.

− È una cosa da Tobio. –

− Oh, capisco. –

Una cosa da Tobio, già. Ne beveva a litri quando era piccolo, ora non so se lo faccia ancora, dove vive, ma qui continua.

È piuttosto felice, però, quando apre la bottiglia e ne manda giù un bel sorso.

Si stacca con un "aah" per niente elegante, torna al tè che osserva con fare guardingo.

Di tutta risposta Tooru, che ancora non si è seduto, approfitta del momento di distrazione per appoggiarsi alla mia spalla e chinare il capo per baciarmi.

Non uno di quei baci di prima, giusto un secondo di labbra sulle labbra.

Ci stacchiamo sorridendo a vicenda.

− Che schifo. – è il commento che arriva dall'altro capo del tavolo, e mi viene genuinamente da ridere.

− Non fare il guastafeste, Tobio. – borbotto, una mano che si aggrappa al fianco di Tooru che rimane dov'è, non si siede.

− Già, non fare il guastafeste. Ci stavamo divertendo, prima che... ahia! –

Si rimangia le parole, l'Elfo con la lingua lunga, quando gli pizzico il fianco.

− Non fare l'acido, tu. Sono sempre felice quando mi vieni a trovare, Tobio. – metto in chiaro le cose, dopo un'occhiataccia alla persona che mi rimane addosso.

È vero, avrei egoisticamente preferito che arrivasse fra un paio d'ore, magari annunciandosi, invece che interrompere quello che stavo facendo.

Ma è anche vero che sono felice di vederlo, come lo sono sempre.

− Non sono venuto a trovarti a caso. – mi sento rispondere, però.

Mi giro a guardarlo.

− In che senso? –

− Che sono qui per un motivo. –

Oh, questa mi è nuova.

Di solito viene a dirmi "ciao", rimane qui un paio di giorni, mi fa vedere quello che ha imparato e andiamo insieme a caccia, ma questo...

− Il Capobranco vuole vederti. Urgentemente. –

Il Capobranco vuole...

− Come mai? –

− Dice che deve parlarti di uno squilibrio magico che ha sentito. Che riguarda questo posto. –

− Questo posto? – è questa volta Tooru, ad intervenire.

− Già. Non so cosa significhi, dice che le creature del Bosco gliene hanno parlato. Sai com'è con lui, non si capisce niente. –

In effetti no, non si capisce molto.

Ma più perché è un cretino, che perché non parli bene.

In senso buono, ovviamente. Gli ho pur sempre lasciato mio figlio in custodia, non lo farei con nessuno di cui non mi fidi ciecamente.

− Entro quando... −

− Il prima possibile. –

Il prima possibile, eh?

Niente fase della "Luna di Miele" con Tooru, allora. Che palle, e io che speravo di rimanere qui a poltrire per giorni, rotolandomi fra le coperte con il mio da poco acquisito e improbabile interesse amoroso.

− Posso almeno partire domani? O devo farlo ora? –

− Domani va bene. Ma non più tardi. –

Domani, eh?

Domani.

Se tutto va bene, ci vorranno due giorni per andare, uno da loro e altri due per tornare.

Chissà se...

− Partiamo per un viaggio? –

Alzo lo sguardo verso l'Elfo che ha gli occhi pieni di curiosità.

− Noi no. Io. Tu rimani qui, Tooru, è pericoloso. –

Non è che non voglia. È che...

− Non se ne parla neanche! Se parti tu parto anch'io, che ci rimango a fare qui da solo? –

Io...

− E se succedesse qualcosa? Già farti passare il Bosco senza che i fumi ti facciano star male sarà un'impresa, e poi... −

− Ho le erbe dietro. Quelle per essere immuni alle nebbie. – interviene un lupo che dovrebbe imparare a star zitto.

− Visto? Posso passare, se Tobio mi dà una mano. Non è niente di che, Iwa-chan. –

Col cazzo, non è niente di che.

È che...

− Dobbiamo passare in mezzo ad un villaggio di Umani, e se ti aggredissero? E se ti facessi male? Io non voglio che tu ti faccia male, Elfo, è meglio se rimani qui. –

− Io non rimango ad aspettarti! –

− E io non voglio che ti succeda qualcosa solo perché io devo andare in un posto. –

Sono... preoccupato.

Sono preoccupato perché il mondo di fuori è pericoloso, perché Tooru è vissuto tutta la vita protetto da un palazzo o da un Bosco Proibito, e perché...

Non voglio che gli altri lo tocchino.

So che è malato, so che è sbagliato, lo so.

Ma l'Elfo è mio, l'ha detto lui.

E non voglio che succeda qualcosa che possa compromettere questa verità.

Voglio che stia bene, qui, che rimanga l'angolo felice che rappresenta per me, e che niente e nessuno lo ferisca in alcun modo.

E Tooru, che è sveglio nonostante tutto il resto, Tooru credo capisca.

− Tobio, so che sei arrivato un attimo fa e mi dispiace dovertelo dire in questo modo, ma ti dispiace se porto Hajime di sopra e parliamo un attimo? – chiede, con il tono maturo, pacato, quello che non ha mai se non quando si tratta di faccende serie.

Anche il lupo se ne stupisce.

Viene un po' colto alla sprovvista.

− Ce... certo. Io bevo... il latte. – balbetta, non sapendo bene cosa dire.

E io non vorrei alzarmi, perché il mio punto rimane quello di prima, ma quando Tooru mi trascina dalla manica non posso fare altro che obbedire.

− So che sentirai lo stesso, spero che non ti dia fastidio. – aggiunge l'Elfo, sempre con questa verve dolce e affabile che nessuno può detestare.

− No, no. Provo a non ascoltare. –

Addirittura.

E guarda tu che docile è il lupo quando Tooru sfodera il suo tono materno.

− Tooru, io... −

− Sali le scale, Hajime. Non ti preoccupare. –

Non preoccuparmi, eh?

La fai un po' difficile, dopo avermi reso qualcuno con qualcosa da perdere.

Ed eppure, nonostante tutto, mi lascio convincere, e percorro gli scalini in silenzio, prima che la porta si chiuda dietro le spalle di Tooru che si risiede sul letto dove sono successe così tante cose solo un attimo fa.

E non riesco a staccargli gli occhi di dosso.

− Che c'è, Hajime? –

Che c'è?

− Non voglio che vieni con noi, niente di più. Cos'altro dovrebbe esserci? –

− La verità. Voglio la verità. Perché non vuoi che venga? –

Non farmelo dire, Elfo, ti ho già detto così tanto.

E nonostante tutto, fermarmi mi è impossibile, difficile, complicato quando è così.

Mi trascina verso di sé, prende le mani con le sue e appoggia il mento sulla mia pancia.

− Se ti succede qualcosa io non so cosa fare. – confesso, con un filo di voce.

Stringe più forte le mani sulle mie.

− Sai cosa fare, Hajime. Sai come proteggermi, non mentire. –

− Lo so, lo so. Ma tutte le cose belle che ho avuto me le hanno portate via gli altri, e ho pensato che... −

− Che se nessun altro avesse saputo della mia esistenza non mi avrebbero fatto niente? –

Annuisco con la testa che sembra di ferro.

Ma tutta la pesantezza scompare, quando lo vedo sorridere.

− È la stessa cosa per me, lo capisci? Rimanere qui con la consapevolezza che non so dove tu sia, con chi o come, sarebbe terrificante. So di non poterti proteggere, non come tu fai con me, ma voglio essere lì. –

Oh, ma come non puoi proteggermi.

Tu proteggi me più di quanto non faccia io.

Tu mi vuoi bene, Elfo, ed ero convinto di non avere più idea di cosa significasse.

− Tooru, io ci muoio se qualcuno ti fa male. Non so come reagirei, non so cosa mi prenderebbe. Non voglio tornare ad essere la persona incazzata che ero, lo capisci? –

Si prende un attimo per baciarmi l'addome, con dolcezza, più che con sensualità.

− Non tornerai ad essere quella persona, perché non succederà niente. Sono molto più al sicuro con te che qui da solo. Potrei darmi fuoco, bruciarti casa o che altro. Non ti sembra uno scenario pericoloso, questo? –

Mi scappa una risata poco convinta dalle labbra.

− In effetti. –

− Già, in effetti. –

Lascio le sue mani e affianco le dita alle guance, gli tengo alta la testa.

− Mi sembri così giovane, Tooru. Vorrei non averti tirato in tutto questo. –

− Tutto questo cosa? Tuo figlio mezzo lupo che ci fa da cintura di castità? –

Ricomincio a ridere.

− Intendo me, Elfo. –

Fa spallucce.

− Oh, ma che dici. Fino a prova contraria sono io che sono svenuto fra le frasche e ti ho tirato in mezzo. Non hai fatto niente, mi hai solo dato una mano. –

Era prima che decidessi che mi piaci, idiota.

Prima che mi riuscisse difficile anche solo pensare di stare senza di te.

− E se fanno come quello dell'altro giorno, il mercante? Se fanno quello a te? Io cosa dovrei fare? –

Scuote la testa.

− Non succederà, starò attento che nessun Umano mi si avvicini. Non ti costringerò ad uccidere nessun altro. –

− Non sei tu che mi costringi, sono loro. E ora la faccenda mi fa solo incazzare di più. –

− Ora che stiamo... insieme? –

Annuisco senza rispondere, perché la cosa mi imbarazza un po', da dire ad alta voce.

Non m'imbarazza, invece, parlare di sangue.

− Se si permettono, però, li ammazzo. Tutti, anche i lupi, chiunque. –

− Gelosone. –

− Puoi dirlo forte. –

Sì, sono geloso, geloso marcio.

Geloso e protettivo, ossessionato forse dalla mia pace personale che si costruisce su un paio di lunghe gambe chiare.

− Mi devi promettere che smetterai di fare il fastidioso con Tobio. – aggiungo, tanto che ci sono, per tirare fuori in ballo tutto.

− Io non faccio il fastidioso, è lui che... −

− Tooru. –

Alza gli occhi al cielo e sospira.

− Va bene, cercherò di andare d'accordo con il lupo. Ma se ci interrompe un'altra volta che stiamo facendo le nostre cose, non smetto. Lo traumatizzo a vita, piuttosto, ma non smetto. –

Ridacchio.

− Non smetti? –

− No che non smetto, è stata la cosa più orribile della mia vita. Ero là per terra che stavo crepando di paura e tutto quello a cui riuscivo a pensare è che volevo solo rimettermi a letto e ricominciare da dove c'eravamo fermati. –

Anch'io, anch'io.

E non ti dico che cos'altro mi è balenato per la mente quando ti ho visto in cucina perché non sarebbe elegante.

− Possiamo sempre rifarlo, Elfo, non ce lo vieta nessuno. Non ora, ecco, ma... −

− Lasciamo perdere, ti prego. Se penso che per questa cosa non potremo stare insieme da soli per giorni, mi viene male. –

Un po' impudente, ma comunque carino.

− Si tratta solo del viaggio, poi quando arriviamo da loro è fatta. Se poi becchiamo i Riti della Luna, o ci uniamo alla tradizione o passiamo la notte a sentirli fare sesso fra di loro. –

Scuote la testa.

− No, no, non scherzare. Li facciamo noi i festeggiamenti, altroché. –

Già, già.

I festeggiamenti.

In un posto pieno di lupi carichi di ormoni che puntano la pelle chiara di chi voglio solo per me.

Mi chino per baciarlo, e dopo le labbra, fermo la mia bocca sulla sua fronte.

Elfo, maledetto Elfo.

Perché mi devi far impazzire, lo sai solo tu.

− Prometti che fai il bravo e ti dico che puoi venire. –

− Lo prometto, Iwa-chan. E se non lo facessi ci sei sempre tu che puoi rimettermi al mio posto, no? –

Roteo gli occhi.

− Sì, ci sono sempre io. –

− Ecco, perfetto. –

Per sicurezza, come se non l'avessi già fatto un attimo fa, bacio di nuovo la sua fronte.

Si gode il gesto, lo sento, con il corpo che si rilassa e i muscoli sciolti, le braccia che mi tengono saldo, il respiro tranquillo.

− Tobio è un bel ragazzo. Quando torniamo posso costringerlo a incontrare mio fratello? Quei due avrebbero dei geni miracolosi, insieme. –

− I maschi non possono fare figli fra loro. –

− No, non possono, ma posso immaginare che li facciano. –

Gli pizzico il naso.

− A Tobio non piacciono le persone. –

− No, gli piacciono. È solo che deve conoscerle prima, non è una cosa così rara. –

− E tu come fai a saperlo? –

Lo sento sospirare come se fosse ovvio.

Io non capisco questa cosa da diciassette anni e lui l'ha afferrata in un istante? Sul serio?

− L'ho sentito chiederti del sesso, Iwa-chan, al fanciullo interessa. Ma si vede che non gli piace chi non conosce, non ha ceduto nemmeno al mio sorriso seducente. –

− Magari perché non gli piaci. –

− Conosci qualcuno in grado di tale barbarie? –

Rido perché fa ridere, ma è vero.

− E tu pensi che tuo fratello... −

− No, stavo scherzando. Non andrebbero per niente d'accordo. Mio fratello è un raggio di Sole, il tuo lupo è un brontolone che beve latte e disturba incontri sessuali privati. –

− Hey, lascia stare Tobio! –

− È lui che non lascia stare me! –

Sorride e capisco che sta scherzando, sorrido anch'io.

− Prima o poi me lo devi raccontare, com'è tuo fratello. – aggiungo.

− Prima o poi ti racconterò tutto quello che succede a palazzo, ma ora siamo felici e stiamo sorridendo, non mi sembra il caso di tirare fuori faccende infelici. –

Già, non mi sembra il caso.

Così giovane, Tooru, ma parla della sua vita di prima come se fosse una sofferenza di secoli.

Mi chino, lo bacio un'altra volta e mi stacco tornando verso la porta.

− Qualsiasi cosa succeda là fuori, Tooru, qualsiasi, tu non ti allontani mai da me. Intesi? –

Sorride come un animaletto soddisfatto, si alza.

− Certo, Iwa-chan. Promesso promessissimo. –

Apro la porta.

− Sarà meglio. –

Percorro uno o due scalini, Tooru dietro di me.

− Chi hai chiamato "cintura di castità"? – sento urlare dal fondo delle scale, un ringhio basso che permea lo spazio.

E menomale che non doveva ascoltare.

− Lo sei, cane, lo sei. – risponde l'idiota dietro di me.

Ok, la promessa di trattare bene Tobio è andata in fumo.

Ma forse le altre no?

Merda, lo spero.

− E 'fanculo tuo fratello! –

− 'Fanculo tu, ammasso di peli! –

Ragazzini idioti.

Mi dovrò strappare le orecchie, non è vero?

È l'unico modo in cui riuscirò a sopravvivere.

− Se scendi quelle scale ti mangio! –

− Provaci, cane. Provaci. –

Concludete la mia esistenza, ve ne prego.

− Fatti sotto, Elfo con le gambe lunghe. –

− Questo non era un insulto, è vero che le mie gambe sono lunghe. Iwa-chan, che dici? –

O forse non fatelo, non concludetela.

Che sono due idioti, ma sono piuttosto divertenti. Mi fanno sentire... vivace, credo. Spensierato. Come non mi sentivo da anni.

− Non è un insulto, è vero. Tobio, punta sui vestiti, che si offende. – m'intrometto.

Tobio sorride, lo vedo, Tooru prende fiato pieno d'offesa plateale e scenica.

− Hajime, dovresti essere dalla mia parte! –

− Non sono dalla parte di nessuno, io mi tiro fuori. –

− Maledetto! –

E scende a capofitto le scale, superandomi, verso l'ennesima battuta infelice che non fa altro che farmi ricominciare a ridere.

No, che non vorrei portarlo.

Ma alla fine, probabilmente, potrebbe non essere una così cattiva idea.

Se tanto devo farlo...

Ma sì, 'fanculo.

Facciamolo.

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➥✱"mac" in gaelico significa "figlio".

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