𝗮𝘁𝗵-𝗰𝗵𝗼𝗶𝗻𝗻𝗲𝗮𝗰𝗵𝗮𝗱𝗵
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Passa un istante che sembra durare un'eternità.
Le parole cadono dalle labbra di Hajime e vengono immediatamente riassorbite dalla vegetazione attorno a noi, dal silenzio, e scompaiono velocemente come sono arrivate.
Tutto tace, per un istante.
Sembra che il mondo si sia fermato.
Io rimango immobile.
Iwa-chan è accanto a me, ma non mi copre, non mi... difende, e questo mi comunica una cosa ben precisa.
Non mi dice che è avventato o che mi espone a un pericolo come se non gliene importasse niente, no.
Io conosco Iwa-chan.
Il fatto che mi stia mostrando così a questa persona significa che...
Si fida.
Ciecamente.
Come di una parte di sé.
Questo... mi fa sentire strano.
Mi spezza il cuore, perché so quanto tempo sono stati separati. Mi spezza il cuore perché lui non si fida di nessuno, crede di non essere amato da nessuno, e questa persona nonostante tutto suscita in lui emozioni così forti. Mi spezza il cuore perché non voglio neppure immaginare quanto solo si sia sentito... senza.
Dall'altra mi incuriosisce.
Chi è?
Chi è, quest'Umano in cui Iwaizumi ripone così tanta fiducia? Quanto speciale dev'essere, per rappresentare così tanto nel cuore di qualcuno che al mondo dà così poco?
Chi...
Chi è?
Di lui so quel che vedo e già quel che vedo mi immerge in un mare di domande.
La prima cosa, la più lampante, è che... trent'anni glieli darei, ma se è un Umano, un Umano fatto e finito senza una goccia di sangue di qualsiasi altra razza, perché non sembra più vecchio? Dovrebbe avere l'età di Iwa-chan, ed eppure...
Non rasenta nemmeno per un centimetro l'aspetto di un qualsiasi Umano di cinquant'anni.
No.
Zero.
È...
Indubbiamente bello. Dello stesso genere di bellezza di Iwa-chan, alto, con le spalle larghe, di corporatura robusta, coi lineamenti duri e maschili e la presenza giusto quel po' intimidatoria che suscita un'immediata attrazione.
Gli manca quel pizzico di magia che ha Iwa-chan, questo è vero.
Dove nel mio mezzo Umano scintilla il paio di occhi verdi più belli che io abbia mai visto, si presentano due iridi scure, serie, del colore del legno. Dove la pelle di Iwa-chan è liscia e giovane c'è giusto l'accenno dell'età.
Ma cinquant'anni...?
Cinquant'anni no.
Direi proprio di no.
Immediatamente dopo inizio a chiedermi in che relazione sia con la fantomatica Fata Bianca. Perché è qui? È logico che la Fata di cui mi parlava Hajime, quella che questo suo amico ha salvato ai tempi del Grande Sterminio prima di disertare e fuggire sia lei, ma... come mai è ancora qui? Perché ci sta aggredendo?
La Fata Bianca è ancora nella radura?
È qui da qualche parte e non riusciamo a vederla?
Se fosse qui immagino percepirei la sua presenza magica. Non in maniera chiara e distinta, ma... sono piuttosto sicuro che qualcosa sentirei. Sentivo qualcosa in presenza di Kenma e Akaashi, figurarsi con qualcuno che a quanto pare è della mia razza.
Perché l'Umano non parla?
Perché lui e Iwa-chan si fissano senza dire niente?
Devo dire qualcosa io?
Devo presentarmi?
Devo...
Io devo...
È lui a spezzare il silenzio.
L'Umano.
Come l'ha chiamato, Iwa-chan?
Credo fosse... Daichi.
– Che cos'hai detto? –
– Che Tooru è la Regina delle Fate. –
Sposta lo sguardo verso di me e i suoi occhi castani mi si schiantano addosso con un'ondata di diffidenza. Si notava una patina di nostalgia o quantomeno di familiarità, prima, quando parlava con Iwa-chan, ma ora che guarda me quel calore è scomparso.
Mi fa rabbrividire.
È questo che gli altri provano quando è Hajime a guardarli?
Mi sento terrorizzato.
Potrebbe uccidermi con una mano, so che potrebbe farlo, si vede. Anche se non ho idea di chi sia sono certo, sicuro e convinto che quest'Uomo sia pericoloso, e che sia un'idiozia pensare di scappargli.
Mi rendo conto di un'altra cosa ancora, quando reciproco il suo sguardo.
È un Umano, lui è un Umano, eppure non reagisce neanche un po', a me.
Non ne ho incontrati tanti, ma qualsiasi altro Umano purosangue io abbia mai conosciuto, a questo punto stava sbavando con gli occhi vitrei e le mani che cercavano di toccarmi.
Questo no.
Nemmeno mi sorride.
È... qualcosa che mi stupisce.
Forse me l'aveva detto, Hajime, che il suo amico era in qualche modo... immune alle Fate, ma stentavo a credere che fosse possibile esserlo tramite la sola forza di volontà.
Eppure non reagisce.
Davvero.
Nemmeno fa un passettino dalla mia parte.
Passa solo lo sguardo su ogni angolo di me come se mi stesse studiando senza comunicare o mostrare alcun accenno di qualsiasi altro istinto verso di me.
– Che Yggdrasill mi benedica, vederti con una Fata era impensabile, ma con la Regina? Che cazzo ci fai con la Regina delle Fate? –
– È una lunga storia. –
– Credo ti converrà iniziare a spiegarla se speri che ti lasci andare via di qui intero. –
Vedo la lama della spada di Iwaizumi scintillarmi a fianco. La rotea su se stessa e punta la lama verso il basso, non la ripone nel fodero ma se la porta accanto alla gamba, in segno, suppongo, di tregua.
Daichi non fa lo stesso.
– Chi ti dice che saresti in grado di battermi? Non ci sei riuscito in trent'anni, cosa ti fa pensare che potresti riuscirci adesso? –
Fa spallucce, l'Umano.
– Io ci spero sempre. –
– Continua a sperarci. –
Si guardano per un attimo e so che quello che brilla nei loro occhi è divertimento. Si odieranno anche, si saranno anche lasciati male e scorrerà anche cattivo sangue fra loro due, ma si vede che erano legati, si vede che c'è qualcosa di profondo.
Non so come la cosa mi faccia sentire.
Un po' solo, forse. Dall'altra anche felice, però. Perché significa tanto per Hajime, e quindi...
– Stiamo insieme. È successo un po' così a caso, all'inizio credevo che fosse un Elfo. Siamo stati al Branco, là ci hanno detto chi era. Suo padre gli sta dietro. –
– Chi è suo padre? –
– Il bastardo degli Elfi del Sole. –
– Il figlio di puttana coi capelli arancioni? –
– Lui. –
Passa un istante permeato da solo, chiaro silenzio d'intesa.
Poi Daichi sbatte le palpebre.
– Ti lascio che grondi sangue di Fata e ne trucidi quante più ne puoi e ti ritrovo che vai a letto con la Regina? Stai scherzando? –
– Non andiamo solo a letto, stiamo insieme. Insieme insieme, Daichi. Fidanzati. Coppia. –
– Lo dici come se questo dovesse aiutarmi a capire quello che sta succedendo. –
Torna a guardarmi. Mi scorre un'altra volta le pupille addosso.
– Miseria quant'è bello, e io che credevo che Suga fosse l'unica creatura... così. – borbotta.
Iwa-chan s'irrigidisce.
– Giù le mani, cazzone. –
– Guarda che non lo sto toccando. –
– Non pensare di farlo o te le taglio e ti ci faccio un paio di orecchini. –
Nessuno dei due ride, ma... il tono è scherzoso, al fondo. Giusto una puntina, un misero, timido accenno.
Questo mi fa rilassare appena le spalle.
Iwa-chan prende fiato.
– Sappiamo che proteggi una Fata. Siamo qui per incontrarla e perché Kenma ci ha detto che vivete in una radura nascosta. Abbiamo bisogno di nasconderci e questo è il posto migliore. –
– Se credi che ti farò avvicinare anche solo di un passo a casa nostra, Iwaizumi, ti sbagli. –
– Non sono più quello di vent'anni fa. –
– E dovrei accettare come garanzia il fatto che dici di stare con un ragazzino troppo bello per te? –
Mi schiarisco la voce di riflesso.
Entrambi si girano dalla mia parte di scatto.
Cazzo, questi due insieme sono... ancora più terrificanti. Inizio a provare una seria, chiara pena per chiunque li abbia mai dovuti fronteggiare... assieme.
Devo dire qualcosa, vero?
Devo dire...
– Iwa-chan non è troppo bello per me, io credo che... vada bene. – è tutto quello che riesco a strapparmi fuori dal cervello.
Daichi spalanca gli occhi.
Mi sa che ho detto una stronzata. Una stronzata a caso giusto perché non avevo idea di cosa...
– Ora ti fai chiamare così? "Iwa-chan"? Cos'è, uno scherzo del destino? Mi torni come un coglione dopo vent'anni e mi dici che non sei più lo Sterminatore di Fate ma... "Iwa-chan"? –
Tiro l'aria dentro la bocca.
– Guarda che "Iwa-chan" è un soprannome super dolce. –
– Lo è per il tuo fidanzatino, Fata, non per uno che l'ultima volta che l'ho visto stava squartando gente senza fermarsi neanche per riprendere fiato. –
Stringo le braccia al petto e mi premo contro il mio mezzo Umano.
– Guarda che non è così. –
– Certo che è così, l'ho visto coi miei occhi. Non so che cazzo di messinscena metta su con te ma quello non è uno che chiameresti con un nomignolo carino, è una macchina di mo... –
Faccio un passo in avanti.
– Tu non sai di cosa... –
Vengo tirato indietro di colpo. Sento una delle braccia di Iwaizumi afferrarmi e stringermi la vita e trascinarmi verso di sé, il secondo dopo, quando rimetto a fuoco la scena, mi rendo conto di quanto vicina fosse la... lama della spada di Daichi.
Era ad un centimetro da me.
E io mi sono...
Iwaizumi tira su la mano, il rumore è quello metallico di due spade che si toccano, lo vedo superarmi e ricacciare indietro la lama del suo vecchio amico.
Sbatto le palpebre per cercare di mettere a fuoco la situazione e quando credo di aver capito che cosa stia succedendo, quando credo di aver compreso che quel mio passo in avanti sia stato la causa scatenante di tutto questo, succede qualcos'altro ancora che, sinceramente, non mi sarei aspettato.
L'aria fischia.
Qualcosa sfiora il viso di Hajime e si pianta nel terreno, un barlume di qualcosa di chiaro attraversa la mia visuale e si scarica a terra, e solo troppo più tardi di quanto mi sarebbe servito mi rendo conto che è una freccia.
Una freccia?
Perché c'è una freccia?
Che cosa cazzo sta...
– Allontanati da Daichi, Sterminatore, o la prossima centrerà il bersaglio. –
Giro la testa di scatto verso questa ennesima, nuova voce, e questa volta quel che vedo non è che m'incuriosisca o mi spaventi, ma mi getta davvero in qualcosa che non ho mai provato.
Il primo pensiero che mi balena nella mente è...
"Mi somiglia", "è come me".
Poi...
Questa è una Fata. Ora capisco perché tutti dicevano che ne avrei riconosciuta una quando l'avrei vista, ora lo comprendo.
Questa è una Fata.
Ed è...
Bellissima.
È più bassa di me, più minuta di corporatura, ma scintilla, luccica nonostante la luce non la colpisca. I capelli sono chiari, chiarissimi, sembrano immersi e pregni dei raggi della Luna, gli occhi sono grandi, la pelle morbida.
Ha un neo sotto su uno zigomo.
È vestita di bianco, il materiale che ha addosso somiglia pericolosamente alla seta che si appoggia sul mio, di corpo, e si confonde con la superficie della sua pelle.
Ha un arco, fra le mani, e un braccio è piegato verso la faretra che tiene appesa sulla schiena.
La guardo.
Questa è la Fata Bianca.
E questa è decisamente... qualcuno che... è come... come me.
La reazione è immediata.
Iwaizumi si spinge contro di me e mi sposta in modo che non sia né di fronte a Daichi né alla Fata, il suo amico si frappone fra lui e lei, io strabuzzo gli occhi, tutto succede in fretta, non so bene neppure dove io sia.
– Suga, cazzo, ti avevo detto di non venire! Torna immediatamente... –
– Col cazzo che ti lascio andare da solo, se ci crepiamo qua ci crepiamo in due. –
– Ti ho detto che devi tornare... –
– Non ho intenzione di farvi del male. –
La voce di Iwaizumi cala come una scure su quella di entrambi. Taglia il loro discorso concitato in due e lo spegne, lo fa sfrigolare ed esaurire.
Si rivolgono entrambi a lui.
Iwa-chan...
Abbassa la spada.
Poi la lascia cadere fra le foglie secche.
Alza le mani, abbassa la testa.
– Non sono qui per combattere. Non ho intenzione di farvi del male. Non veniamo con l'intento di uccidere nessuno. –
Daichi raggiunge la Fata, le si mette vicino e le passa un braccio attorno alla vita, stringendola a sé in un gesto che comunica affetto e protezione assieme.
La Fata guarda Iwaizumi carica di diffidenza, e poi...
Iwa-chan si sposta.
Come prima, come con Daichi.
Questa volta, però, a posare gli occhi su di me è...
– Sono qui per lui. Abbiamo bisogno di aiuto, non di combattere. Sono qui solo per lui e giuro su qualsiasi cosa vogliate che non ho intenzione di farvi del male. –
Gli occhi color nocciola della Fata si spostano su di me.
E in quel momento, in quell'esatto momento, credo che... mi riconosca.
La Fata mi riconosce.
Mi...
Sa chi sono.
Lei sa chi sono.
Io sono...
Sono...
– Oikawa? –
Il suo viso si scioglie.
I tratti che lo compongono, un attimo fa rigidi verso Iwa-chan, si ammorbidiscono in un'espressione di...
Sorpresa.
So... sollievo.
Apro bocca per parlare ma non esce niente di senso compiuto.
– Io... io sono... sono... non sono... forse... –
– Oh, Yggdrasill, grazie, grazie, grazie che me l'hai riportata, grazie, grazie. –
Si muove verso di me come se non credesse ai suoi occhi.
Mi sembra di vedere qualcosa brillare e forse sono lacrime ma non comprendo per quale motivo dovrebbero esserlo, si sporge col corpo dalla mia parte.
– Non credevo che avrei mai rivisto una... –
Istintivamente mi nascondo dietro Hajime.
Lui, però, questa volta non mi protegge ma si allontana.
È come se mi dicesse che questa cosa io la devo... vivere da solo.
Ma non comprendo cosa stia succedendo, per cui...
– Eri viva? Sei stata viva tutto questo tempo? Dov'eri? Perché non sei tornata prima, perchè... –
La Fata cammina verso di me.
Sta chiaramente piangendo.
C'è affetto nella sua voce, affetto che non comprendo come possa essere indirizzato a me, e c'è fretta, c'è foga.
– Mi sono sentito così solo, se avessi saputo che non ero l'unico rimasto, se avessi saputo che... –
Arriva verso di me.
Io sono pietrificato, non so come reagire o cosa dire e rimango con gli occhi spalancati a guardarlo in silenzio.
Si ferma di fronte al mio corpo.
– Sono così felice di vederti, così felice, così... –
La Fata si...
Non processa.
Il mio cervello non processa l'informazione.
Non è la prima volta che mi capita ma è la prima che riguarda solo me. Succedeva spesso, quando ero ancora con gli Elfi, di vedere questa scena, ma a me solo, di fronte a me solo, mai.
Mi fa sentire...
Per un attimo, a posto con me stesso.
Per un attimo, corretto.
Per un attimo, nel posto giusto al momento giusto.
La Fata si inchina.
Appoggia un ginocchio fra le foglie, abbassa la testa, mi rivolge la corona dei suoi capelli chiari, tiene lo sguardo chino.
Non è lui, che mi fa star bene.
Non è che lo stia facendo lui.
È che lo stia facendo.
Mi... accende qualcosa dentro.
Qualcosa che per un attimo, uno solo, dice nella mia testa che è giusto così, che tutto dovrebbe essere così, che questo sono io. Una Regina, un Re, qualcuno che il mondo deve accogliere così.
Mi spaventa.
Questa cosa mi spaventa.
Al punto che salto indietro, alzo le mani e sento le mie guance diventare viola d'imbarazzo.
– Cosa stai facendo? Tirati... tirati su! –
Alza il capo verso di me di scatto.
– Eh? –
– Tirati su, miseria, perché ti stai... –
– Sei la mia Regina, cos'altro dovrei... –
– Dammi la mano, che ne so, un bacio sulla guancia, ma non fare questa cosa, è... imbarazzante! –
Iwa-chan scoppia a ridere, la Fata strabuzza gli occhi e Daichi mi fissa in completo sbigottimento.
Io... rimango solo con la faccia rossa a un paio di passi da tutti.
– Non è molto pratico con questa storia di essere la Regina, forse avrei dovuto dirvelo. Diciamo che è Regina da... due giorni. L'hai preso alla sprovvista. –
– Due giorni? –
Iwa-chan fa spallucce.
– Beh, sono due giorni che lo sa. Due o tre. Due o tre? –
Si gira dalla mia parte.
– Tre. – rispondo.
– Tre. – ripete.
Daichi stringe le braccia di fronte al petto. È impressionante come somigli al gesto di Iwa-chan, questo, ed è impressionante anche il modo in cui... si gonfiano i muscoli delle sue braccia.
– Quindi sei qui a elemosinare aiuto con una Fata che è Fata da tre giorni e ora ti fai chiamare "Iwa-chan"? Perdonami, ma ogni cosa che sento mi sembra più surreale. –
La Fata bianca si tira su dal terreno.
– "Elemosinare aiuto"? –
– Sì, dice che dobbiamo aiutarli perché quella è la Regina delle Fate e... –
– Quella è la Regina delle Fate e dobbiamo aiutarli per questo. È vero. –
Daichi si gira verso di lei.
– Ma è Iwaizumi, quello, Suga. Iwaizumi Hajime. Lo Sterminatore di Fate. –
– E quella è la Regina Oikawa, la Regina delle Fate. –
Si guardano per un attimo.
Poi tutti e due si girano verso di noi.
Parla la Fata, Suga, mi pare di aver capito.
– In effetti, ora che ci penso, c'è un'altra cosa che vorrei chiedervi prima. Perché diavolo voi due siete venuti insieme? –
– Già, credo che sia la cosa più paradossale di tutte. Come ci siete finiti... così? –
Iwaizumi mi rivolge uno sguardo, mi sorride appena appena come a dirmi "come se io lo sapessi" e poi sospira.
– La versione breve è che Tooru è scappato da casa sua ed è finito nel posto dove vivevo, mi ha chiesto aiuto e io gliel'ho dato. E poi... da cosa nasce cosa e ora siamo... insieme. –
La Fata spalanca gli occhi.
– Insieme? Tu e la Regina? La Regina non sta con nessuno! –
– La Regina sta con Iwa-chan. Lo dico io. Io sono la Regina. –
– Ma nel tuo corpo di prima sei rimasta sola per tantissimi anni dicendo che... –
Hajime si schiarisce la voce.
– Me ne frega un cazzo di cosa diceva nel suo corpo di prima. La Regina sta con Iwa-chan, punto. – afferma, senza il minimo imbarazzo.
Io un po' rido e i due dall'altra parte rispetto a noi ci guardano al limite della costernazione, ma lui risulta convinto, e immagino che lo... sia.
Daichi prende la parola dopo un istante di silenzio.
– Lui non ha i suoi ricordi della sua vita passata, o mi sbaglio? –
– Non li ha. – risponde Iwa-chan.
– Nessuna Regina li ha. Rinascono e basta. – completa Suga.
Io faccio solo spallucce.
– Quindi lui non sa che tu... –
– Lo sa. –
– Nei dettagli? –
– Abbastanza. –
Gli occhi castani dell'Umano mi si schiantano addosso.
– E riesci a conviverci? –
Sento un moto di protezione montarmi nello stomaco.
– Col fatto che è stato manipolato e usato dalla Corona per uccidere migliaia di persone? No, non ci convivo, mi dispiace immensamente per lui. –
– Intendevo col fatto che tu sei qui perché lui ha trucidato la tua ge... –
– Come se non l'avessi fatto anche tu. –
Le parole gli cadono dalla bocca. Si sfaldano al suolo, scompaiono, si fanno vitree e lontane.
Nemmeno la Fata, parla.
Credo di aver detto qualcosa di...
– Hajime mi ha raccontato la storia. Mi ha detto che ti sei fermato. Ma il fatto che tu ti sia fermato ha ridato la vita alle persone che hai ammazzato prima di farlo? –
– Almeno io mi sono reso conto che... –
– Te l'hanno portato anche a te il cadavere di tua madre prima di mandarti in battaglia? Giusto per capire se sei virtuoso come dici. –
Fa un mezzo passo indietro.
– Non vorrai giustificare il fatto che abbia sterminato il tuo popolo, spero. –
– Non sto giustificando nessuno. Solo odio l'ipocrisia. –
– Io non sono ipocrita, io sono... –
– Terrorizzato da quello che hai fatto e alla ricerca di un capro espiatorio. Sì, si capisce. Ma è un problema tuo, non suo. Non permetterti di venirmi a chiedere come faccio a stare con lui, perché potrei fare lo stesso con la tua Fata e sono piuttosto certo che lei ti abbia anche visto ammazzarle i vicini di casa. –
Daichi rimane a bocca aperta.
C'è qualcosa che somiglia a rabbia che gli si annida addosso ma non esplode, non si manifesta, rimane là.
Suga, invece, Suga ridacchia.
– Yggdrasill, ti ha fatto in quattro. Questa sì che è la mia Regina. –
– È stato... –
– Brutale? Sì. Sempre. Dovevi vedere quando andavamo a chiederle consiglio al Villaggio. Ci ammazzava ogni volta. –
Lo scintillio divertito nei suoi occhi ma fa... sorridere. Sembra davvero che mi conosca. Sembra che...
Hajime agita una mano dalla loro parte.
– Allora, ce la date una mano? Perché non vorrei dire ma se devi fare il cazzone egoista io mi trovo un altro posto dove portare la mia Fata, eh, Daichi. –
– Non sto facendo il cazzone egoista, se permetti ho qualche rimostranza a farti avvicinare a casa mia, visto quello che hai fatto. –
– Ti ho detto che sono cambiato, non farla lunga. –
– Perché il fatto che tu me lo dica per me è un'enorme garanzia. –
La Fata spinge l'Umano con la mano, gli batte il palmo aperto sul braccio.
– Certo che li aiutiamo. –
– Certo che li aiutiamo? Dopo che hai quasi cercato di staccargli il naso con una freccia? –
– Non sapevo che ci fosse la Regina. –
– E allora aiutiamo solo lei e lasciamo... –
Scuoto la testa.
– O tutti e due o nessuno. Io non mi separo da Iwa-chan. –
– Oh, per Yggdrasill. –
Mi stringo verso il mio mezzo Umano e lui si stringe verso di me, le nostre spalle si toccano.
Loro fanno quasi la stessa cosa, per un secondo che pare non finire mai ci guardiamo e basta, e poi...
– Daichi, io non vedo un'altra Fata da vent'anni e conosco la mia Regina. Sarà diversa nel corpo e tutto quello che ti pare, ma di lei mi fido. E se lei si fida dello Sterminatore, non vedo perché non dovrei... –
– Ha ucciso tutti, Kōshi. Ha ucciso tutti. –
– Anche tu, ma ti amo anche se l'hai fatto. –
Si lanciano uno sguardo.
È...
Il genere di sguardo che io lancerei ad Hajime.
Esattamente quel genere.
Innamorato, comprensivo. Sembra che si studino ma che già sappiano quel che stanno guardando, che si capiscano in un secondo.
Daichi annuisce.
– Va bene. Se tu credi che sia la scelta giusta, va bene. –
– Grazie. –
– Non ringraziarmi, mi fido di te. –
China il capo.
Daichi china il capo e Suga mette le mani sulle sue guance, poi lo tira un po' più in giù e gli bacia la fronte.
È una Fata anche lui, no?
Lo è.
E so che cosa significa quel che ha appena fatto.
L'attimo dopo sono tornati perfettamente in piedi, di fronte a noi, e ci fissano di nuovo con la stessa intenzione di prima.
Daichi stringe conserte le braccia.
– Disarmati, Iwaizumi. –
– Ho già gettato la spa... –
– Ti ho detto di disarmarti. Non credere che sia un coglione, lo so come sei fatto. –
Iwa-chan sospira, poi annuisce e borbottando un "ci avevo provato" tira su una gamba verso il braccio.
Tira fuori un pugnale da sotto i pantaloni. Da entrambe le caviglie. Ne tira fuori due dalle maniche della camicia, due dalla cintura, uno dal bicipite, uno dietro, a contatto con la schiena. Lascia cadere questa miriade di armi fra le foglie come se niente fosse, io spalanco gli occhi ad ognuno di più.
– Con quanti diavolo di pugnali vai in giro? –
– Con quelli che servono. –
– Quando mai ti serviranno tutti quei... –
– Non si può mai sapere. –
Termina sfilandone uno dal retro della borsa che tiene a tracolla sulla spalla, si sfrega le mani, guarda il suo vecchio amico.
– Contento? –
– Per ora sì. –
Guarda me.
– Tu cammini di fronte, vicino a Suga. Tu, bastardo, vieni vicino a me. –
– Non ti azzardare a... –
– Se noi ci fidiamo di voi, voi vi dovete fidare di noi. –
Iwa-chan s'irrigidisce, ma non fa niente. Per un attimo rimane in silenzio. Fidarsi è complicato per lui, è noto, chiaro quanto lo sia, ma...
Se c'è una persona, è lui.
E se c'è una situazione, è questa.
Annuisce.
Io muovo qualche passo incerto verso i nostri interlocutori per raggiungerli, mi avvicino alla Fata e quella mi sorride, mi sciolgo un po'. Mi prende sottobraccio, appena sono alla sua portata, e facendolo strofina la testa contro la mia spalla, sorride di nuovo e mi fa girare di modo che sia rivolto verso la radura.
– Profumi di casa, Oikawa. –
– Profumo di... –
– Sono tanto, tanto felice che tu sia qui. –
Mi stringe più forte.
– Tu non ti ricorderai chi sono io e non è che fossimo poi tanto legati vent'anni fa ma... io so chi sei. E mi ricordi casa. E sono tanto felice che tu sia qui, davvero. –
Lo dice rivolto a me e basta e il cuore salta un battito nel petto.
Ha ragione, io non so chi sia, ma...
Salta un battito lo stesso.
È una bella sensazione.
È...
Sento Iwaizumi avvicinarsi, i suoi passi scricchiolano fra le foglie, ma si fermano prima di me, credo accanto a Daichi.
– Perché io non ho avuto la stessa accoglienza? Noi eravamo anche legati vent'anni fa. Sei insensibile, tu. –
– Perché l'ultima volta che ci siamo visti ci stavamo ammazzando, cretino. –
– Cercavamo di ammazzarci continuamente. –
Con la coda dell'occhio vedo Daichi allungare una mano verso Suga per spingerlo in avanti.
Iniziamo a camminare.
Rimango in silenzio, io, perché non so bene cosa dire, cammino senza proferire parola, ma...
Lui è come me, un po' è come me.
Non come Hajime.
Hajime è come me ad un livello profondo, ad un livello intimo, ed è allo stesso tempo la perfetta metà di me, complementare e diverso.
Suga è...
Fuori, un po'.
Come...
– Amo, adoro i tuoi vestiti. Dove li hai presi? Sono bellissimi. Devo assolutamente sapere dove li hai presi perché anch'io voglio avere... –
– Suga, se ti compro altri vestiti poi non so dove metterli. –
– Sta' zitto, Daichi, non mi sembra di aver chiesto il tuo parere. –
Mi scappa una risatina e sento che lo stesso succede ad Hajime.
– Li ho fatti cucire io dai sarti alla Corte degli Elfi del Sole. Il tessuto è seta, non so dove lo comprassero. –
– L'hai disegnato tu? –
– Disegnato è un parolone, diciamo che... –
Sospira ad alta voce, annuisce.
– Si vede che sei una Fata vera. Nessuno ha stile come una Fata. È meraviglioso non essere l'unico con un po' di senso estetico, per una volta. –
– Io ho senso estetico, Suga! –
La Fata si gira, sbatte le ciglia lunghe e chiare.
– E dove sarebbe? Io non l'ho mai visto. –
– Guarda che io mi vesto beni... –
– C'è un motivo per cui mi piaci più nudo che vestito e non è solo perché sei bello, amore mio. –
Hajime stringe i denti e tira dentro l'aria.
– Ahia, questa era cattiva. –
– Tu non t'intromettere. –
– Ti ha distrutto, Daichi, ti ha proprio... –
Sento gli angoli della mia bocca alzarsi da soli.
– Iwa-chan, tu sei l'ultimo che può parlare. –
Rimane con la bocca aperta ma non dice altro.
Mi giro verso la Fata.
– Ha chiamato il colore del mio vestito "grigino", cinque minuti fa. –
– "Grigino"? È perla, si vede da un chilometro. –
– Diglielo tu. –
Mi sorride, faccio lo stesso, da dietro le nostre spalle proviene solo un tombale silenzio.
Sì, mi piace.
Mi piace, mi piace che sia...
Un po' come...
Come se potessimo essere...
Ami...
– Nell'esercito voi due non sareste durati un minuto. –
– Ecco, Daichi, bravo, diglielo. –
– Noi abbiamo talenti più utili che non siano parlare tutto il giorno di colori. –
Neppure si gira, Suga.
Parla dando per scontato che lo sentano.
– Tipo cosa, ammazzare la gente? Utilissimo, devo dire. –
– Non solo quello, anche... –
Strizzo il naso.
– Imparare guide infallibili per rimorchiare da ubriachi? –
La Fata mi stringe il braccio.
– Anche tu sai della guida infallibile? –
Annuisco.
– Lo so. Le battute di spirito? –
– Ti prego, mi piego in due ogni volta che ci penso. –
– È impressionante come un Umano così grande e grosso diventi idiota quando beve. –
Ridiamo e farlo mi fa sentire al settimo cielo, in un modo magico e speciale che prima d'ora non avevo mai... provato.
Mi diverte.
Mi diverte tanto.
Io non so se sia perché è una Fata o per quale altro motivo, ma...
– Oi, stronzo, mi rispondi a una domanda? – sento chiedere da Hajime di punto in bianco, non so se disperato all'idea dell'argomento su cui ci eravamo addentrati o sinceramente curioso.
Daichi sospira.
– Fammela e ci penso. –
– Ok. –
Prende fiato.
– Perché non sei cambiato di una virgola dall'ultima volta che ti ho visto? Non dovresti avere cinquantacinque anni? Sembra che tu ne abbia venti di meno. –
Quando lo dice la cosa torna in mente anche a me.
È vero, è vero, mi era passata di mente, ma questa cosa... è curiosa.
Suga sorride, vedo solo lui.
A rispondere però è l'Umano dietro di noi.
– Matrimonio elfico. Se sposi con un matrimonio elfico una creatura magica e un Umano la creatura magica perde parte della sua magia ma entrambi assumono la stessa durata di vita. –
– Matrimonio elfico? Voi due siete... –
– Sposati. Con un matrimonio elfico. Sì. –
Il pezzo del puzzle entra al suo posto.
– È per questo che non sento la tua energia magica! Kenma aveva detto che la mia magia avrebbe reagito con la tua, ma non è successo niente e... –
Suga annuisce.
– Sì, non ce l'ho quasi più, è per quello. Perché ci siamo sposati. –
Guardo il suo viso e vedo amore, nei tratti del suo volto, un pizzico di orgoglio, tanta, tanta felicità.
Matrimonio elfico.
Loro due sono...
– E Michimiya? –
Suga si rabbuia.
– Conoscevi Michimiya, Sterminatore? –
– Certo che la conoscevo, lei e Daichi stavano insieme da... da quanto? Quindici anni? Che fine ha fatto? Non vi siete più visti? –
Sentendomi un po'... escluso, m'intrometto.
– Chi è Michimiya? –
– Era la fidanzata di Daichi prima del Grande Sterminio. Non l'ho più vista poi, quindi... –
– Lei e Daichi non stanno più insieme. Non sappiamo nemmeno noi dove sia. È una storia complicata, vi basti sapere che non stanno più insieme. –
– Già, come ha detto Suga. –
C'è qualcosa di malefico nello sguardo un attimo fa dolce e delicato della Fata. Qualcosa che credo di aver visto nei miei stessi occhi, qualcosa...
– Mi è quasi spiaciuto. Quasi. Ma si è messa in mezzo a qualcosa che doveva succedere. –
Sfarfalla la mano sinistra nell'aria.
Mi accorgo della presenza di una sottilissima banda d'argento sul suo anulare.
– Sono felice che le cose siano andate come dovevano andare. –
Tira su le labbra in un sorriso che imito, e mi ribolle il sangue nelle vene, perché... per un attimo mi sembra di guardarmi allo specchio e per una volta, non odio quel che vedo, ma lo trovo... simpatico.
Lo trovo...
Prima che possa immergermi in questa sensazione così nuova, mi rendo conto che il Bosco non è più opprimente come prima ma anzi, c'è luce, una marea di luce che s'infrange come un'onda su di noi.
Mi concentro su quel che mi sta attorno e guardo coscientemente il panorama che si staglia di fronte a me.
È come casa nostra.
Somiglia pericolosamente a casa nostra.
Un bagno di Sole che sommerge una radura che si apre fra le frasche, il prato verde, la casa grande che somiglia ad un rifugio, il silenzio, la pace.
Siamo arrivati.
Siamo arrivati a...
Mi sciolgo.
Come le foglie si sostituiscono con l'erba sotto i miei piedi, mi sciolgo.
Qualcosa dentro di me di cui neppure mi ero accorto, si slega, si sfalda, si disfa. Tutta l'ansia di non sapere dov'ero, tutta la preoccupazione opprimente di non avere la minima idea di quale sia il mio posto nel mondo.
Qui siamo... al sicuro.
Siamo al sicuro, vero?
Sì, siamo...
– Questa è casa vostra? –
– Già. –
– Somiglia alla nostra, Iwa-chan. –
– Ci somiglia, Elfo, ci somiglia per davvero. –
Ci fermiamo a metà, sul prato di fronte all'edificio, e tutto quello che faccio è spalancare gli occhi e guardarmi attorno, bere con la vista qualsiasi angolo dello scenario.
Questo posto somiglia a casa.
Questo posto mi fa sentire come se fossi a casa.
Mi fa sentire...
– Su, entriamo, metto su il tè. –
Mi giro verso Suga.
– Sai fare il tè? –
– Tutte le Fate sanno fare il tè. Il tè con le fragole è una nostra cosa tipica. Tu non sai farlo? –
Annuisco.
– Sì, sì, lo so fare. Io lo so... –
– Perfetto, allora poi mi fai sentire la tua ricetta. Mi manca bere il tè delle altre Fate, ognuna ha il proprio modo. –
Si sfila dal mio braccio e cammina verso la porta, la apre, mi guarda.
È così... surreale.
Così bello.
Così... accogliente.
Niente sguardi di traverso, niente bugie, niente amicizie che si svolgono ed esauriscono lontane da me e che con me non hanno niente a che fare.
Solo... qualcuno che mi somiglia.
Qualcuno che...
Mi giro verso Hajime.
Quando vede l'espressione sul mio viso sorride, e sorridendo gli brillano gli occhi verdi. Anche lui, ha quello che ho io dentro di sé, non è vero?
– È questo che si prova, Iwa-chan? –
Non ho bisogno di specificare.
Non ho bisogno di dire "ad avere qualcuno a cui somigli e che sembra essere fatto per stare sulla tua stessa lunghezza d'onda".
Mi capisce.
– Sì. È bello, vero? –
– È strano. Dannatamente strano. E dannatamente... –
– Vieni qui, scemo. –
Rido e ride, sorrido e sorride, c'incontriamo a metà strada e fa quello che prima Suga ha fatto a Daichi, stringe le mani sulle mie guance, mi tira giù, mi bacia la fronte.
Quando si stacca non ha smesso di brillargli lo sguardo.
– Te l'avevo detto che ti sarebbe piaciuto, no? –
– Me l'avevi detto, sì. –
– Io non ti dico le bugie. –
– Lo so, Iwa-chan, lo so. –
Mi accarezza il collo, le spalle.
Poi passa i pollici sui miei zigomi.
– La vuoi sapere un'altra cosa bella di fare amicizia, Tooru? –
Aggrotto le sopracciglia, lo guardo confuso.
– Fare pace. È una cosa bella. A me piace tanto. –
– Vuoi fare pace con... –
– Sì. Vorrei. Dovrei provarci? –
– Ti renderebbe felice? –
– Mi renderebbe molto felice. –
Annuisco.
– Allora credo che tu debba farlo. –
– Hai ragione, lo farò. –
Mi tira giù un'altra volta e bacia di nuovo la mia fronte, poi mi spinge indietro, verso Suga, mi sorride con un tipo di gioia e di felicità in volto che non gli ho mai visto addosso.
L'attimo seguente...
Afferra la camicia di cotone con le mani.
La tira su.
– Daichi, quanto ce l'hai ancora con me da uno a dieci? –
Quello, rimasto un po' indietro e di nuovo con le braccia conserte, reagisce a sentire il suo nome. Sbuffa appena.
– Col tempo e i vent'anni che sono passati? Otto. –
– Lo facciamo scendere a sei? –
Iwa-chan si gira, ha la camicia tirata su a metà dell'addome.
Daichi lo scannerizza.
Capisce cosa intende, e credo lo faccia solo lui.
Imita il gesto, prende la sua maglia con le mani allo stesso modo.
– Come ai vecchi tempi? –
– Come ai vecchi tempi. –
Confuso, felice e rasserenato ma confuso, indietreggio di qualche passo per raggiungere la Fata.
– Tu sai cosa stanno dicendo? –
Fa spallucce.
– No, ma il fatto che si stiano spogliando non mi dispiace. A te? –
Mi rigiro dalla loro parte.
Le loro camice sono per terra in un mucchietto di tessuto inerme, ora sotto al Sole che splende si vedono muscoli, muscoli e muscoli, cicatrici di vecchie battaglie e pelle liscia.
Iwa-chan se la cava bene, ma il suo amico non è che sia messo tanto peggio, miseria.
Sono... belli. Cazzo se non sono belli.
– A me no di certo. –
Si avvicinano e sento qualcosa accendersi fra di noi. È tensione? Che genere di tensione? Che...
– Suga, voi due state indietro. Non vi avvicinate per niente al mondo. Anche se uno di noi due chiede pietà o aiuto urlando. Intesi? –
– Come vuoi. –
La mia fronte si accartoccia in una confusione ancora più intensa.
– Perché uno di voi due dovrebbe chiedere aiuto? –
– Perché io e Daichi aveva... abbiamo un modo molto particolare di risolvere i conflitti. Come dire... io e lui ci... –
– Ci meniamo. –
Mi cade la mascella.
– Vi menate? –
L'Umano alza le spalle.
– Ci meniamo. Corpo a corpo, senza armi. Ci meniamo. È così strano? –
Suga ride.
– È stupidamente da te, Daichi. –
– E stupidamente anche da te, Iwa-chan. –
Si guardano, c'è qualcosa che somiglia ad intesa nei loro sguardi, poi si avvicinano ancora e di riflesso io e la Fata ci ritroviamo ad indietreggiare.
– Vediamo se l'età ti ha ammosciato, Iwa. –
– Stavo per dirti la stessa cosa. –
L'Umano tende un braccio.
Hajime afferra la sua mano, per un secondo si stringono le dita fra di loro.
Qualcosa torna a posto.
E l'attimo dopo, qualcosa si rompe, quando le nocche di Daichi si schiantano senza pietà sullo zigomo di qualcuno che ride.
Ma...
Iwa-chan emana qualcosa di nuovo, a ricevere il colpo, come se si compisse ora, in questo solo, specifico istante, il momento in cui la sua vita torna sul binario su cui avrebbe sempre dovuto essere.
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➥✱"ath-choinneachadh " in gaelico significa "ritrovarsi"
OK SCUSATE L'ORA INFAME MA COME VI HO GIA' DETTO OGGI GIORNATA INFINITA
spero che il capitolo vi sia piaciuto!!!
ci tengo a dirlo anche qui perchè ne ho già parlato ma faccio una menzione brevissima
NEL CASO NON SI FOSSE CAPITO anche se l'ho detto duemila volte, questa storia è lenta ed è lunga. è inutile che mi diciate che è prolissa sul niente e noiosa perchè 1) raga se vi fa schifo im not a casa vostra col mitra a costringervi cioè droppare le cose sempre una scelta e 2) è al cento per cento lo stile di fantasy che mi piace, lento, prolisso, minuzioso. questo capitolo sono seimila parole della iwaoi e della daisuga che si incontrano, lo so. ne bastavano duemila? forse. ma a me piace che siano seimila, perchè mi piacciono i dialoghi, mi piacciono le interazioni, mi piacciono le emozioni e i dettagli. QUINDI SE LE COSE LUNGHE E NOIOSE VI FANNO SCHIFO ragaz questa storia non fa per voi.
LO DICO PER NON RIPETERLO mi mancano come minimo venti capitoli a finirla se non più e parlo SOLO DELLA STORIA PRINCIPALE. devono succedere ancora un sacco di cose e per me le interazioni sono "cose che devono succedere" così come i capitoli fluff e i capitoli di transizione. immagino che possa essere frustrante visto che è una storia pubblicata a puntate ma io scrivo col prodotto finale in mente e nel prodotto finale ho tutta l'intensione di creare una climax di argomenti e questo PREVEDE ANCHE LE PARTI DI TRANSIZIONE PACATE E DOLCIOSE dove ci sono avvenimenti meno pressanti (anche perchè la critica l'ho ricevuta all'ultimo capitolo, e se permettete un atto di arroganza sono piuttosto fiduciosa nella mia scelta di inserire un capitolo introspettivo dopo due di dialogo infinito e di spiegoni vari).
niente, era per avvertirvi, anche se l'avevo già fatto.
NON VI PIACE LA ROBA LUNGA? RAGA MI SA CHE DOVETE CAMBIARE STORIA perchè io non cambierò come scrivo, che dovessero leggerla in due o in duemila :D e non perché ho la pretesa di pensare che il mio stile sia perfetto, anzi, ma perché anche se non è perfetto questo è IL MIO stile, e pertanto vorrei rimanergli fedele <3
niente, ci vediamo venerdì
un bacio amicy
mel <3
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