Capitolo 15

Uno, due, tre, quattro, cinque... 

Un calcio.

Uno, due, tre, quattro...

Due calci.

Uno, due, tre...

Tre calci.

Uno, due...

Quattro calci.

Un..

Cinque, sei calci... calci a non finire.

Stomaco, costole.

Colpo dopo colpo, una parte di me si spezza.

Fatta in mille pezzi dalla forza bruta impiegata in essi, nei loro sguardi carichi di un odio profondo la cui fonte mi è sconosciuta.

Il perchè di tutto ciò mi è oscuro, proprio quell'oscurità che tanto la mia mente reclama ma che essa le nega.

Mi rannicchio su me stesso, porto le braccia ai lati del mio corpo in un muto abbraccio in grado di proteggermi, peccato che queste mie esili braccia non possano nulla contro di loro.

Uno tra i due, non saprei distinguerlo, sono tanto uguali, forse fratelli, prende le mie braccia e con forza le intrappola nella sua morsa ai lati della mia testa.

Spalanco gli occhi dalla paura.

Non voglio sapere cosa mi faranno.

L'altro mi blocca le gambe mentre cerco inutilmente di liberarmi.

Un terzo si sedette sul mio bacino facendomi scappare un piccolo urlo di stupore misto a dolore.

Tutto mi doleva; la testa mi scoppiava dai tanti perchè, il cuore piangeva lacrime amare, il corpo reclama un aiuto che probabilmente non arriverà mai.

Il primo, quello che mi blocca le mani e ogni possibilità di non vedere ciò che sta succedendo, mette una mano sulla mia bocca intimandomi di tacere. 

Il terzo sorride beffardo.

Alza un braccio e poi si sente solo uno schiocco di cinque dita marchiate a pelle, sulla mia pelle.

Ho paura, tanta. 

I ricordi della violenza causatami da chi mi ha rifiutato, odiandomi, tornano a galla.

La paura che quello riaccada è tanta e una lacrima mi sfugge.

Il primo avvicina il viso e attraverso le lacrime, che sgorgano incontrollabili, riesco a vedere il suo volto coperto da un passamontagna. 

Quello che attira la mia attenzione è la presenza di un piccolo neo accanto all'occhio sinistro.

Si abbassa e si avvicina sempre più al mio occhio.

Chiudo i miei d'istinto ma posso chiaramente sentire la sua viscida lingua leccare le mie lacrime e mordermi una guancia, quella che fino a poco prima era sana.

Mi mordo il labbro fortemente cercando di mantenere a freno l'umiliazione di ciò che sta accadendo.

Mi dimeno un'altra volta ma il dolore alle costole è lancinante.

Loro non parlano ma i loro occhi, i loro gesti, lo fanno per loro.

Do calci e strattono le braccia, non ne ricavo nulla.

Solo altro dolore e umiliazione.

Una sofferenza per il corpo e per l'anima, ecco cos'è tutto ciò.

Il secondo sposta lentamente le mani dalle mie caviglie alle mie ginocchia, come a profanare il mio corpo a poco a poco. 

Quello seduto sul mio bacino si sposta poco più avanti e mi colpisce ancora. 

Più forte.

Mosse di nuovo il bacino, in un gesto casuale ma che il mio corpo contro ogni mia logica, capì diversamente.

I tre si guardarono in faccia per un secondo, poi con un cenno del capo da pare del terzo capii che tutto ciò che avevo sperato non accadesse, stava per accadere.

Quello che mi aveva leccato disgustosamente la faccia liberò improvvisamente la mia bocca e credetti che ci avessero ripensato ma mi sbagliai, me ne accorsi nel momento in cui la sua lingua invase prepotentemente la mia bocca per poi mordere a sangue il labbro superiore.

Lo sentii colarmi nelle labbra e piansi più forte di prima.

Delle mani ripresero a dilaniare sempre più lembi di pelle.

Ciò che più mi distrusse però fu come il mio corpo reagiva allo strusciamento del sedere del ragazzo sopra alla mia intimità.

Un'erezione improvvisa nacque e il mio cuore si spezzò definitivamente quando un urlo di piacere uscì dalle mie labbra quando raggiunsi il piacere in un dolore mentale.

I tre dopo un'ultima leccata, strusciatina e toccatina si alzarono, mi guardarono e se ne andarono. 

Lasciandomi cadere in un pozzo di dolore senza fine.

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