Schiavo di un'incubo
Corro, il più veloce possibile. Mi manca il fiato, la fitta e indomata vegetazione di quel enorme giardino poco curato mi rallenta non poco, ma non sarà questo a fermarmi.
Io, Jude Sharp: un ragazzo che è sempre stato passivo per quanto riguardava le scelte che avrebbero influito sulla sua vita, perché non poteva fare altrimenti; un ragazzo che accettava le cose brutte che gli accadevano, perché sapeva che anche quelle facevano parte della vita e non potevano essere evitate. Io, quel ragazzo che davanti a tutti, in qualunque circostanza, ero freddo e calcolatore ora ho paura. Sono in preda al panico totale, mentre sto cercando di fuggire da lui.
Lui, il mio incubo vivente, l'ombra che mi ha sempre seguito ovunque andassi, la persona che avuto più influenza sulla mia vita di chiunque altro: Ray Dark.
Sono sempre stato sottomesso a quel uomo, in qualsiasi momento e per qualunque cosa. Gli giurai fedeltà eterna, al tempo non mi importava cosa sarebbe successo. Ero cieco, non riuscivo a vedere la sua vera natura. E ora? Ho aperto gli occhi, ma l'ho fatto troppo tardi. Sto scappando dai miei aguzzini, che erano a guardia della nostra camera.
Ricordo ancora il giorno in cui si mise d'accordo con il signor Sharp per farmi trasferire da lui. Aveva detto che poteva essere una buona opportunità per cambiare routine e imparare direttamente da lui, invece da quel momento la mia vita è peggiorata, e già prima non era per nulla facile.
Prima ero costretto a prendere lezioni di buone maniere, esercitarmi molto su materie come diritto ed economia, ora invece...
Riesco a vedere il cancello secondario di quella enorme villa. È abbastanza basso da poter essere scavalcato con agilità da un ragazzo ben allenato come me: ancora pochi metri e sarò libero.
Sento qualcosa bloccare il piede durante la mia corsa e porto le mani in avanti per parare la mia caduta.
Appena atterrato non perdo tempo a fare leva sulle braccia e noto che sono inciampato su una grande radice, fuori uscita dal terreno chissà quanto tempo fa.
Faccio per alzarmi ma qualcuno mi prende di peso e mi carica sulla sua spalla di prepotenza. Non mi ribello, so che è una delle guardie di Dark e se non voglio peggiorare la mia situazione non devo oppormi.
L'uomo mi riporta tra le mura della villa seguito da un suo compare. Se non fosse per quel mostro e i suoi gorilla sparsi ovunque nella villa sarebbe confortevole vivere questa casa: è grande, ben arredata, ha tutti i comfort di cui una persona ha bisogno e anche di più. Se il padrone di casa non fosse il Comandante probabilmente mi riterrei fortunato a vivere qui.
Lo scagnozzo di Ray mi posa a terra.
Ora sono nel suo ufficio... lui è seduto dietro la grande scrivania ben organizzata, seppur piena di scartoffie.
Mi guarda con rincrescimento. Non ha i suoi soliti occhiali da sole, quindi riesco a guardare le sue iridi scure e piccole, che sembrano tutt'uno con le pupille. Ringrazio di indossare gli occhialini, che con le loro lenti scure coprono i miei occhi cremisi dalla sua visuale, impedendogli di captare del tutto le mie emozioni.
So che con lui servono a poco, mi conosce e sa cosa provo in qualsiasi momento, ma non mostrarglielo direttamente è un bene. Basta poco alla sua mente contorta e squilibrata per pensare ai modi migliori per mettere ancor più a nudo ciò che quasi è completamente scoperto e rendere il tutto terrificante, in modo quasi disumano.
Fa un cenno di capo ai due uomini che mi avevano portato nella stanza, invitandoli ad uscire. I due fanno un inchino, capendo al volo le interrogazioni del loro capo, per poi lasciare me e Dark soli.
C'è così tanto silenzio che posso sentire il cuore martellarmi nella cassa toracica con prepotenza per la corsa di prima, miscelata all'ansia che sto accumulando in questo momento. Sono teso come una corda violino. Dark è imprevedibile quando si parla di punizioni, soprattutto di punizioni per me.
Non so perché, ma riesce sempre a trovare un modo diverso per torturarmi, questo mi inquieta non poco.
《Avvicinati.》
Sussulto alla sua richiesta. Il tono di voce che ha usato era serio, non ammette repliche.
Eseguo l'ordine con passo tremante, fermandomi di fronte a lui, c'è solo la scrivania che ci separa.
Lo vedo prendere un nastro rosso da una delle tasche dei suoi pantaloni eleganti, per poi alzarsi con calma snervante.
《Metti le mani dietro la schiena.》
Annuisco e faccio come vuole, in religioso silenzio. Non so cosa mi farà, non voglio scoprirlo, ma è inevitabile...
Si posiziona dietro di me e mi lega i polsi col nastro che aveva preso in precedenza, mi tira verso di sé prendendo la coda di rasta tra le mani e strattonandola forte, sarei caduto se non ci fosse stato lui dietro a sorreggermi.
La mia schiena aderisce contro la parte inferiore del suo busto. La differenza di altezza tra noi è tanta e questo mi ha sempre fatto sentire particolarmente a disagio, in questo momento ancora di più.
《Allora Jude, perché sei scappato?》
Il suo tono di voce è profondo, cupo. Si può percepire tutto il disappunto che prova.
Appoggia la mano sul mio sedere e la muove lentamente.
Provo a parlare, ma le parole mi muoiono in gola. Non riesco ad emettere nemmeno un singolo rumore. Ho paura di dire qualcosa di sbagliato che peggiorerà solo le cose, non che ci voglia molto dopo ciò che ho combinato.
Dark mi da un forte schiaffo sul sedere, facendomi mugulare per il dolore.
《Rispondi.》
Sta mostrando che ha quasi perso del tutto la pazienza, e con la bravata che ho fatto non ci vorrà molto prima che esploda per la rabbia.
《Volevo solo prendere un po' d'aria.》
Questa volta lo schiaffo è più forte, avrei dovuto stare zitto. Mentire con lui non serve a nulla.
Mi scaraventa a terra, per poi appoggiare un piede sulla mia testa.
《Sai che non si dicono le bugie, Jude?》
Rimango zitto, guardando fisso davanti a me.
《Pensavo di averti educato meglio...》
Sposta il piede dalla mia testa, e si allontana. Ho paura, così tanta da non muovermi da quella scomoda posizione.
《...ma a quanto pare mi sbagliavo.》
Sento il rumore di un cassetto aprirsi, poi chiudersi.
Non ho il coraggio di scoprire quello che vuole farmi. Che abbia buone intenzioni è improbabile: quale sarà il supplizio che mi aspetta?
《Inginocchiati.》
Titubante mi metto in ginocchio, dandogli le spalle.
Ho i nervi tesi, probabilmente perché non posso vederlo. Non so che ha in mente, ma di sicuro farà male.
All'improvviso sento qualcosa colpirmi la schiena, forte. Mi mordo il labbro per non urlare.
《Proverai ancora a scappare?》
Annuisco piano, ma ricevo un'altro colpo. Credo stia usando una frustino da cavallo.
《Parla. I muli annuiscono.》
Non riesco a parlare, non voglio parlare.
Mi colpisce ancora, e ancora.
《Rispondi Jude: proverai ancora a scappare?》
Inizio a singhiozzare. Fa male, vi prego fatelo smettere.
《N-no...》
Il mio è quasi un sussurro.
Nonostante la risposta continua a colpirmi ripetutamente alla schiena.
Il dolore è troppo e sento gli occhi pizzicare. Li chiudo, sentendo qualche lacrima scendere.
Cerco di convincermi che prima o poi finirà, che devo solo sopportare un altro po'. Prima o poi tornerò a casa dal signor Sharp e non dovrò più sottostare alle angherie di Dark.
《Ripetilo ad alta voce, e per bene.》
Faccio un respiro profondo.
《No, non... n-non scapperò m-mai p-più...》
I colpi finalmente si fermano.
《Sarà meglio per te, se non vuoi morire.》
La sua risata sadica rimbomba nelle mio orecchie, persistente. Mano a mano si fa sempre più forte, la sento rimbombare nella mia testa come se ci fosse l'eco nella mia mente.
Mi metto a sedere di scatto, ma sentendo una fitta al fondoschiena dolorosa mi stendo di nuovo.
Guardo il mio corpo e noto che le zone lasciate scoperte dalle lenzuola sono piene di morsi violacei e succhiotti. Sento la mia pelle completamente esposta al contatto con la stoffa di seta rossa e rimango incantato qualche momento a guardare quel colore (troppo simile a quello delle mie iridi) prima di alzare la testa e rendermi finalmente conto che sono in camera da letto.
《Sei già sveglio, Jude?》
Giro la testa verso la voce del mio interlocutore e con gran dispiacere noto che si tratta del comandante, intento a sistemare il colletto della camicia.
《Sì... ho fatto un brutto sogno...》
Abbasso la testa, sospirando pesantemente. Ormai è da un po' di mesi che incubi del genere tormentano il mio sonno.
Sento dei passi, poi una mano che si posa sulla mia guancia e me la spinge lentamente in su, facendomi alzare la testa.
《Passeranno, prima o poi.》
Annuisco, anche se sono poco convinto. È incredibile come quest'uomo tanto crudele a volte riesca a trattarmi quasi con tenerezza. Ciò però non lo rende meno crudele ai miei occhi, solo più inquietante.
《Oggi ho molto da fare, tornerò verso sera. Svolgi i compiti che ti ho assegnato per oggi, se non li finisci entro il mio ritorno sai quali sono le conseguenze.》
Dark allontana la mano dalla mia guancia guardandomi in modo rigido mentre aspetta una risposta.
《Sì, comandante.》
Ray recupera velocemente i suoi occhiali da sole per poi varcare la porta della camera e scomparire dalla mia visuale.
Rimango un'attimo a guardare la direzione in cui è scomparso, poi lentamente mi alzo, il sedere mi fa malissimo... mi torna a mente ciò che Dark mi fece la sera prima e rabbrividisco. Nonostante lo facciamo abbastanza spesso è sempre doloroso e traumatico.
Mi vesto, cercando di non fare movimenti troppo bruschi e vado nello studio che preparò per me il comandante quasi un anno fa quando mi trasferii, accompagnato da uno degli uomini che lavorano per lui.
Mi siedo cautamente sulla sedia e prendo un quaderno, recupero velocemente una penna dal portapenne posto di fronte a me e inizio a svolgere gli esercizi di logica che Dark ha accuratamente preparato.
Mentre scrivo ripenso all'incubo che ho fatto poco prima e mi torna a mente la solita domanda che mi pongo da quando sono arrivato: riuscirò mai ad andare via?
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