<< Sei impazzita ad uscire a quest'ora e con questo tempo?>> sbotta Ettore facendomi girare la testa. Vorrei tanto dirgli che ha ragione e mi dispiace, ma proprio non riesco a parlare: ho paura e imbarazzo per il mio gesto. Ci soni momenti in cui penso di potercela fare, ma poi non ci riesco. Le parole non escono, sono come bloccate, mi muoiono in gola...non riesco a metterle insieme.
Quando riapro gli occhi mi accorgo che ancora è notte fonda: nella stanza non vedo nulla e mi sento esausta. Chiudo la finestra perché sento molto freddo e mi rimetto sul letto a guardare il vuoto. Prima di chiudere di nuovo gli occhi, analizzo la mia stanza buia: il ticchettio dell'orologio ha una sensazione piacevole, come se fosse un battito cardiaco a riposo. Mi sento in un luogo fuori dal tempo, un luogo in cui riposare senza conseguenze. L'oscurità della mia camera adesso è come un santuario, un luogo dove ricaricarsi e dimenticare le cose che il mondo diceva dovevano essere fatte. Ho bisogno di quella sensazione di uscire dalla follia per un po'. Così, nell'oscurità che rubo persino la forma, sono contenta di lasciar passare la notte e di svegliarmi quando la luce del giorno scorre con la sua audace sicurezza.
Mi sveglio all'alba, apro lentamente gli occhi, più infreddolita che mai. Il freddo che c'è è inverosimile. Non è un freddo piacevole. È un freddo che ti fa camminare più velocemente e tenere la testa controvento. Non importa quanto sia collo il sangue delle mie vene, il mio viso si è congelato lo stesso. Questa è una giornata per stare dentro, leggere Jane Eyre e sorseggiare un bel té caldo. Cerco di non cadere per evitare altri video, ma con questo passo lento rischierò di arrivare in ritardo. Ormai le giornate autunnali stanno calando verso l'inevitabile clima più freddo, ogni notte arriva prima di quella precedente. Le strade sono deserte e stranamente non c'è il solito traffico, ma sono i miei pensieri a essere rumorosi.
Mentre entro a scuola, continuo a recitare la solita frase che ripeto come un mantra nella mia testa per farmi coraggio. Posso farcela. Posso farcela. Ovviamente tutti mi guardano, come se avessi un cartello con scritto "guardatemi" appeso sulla testa. Ma finché guardano mi sta bene: non mi dà fastidio, poiché mi aspettavo di peggio. Qualsiasi cosa è meglio delle cadute, risate e video di ieri. Mentre cammino per il corridoio verso l'aula per l'appello, penso a Edward, che sicuramente non starà facendo lo stesso con me. Appena entro nell'aula per l'appello, tutti si zittiscono e mi fissano. Sembra che il percorso che ho fatto per arrivare qui sia stato una specie di riscaldamento. Riscaldamento per questo momento così imbarazzante e inquietante. Almeno non ho lezione con Federica e le altre vipere, poiché sono in un'altra classe a rompere sicuramente la quiete di qualcun'altra. Mi siedo vicino a Nicole e Alessia. Mi guardano entrambe come se fossi uscita da otto ore di fisica.
<< Buongiorno ragazze>> dico nel tono più calmo e sicuro che riesco a tirar fuori. Ma perché dovrei mentire alle mia amiche? Forse non lo sto facendo per loro, ma per me stessa. Voglio mentire a me stessa.
<< Ehi, buongiorno>> come se non si capisse che sono un "NO" oggi, << come stai?>> Alessia sembra molto preoccupata.
<< Molto bene, se non fosse per l'ora di arte che abbiamo oggi>> forse non dovevo dire così...lo sanno che storia dell'arte non mi dispiace affatto. Perfetto, mi sono fregata da sola.
<< Sicura?>> domanda Nicole, facendo un po' di spazio per poggiare il mio zaino accanto al suo. Tiro in silenzio indietro la sedia e mi siedo facendo sospirando.
Annuisco d mi mordo il labbro. La loro evidente preoccupazione mi sta facendo venire voglia di piangere. Mi rendo conto che tutti ci stanno osservando, mi stanno osservando. La mia faccia sta iniziando a bruciare. Deglutisco forte. Non devo piangere davanti a tutti. Non devo essere triste. Perché dovrei essere triste per qualcosa che è già successo? Dopo tutto, non ha senso piangere su qualcosa che non hai potuto fermare o evitare. Sfortunatamente, quando sei triste, è come essere pugnalati al cuore mille volte senza morire. Ricordo le lacrime che ho versato e che pungevano come calabroni; le urla dei miei incubi che ancora oggi a volte mi perseguitano. Vedi, sono i ricordi che creano emozioni e sono le emozioni che creano quei ricordi. Quindi aggiungere una cosa del genere non ha molto senso...forse dovrei farla scivolare.
Le ore passano lentamente e non sono per niente piacevoli. Durante l'ora di pranzo lascio i miei pensieri liberi di vagare attraverso le distese due tempo. Secondo dopo secondo, minuto dopo minuto, immagini presenti e passare si confondono tra loro e lentamente diventano qualcosa dì animato. Cos'è un pensiero se non una sceneggiatura in uno spazio invisibile, un luogo sicuro per sperimentare idee prima di parlare? È una sala di ballo per balli invisibili, una pista per macchine che sfrecciano senza preoccupazioni per la svolta successiva. È libertà di vagare senza paura di perdersi, perché tutto ciò che serve è il latrato di un cane per riportarci a casa. E così mi sta accadendo adesso.
Saluto le mie amiche e con Bruno mi avvio verso l'aula di greco.
<< Sei pronto per l'ora di greco con la professoressa Knight?>> chiedo per spezzare il ghiaccio da me creato.
<< Penso di sì, dipende da chi chiamerà per l'interrogazione di oggi>> sospira preoccupato.
<< Sono d'accordo con te>> un po' preoccupati entriamo in classe e ci sediamo. Appena mi siedo apro subito il libri di greco e il testo che dovrebbe proporre oggi.
<< Buongiorno ragazzi >> il chiasso dell'aula di attenua. La sua voce, flemma e profonda, sembra provenire da luoghi lontani. << Lasciate la vostra roba e seguitemi>> Il silenzio dura appena un minuto, mentre rapidi sguardi s'incrociano stupiti e dubbiosi: poi la gioia di non rischiare l'interrogazione prorompe in vocii e gridolini.
<< Oggi faremo lezione in questa fantastica biblioteca>> vedendo le nostre facce preoccupate ride e mette subito le mai avanti, << tranquilli, oggi non ho alcuna voglia di interrogarvi>>
Con mia grande sorpresa questa lezione è stata super intrigante e piacevole. Mi perdo fra i miei appunti: alla fine dell'ora mi sembra che siano passati solo dieci minuti. Uscire dalla scuola finalmente mi rende più tranquilla: niente prese in giro, niente cadute; solo sguardi all'inizio.
Fortunatamente ha ricominciato a piovere solo quando sono entrata nella mia calda e accogliente casa. Senza salutare nessuno mi dirigo verso la mia stanza e mi chiudo lì dentro.
Mentre studio la tempesta diventa sempre più forte fuori. Piove da ore. Poggio l'evidenziatore giallo sul libro e guardo verso la finestra, noto che sopra il davanzale ci sono ancora alcuni pezzi di grandine caduta poco prima. Affascinata apro la finestra e ne prendo un po'. Appena finisco di studiare decido di restituire dei libri in biblioteca. Il cielo si è nuovamente riannuvolato e la città sta assumendo con questo tempo un'aria vagamente sinistra. Gli scaffali colmi di libri e il silenzio hanno un potere calmante su di me. Tutte le preoccupazioni finalmente stanno iniziando a svanire. Dal dovere restituire due libri a trovare un tavolo libero pronto per essere occupato da me con tanti libri classici d'amore è un attimo. Soddisfatta prendo posto. Adoro immergermi nella lettura. I libri sono gli amici che non ti tradiranno mai. Passa velocemente il tempo tra Anne Brönte e Il té verde che ho preso qua; il cielo sta iniziando ad assumere un colore bluastro. Solitamente a quest'ora ci sono poche persone e poca luce, ma oggi questa poca luce sembra innaturale ed essendo praticamente solo io e un'anziana l'aria mi risulta inquietante. Faccio finta di niente per un po', finché non mi accorgo che effettivamente è tardi. Nervosa poso tutto e cerco di uscire il prima possibile. Un lampo illumina gli scaffali dando l'impressione che sia giorno e un forte tuono riecheggia fuori da queste grandi finestre. Spero di riuscire a tornare a casa prima che si metta a piovere. Accelero il passo stringendo al petto i libri che ho preso in prestito. Le strade sono completamente vuote e il cielo minaccioso. Fermandomi sulla soglia, mi volto valutando la possibilità di attendere in biblioteca finché la pioggia non diminuisca, ma proprio quando stavo per rientrare vedo spegnersi l'ultima luce. Arrabbiata per non aver portato un ombrello stringo i denti e cerco di proteggere i libri nella mia grande borsa. Mentre cammino velocemente sento dei passi dietro di me. Improvvisamente sento più freddo.
<< Ehi >> mi volto e mi rendo conto che quei passi sono di sei ragazzi mai visti.
<< Fermati, vorremmo semplicemente parlare un po' con te>> urla uno di loro. Presa dalla paura non rispondo. Prendo una via laterale più luminosa cercando di aumentare il mio passo. Controllo dietro di me più volte per vedere se quei ragazzi mi stanno seguendo ancora o si sono stancati. Fortunatamente non vedo più nessuno. Mi rilasso un po' e rallento il passo. Fortunatamente fra circa cinque minuti dovrei essere a casa.
Il mio cuore inizia a battere di nuovo velocemente quando vedo del movimento più avanti sulla destra, dall'altra parte della strada, dove dovrei andare io per tornare a casa. Cammino di nuovo velocemente, anche se questa strada mi porterà chissà dove. Cerco di tenere la testa bassa, anche se la mia testa dice di controllare e urlare. Finalmente supero quel gruppo di ragazzi, finché non sento un urlo straziante familiare. Salto in aria e sposto i miei occhi sue quei ragazzi. Non vogliono me, perché sono occupati con qualcun altro. I miei muscoli non rispondono ai miei comandi, e non poso fare a meno di guardare quel litigio. Dopo quell' urlo lancinante decido di andare verso quei ragazzi per difendere quel ragazzo completamente calpestato da quei mostri. Avvicinandomi metto a fuoco tutto, due ragazzi stanno tenendo le braccia di Edward, mentre il terzo lo prende a pugni in pancia e sul viso. Vedendomi lo buttano a terra. Prima di avvicinarsi a me un ragazzo si prepara per dare un altro calcio a Edward. Temendo che lo avrebbero colpito a morte
<< No!>> urlo con tutta la forza che ho. Spaventata sollevo una mano sulla bocca per l'orrore. Cerco di avvicinarmi a lui, ma vengo bloccata. Ha la faccia piena di lividi, sanguinante e penso abbia perso conoscenza. Sollevo lo sguardo verso quel ragazzo che mi stava bloccando, la mia rabbia diventa più forte fella paura e gli do un calcio nelle parti intime così forte da farlo cadere. << Lasciatelo in pace!>> grido al gruppo.
Un altro ragazzo divertito dall'immagine del suo amico accovacciato per il dolore provocato dal mio calcio, si avvicina con un sorriso agghiacciante verso di me.
<< Altrimenti? Dai un calcio anche a me?>> sento il mondo girare attorno a me così velocemente che potrei vomitare, ma vedere l'immagine di Edward così non posso accettarlo,
<< Farei altro, perché con un calcio non farei niente >> l'amico accovacciato si mette a ridere così forte provocando a questa schifezza che ho davanti a me una reazione raccapricciante. Un altro pugno.
<< Ti piace giocare?>> la sua voce è così spaventosa che sto tremando come una foglia, ma mia madre mi ha sempre detto che davanti a un bullo non devi farti vedere mai spaventato: non so se possa essere lo stesso per una situazione del genere. << non faremo più niente a questo ragazzo se giocherai con noi>>
Sto zitta.
<< al mio via dovrai correre. Ti do cinque secondi per darti un po' di tempo>> guardo per l'ultima volta Edward e scappo. Mentre corro oltre a sentire il conto alla rovescia, sento anche delle risate. Poi dei passi che si avvicinano. Guardo indietro e vedo sei ragazzi che mi seguono. Parto a gambe levate lungo il vicolo. I miei piedi scivolano sulla strada bagnata mentre giro l'angolo, l'aria fredda della sera mi scuote la gola e i polmoni mentre inspiro più profondamente, più velocemente. Il mio cuore batte freneticamente, tutto o niente. Fallisci e tutto il mio corpo ne pagherà il prezzo. Do un'occhiata indietro e mi rendo contro di quanto lo abbia lasciati indietro. Mi ritrovo ad una scelta: destra o sinistra. Non avendo molto tempo prendo quella che sembra la migliore: sinistra. Continuo a correre velocemente, finché non vedo un muori altissimo davanti a me. Un vicolo cieco. Grandioso. Cerco un'uscita, una porta, una scala, un qualcosa...ma i passi si fanno più forti e vicini. Mi arrendo e guardo gli inseguitori avvicinarsi pericolosamente a me. Guardo l'altra strada... la via che avrei dovuto prendere...la destra. Sarei arrivata subito a casa. E probabilmente sana e salva. Fisso i sei ragazzi, respiro a mala pena. Non riesco a capacitarmi...com'è possibile. Pensieri e immagini orribili iniziano a farsi strada dentro di me. Il panico prende il sopravvento. Ho bisogno di urlare. Apro la bocca.
<< Non urlare piccola>> mi ordina
<< Ti prego, lasciami stare>> piagnucolo spaventata. Di nuovo la rabbia prende il sopravvento. << Lasciami! >> urlo questa volta con una tale violenza da farmi malissimo alla gola. Il mio cuore batte sempre più piano, ho bisogno d'ossigeno. La pressione minaccia di farmi esplodere la testa. Vedo tutto sfocato. Sto per morire. Mi sarei portata dietro i miei cari, le mie amiche...Edward. Non può finire così.
Poi sento il mio sangue, ha un sapore dolce, mi cola intorno ai denti e sulle labbra appena fredde, scappando come se non avesse mai saputo di essere il benvenuto.
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Ciao ragazzi, come state? Ecco finalmente un altro capitolo 😂❤️❤️
Un capitolo un po' particolare e diverso direi.
Secondo voi come finirà? Cosa potrebbe esserci sotto? Fatemi sapere❤️❤️
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