Capitolo 30- Pallante e Turno
Mi sveglio con il lieve tonfo della pioggia sul tetto e il rombo del tuono da lontano. Infastidita spingo via le coperte, sentendo immediatamente il calore del sonno che inizia a scivolare via. Muovo i piedi sul lato del letto e mi alzo. Sbadiglio e ancora un po' assonnata mi dirigo verso la finestra. Il vetro viene schizzato da gocce di pioggia, mentre ne cadono di più. Noto che le nuvole stanno vorticando leggermente sopra la mia casa, il loro colore grigio pallido suggerisce una tempesta lunga e mite. Un flusso d'acqua esce dalle grondaie del mio vicino, verso l'erba fradicia sotto. Felice per il brutto tempo, scendo al piano di sotto, non trovo nessuno: sono molto più in ritardo di quanto pensassi. Mi maledico di non essere andata a letto presto; in fondo non è colpa mia se non vedo da Sabato Edward, se non devo dire a nessuno che è tornato Marley, se non vedo mia madre da mesi, se mio padre lo vedo raramente, se mio fratello e pieno di esami e non può stare molto con me, se venerdì dovrò vedere il signor Flores e non ho niente pronto. Cerco di non pensare a tutte queste cose e ingoio una barretta di cereali in tre morsi, la innaffio con il latte, bevendolo direttamente dalla bottiglia, e mi affretto ad andare in stanza a vestirmi. Guardo l'armadio e prendo la prima cosa che mi capita. Mi metto una lunga gonna, color cachi e una camicetta blu scuro. Un'occhiata veloce allo specchio, metto un po' di mascara, prendo lo zaino con l'ombrello ed esco via dalla casa come un fulmine.
Le sfumature d'argento del cielo sono come l'argento fuso, turbinando in increspature costanti e radianti. Adoro il cielo premia di una tempesta; adoro i grigi di ogni tonalità e profondità. Potrei nuotare nell'atmosfera così delicatamente elettrica, viva con l'eccitazione per ciò che verrà. Sento il picchiettio della pioggia che cade sul mio ombrello viola, creando uno scudo intorno a me. Adoro anche la pioggia, l'ho sempre fatto. Le pozzanghere anch'esse d'argento creano un percorso ad ostacoli che solo i più coraggiosi combattono. Quando ero piccola mi divertivo a stare sotto la pioggia, amavo saltare sulle pozzanghere o fare un percorso ad ostacoli.
Arrivata a scuola entro subito nell'atrio e mi dirigo verso il mio armadietto per prendere i miei appunti di Greco. Mi ricordo che la professoressa di Greco è Katrina Knight. L'adrenalina inonda il mio sistema, pompa e batte come se stesse cercando di scappare. Penso che per tutte queste cose il mio cuore esploderà e i miei occhi sono spalancati per la paura quando mi ricordo che dovrò a pranzo parlare con Mike. Il mio corpo vorrebbe correre velocemente a casa e rinchiudersi in stanza, ma rimango paralizzata dove sono. Ammettiamolo, c'è davvero solo una cosa che posso fare: affrontare la furia e buttarsi come fece Pallante nella sua prima battaglia....e anche l'unica. Cavolo, sono fregata.
<< Stai bene?>> ma Pallante era stupido o cosa? Perché buttarsi così e morire? Ma poi vogliamo parlare di Turno? Che indossa il balteo di Pallante che ha preso in segno di vittoria? Per questa cavolaia si è fatto uccidere da Enea. Io scioccata.
<< Primula?>> sento una voce che si fa strada dentro di me mettendo fine ai miei pensieri stupidi e insensati. Mi giro verso quella voce e vedo Zach che muove la mano per svegliarmi
<< Ehm...ehi!>> dico cercando di essere più dolce possibile, anche se dentro sto cercando di capire il motivo della stupidità di Pallante e Turno. Qua non si parla di una morte bella, ma bensì di una morte stupida e ridicola.
<< Ehm...ciao, ti vorrei informare che dovresti andare in classe...>> guardo l'orologio e salto in aria.
<< Grazie, mi hai salvato la vita. A dopo>> corro verso la mia classe che ha già la porta chiusa. Spero non abbia iniziato a spiegare. Busso e apro lentamente; sicuramente sono rossa fuoco ma fa niente.
<< Primula Cendronella, mi sembra strano un suo ritardo di...>> guarda l'orologio e mi preparo al peggio, << di quindici minuti>> Cerco di capire quello che le posso dire; di certo non le dirò la verità, poiché si tratta di pensieri contorti che non stanno né in cielo né in terra. Ricordo la pioggia e la tempesta.
<< Mi scusi professoressa, purtroppo essendo venuta a scuola a piedi, il brutto tempo mi ha impedito di venire subito a scuola.>> abbasso gli occhi per la vergogna.
<< Tranquilla, può capitare. Siediti pure accanto alla tua compagna Mary>> sempre con gli occhi rivolti verso il basso, vado verso lei.
<< Oggi ragazzi, parleremo di Luciano. Egli non fu un greco di nascita, poiché nato in Siria; dunque studiò questa lingua a scuola come noi.>> lascio da parte la vergogna e inizio a prende gli appunti, finché la professoressa non scrive una piccola frase in greco alla lavagna. << Cendronella, potresti tradurre quello che ho appena scritto?>>
<< Storia vera>> non credo di avere mai risposto nella mia vita così titubante. Ma sembra sia corretto, visto che la professoressa sta sorridendo a trentadue denti.
<< Esatto, Storia vera>> si siede sulla sedia della cattedra e prende un libro, per poi continuare, << perché mai dare un titolo del genere secondo te?>> mi guarda con aria di sfida. A quanto pare è una cosa si famiglia cambiare umore da un giorno all'altro; anzi un secondo all'altro.
<< Non saprei, forse perché il libro parla di una cosa così stravagante da non essere credibile?>>
<< Esatto, possiamo notare subito una caratteristica di questo affascinante uomo: l'ironia. Questa storia fin da principio si rivela per quello che è, che nella sua Storia vera una sola cosa era vera, e cioè il fatto che in essa nulla c'era di vero.>>
<< Perché fare una cosa del genere?>> domanda Bruno che è seduto al primo banco.
<< Per procurare un momento di relax ai lettori in mezzo agli impegni e alle fatiche più serie. Per questo vorrei che lo leggeste in greco e faceste la traduzione dei primi due paragrafi, così vi rilassate un po'>> grazie professoressa amichevole che voleva a tutti i costi che le dessi del tu. Dopo la spiegazione chiudo subito i libri per non parlare con Bruno, poiché chiederebbe sicuramente il motivo per la quale sono scappata due giorni fa senza dare una spiegazione o almeno degnarmi di chiamarli dopo. Purtroppo so che non avrebbe tutti i torti, quella nel torto sono io, ma non posso dire niente.
Fatto lo zaino cerco di uscire dalla classe, ma vengo bloccata da Bruno.
<< Hei, stai scappando per caso da me?>> chiudo gli occhi e cerco di capire come uscirne viva senza ferire nessuno. << perché non hai chiamato? Perché sei andata via così? Ci siamo preoccupati>>
<< No Bruno, non sto scappando da te. Purtroppo l'altra volta vi ho lasciati così perché Edward mi ha detto che mio fratello stava male per l'esame che ha dovuto fare l'indomani.>> la bugia scivola fuori, liscia e facile come un burro fuso che scorre verso il basso. Mi sento così vuota in questo momento, mi sento come un fantasma in un mondo di bambole di carta. Dentro la mia anima c'è solo silenzio, solitamente sento sempre una vocina dentro di me, ma adesso non sento niente; sono come le foglie d'autunno sotto il gelo. Sento il freddo nel sangue, la freddezza che fa fermare la sinapsi del mio cervello. Parte di esso so per certo che è dolore, ma so che posso sopportarlo; sono forte. L'unica cosa che posso fare è aspettare che dentro di me ritorni la primavera e i cinguettii degli uccelli.
<< Va bene...se lo dici tu. Almeno gli esami di tuo fratello sono andati bene?>> credo di non essermi mai sentita così in colpa
<< Sì, sì, sono andati benissimo...grazie Bruno per la comprensione.>> Poggio la mia mano destra sulla sua spalla completamente scheletrica.
<< Di niente, cerca di consolare Nicole...a quanto pare ha avuto problemi anche con Zach>>
<< Tanto per cambiare>> butto per terra lo zaino e mi siedo sul banco. Perché tutto a noi? << oggi l'ho visto, sembrava imbarazzato>> gli occhi di Bruno sembrano incuriositi, chissà che film mentali sono proiettati nel suo cervello. << Ma tranquillo, sicuramente è perché ero imbambolata>>, mi accorgo di avere fatto un errore, <<imbambolata non per lui, bensì per i miei pensieri su Turno e compagnia bella>>
<< Okay...credo sia ora di andare in aula, ci vediamo a pranzo>> sono così imbarazzata da non avere il coraggio neanche di salutarlo e rivolgergli uno sguardo. Mi sveglio quando sento dietro di me dei rumori. Appena mi giro mi accorgo che la professoressa non era uscita e ha ascoltato tutto.
<< Scusi, adesso vado>> cerco di non infuriarmi per quello che ha fatto. Prendo lo zaino ed esco dall'aula, finché non mi chiama la professoressa. Vorrei tanto fare finta di non averla sentita, ma non guadagnerei niente di buono, se non rimandare un possibile dialogo riguardo sicuramente ad Edward.
<< Professoressa, mi ha chiamata?>> cerco di mascherare la rabbia e la mia impazienza, ma non sono una brava attrice.
<< Volevo solo sapere come sta Edward>>
<< Scusi, ma non capisco perché mi chiede sempre di lui...per caso dovrei sapere qualcosa? Perché per adesso mi sento in una specie di film giallo. Agatha Christie e Sherlock Holmes mi posso fare solo da contorno.>> sbotto infuriata. Onestamente non mi interessa se è la mia professoressa se non mi tratta come un'alunna.
<< Hai ragione, ma è l'unico modo per potere sapere qualcosa su di lui>> vedo i suoi occhi versare lacrime, sembra che ci sia in lei una ferita aperta e profonda. All'inizio i singhiozzi sono soffocati mentre cerca di nascondere il suo dolore, poi sopraffatti dall'ondata delle sue emozioni crollate completamente, tutte le sue difese lavate via da quelle lacrime salate. Quando rivolge il viso verso di me, trovo un ritratto di dolore, di perdita, di devastazione. Mi presenta il volto di una donna che ha sofferto molto nella sua vita e non sa se può farlo di nuovo. Le sue ciglia scure sono piene di lacrime; le sue mani si spingono in pugni tremanti, in una disperata battaglia contro il dolore. Cerco lentamente di avvicinarmi per non farla spaventare, per poi abbracciarla e asciugarle le lacrime con le mie dita sporche di cattiveria e di cola; già in una giornata ho fatto due vittime.
<< Scusa Katrina, sono qui se hai bisogno>> a quanto pare dandole del tu l'ho consolata. Ho capito che questa donna ha bisogno di affetto, che evidentemente non ha avuto.
<< Ti prego, cerca di farmi vedere Edward>> mi guarda con un filo di speranza, ma lo sa meglio di me che è impossibile. Edward ha una carattere forte, e ho intuito che la storia è lunga e pesante; quindi sarà dura.
<< Ci proverò, ma sarà difficile. Non lo vedo da due giorni, abbiamo avuto una discussione>> mi stacco dall'abbraccio, dandole la possibilità di sistemare un po' il mascara colato.
<< Grazie mille, se hai bisogno sono qua pure io>> mi abbraccia felice per essermi offerta di aiutarla, << adesso vai in classe che è tardi, tieni la giustificazione>> mi consegna un foglio, prende lo zaino e mi accompagna in palestra. Il professore appena mi vede diventa rosso dalla rabbia, finché non vede Katrina con il suo sorriso affascinante.
<< Ciao Arnold, purtroppo Cendronella è venuta in ritardo per colpa mia, l'ho pregata di aiutarmi per l'Open Day.>> prende dalle mie mani la giustificazione e lo passa al professore che è imbambolato. Mi sento così a disagio in questo momento, ma allo stesso tempo è così divertente vedere il professore che odio tanto impotente. << A dopo Cendronella>> mi dà un pizzicotto sulla guancia, regala l'ultimo sorriso al professore e va via.
<< Tu che hai da ridere? Cambiati e mettiti a lavoro>> mi accorgo avere la bocca completamente sorridente per la scenata, questa professoressa sta iniziando a piacermi veramente.
<< Cendronella dovresti impegnarti di più, è vergognoso avere sei in educazione fisica>> sono sfinita, questo antipatico mi ha fatto sudare come una pazza. << Magari Federica potrebbe aiutarti>>. No, ti prego.
<< Federicaaa>> urla. La gallina subito corre verso il professore, per poi giocare con una ciocca di capelli color miele. È così disperata da fare la gatta morte anche con il professore. Primula non ridere per favore; qui c'è da piangere.
<< Mi dica professore>>
<< Aiuta Primula a fare almeno tre giri di palestra senza fermarsi>> Federica sembra divertita, ma onestamente non la biasimo: sono veramente scarsa
<< Per così poco professore, cercherò di aiutarla stia tranquillo>> che odiosa. << Sei pronta Primula?>> arrabbiata le faccio un semplice cenno con la testa.
<< Partiamo dalle basi, fatti una coda>>
<< No, sto male con i capelli legati>>
<< Non è che cambi molto tesoro. Peccato, l'altra volta hai avuto la possibilità di spassartela e te la sei fatta scappare>>
<< Se per te spassartela significa farsi violentare il problema è tuo, non mio>>
<< Pensavo il regalo fosse gradito, ma a quanto pare no >> sento il fiato farsi pesante. Non solo per la corsa, ma anche per la persona che ho accanto.
<< Sai benissimo che posso denunciarti>> sbotto infuriata
<< Ma ti prego, che devi fare...>> viene interrotta dal suono della campanella, mentre si svuota la palestra mi avvicino alla panchina, finché non vengo raggiunta da Federica. << Come ho detto l'altra volta, non ti farò passare senza pressione l'anno scolastico>> chiudo la borraccia e bagnata dal sudore mi avvicino pericolosamente a lei, a quella faccia perfetta da essere schifosa.
<<Sai Federica ho capito il motivo delle tue parole, il tuo odio per me non è altro che una trasformazione della tua vergogna e insicurezze...è tutto ciò che odi di te stessa, ma ti manca il coraggio di affrontare. È molto più facile prendersi nelle teatrali della tua mente, gettandoti come vittima e protagonista, che inghiottire anche un'oncia di verità. Tutto ciò che fai è sconfiggere una persona che ha già avuto più di quanto la loro anima possa prendere più volte. Ti chiedo di trovare la tua via d'uscita dal tuo odio, di vedermi per quello che sono veramente le mutevoli illusioni evocate dalla tua stessa mente.>> detto questo prendo le mie cose e la lascio affogare nei suoi pensieri. Per la prima volta mi sento forte e fiera di me stessa, di averla mandata palesemente a fare in culo.
Vado in bagno e mi cambio, mettendo i vestiti di questa mattina. Appena esco dal bagno vedo Zach camminare avanti e indietro. Sicuramente sta aspettando qualcuno. Ricordo quello che ha detto Bruno e indifferente vado via. Appena giro per il corridoio che porta all'atrio, lo guardo e noto un filo di tristezza nei suoi occhi; ma devo fare attenzione, non vorrei peggiorare la situazione fra me e i miei amici.
Passano due ore pesanti di latino e arriva il momento temuto: l'ora di pranzo.
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Ciao a tutti, non pubblico un capitolo ormai da secoli. Scusate per l'assenza ma oltre alla scuola, verifiche, ho gli esami ICDL e per il B1 in inglese...sto impazzendo. La prossima settimana spero di pubblicare un altro capitolo più forte. Spero vi piaccia e buona serata❤️❤️
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