17 una persona amata.
-Non so cosa mi faccia più arrabbiare. Forse, che tu abbia detto che ti dispiace per me in un momento abbastanza terribile per me. Mi hai rapita e portata qui contro la mia volontá!- replicai io. - lui mi voltó le spalle e continuó la sua parlantina. -Sai pensavo fossi diversa. Forse mi sbagliavo, hai un qualcosa di speciale.- disse lui. Ne avevo abbastanza!, mi aveva rapita facendo il gradasso, allontanandomi da ali e ora pretendeva che io mi avicinassi a lui? Mai. Con molta rabbia, aprí la porta di quella stanza e mi avviai attraverso un lungo, ordinato e altezzoso corridoio. -Ne ho abbastanza, ho già sentito troppo! Non dovrei neanche starci qui.- urlai io. Lui non provó neanche a rincorrermi. Una donna verso i 40 passati, con un aspetto trasandato, con il suo abito bianco macchiato di sugo e i suoi capelli marroni raccolti in un fular, che probabilmente aveva sentito le urla si diresse verso di me quasi all impazzata. E mi rivolse la parola -Signorina, dove pensa di andare in tutta fretta. Si fermi.- disse lei tenendo il mio polso con le sue mani rovinate. -Lasciami andare! Qua siete tutti schiavi e non capite. Quanto potrebbe essere bello essere liberi! Quest'uomo mi ha rapita contro la mia volontá portata qui e ora pretende che io sia buona con lui. Mai, io vado via- dissi io. Lui mi fermó con una sola frase. -Se tu andrai via da questo palazzo, le persone che sono schiave in tutto L'Egitto lo saranno per altri 100 anni, o fin a quando avranno vita. Se andrai via da qua, non riceverai nessun mio aiuto.- disse lui. Mi bloccai, pensai che forse solo uno potente come lui potesse aiutarmi, potesse rendere libere finalmente milioni di persone. Per un attimo dimenticai Ali. Mi girai, lo guardai e purtroppo dovetti accettare per il bene di quelle persone così da rifarmi una vita. -Dammi la tua parola.- urlai. -Ti giuro sulla mia cara madre morta anni fa per colpa di re serpente. Ti giuro su mia madre che gliela farò pagare solo se tu starai al mio fianco.- disse lui. Io gli venni incontro. -Io ti staró affianco solo per salvare quelle persone e rifarmi finalmente una vita.- dissi io. -Signorina, mi segua. Andiamo a pranzare.- mi disse quella che doveva essere una donna di casa, una cuoca o altro poteva essere. Seguí la donna lasciando li quel' uomo di cui non sapevo neanche il nome. La donna mi accompagnó, scendemmo delle scale fino ad arrivare ad una stanza grande, con un tavolo lungo, fatto con legno di quercia venuto da un altra città sicuramente. C'era di tutto sopra, non avevo visto così tanto cibo in vita mia. Carne, pesce, pasta, insalata, frutta, dolci di tutto. -scusami, ancora non so il tuo nome.- dissi io alla donna. La signora si girò verso di me -il mio nome è Fahime signorina- disse lei con i suoi occhi color nocciola. -puoi chiamarmi Adara- dissi io -scusami per prima ma io non amo gli ordini.- dissi io. -Si sieda. Il signor Zafar sarà qui tra poco- disse lei. -Fahime, mi puoi portare i miei vecchi come dire vestiti qua?- dissi io. - Il Signore vuole che li butto.- disse lei. -Lo puoi chiamare per nome, non signore.- annui io come per sfidarlo. Dopo un minuto portó ai miei piedi i miei vecchi stracci. Mi tolsi quel pesante vestito per mettermi i miei vestiti leggeri. -Ecco, così sto Bene.- annui io. -puoi lasciare qua quel vestito, lo riporró io di nuovo a posto.- dissi io alla donna la quale mi sorrise. Arrivó lui, si fermó davanti a me in modo come arrabbiato. -Fahime!- lei venne subito al suo richiamo. -Si, Zafar- disse lei come a mio comando. -Ma che. Come ti salta in mente?- mi guardó e risi Si spiega tutto. Comunque sia, il vestito.- disse lui. -Io tengo questo dissi. Vuoi che resto qua facciamo anche come voglio io.- dissi. -il bel vestito lo riporró io nel armadio- continuai. Lui stette zitto e si sedette nella sua grande e morbida sedia. Nel frattempo venne un uomo anziano vestito di stracci e lo riconobbi subito. Era mio nonno. Piansi davanti all anziano vedendolo in quello stato maledendo quel uomo di averlo portato qui. -Ti odio, perché l hai fatto!- urlai io. -Non avrei mai saputo che fosse tuo nonno. Quando l ho trovato io era stato liberato dalla prigione sotto il deserto. Era in condizioni pietose, era magrissimo. Lo portai con me in modo che potesse servirmi.- disse lui posando la forchetta per mangiare. -Tu faresti schiavo un uomo anziano, che non ha forze neanche per reggersi in piedi!- dissi io. Mio nonno mi guardó un pó confuso, mi avvicinai a lui in lacrime. -Nonno, sono io. Adara la figlia di Ambra- gli ricordai il nome di mia madre. Lui smarrito pronunció parole che spezzavano il cuore. -Ambra, figlia mia mi dispiace per essere stato un fallimento...- capí che mio nonno si era ammalato, non ricordava molto, aveva dimenticato maggior parte delle cose. Scoppiai in lacrime. -Liberatelo...- urlai io contro quell uomo.
Ecco il capitolo 17.
Comincio ad amare questa storia.. voi? Che ne pensate? Vi manca ali?
Cosa avreste fatto al posto di Adara?
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