Le anime non muoiono

Contesto: S1

Personaggi: Din Djarin, Grogu, Kuill, IG-11

Genere: introspettivo



La disumanità del computer sta nel fatto che, una volta programmato e messo in funzione, si comporta in maniera perfettamente onesta.

Isaac Asimov


Din

"Aspetta, hanno detto che aveva cinquant'anni..."

Benché smorzate dall'elmo, la sorpresa e la confusione del Mandaloriano sono inequivocabili. I suoi occhi vagano all'interno della culla, scandagliando le pieghe della coperta che avvolge il piccolo essere grinzoso e verdognolo, in cerca di qualcosa che, inevitabilmente, non trova. Deve esserci dell'altro, di certo non avranno ingaggiato ben due cacciatori per un bambino...

"Le specie invecchiano in modo diverso. Forse può vivere molti secoli." Il braccio del droide si solleva con un cigolio sinistro dei giunti di rotazione. "Purtroppo non lo sapremo mai."

Cinque parole, cinque lame che affondano nel petto di Din, graffiandogli le costole. Quasi riesce a sentire lo stridio dell'acciaio contro le ossa, ed è talmente concentrato su quel rumore inesistente che le sue labbra si muovono da sole. Le parole fuoriescono senza controllo, indisciplinate, facendo gracchiare il modulatore: "No, lo riportiamo vivo."

La voce dell'uomo tradisce l'indignazione che lo ha invaso, ma il droide non riesce a captare il cambiamento. Come potrebbe? È un'arma, nient'altro. Un ammasso di impulsi elettrici e stridii, programmato per uccidere. Un mucchio di ferraglia letale che si limita ad elaborare dati, senza comprenderli.

Incapace di esprimere angoscia o compassione.

Incapace di fare un qualsiasi ragionamento morale, tantomeno di seguirlo.

La voce robotica rimbomba tra le pareti di nuda roccia, infilandosi in ogni anfratto. "L'incarico era molto specifico. Il soggetto andava terminato."

La vita, per un droide cacciatore, non vale nulla. Non c'è alcuna differenza tra accartocciare una lattina e uccidere un bambino.

Din, su questo, non ha dubbi. Nessun droide ha ripiegato il braccio davanti ai suoi genitori disarmati, né si è rifiutato di sparare agli abitanti innocenti di Aq Vetina. Nessuno.

Quasi non si accorge di aver sollevato la pistola e di aver avvolto l'indice attorno al grilletto. Il ruggito del blaster risuona tra le pareti del covo, seguito dal rumore dell'unità IG che cade al suolo: un tonfo sordo, accompagnato dallo sferragliare degli arti metallici che crollano gli uni sugli altri.

Non si volta nemmeno a guardarlo: le sue pupille rimangono allacciate a quelle enormi e scure del piccolo. D'altronde, cosa c'è da vedere? Tra qualche settimana non sarà altro che un mucchio di ferro arrugginito, con un bel buco nel cranio cromato.

Nessun rimorso, neanche un vago senso di colpa. Quello, in caso, è solo per i morti.

E i droidi non muoiono.


Kuiil

L'ultimo bullone si avvita su se stesso, cedendo alla volontà dell'Ugnaught, finché la placca di metallo non arresta la sua corsa.

Kuiil sospira, togliendosi gli occhiali protettivi e sistemandoseli sopra la fronte aggrottata. Gira la testa a destra e a sinistra, stiracchiando piano i muscoli doloranti del collo e delle spalle. Ha passato ore e ore su quello che lui scherzosamente chiama 'tavolo operatorio': una lastra di metallo su cui giacciono, ormai da giorni, i resti del droide che ha trovato nel rifugio dei Nikto, incorniciati da pinze, cacciaviti, chiavi e tronchesini. Ha dedicato all'unità IG tutte le sue energie nel tentativo di ricostruire i circuiti danneggiati dal blaster; un compito che ha richiesto molta pazienza e perseveranza.

Kuiil, però, sa già che sarà la ricostruzione del sistema neurale a mettere a dura prova la propria determinazione: dovrà programmarlo da capo, modificandone le funzioni primarie e dandogli un nuovo scopo. Gli insegnerà a prendersi cura dei più deboli, a interpretare le loro emozioni e a comprenderne i bisogni. La coscienza del robot nascerà e si svilupperà come quella dei bambini, giorno dopo giorno, esperienza dopo esperienza.

Kuill allunga le dita verso il collo di IG-11 e sposta l'interruttore verso destra. Si stupisce sempre di come sia facile e immediato azionare un droide; si preme un pulsante e, ad un tratto, si mette in circolazione una macchina autonoma capace di seminare morte e distruzione.

Il sapore acido della bile gli impasta la lingua al ricordo dei soldati creati dai Separatisti. Era giovane, all'epoca, ma certe paure – certi terrori – non si dimenticano. Rimangono impigliati dentro, nello stomaco, pronti a saltare fuori appena si abbassa la guardia. Però, dentro di sé, l'Ugnaught sa che non è dei droidi che deve avere timore, bensì dei signori della guerra che li progettano. Perché i robot, alla fine, non sono né buoni né cattivi: sono il semplice riflesso di coloro che li programmano.

Flebili luci rosse lampeggiano lungo il perimetro della testa cromata di IG-11, fino a stabilizzarsi in una corona di schegge incandescenti. Ora quei bagliori non faranno più paura a nessuno.


Grogu

Le botte hanno smesso di pulsare sotto la pelle. È rimasto solo un lieve ricordo dei pugni degli imperiali, ma presto passerà anche quello.

Ora si sente al sicuro dentro la vecchia borsa consunta: non ha più paura di stare lì, non è più in trappola.

Gli occhi scrutano oltre il bordo, rimanendo fissi sull'armatura lucente del padre, sul movimento incerto delle gambe. Zoppica, ma se la caverà.

Il droide, invece, ha un passo regolare e ritmato, quasi marziale, che gli fa venire sonno. Si sente cullato e protetto, e vorrebbe solo chiudere gli occhi per dimenticare il tunnel buio in cui sono finiti e l'odore della paura che lo riempie.

IG-11 non è come suo padre: sa di ferro e olio, della sabbia di Arvala 7 e di tè gatalentano. Grogu non percepisce il calore della carne sotto l'acciaio, né le emozioni che fanno vibrare la voce degli umani. Sente solo il cigolio delle articolazioni e il rumore cadenzato del metallo contro il pavimento.

Ma c'è comunque qualcosa di diverso nel droide, qualcosa che lo rende più simile a un essere vivente che a uno speeder. Sa che quello che dice non è frutto unicamente di calcoli matematici, di probabilità analizzate, di impulsi elettrici.

C'è lo spirito di Kuiil, in IG-11.

Grogu ne capta la compassione e la speranza, e capisce che l'Ugnaught è ancora vivo, perché, in qualche modo, sopravvive in ogni decisione, gesto o parola del droide: perdura tra i circuiti, tra i cavi, nell'unità di rielaborazione centrale.

Il piccolo ne percepisce l'anima. Sente l'alito di vitalità che lo spinge ad accarezzargli le orecchie con la punta delle fredde dita artificiali.

È per questo che la fine di IG-11 fa così male: per la seconda volta, il piccolo guarda Kuill morire, impotente, mentre il dolore gli scava una voragine in mezzo al corpicino. Una crepa simile, più sottile, si forma anche nel beskar del padre. Grogu non ha bisogno di guardarlo negli occhi per sentire la tristezza che scorre sotto l'armatura.

Le pupille enormi del bambino osservano IG-11 saltare oltre il bordo della chiatta. I suoi passi affondano nel fiume di lava, i circuiti delle articolazioni sfrigolano prima di prendere fuoco.

Il calore dell'esplosione che divampa all'esterno del tunnel accarezza la pelle rugosa del piccolo, facendogli tremare la punta delle orecchie. Gli occhi scuri si allargano, tristi e confusi, mentre osserva le fiamme spegnersi sulla superficie del fiume lavico.

Le mani di Din si stringono attorno al figlio, quasi a cercare conforto nella sua presenza. Grogu sente il suo smarrimento, quel tipo di confusione che non dovrebbe esistere... e, invece, eccola lì, contro ogni logica. Anche se suo padre non lo ammetterà mai, il piccolo, in fondo, sa.

Sa che i droidi muoiono, ma le anime no.


Angolino oscuro dell'autrice:

Lo so, lo so, sono sparita per mesi e torno con una one-shot che... boh, non so manco io come definirla.

Vi ringrazio a prescindere per essere arrivati fino a qui ♥ e se avete commenti/riflessioni da fare, esprimetevi pure (giuro che non mordo!).

Un ringraziamento speciale va a Lightning070, che ha citato Asimov al momento giusto e, involontariamente, ha fatto partire tutto. Vor'e, ner vod!

Che la Forza sia sempre con voi,

Helmwige

P.S: La frase in corsivo nel paragrafo di Kuiil è una citazione presa direttamente da S1x07. Il titolo, invece, viene da un cartone animato... chi indovina vince un bicchiere di spotchka ;)

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