Marinette; Ladybug

«Ciao...»
Marinette alzò la testa, osservando il biondo in piedi davanti a lei che le sorrideva dolcemente: quante volte aveva sperato che Adrien la guardasse così? Quante volte aveva sognato che lui la cercasse, che passasse il tempo con lei come se fossero...
Strinse le labbra, osservandolo ancora per un secondo, mentre lui strusciava a disagio i piedi.
«Ci-ciao.» bisbigliò, chinando la testa e tornando al disegno dell'abito, mentre il modello le si sedeva accanto: non troppo vicino da metterla in allarme, ma neanche troppo lontano da apparire estraneo.
Quante cose erano cambiate da quando Chat Noir – Adrien, si corresse subito – era andato a trovarla, dopo la sconfitta di Papillon.
O da quando l'aveva chiamata my lady in biblioteca, usando quel nomignolo che aveva sempre e solo riservato all'altra sua parte, a Ladybug.
Adesso sapeva esattamente cosa il biondo pensava di lei e i suoi sogni...
I suoi sogni si erano infranti.
Ad Adrien non sarebbe mai piaciuta Marinette, lo sapeva bene.
L'aveva avvicinata solo perché lei era Ladybug, non perché era Marinette Dupain-Cheng.
Aveva sempre sentito il peso della maschera che indossava, il ruolo dell'eroina che aveva, ma mai come in quegli ultimi giorni era stato così soffocante.
«Che disegni?» le domandò Adrien, sorridendole e allungando il collo in modo da vedere il foglio ove era il suo lavoro.
«Niente.» borbottò la mora, chiudendo l'album e dandosi mentalmente un pugno in testa: perché doveva essere così...così...così insopportabile?
Il biondo incassò il colpo, senza darlo a vedere, e mantenendo un sorriso tranquillo in volto mentre lei ficcava il blocco dentro lo zaino e si alzava, guardandosi intorno quasi alla ricerca di una fonte di salvezza: «Marinette?» le domandò, fermandola e alzandosi a sua volta: «Stavo pensando...» iniziò il biondo, massaggiandosi impacciato la nuca e regalandole l'ennesimo sospiro: «Avresti voglia di uscire con me? Domenica?»
Quante volte aveva sperato che Adrien la invitasse?
Quante volte aveva sognato di uscire con lui?
«Lo fai solo perché io sono Ladybug.» bisbigliò la ragazza, scuotendo la testa e facendo ondeggiare le codine: «Se io non fossi stata Ladybug non ti saresti ma interessato a me.» dichiarò convinta, alzando lo sguardo celeste ferito e guardando, notando la confusione impadronirsi: «A t-te pi-piace Ladybug. Non Ma-marinette.» continuò, invocando poi il nome della propria kwami e ordinandole di trasformarsi.
Ladybug prese il posto di Marinette, ma il dolore rimaneva mentre lo guardava un'ultima volta, prima di lanciare il proprio yo-yo e correre via: avrebbe voluto piangere, ma i suoi occhi erano stranamente asciutti mentre balzava sul tetto della scuola e poi corse verso la propria casa.
Il suo terrazzino.
Il suo rifugio.
Saltò e si lasciò andare contro il muretto, tirando su le gambe e poggiando la fronte con le ginocchia, inspirando profondamente e socchiudendo gli occhi: perché era così insopportabile? Perché era così insicura, debole?
Fece un nuovo profondo respiro e alzò la testa, sobbalzando alle gambe inguainate di nero che si trovò davanti.
Maledetto micio silenzioso, pensò dentro di sé, continuando a far vagare lo sguardo verso l'altro e incontrare quello di Chat Noir.
Il giovane si chinò davanti a lei, sorridendole e allungando una mano e scostandole un ciuffo dalla guancia: «Ti piace il colore rosa.» dichiarò sicuro: «Non ti ho mai visto un giorno senza indossare qualcosa di quel colore.»
«Cosa...?»
«Sei una ragazza dolce e forte: aiuti sempre chi ha bisogno e non chiedi mai niente in cambio. Hai talento e sogni di lavorare nel mondo della moda un giorno.» continuò Chat Noir, scivolando accanto a lei e passandole un braccio attorno alle spalle: «Hai sempre il profumo della boulangerie di tuo padre addosso e mi piace tantissimo.»
Ladybug si divincolò un po' ma il giovane fece forza sulla presa, impedendole di scappare nuovamente: «Mi piace quando balbetti, perché sono l'unico che riesce a capire cosa dici: sono diventato bravissimo a tradurre il marinettese.» dichiarò orgoglioso di sé, alzando il mento: «E mi piace anche quando mi fa il verso. Non credere che non ti abbia visto, quando abbiamo battuto Evillustrator.»
«Io...»
«Sei l'unica a cui lo permetto, principessa.» dichiarò Chat Noir, abbassando il volto e sorridendo allo sguardo celeste che lo fissava da dietro la maschera di Ladybug: «Così come sei l'unica a cui ho dato un nomignolo. Solo a te. Anzi, a dirla tutta te ne ho dati due.»
«Due?»
«Beh, my lady e principessa.» dichiarò il ragazzo, poggiando la fronte contro quella della ragazza e facendole l'occhiolino: «Dovrei scegliere ma è difficile: sei sia la mia signora che la mia principessa.»
«Chat...»
«Sei insicura e, davvero, vorrei capire il perché dato che non ne hai motivo.» continuò il ragazzo, bloccandola: «Ma farò tutto ciò che è in mio potere per darti quella sicurezza che non hai.»
«Chat, io...»
«A me non piace Marinette perché è Ladybug.» dichiarò convinto, carezzandole la guancia con le labbra: «Ma Ladybug perché è Marinette.»
La ragazza registrò le parole che lui aveva appena detto, scuotendo la testa: «Non ha senso quello che hai detto.» bofonchiò, voltandosi verso di lui e rendendosi conto che i loro visi erano veramente vicinissimi: sarebbe bastato poco, un semplice movimento e...
Ladybug scosse il capo, voltandosi dalla parte opposta e sentendo le labbra di Chat scivolarle sulla guancia e poi giù, lungo il collo: «Chat...» bisbigliò, allontanandosi di un poco e vedendolo sorridere di fronte a quel movimento: «Che c'è?»
«Quello che ho detto io non ha senso? Vogliamo parlare di quello che mi hai urlato contro poco fa?» le domandò il giovane, prendendola per le mani e facendola alzare, portandola nel punto più nascosto del terrazzino, in modo da evitare che qualche curioso potesse vederli: «Sei un po' troppo presuntuosa, my lady.»
«Cosa?»
«Credere di sapere chi mi piace...» continuò Chat, poggiando le mani contro il muro di mattoncini e facendole l'occhiolino: «Dovrei punirti, sai?» commentò tranquillo, baciandole la punta del naso e facendole l'occhiolino: «Sì. Dovrei veramente punirti per aver pensato che a me non piaci, Marinette.»
«E-ecco, i-io...»
«E' divertente vederti balbettare in questo modo.»
«Pailtana. No, volevo dire...pialnata...»
«Ok, ok. La pianto.» La ragazza sgranò gli occhi, osservandolo confusa e ricevendo in cambio un sorriso dolce: «Te l'ho detto. Sono un ottimo traduttore del marinettese.» assentì, facendole l'occhiolino: «So perfettamente come tradurre ogni parola che dici.»
«Noto...»
«E so anche un'altra cosa.»
«Cosa?»
«So che tu non vuoi che smetta di flirtare con te.» dichiarò Chat Noir, chinandosi leggermente in modo che i loro volti fossero alla stessa altezza: «Anzi, devi ammettere che ti piace quando lo faccio. Quindi, per farti contenta, lo farò. Ogni giorno come Adrien e come Chat Noir.» Ladybug sorrise, allungando titubante una mano e carezzandogli la guancia: «E smettila di pensare cose stupide come quella di prime: Marinette. Ladybug. A me piace ogni tuo lato, principessa.»
«Io...»
«Soprattutto il tuo lato B, devo dire. E' sempre bellissimo da vedere quando...»
«Chat!»
«Ti piace quando flirto con te.»
«No, per niente.»
Il ragazzo ridacchiò, osservandola incrociare le braccia e guardarlo indispettita: «Bentornata, my lady.» dichiarò, dandole un buffetto sul naso e osservandola sciogliere il broncio in un sorriso: «Dovremmo tornare a scuola, adesso. Ci tocca due ore con la Mendeliev.»
«Oh. Povero, mon minou.»
«Non sei spiritosa.»
Ladybug scosse il capo, mettendo mano al suo yo-yo e cercando con lo sguardo un appiglio: «Marinette?» la chiamò Chat, facendola voltare e notare che era al suo fianco, con il suo solito sorriso tranquillo in volto: «Tu mi piaci, Marinette. E anche tanto.»
«Anche tu.» dichiarò lei, sentendosi orgogliosa della voce ferma con cui l'aveva detto.
Chat sorrise, chinandosi e baciandole la guancia, prima di mettere mano al bastone e, usato come un'asta, si lasciò cadere sul tetto della scuola, dall'altra parte della strada, lasciandola inebetita sul terrazzino, con una mano sulla guancia che lui aveva sfiorato con le labbra.


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