LEZIONE
DENIEL
L'agguantai per il polso e la strattonai verso di me, solo vagamente consapevole della forza che stavo impiegando. Una folata di vento le sollevò alcune ciocche, spingendogliele contro il volto e liberandole da centinaia e centinaia di particelle di profumo che vorticarono verso di me.
L'odore di fragole era svanito, sostituito da quello più acre della paura, non sufficientemente forte comunque da occultare il sentore di rose che persisteva sui suoi abiti e sulla sua pelle. Sapevo che quel vago sentore floreale non stava sfuggendo a nessuno dei presenti e sembrava urlare la sua verginità al dannatissimo mondo intero.
Una donna vergine non apparteneva a nessuno. E una donna non accoppiata era probabilmente la preda più ambita e succulenta su cui un giovane licantropo avrebbe potuto posare gli occhi.
Per questa ragione solo qualche ora prima, vinto dalla rabbia, mi ero ritrovato a strigliare Becky, punendo la sua fuga con parole intrise di minaccia. Ciò che lei non era stata in grado di comprendere era che il mio avvertimento era stato dettato dalla paura e dal bisogno che sentivo di proteggerla da qualsiasi pericolo.
Lo stesso brutale bisogno che inaspriva il mio sguardo mentre lo puntavo deliberatamente letale contro le leve che si erano allineate a pochi metri da noi. Avevano fiutato l'odore di fragole sulla mia femmina ed ora erano i balìa di istinti primordiali. Il testosterone faceva vibrare le loro zampe posteriori, tese all'indietro in una posa d'attacco. Gli occhi brillavano catturando i raggi del sole, ma non fissavano lei.
Fissavano me!
Questo poteva significare semplicemente che volevano farmi fuori perché era ovvio che rappresentavo il loro unico ostacolo per arrivare a lei. Come era ovvio che ero stato io, a dare inizio a questo scontro.
BECKY
"Se ti dirò di scappare, non voglio sentire nemmeno mezza sillaba di protesta", mi avvertì.
Istintivamente mi aggrappai al suo braccio. "Che intenzioni hanno?"
"Portarti via da me", rispose tranquillo.
Lo fissai stravolta. "Appartengono al tuo branco. Tu sei il loro capo. Non ti basta dire loro di andare via o... che ne so, di mettersi a cuccia?".
I suoi occhi rimasero fissi nei miei per qualche istante, come a volermi contagiare con la propria sicurezza. Come se non ci fossero otto licantropi pronti a scatenare un massacro. Se ne stava con le braccia incrociate al petto e l'espressione più annoiata che gli avessi mai visto.
"Potrei ordinarglielo se ti avessi marchiata ma legalmente non appartieni a me", si decise a rispondere.
Tornai a fissarli. Stavano avanzando lentamente, in una linea omogenea, traendo forza e coraggio dalla consapevolezza di essere in vantaggio numerico e valutando le probabilità di vittoria con calma efficienza.
"Tieni lo sguardo basso dannazione", sentii Deniel imprecare. Non mi stava più guardando eppure, nell'osservare qualcosa sul muso dei licantropi non ebbe alcun dubbio che li stessi fissando. Non avevo idea di come avesse fatto a capirlo ma non mi sognai di chiederglielo.
Abbassai invece lo sguardo, intuendo che potesse rappresentare un grosso problema continuare a tenerlo levato contro gli otto licantropi, e nel medesimo istante Deniel balzò in avanti facendomi da scudo. Lo stesso Dimitri lo imitò, posando una spalla contro quella di Deniel per bloccare completamente la mia visuale alle otto leve.
Battei sulla sua schiena con l'indice per richiamare la sua attenzione ma non si voltò. Non voleva perderli di vista, era chiaro.
"Glielo hai spiegato che se muoio, muoiono anche loro? Perché da come ringhiano non mi pare lo abbiano capito molto bene", parlai a raffica, mangiandomi l'ultima sillaba di ogni parola.
Fu a quel punto che Deniel tornò a voltarsi verso di me, attirato dal tono terrorizzato che avevo usato, per sincerarsi probabilmente che non fossi sul punto di svenire, e capii con uno schianto nello stomaco che non era affatto tranquillo come voleva dimostrarmi. Gli occhi cerchiati di rosso erano colmi di una furia gelida. I muscoli delle braccia e delle gambe erano tesi fino allo stremo, pronti ad attaccare, l'espressione glaciale sul suo volto era svuotata da qualsiasi emozione: era pronto a uccidere.
"Piccola, respira. Se esistesse anche solo mezza possibilità per quegli otto licantropi di sfiorarti sarebbero già sotto tre metri di terra".
Quindi tornò a voltarsi verso di loro e vidi chiaramente i muscoli della sua schiena gonfiarsi uno dopo l'altro, mettendo in evidenza un intricato intreccio di tendini e potenza.
"Muta", la voce di Deniel tuonò carica di autorità, infondendo a una delle leve un comando alfa talmente potente che persino gli altri sette licantropi iniziarono a uggiolare benché non si fosse rivolto a loro.
Funzionò! Il corpo della leva si mosse da solo, in automatiche movenze che fecero schioccare le articolazioni, sottomettendosi suo malgrado al comando del proprio Alpha fino a quando ogni parte del suo corpo tornò ad assumere sembianze umane.
In un impeto di coraggio sbirciai da oltre la spalla di Dimitri e vidi quel che rimaneva del lupo bianco ed estremamente gigante: un ragazzino sui diciassette anni, dal volto ancora acerbo sul cui mento prominente spuntavano solitari alcuni peli di barba bionda.
"E' su di lei che avete messo gli occhi?", chiese beffardo.
Il ragazzino annuì frenetico, leccandosi le labbra e avanzando di un altro passo. Accanto a lui i suoi sette compagni si acquattarono, in attesa, sollevando il naso alla ricerca del mio profumo.
All'improvviso un ringhio profondo mi fece sobbalzare. Era terrificante. Spietato. Era l'urlo dell'Alpha, un suono talmente echeggiante che smosse alcune piccole pietre sul dorso della montagna.
"Lei. Appartiene. A. Me", ruggì in seguito.
"Alpha", mormorò il ragazzino, gettandosi a terra sulle ginocchia. "Non lo sapevo. Non sapevo fosse la tua umana".
Deniel si rimboccò le maniche della maglia, con movimenti flemmatici, avanzando con ancor più lentezza, e immediatamente Dimitri si scostò di lato, prendendo il suo posto per continuare a coprirmi.
Poi Deniel reagì così velocemente che non riuscii a seguirne le mosse fino a quando si fermò, con la mano artigliata alla gola di uno dei sette lupi. Lo scaraventò contro il licantropo più vicino e l'impatto fu assordante e talmente violento da mettere entrambi fuori combattimento. Quindi ruotò rapidamente su se stesso e trovò gli altri cinque lupi che pian piano lo stavano accerchiando.
"Sul serio?", rise lieve, rilassato. "Mi state davvero minacciando?".
Mi aspettavo di vederli tentennare, o di soccombere quantomeno davanti alla sicurezza del loro Alpha, invece una delle leve balzò in avanti, scoprendo i canini e fendendo l'aria fino a trovare il fianco scoperto di Deniel.
Nel panico strizzai gli occhi, sentendomi vacillare. Tutto il mio corpo era debole, sconquassato dal tremore, le gambe incapaci di sostenere il mio peso si flessero in avanti fino a farmi accucciare sull'erba. Mi tappai le orecchie per difendermi dalle urla disumane, preparandomi al peggio, e nonostante tutto riconobbi l'inconfondibile suono di ossa spezzate e muscoli recisi.
"Dimitri", mugugnai.
"Stai calma piccoletta". La voce arrivò più vicina di quanto mi aspettassi e intuii che si fosse accucciato accanto a me. Non osavo aprire gli occhi. Non osavo nemmeno respirare.
"Tu sei il suo braccio destro. Puoi fare qualcosa. Fermali, ti prego".
"Sono solo cinque leve", il sorriso nel tono. "Per Deniel è una passeggiata. Ma è bene che venga imparata la lezione".
Le sue parole, accompagnate da un improvviso silenzio tombale, erano intrise di così tanta calma da infondermi un parvenza coraggio. Azzardai a sollevare una palpebra, preparandomi a vedere un campo pieno di sangue e cadaveri. Invece l'unica cosa che vidi fu l'ampio petto di Dimitri, proteso verso di me per impedirmi la visuale.
"Hanno finito?", balbettai, rincuorandomi nel sentire il protrarsi del silenzio tombale.
"Naa", ridacchiò scompigliandomi la frangia. "Hanno appena iniziato. Queste cose di solito vanno per le lunghe e il tuo bel Deniel ha un sacco di rabbia repressa da sfogare. Lascialo divertirsi un pò".
Sbattei le palpebre. "Mi stai dicendo che per lui è solo un gioco? Che non corro alcun pericolo?".
"Mi stai dicendo che lo hai messo in dubbio?", c'era così tanto stupore nel suo tono che per un attimo restai spiazzata.
"Cristo! Sì che ho pensato di essere in pericolo", ribattei stridula. "C'erano otto mostri davanti a me".
"E Deniel", aggiunse ovvio. "Dimmi, Becky, se fossi stata davvero in pericolo, secondo te, ti avrebbe mai permesso di restare?". Si voltò per un istante, guardando dietro di sé oltre la spalla. "C'è stato un solo momento in cui l'ho visto preoccupato".
"Quale?".
"Quando ha capito che probabilmente non avrebbe potuto evitarti di vedere tutto lo scontro. Tu sei umana, questo non lo può certo scordare. E in quanto umana la tua mente non è propriamente in grado di elaborare ciò che sta accadendo davanti a te. Ecco qual è l'unica cosa che lo ha preoccupato".
Il rumore di un alto osso che si spezzava mi fece irrigidire da testa a piedi.
"Ahi!", commentò Dimitri, tornando a fissare il combattimento. "Questo ha fatto male".
"Chi? Cosa? Chi si è fatto male?".
"Hai presente il lupacchiotto dal manto nero? Ecco, ora è sul rossiccio".
"Rosso?".
"Per via del sangue", spiegò paziente.
Trattenni un conato e per qualche assurda ragione mi sporsi oltre la sua spalla, incapace di continuare a restare all'oscuro. Un po' come quando si assiste ad un incidente stradale e anziché volgere lo sguardo, sadicamente si va a caccia di feriti e macerie.
"Non preoccuparti, non è il suo sangue", si affrettò a tranquillizzarmi, scostandosi quel tanto che bastava per impedirmi di vedere.
Tirai un sospiro di sollievo.
"E' quello di Deniel", aggiunse.
"Cosa?", strillai, balzando in piedi.
La mano di Dimitri calò implacabile contro il mio polso, rigettandomi a terra con un movimento così brusco che mi ritrovai con il sedere sprofondato nella terra umida. "Così rischi di distrarmi l'Alpha. Stai buona".
"E' ferito", ringhiai paonazza, col cuore in gola, preoccupata oltre ogni ragionevole misura.
"Non più", assicurò. Quindi abbozzò impacciato: "Guariamo in fretta".
Di nuovo al centro del campo tuonò un silenzio tombale e questa volta sembrò decretare la fine dello scontro poiché da lì a qualche attimo vidi l'ombra di Deniel torreggiare sopra di noi. Il cucciolo di Carl strisciò da sotto il tronco alle mie spalle, dove se ne era rimasto nascosto per tutto il tempo, e sgattaiolò via di fretta e furia.
"Tutto okay?", domandò.
Aveva appena affrontato otto licantropi e non aveva nemmeno il fiatone. Non aveva dovuto nemmeno mutare. La sua forza era assurda, e resa evidente dalle macchie di sangue che imbrattavano i suoi abiti. I capelli gli erano sfuggiti completamente dall'elastico e incorniciavano selvaggi il suo volto ancora più selvaggio, reso elegantemente rude dall'ombra della barba e dal ghigno vittorioso.
"Tu chiedi a me se è tutto okay?", ribattei sconvolta, cercando di alzarmi.
Piantai i talloni a terra e posai i palmi sulle spalle di Dimitri per sorreggermi ma appena lo feci le mani di Deniel si posarono sopra le mie, scostandomele, e mi ritrovai a cadere nuovamente a terra.
"Se ti serve aiuto per alzarti lo chiedi a me. Non a lui", indicò Dimitri con un cenno del mento. Il tono di comando ricordava quello usato pochi minuti prima con le leve.
Quindi mi acciuffò da sotto le ascelle e mi sollevò senza sforzo, aiutandomi a restare in piedi e inclinando la testa per osservarmi dritta in faccia. C'era qualcosa che non andava nella sua espressione. Non era solo la calma che non lo faceva sembrare affatto reduce di uno scontro. Era qualcos'altro. Sembrava soddisfatto di qualcosa. Come se avesse raggiunto uno scopo che a me sfuggiva completamente.
"Hai visto tutto?", domandò, sfidandomi a mentire.
"No".
"Quanto hai visto?".
"Abbastanza".
"E' stato il tuo profumo a renderli così aggressivi. Questo lo hai capito voglio sperare".
Con un impeto di dolcezza fece scorrere le nocche della mano lungo la mia guancia, catturando una singola lacrima, frutto dell'adrenalina.
"Questo è ciò che accade ogni volta che ti avvicini a qualcuno di non abbastanza forte da avere sufficientemente autocontrollo", continuò.
Sbattei le palpebre ed un'altra lacrima mi sfuggì, preannunciandone molte altre. Il mio cervello stava a fatica rielaborando tutto quando, soffermandosi sul pericolo che avevo corso e ricamando storie del terrore sui pericoli che avrei sempre trovato ad intralciare la mia strada.
"Questo è ciò che è accaduto ogni volta che tu hai tentato di scappare", riprese, e di nuovo nella sua voce percepii una nota stonata. Era soddisfatto. Troppo. "Ogni volta, Becky".
Sbirciai verso Dimitri e lo trovai intento a fissare il terreno mentre giocherellava con alcune cortecce con la punta della scarpa. A differenza di Deniel sembrava impacciato, quasi si sentisse in colpa di qualcosa.
"Questo è ciò che accadrà ogni volta che fuggirai da me", concluse Deniel, impostando questa volta un tono più rimproverante.
A quel punto volse lo sguardo verso il suo braccio destro e annuì in un muto segno di ringraziamento, che prontamente Dimitri ricambiò, abbozzando invece un mezzo sorriso di scuse verso di me.
"La lezione è finita", disse tornando a rivolgersi a me.
E a quel punto capii.
Sgranai gli occhi e tutte le mie lacrime si seccarono in un deserto di rabbia. "Figlio di puttana!".
Il sorrisetto che seguì fu la conferma che avevo capito giusto; quegli otto licantropi non avevano mai voluto attaccarmi. Tutto lo scontro era stato organizzato a tavolino per punire la mia ultima fuga. Voleva farmi passare la voglia di riprovarci e aveva fatto leva sul terrore per ottenere il suo scopo. Sapeva che se fosse riuscito riuscito a istillarmi una buona dose di paura ci avrei pensato mille volte prima di allontanarmi da lui, preferendo la prigionia alla possibilità di affrontare la furia di qualche licantropo.
E a quel punto mi scaraventai contro la sua gola.
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