Deniel - sono il tuo capo
Quando entrai in sala riunioni trovai tutta la squadra di creativi attorno al lungo tavolo che occupava gran parte della stanza. La parete più a ridosso alle finestre era stata ricoperta da un pannello per la riproduzione delle slide e un cartellone di bozza promozionale giaceva ancora arrotolato nell'angolo, tenuto chiuso da uno spago argentato.
Il vociferio si interruppe appena varcai la soglia e scambiai un'occhiata con Dimitri, seduto a capotavola, facendo attenzione a non incrociare lo sguardo di Becky che se ne stava seduta accanto a lui. La campagna di cui dovevamo discutere era troppo importante e non potevo permettere che il suo volto mi distraesse.
Dimitri annuì quasi impercettibilmente, un gesto che sfuggì a tutti ma che mi fece capire che non aveva incontrato problemi nell'accompagnare Becky alla Hill Farrow. Avevo tenuto d'occhio casa sua per tutta la notte e quando la vita nel quartiere si era risvegliata mi ero concesso di tornare alla villa per farmi una doccia prima di fiondarmi in riunione. Inoltre avevo avuto una commissione urgente da sbrigare perciò Dimitri era andato a prenderla al posto mio.
Mi accomodai dal lato opposto della tavolata e con un cenno della testa diedi il via alla riunione.
"Signor Farrow abbiamo messo a punto l'ultima locandina per la compagnia navale a lunga tratta e abbiamo abbozzato la proposta di Lancome per il lancio sul mercato del nuovo rossetto". Connor passò in rassegna alcuni fogli, estraendoli dalla teca che gli aveva passato una moretta che non avevo mai visto. "L'idea iniziale è questa".
Presi il foglio che mi stava allungando ed osservai gli schizzi disegnati con power point. Accanto a questi, fissata con una graffetta sul bordo, spiccava la foto formato tessera della modella scelta per lo spot.
"Le slide?", chiesi spiccio.
Si alzò di scatto e andò alla postazione del proiettore, lo accese e lo puntò al centro del pannello sulla parete di fronte a me. La sequenza di immagini rappresentava una serie interminabile di labbra in primo piano.
"Abbiamo focalizzato l'intera campagna sulla bocca delle donne, incentrandola sulla bellezza e la sicurezza". Ricercò il mio sguardo a caccia di una rassicurazione e trovandomi annoiato proseguì meno sicuro di sé. "Il messaggio che vogliamo trasmettere è che ogni donna, sentendosi bella e desiderata, assume più sicurezza. Questo può portare benefici anche in campo lavorativo".
Annuii, scambiandomi un'altra occhiata con Dimitri. Quindi mi lasciai cadere sullo schienale della poltroncina e sbattei le nocchie sul tavolo, scandendo i secondi. "Altre idee?".
"Signor Farrow, mi consenta, la squadra ha lavorato per venti giorni a questo progetto e rispecchia esattamente quello che vuole il cliente. Non ci sembrava necessario studiare altre proposte".
"Quindi non ci sono altre idee?!", ribattei seccato.
Per un lungo momento calò il silenzio. Tutti si fissarono nella speranza di trovare una soluzione immediata nel volto dei propri colleghi. Lo stesso Connor passò in rassegna ogni viso, nella posizione esatta in cui erano seduti, prima di tornare a me. Si sistemò la cravatta, tentando di allentare il nodo e si schiarì la voce.
"In ogni caso il budget per la campagna è davvero misero", cercò una scappatoia.
"Quanto abbiamo?", mi rivolsi a Dimitri.
"Trentacinquemila dollari". Osservò un grafico e lo espose. "Solo la modella ce ne costa tredicimila. Poi c'è l'affitto della location, il regista, il costumista... l'idea di sviluppare uno spot ritraendo unicamente le labbra ci permetterà di assumere una sola modella. Il trucco e le luci faranno in modo che sullo schermo possa rappresentare più donne diverse".
Accavallai le gambe e pensai ad una soluzione. Il budget era davvero ridotto all'osso e non avremmo mai trovato un regista a meno di trentamila dollari entro la settimana.
"Avete già trovato una location?", mi informai.
Connor scattò verso il cartellone arrotolato ad angolo della parete e lo allargò al centro del tavolo. "Questo è un magazzino in periferia. Il proprietario ce lo affitta per un paio di giornate a soli duemila dollari, il riscaldamento e la corrente elettrica sono compresi, ma è pieno di pezzi di ricambio di automobili e sarà a carico nostro sia lo svuoto che le pulizie finali".
"Mmmm", rimuginai. Presi la calcolatrice e feci due rapidi calcoli per valutare quanto margine mi restasse per pagare i dipendenti. "Come mai non avete trovato una modella più economica? Questa non mi sembra particolarmente espressiva". Osservai la femmina ritratta nella piccola foto tessera e finalmente mi decisi ad alzare gli occhi su di Becky.
Se ne stava in silenzio, tenendo le spalle leggermente affossate come se volesse mimetizzarsi con la sedia, talmente bella nella sua ingenua timidezza che mi fu impossibile non fare un paragone tra lei e la donna che avrebbe dovuto prestare il volto per Lancome.
"Tu cosa ne pensi?", chiesi, facendo bene attenzione ad usare un timbro di voce distaccato e autoritario per non destare qualche malizioso sospetto tra i suoi colleghi.
Impiegò qualche secondo a capire che mi stavo rivolgendo a lei. La testa scattò in alto, come se avesse preso la scossa e gli occhi si sgranarono appena realizzò di avere puntato contro lo sguardo di tutti i presenti.
"Dice... a me?", si puntò un dito al petto, completamente presa in contropiede. Era evidente che nessuno avesse preso in considerazione le sue idee nelle riunioni precedenti e la cosa mi irritò.
"Sì, Becky. Cosa te ne pare di questa bozza promozionale?".
"Bhe, io... credo che...", esitò, cercando con lo sguardo l'appoggio di Connor.
La rabbia arrivò immediata.
"Occhi a me, Becky", cantilenai in un rimprovero.
Mi fissò e le sue guance si tinsero di rosa. "Credo che possa andare".
"Perciò quando accenderai la televisione e vedrai la pubblicità di una decina di labbra truccate, sarai vinta dal desiderio di correre ad acquistare il nuovo rossetto di Lancome?".
Fece per annuire ma lo scetticismo nel mio tono le fece cambiare idea. "Forse sarebbe più appropriato inserire una sorta di sceneggiatura e ricreare una trama in cui il messaggio si capisce meglio".
"L'idea è buona", confermai senza esitazioni ma senza nemmeno esultare troppo. Era ancora in fase embrionale e non vi era alcuna certezza che il team potesse farcela in meno di una settimana.
Mi alzai e feci il giro al tavolo per raggiungere Connor e poter osservare da più vicino la mappa della location. Arricciai le labbra e arrotolai il cartellone.
"Il posto dove sarà allestito il set non va bene. E' anonimo, spoglio. Quello che voglio è un ambiente più colorato e familiare, come la stanza di una ragazza, leggermente disordinata ma colma dei suoi oggetti personali".
"Ci costerà troppo ricostruire un'intera stanza. Dovremo affittare i mobili e tinteggiare le pareti", protestò Connor.
"Qualcuna di voi può mettere a disposizione la propria camera da letto?". Sollevai lo sguardo sulle presenti. "Tu Becky?".
"Io?".
"Sì, tu. Hai una stanza abbastanza ampia da farci stare l'attrezzatura per le riprese?".
"Credo di sì".
Sorrisi tra me. Con quella risposta mi fece intuire che la sera prima non si fosse accorta che ero entrato nella sua camera.
"Il messaggio che avevo in mente coinvolge più donne diverse. Non possiamo puntare solo sulle donne in carriera dimenticandoci delle studentesse o di chi ha scelto di fare la casalinga. Hanno tutte la stessa opportunità di essere belle e in questo modo il target a cui ci rivolgeremo non sarà limitato ad una sola fascia d'età. Il prodotto che vendiamo è raffinato ma adatto a tutte le classi sociali e ci sarà bisogno di coinvolgere più comparse". Mi voltai verso Connor. "Hai già fatto firmare il contratto alla modella?".
"Non ancora, dovrebbe passare in agenzia dopo la pausa pranzo".
"Quando arriva rimandala indietro".
"Ma... signor Farrow, è la modella più pagata al mondo e...".
"Non la voglio per questa campagna. Rimandala indietro e pagala cento dollari per il disturbo".
"Certo", esitò.
"Ragazzi non posso credere che in venti giorni non siate riusciti a costruire una campagna decente mentre Becky, in soli cinque minuti, sia stata capace di tirar fuori un'idea su due piedi molto migliore di quella studiata da un intero team", sgridai, senza rivolgermi a qualcuno in particolare. "Se volete far parte di questa squadra dovrete tirare fuori la vostra creatività e non limitarvi ad accontentare le esigenze del cliente. Non avete idee? Uscite di qua. Fate una passeggiata, mettetevi seduti su una panchina in un parco ed aspettate l'ispirazione", spalancai le braccia, seccato di dover insegnare loro i fondamenti di questo lavoro. Vantavo il miglior team pubblicitario degli Stati Uniti e per una campagna semplice come quella di un rossetto si erano persi in un bicchier d'acqua. "Per domani mattina voglio il titolo di questa campagna".
"Per la location...", attaccò Connor ma si bloccò, notando lo sguardo letale che gli stavo inviando.
"Alla location ci penso io. Tu occupati di quello che ho detto. Ti lascio l'intera squadra. Tutti, tranne Becky. Lei serve a me".
"E per le comparse...".
Lo colpii al braccio con il cartellone arrotolato. "Ho detto che penso a tutto io. Andate ora. Per domani mattina mi aspetto un titolo e una sceneggiatura che non mi facciano desiderare di chiudere l'azienda e riprendere a girare il mondo".
Le poltroncine stridettero sulle piastrelle mano a mano che i dipendenti si alzavano dal proprio posto e quando notai che anche Becky stava seguendoli la fermai. "Tu no. Tu resti".
"Signor Farrow non posso", balbettò.
Mi scappò un sorriso quando vidi come il suo rifiuto aveva quasi fatto strozzare Connor. Le si fermò accanto e nonostante si limitò a mormorare al suo orecchio riuscii a captare ogni singola parola.
"Ma che stai dicendo? Sei impazzita? Farrow è il tuo capo. Se ti dice di fermarti, tu ti fermi".
Becky ammutolì e restò impotente a fissare i propri colleghi che uno ad uno stavano lasciando la sala riunioni.
Presi il mio computer e lo accesi. "Siediti, sviluppiamo questa tua idea insieme".
"Non so se ne sarò in grado. Non ho mai preso parte ad un progetto così grande". Si accomodò alla mia sinistra e osservò preoccupata lo schermo del pc.
"Hai dormito bene questa notte?".
"Sì", rispose, senza distogliere gli occhi da quello che stava leggendo.
"Sei offesa perché ho mandato Dimitri a prenderti?".
"No", rispose in fretta, troppo in fretta.
Dal perfido che ero le diedi dei buffetti dispettosi sul naso e sul mento, facendole capire che non c'ero cascato. "Ora concentriamoci, okay?".
"Certo", boccheggiò, sorpresa dal modo confidenziale con cui le avevo appena pizzicato il viso.
"L'idea di coinvolgere delle comparse che non sono mai state viste in tv mi sembra buona. Avevo pensato di chiedere a qualche ragazza e signora del tuo quartiere visto che sarà lì che allestiremo il set. Averle sempre a disposizione potrebbe essere comodo e se tua madre è d'accordo potremmo usare il tuo salotto come camerino e deposito per i costumi".
"Dovrei chiedere a mia madre".
"Prova a sentirla. Intanto io vedo se per questa settimana sono disponibili la parrucchiera e la truccatrice".
Becky si torse le mani, in imbarazzo. "Signor Farrow, non ho ancora potuto ricomprarmi il cellulare".
"Giusto". Calcai i talloni a terra e sospinsi all'indietro la poltroncina, verso l'attaccapanni. Presi la giacca e rovistai nella tasca interna, porgendole poi una scatola. "Tieni, te ne ho comprato uno nuovo. Ho già registrato in rubrica il mio numero e quello di casa tua".
Fissò la scatola come se fosse una bomba pronta ad esplodere e l'allontanò, spostandola verso il mio pc. "Non posso accettarlo".
La feci scivolare nuovamente verso di lei. "Non è un regalo. Io te l'ho rotto, io te lo ricompro".
"E' stato Dimitri".
"Che è poi la stessa cosa", tagliai contro. "Non ho alcuna intenzione di mandarti in giro senza un telefono, quindi fai la brava e prendilo".
"E' che non so usarlo", inventò a raffica, tornando a piazzare la scatola quasi sopra la mia tastiera.
"Non sai usare un cellulare?".
"No, signor Farrow".
Inarcai un sopracciglio, scettico. "Falla finita".
Incrociò le braccia, sulla difensiva, irritata come non mai da quel mio sopracciglio arcuato. "Non so usare quei cellulari nuovi".
"D'accordo", mi spazientì. Se voleva la guerra tanto valeva farle capire subito chi tra i due avrebbe perso. Aprii la scatola e gettai il cellulare a terra.
"Signor Farrow!", si allarmò. "Che sta facendo?".
Lo calpestai con l'anfibio finché si sentì chiaramente il rumore del vetro del display che si crepava e glielo restituii. "Ora è abbastanza vecchio?".
L'espressione di Becky era allucinata. Si rigirò il cellulare tra le mani, pigiando tasti a caso. "Lei è completamente fuori di testa. Guardi! Non si accende nemmeno più".
Le feci dondolare il carica batteria davanti al naso. "Che dici? Lo ricarichiamo?".
"Spiritoso". Me lo strappò di mano e lo collegò alla spina della corrente.
"Ora, sei hai finito la sequela di proteste quotidiana, possiamo tornare a concentrarci sulla campagna pubblicitaria? Ho bisogno di sapere con urgenza se dovrò effettuare le registrazioni in un posto al chiuso perché se non sarà possibile dovrò fare richiesta di occupazione al suolo pubblico . Per le riprese con finalità pubblicitarie dovremo pagare oltre i quattromila dollari pertanto mi auguro tu riesca a convincerla a prestarci casa vostra. Poi, se tutto va come spero, andiamo nel tuo quartiere a caccia di comparse".
"Sarà lei, quindi, a fare da regista per lo spot?".
Cambiai grafica ad una locandina per il lancio. "Se non altro mi consentirà di tenere al sicuro la tua famiglia senza dare nell'occhio".
"Proprio non esce mai dalla parte, eh? Crede davvero che con la perseveranza riuscirà a convincermi?". Digitò qualcosa sul cellulare nuovo, probabilmente per avere la scusante di non guardarmi. "Ho sentito la storiella che ha raccontato a mia madre".
"E' per questo che sei offesa con me", ci arrivai, finalmente.
"Non mi piace che coinvolga la mia famiglia in questa sua farsa. Un conto è che a starci male sia io, un'altra cosa è che siano tirati in ballo mamma e papà".
"Sai, forse ti sfugge che loro stanno rischiando la vita ogni volta che tu gli sei accanto". Cambiai nuovamente grafica, alla ricerca di quella che mi convincesse, quindi digitai il numero interno dell'ufficio creativo. "Connor, sono Farrow. Ti mando in stampa le locandine revisionate. Ho bisogno che vengano distribuite nelle cassette postali della via di Becky entro stasera". Coprii il ricevitore con la mano e mi rivolsi a lei: "Puoi crederci oppure no, non mi interessa. Io so quanto ti desiderano quei sei... uomini".
Nel dirlo lasciai scorrere gli occhi su di lei, fermandoli per qualche secondo di troppo sulla porzione di cosca che si intravedeva dallo spigolo della scrivania, e facendole capire che il mio desiderio era eguagliabile. La cosca scomparve, messa al sicuro sotto la scrivania, e riposizionai gli occhi contro i suoi. Aveva capito!
"Perciò spero riuscirai a perdonare la mia scelta di ignorare ciò che desideri". Tolsi la mano dal ricevitore. "Sì, Connor, sono ancora qui. Quando avrete finito con i volantini mi serve che attacchiate dei cartelloni con l'avviso di lasciare sgombra la strada. Almeno davanti a casa di Becky. Le riprese iniziali saranno una rapida panoramica del quartiere ed ho bisogno che la troupe abbia spazio di manovra".
"Entro stasera sarà tutto pronto", garantì pratico.
"Bene". Chiusi la conversazione e ruotai la poltroncina verso di lei. "Chiami tua madre?".
"Sì", si riscosse, digitando veloce sulla tastiera del cellulare.
"Ehi", le bloccai la mano, usando quella libera per spostarle una ciocca di capelli da sopra la spalla. Sebbene stessi vestendo i panni del capo, mi sforzai di usare un tono pressoché dolce. "Scusami se alle volte sono brusco".
Annuì e la sua mano sfuggì delicatamente da sotto la mia presa.
"Pronto mamma?", rispose sorpresa, fissando stranita il nuovo cellulare.
Sembrava essere davvero stupida che quell'aggeggio funzionasse davvero e per un attimo mi domandai come potesse avere spesso delle reazioni così fanciullesche. Si differenziava da qualsiasi altra donna che avessi toccato o con cui avessi avuto uno stralcio di conversazione. Le sue stesse colleghe non avevano nulla in comune con lei, sia nel vestire che nell'atteggiamento.
Becky era l'emblema della purezza. Portava in sé tutta l'innocenza che a me mancava, mostrandosi agli altri timida e a tratti impacciata, quasi a voler chiedere in una muta richiesta delle cortesi attenzioni che temeva di non meritare. Se questo con le persone normali sembrava funzionare, con me invece destava unicamente l'istinto di caccia.
"Il signor Farrow dice così", la sentii blaterare in risposta a qualcosa.
Non avevo ascoltato l'inizio delle conversazione e feci fatica a ricollegarmi al loro discorso. Aprii la casella di posta aziendale e trovai l'ennesima e-mail dell'ingegnere in cui mi inoltrava le scadenze per le richieste comunali. Non si trattava di giorni, lessi, ma di minuti. Poi il termine ultimo sarebbe scaduto. Tamburellai sulla scrivania, tenendomi pronto a inviare una risposta alla e-mail appena Becky mi avrebbe dato il via libera.
"Due giorni al massimo... credo", continuò la telefonata. Il tono dubbioso mi fece intendere che non era stata molto abile a persuadere sua madre. "Comunque la sera non ci saranno le riprese, questo è sicuro. E avrei bisogno che sentissi qualche tua amica. Una di loro dovrebbe avere una figlia della mia età se non ricordo male... oh no, no, io non sarò tra le modelle", rise in quel modo dispregiativo che sottolineava quanta poca fiducia avesse verso se stessa. "Ce ne serviranno almeno cinque, ma questo dipende dalla sceneggiatura. Appena l'avremo pronta sarò in grado di essere più precisa e...".
Osservai l'orologio e protesi la mano verso di lei. Quando si accorse che stavo muovendo le dita per farmi consegnare il telefono, si bloccò di colpo.
"Ci parlo io", ordinai sbrigativo, guardando nuovamente l'orologio. Mancava mezz'ora alla scadenza. Notando l'incertezza in Becky mi sentii in dovere di aggiungere: "niente conversazioni sui lupi, promesso".
A quel punto me lo consegnò, seppur di malavoglia, e si avvicinò con l'orecchio al mio volto per ascoltare l'intera conversazione. Il profumo mi schiaffeggiò brutale nel suo stoico tentativo di farmi capitolare e far emergere la bestia. La sua vicinanza inaspettata e improvvisa ebbe il potere di cogliermi in fallo, togliendomi la prontezza di spirito per respirare con la bocca anziché col naso. Involontariamente inalai ogni traccia di odore, sentendolo irradiarsi sotto le mucose delle narici, fin giù nella gola, dilatando inevitabilmente l'ossatura della mandibola. I canini premettero per uscire e allungarsi, e d'istinto mi coprii il viso con una mano, schermandomi da lei.
"Becky", dissi tra i denti, in un avvertimento. "Via!".
"Come?", chiese e il suo respiro si mescolò al profumo, torturando una resistenza che ormai tenevo in bilico sul limite massimo.
Concessi ad un po' di aria di raggiungere i polmoni arsi di dolore, respirando da un piccolo spiraglio tra le labbra serrate. "Via!"
"Devo andarmene? Oh no, non me ne vado affatto. Non parlerà di nuovo a mia madre senza che io possa assistere".
"Cazzo", imprecai, scattando in piedi e fiondandomi alla finestra per spalancarla.
"Signor Farrow... Deniel?", la voce della madre di Becky gracchiava nella cornetta ma la ignorai.
Gettai la testa oltre l'intelaiatura delle finestra e spalancai sia la bocca che le narici, disintossicandomi dal profumo di Becky, sostituendolo con quello rarefatto dello smog. Impiegai ben più di una manciata di secondi per riprendere il controllo dei canini e riuscire a parlare con un tono vagamente umano.
"Signora buongiorno", portai il telefono all'orecchio. Ventisette minuti alla scadenza.
"Buongiorno Deniel, non sentivo più niente, credevo fosse caduta la linea".
"Signora, senta, ho poco tempo e ne ruberò ancora meno a lei. Io e la squadra dobbiamo girare uno spot pubblicitario per un rossetto di Lancome. Ci serve la camera da letto di Becky, il suo salotto, cinque modelle e una cuoca eccezionale come lei che ci prepari un pranzo. Massimo due giorni e ci toglieremo dai piedi. Ma ho bisogno di una sua risposta adesso o dovrò urgentemente richiedere i permessi al comune per l'occupazione del suolo pubblico. Se la sente?", spiegai sbrigativo, usando il tono che riservavo alla squadra.
"Ora ho capito bene. Deniel, ci mancherebbe, se è per lavoro non ci sono problemi e avrete tutta la mia disponibilità. A patto che Becky non faccia da modella".
"Il ruolo di sua figlia sarà accanto a me, alla regia. Non le avrei mai fatto fare da modella comunque, non si preoccupi".
"Allora siamo d'accordo. Con domani casa mia sarà a tua disposizione".
"La ringrazio signora. Ora mi scusi ma dobbiamo terminare la sceneggiatura. Ci porterà via un bel po' di tempo, quindi spero non le dispiaccia se mi tengo Becky per cena".
"Nessun problema. La riporterai a casa con la macchina? Non mi piace che usi i mezzi di sera".
"Signora...", mi spazientii. "Secondo lei esiste davvero la possibilità che io permetta a sua figlia di tornare a casa da sola? E' ovvio che la riporterò io".
Dall'altra parte della cornetta risuonò un improvviso silenzio e fu abbastanza lungo da farmi dubitare che fosse stata interrotta la linea. "Usi spesso la parola permettere con lei".
"E suppongo che sta per dirmi che non le piace".
"Non si tratta solo di questo. Non vorrei che assumessi con lei un ruolo di capo anche dopo che... insomma mi sembri un po' autoritario".
"Come è giusto che sia. Signora, ho davvero molto lavoro e...".
"Sì, sì, certo, scusami. Ne riparleremo in un secondo momento".
"Non ho dubbi. Arrivederci e a domani".
"A domani, Deniel".
Riagganciai e ormai libero dal profumo di Becky, azzardai qualche passo per la sala riunioni, avvicinandomi abbastanza da poterle restituire il cellulare. Me lo strappò via di mano come una furia, fulminandomi nei peggiori dei modi.
"Cosa significa che non mi farebbe mai fare da modella?", borbottò offesa, strappandomi un sorriso.
"Significa che non ti voglio dentro lo schermo di una televisione a mostrare le tue labbra a uomini che non sono io".
La mia risposta la prese in contro piede. "Ah! Io credevo che...".
"So cosa credevi", la sgridai. Era incredibile che non riuscisse a rendersi conto dell'effetto devastante che potesse avere su un uomo. La sua autostima era ai livelli minimi. "E se hai bisogno di capire quanto tu possa essere desiderabile ti basterà abbassare un po' lo sguardo".
Corrucciò la fronte come quando non si capisce qualcosa. "Abbassare lo sguardo?".
"Sì, piccola mia. Credo di poter affermare con assoluta certezza di portare addosso la prova evidente che ai miei occhi sei molto più eccitante di una scialba modella".
Impiegò ancora qualche secondo a capire di cosa stessi parlando, e quando infine ci riuscì le guance le si tinsero di quel rosso che ormai avevo imparato ad amare.
"Lei è davvero uno sfacciato". Mi voltò le spalle e tornò a concentrarsi al computer. "E giusto perché lei lo sappia, non ho alcuna intenzione di cenare con lei".
"No?". Mi sedetti al suo fianco.
"No, signor Farrow. Piuttosto ordinerò un panino mentre finisco di scrivere la sceneggiatura".
"Ummm". Vidi la sua mano tremare sopra il mouse e avvicinai la mia, dandole dentro con un dito per farle un dispetto.
"Così mi fa sbagliare", si arrabbiò, scostando il mouse, senza distogliere lo sguardo dal pc.
"Quanto siamo acide", le feci notare con una risata nella voce. Adoravo quando era in imbarazzo. Tentava di nasconderlo usando un tono artificiosamente brusco ma era evidente più che mai sul suo volto paonazzo.
"E' lei che mi fa arrabbiare".
"E perché ti faccio arrabbiare?".
"Perché è volgare".
Sollevai entrambe le sopracciglia. "Volgare?".
"Sì. Mi ha chiesto di guardarle il...", strinse le labbra, incapace di pronunciare la fine della frase. Dio, era splendida vestita del proprio imbarazzo.
"Stai parlando del mio pene?", la stuzzicai, perfido fino infondo.
Le labbra si strinsero ancora di più, disegnando un contorno bianco tutto attorno e arricciando la striscia di pelle che le scendeva sotto il naso.
"Non credi che dovrei essere io, tra i due, ad essere seccato?", continuai.
"E perché mai?".
"Mi continui a provocare".
"Io?", sgranò gli occhi contro il desktop, fingendosi concentrata. "Io non faccio nulla".
Ero curioso di vedere fino a che punto avrebbe tenuto gli occhi incollati su quello schermo, quindi continuai a tormentarla. "E come ti spieghi allora che il mio corpo reagisce così ogni volta che mi sei davanti?".
"Lei non ha avuto alcuna reazione", negò l'evidenza.
"Non costringermi a prenderti la mano per fartelo verificare", minacciai serio.
Neppure ora però tolse gli occhi da ciò che stava fingendo di leggere. "Lei... lei mi sta distraendo. Ho un progetto da finire".
Mi sporsi in avanti, sulla scrivania, ricordando di respirare con la bocca. Guardai il pc e indicai con il dito un punto a caso al centro dello schermo. "Mi sembra un buon lavoro, non pensi anche tu?".
"Sì, direi che siamo a buon punto".
"Piccola?".
"Non mi chiami così, per favore".
La ignorai. "Piccola, rilassati. Ti stanno tremando le spalle. Rilassati, ti prego".
"Sono molto tesa per la sceneggiatura e lei continua a parlare e non mi lascia concentrare". Digitò qualcosa, finse di leggere ciò che aveva scritto e digitò ancora.
"Quindi non sei tesa perché ti sono seduto così vicino?".
"Assolutamente", mentì ancora.
Lessi ciò che aveva scritto e mi coprii la bocca per uccidere una risata compiaciuta. Non potei impedirmi però di continuare a stuzzicarla. "Quello che hai appena scritto è pieno di significato".
I suoi occhi scorsero veloci da sinistra verso destra sulle schermo e annuì compiaciuta. Possibile che non si rendesse conto? Potevo distrarla a tal punto?
"Eppure, piccola...", abbassai la voce rendendola seducente. "Continuo ad avere l'impressione che io ti stia distraendo. E molto".
"Lei si sta illudendo, è diverso".
Abbassai ancora di più il tono, soddisfatto come non mai. "Dici?".
"Dico".
"Allora spero sarai così gentile da spiegarmi cosa stai leggendo da cinque minuti su una pagina di word praticamente vuota".
"Che sta dicendo?", ribattè sulla difensiva.
Di colpo però la sua mente si riscosse, rendendosi conto che ciò che stavo dicendo corrispondeva al vero. Subito dopo i suoi occhi registrarono ciò che aveva appena digitato e di nuovo la pelle del viso si incendiò.
"Io...", provò a dire.
"Ssshh", rassicurai, dolce. "Anche io tendo a perdere la testa quando mi sei vicina. Non vergognartene".
"Non ho perso la testa, signor Farrow. Mi ha solo messa in imbarazzo e...".
Afferrai il pc e lo ruotai verso di me, provando a leggere a voce alta ciò che aveva digitato: "gnljhfbf qaod4ffpglb ghfgusu... Ora, piccola, non sarò tanto perfido da chiederti il significato, ma mi auguro perlomeno che tu abbia la decenza di non criticare più ciò che provo per te".
Inevitabilmente i nostri occhi lessero per l'ennesima volta quelle lettere scritte a caso e prive di significato e, dopo tante negazioni, finalmente, sentii che quell'agglomerato di sillabe stava assumendo un senso più profondo anche per lei.
Un senso che aveva un nome e che ancora non era in grado di pronunciare.
Lillibeth
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top