Deniel - lei contro di me
"Fratello, per favore...". Dimitri mi implorò con lo sguardo mentre, tenendo saldamente Becky per le spalle, la spingeva delicatamente verso di me lungo il marciapiede.
Sulle prime quel contatto mi irritò ma mi bastò incontrare gli occhi di Dimitri per comprendere che in quel preciso istante, e probabilmente anche in tutti gli istanti futuri, per lui la mia compagna rappresentava una lastra di vetro invisibile.
Gli occhi non si spostavano su di lei nemmeno per sbaglio, puntando il punto in cui mi trovavo come un assetato osserva da lontano un'oasi. La ruga al centro della fronte era un chiaro avvertimento di quanto la sua pazienza fosse al limite.
"Ti prego, Deniel, riprenditela", supplicò,
Becky scosse le spalle e si divincolò in malo modo dalla presa di Dimitri, voltandosi verso di lui per lanciargli un'occhiataccia.
"Ma che gentile", borbottò.
"Stai bene?", intervenne il signor Tony, scendendo dall'auto.
"No che non sto bene, papà". Era seccata ed ogni suo movimento era meccanico, quasi impulsivo. "Te ne sei andato con lui...", mi schioccò un'occhiata furibonda prima di tornare a suo padre, "... e sinceramente sono sorpresa di vederti tornare con tutte e due le gambe integre. Ma che ti è saltato in mente? Spero almeno che ora mi darai una spiegazione: come sai dell'esistenza dei li... li... di... di... dei...".
"E' ai licantropi che vuoi arrivare?", l'aiutai, guadagnandomi un'altra occhiataccia.
"Non osi pronunciare quella parola".
Aveva ripreso a darmi del lei, brutto segno.
Ruotai gli occhi. "A quanto vedo siamo ritornati al signor Farrow".
"Dato che lei è unicamente il mio capo non vedo il motivo per cui dovrei rivolgermi a lei con una confidenza completamente fuori luogo". Mi degnò velocemente di una risposta, senza nemmeno guardarmi in faccia, concentrata unicamente sul padre. "Allora, papà, rispondi. Come lo sai?".
Tony mi fissò, cercando una concessione da parte mia che diedi all'istante annuendo con un colpo secco della testa.
"Anni fa Malloj mi ha accennato qualcosa", rispose.
"E tu gli hai creduto?", strillò, allargando le braccia.
"No, no ovviamente. Per tanti anni ho creduto fosse solo una leggenda ma quando mi hai chiamato per raccontarmi dell'aggressione ho ricollegato tutto".
"Questo non spiega il motivo per cui hai accettato di andare senza di me in quel bar a discutere di non so che cosa".
"Se l'Alpha comanda una cosa, allora io faccio quella cosa".
"Grandioso", scoppiò a ridere e le braccia le caddero pesantemente contro i fianchi. "Ma ti ascolti quando parli?".
"Io, se posso, andrei", azzardò Dimitri.
"Vai", concessi.
"No, lei non va da nessuna parte signor Dimitri", obiettò Becky. "Ora entriamo tutti in casa e mettiamo fine una volta per tutte a questa storia. E sia chiaro che ho intenzione di denunciarvi tutti. Tutti!".
Dimitri le passò accanto senza degnarla di uno sguardo -come era giusto che fosse- e allungò educatamente la mano verso il padre. "Arrivederci signor Tony, spero ci sarà occasione di conoscerci con più calma".
"Me lo auguro anche io".
Becky fece scattare la mano contro il suo bicipite. "Le ho detto di fermarsi".
"Fratello", sbuffò Dimitri, guardando seccato prima me, poi le dita di Becky artigliate contro il suo braccio. Poi di nuovo me.
"Piccola, lascialo andare. Non ascolterà un tuo comando finché non sarai la mia compagna", intervenni.
"Ah, sì certo. Vediamo se ascolterà il comando della polizia", minacciò, strappandogli di mano la borsetta per recuperare il cellulare. Con molta probabilità Dimitri gliel'aveva confiscata per tutto il tempo.
"Ancora arrivederci signor Tony", indietreggiò svelto. "Ci vediamo domani fratello. Sarò qui con la squadra verso le dieci".
"Sto chiamando". Becky digitò velocemente il 911 sul proprio cellulare ma questo le costò una distrazione che non le permise di scorgere i miei movimenti.
Con un balzo le fui di fronte e le strappai via di mano il cellulare, stringendolo forte tra le dita finché i pezzi si frantumarono, cadendo a terra in un mucchietto di polvere. "Se continuiamo così dovrò aprirmi un nuovo conto in banca a copertura delle tue spese".
Gli occhi di Becky slittarono lentamente dalla mia mano al mucchietto di pezzi di plastica. "Lei non è umano".
"Te ne sei resa conto finalmente".
"Becky, entriamo in casa", la invitò il padre, posandole un braccio attorno alle spalle.
"Dirò tutto alla mamma".
"Vai", la sospinse in avanti, verso i tre gradini dell'ingresso. "Vai e dille tutto. E' il metodo più veloce e sicuro per garantirle la morte. Vai".
"Ma che stai dicendo?".
"Non posso credere che sei così testarda da non capire la gravità della situazione. Comprendo ogni tua possibile reticenza nel credere a tutto questo, ma fingere che Deniel Farrow non sia esattamente chi dice di essere e che quei sei lupi...".
"Cinque", sorrisi perfido.
"... cinque... lupi non vogliano la nostra testa è la cosa più stupida che potresti fare", concluse. Poi però aggiunse: "So che è una cosa folle e so che non è facile da accettare, ma Deniel Farrow è qui per proteggerci e le nostre vite dipendono anche da te".
"Mi stai dicendo che sei dalla sua parte?", boccheggiò, quindi mi puntò un dito contro. "Cos'è? Gli hai fatto il lavaggio del cervello? Lo hai minacciato?".
"Dannazione, non si tratta di essere dalla sua parte!", Tony alzò la voce, perdendo le staffe. "Si tratta che tutto ciò che fino ad oggi credevamo fosse una leggenda, in realtà esiste. Questa sera è iniziata una guerra e noi ci siamo in mezzo. Completamente! Vuoi chiamarti fuori? Fallo! Ma questa scelta non salverà nessuno!".
Becky restò a fissarlo in silenzio. Cinque secondi. Dieci. Quindici. Sbatté le palpebre e vidi chiaramente la sua espressione mutare man mano che percepiva la serietà sul volto di suo padre.
"Cosa vi siete detti?", domandò con voce incolore.
"Mi ha spiegato chi è e il motivo per cui sente il bisogno di proteggerti".
"Già, l'imprinting", rise amara nel pronunciare questa parola.
Era logico che per lei non avesse alcun significato, tuttavia sentii una fitta allo stomaco quando, con malcelata ironia, pronunciò con disprezzo ciò che mi teneva legato a lei.
"Già", confermai. "E questo mi condurrà a prendere delle decisioni che non sempre incontreranno la tua approvazione".
"Del tipo?", mi sfidò a braccia conserte.
Aprii la bocca per risponderle ma all'ultimo mi bloccai. Come potevo dirle che avrei dovuto strapparla a forza dalla propria famiglia per portarla nel mio branco? Esistevano parole adatte per farlo?
"Deve portarti con lui", Tony venne in mio aiuto e la voce suonò come una condanna a morte.
"Non vado da nessuna parte con lui".
"Per questo ti ha appena detto che le sue decisioni non ti piaceranno".
Becky strizzò gli occhi, ragionando velocemente e arrivando ben presto all'unica soluzione possibile. Nonostante il buio vidi chiaramente le sue guance sbiancare.
"Parlate sul serio di rapimento?", la voce le si spezzò in vari punti. "Papà, che scherzo è mai questo? Come puoi anche solo pensare una cosa simile?".
"Non solo la penso... una parte di me la desidera".
"Cosa?".
"Portarti via con lui è l'unico modo che ha per farti arrivare viva alla fine di quest'anno. Perciò, sì, a rischio di parlare contro me stesso, se non deciderai di seguirlo di tua volontà, non farò nulla per impedirgli di prenderti con le cattive".
"Voi siete fuori di testa". Guardò verso la finestra che dava sul salotto.
E subito mi piazzai davanti a lei. "Non ti permetterò di entrare in casa tua finché non mi prometterai di non fare parola di tutto questo con tua madre".
"Io non le prometto niente, signor Farrow. Anzi sì, una cosa gliela prometto!". Mi squadrò lentamente da testa a piedi, una smorfia di disgusto a deturpare le belle labbra e a massacrare il mio cuore. "Le prometto che me la pagherà. Forse non oggi, forse non domani, ma lei pagherà per quello che ci sta facendo".
"Non ti occorre farmi promesse inutili", la fissai serio. "Tra massimo sei mesi pagherò già il conto più salato e ti libererai di me".
"E allora saranno sei mesi di inferno", mi soprese con una cattiveria inaudita. Nessuna domanda in merito a ciò che avevo appena detto. Pur avendole lasciando intendere che avrei dovuto pagare ogni mia scelta, la sua curiosità non era stata minimamente solleticata.
Con una fitta al cuore mi resi conto che davanti a me avevo una donna completamente disinteressata, spinta solo dal desiderio di ferirmi e di allontanarsi da me. Se c'era stato un momento in cui avevo interpretato il suo profumo di rose come una possibilità, ora dovevo rassegnarmi al fatto che, come tutte le altre umane, il suo corpo aveva reagito al mio solo in un'automatica risposta ai feromoni che noi licantropi inviavamo come richiamo sessuale.
L'idea che si negasse a me solo perché la morale la spingeva a pretendere un corteggiamento abbastanza lungo da poter essere considerato tale, stava pian piano sgretolandosi.
Non era timore ciò che leggevo nel suo sguardo. La mia compagna provava una repulsione verso di me tale da trasformarsi in odio. E cazzo se faceva male!
Una luce nella casa di fronte si accese all'improvviso e le imposte vennero alzate, rivelando il volto curioso di una donna. Allungò il collo per verificare attraverso il vetro chi ci fosse per strada e tirò la tenda.
"Resterò qui fuori a controllare la casa", informai Tony.
"Sarebbe meglio se entrassi in casa almeno un momento. Mia moglie ci sta aspettando".
"Ah, già".
"Se lui entra in casa nostra, allora io resterò qui fuori". A sottolineare quanto fosse decisa, Becky si accucciò sul secondo gradino, nell'estremità più a destra per non bloccare l'accesso al padre.
"Becky non essere assurda", provò a farla ragionare.
A quel punto ebbi un'intuizione. "No, non importa signor Tony. Se Becky vuole stare fuori ha tutto il diritto di farlo".
Entrambi mi fissarono, uno sorpreso, l'altra sospettosa.
"Le do il permesso di restare qui seduta", aggiunsi, certo che se avessi fatto suonare la mia concessione come un permesso, il suo orgoglio l'avrebbe fatta balzare in piedi all'istante, pur di non eseguire un mio comando.
E infatti la sua reazione non tardò ad arrivare. In meno di mezzo secondo scattò in piedi e si piazzò accanto al portoncino d'ingresso.
"Ho cambiato idea", mi ringhiò contro.
Non seppi evitarmi un sorriso soddisfatto. "Come preferisci. Mi fai strada?".
Si voltò di scatto e la chiave sferragliò nella toppa un paio di volte. Aveva troppa fretta di entrare e questo mi spinse a credere che era ben intenzionata a vendicarsi in qualche modo. La rabbia arrivò immediata, e veloce come era apparsa svanì, gettandomi spalle contro il muro.
"Ah, piccola, giusto per capirci", aggiunsi in fretta, controllando dove fosse suo padre. Era vicino, forse un po' troppo, quindi le accostai bruscamente le labbra all'orecchio per non farmi sentire. "C'è una legge nel branco che è bene tu tenga a mente. Quando una femmina disubbidisce al proprio compagno, si ritrova ben presto sotto di lui... A gambe aperte, se capisci ciò che intendo".
I suoi occhi si sgranarono ed io mi sentii un verme. Dovetti deglutire un paio di volte per ritrovare la voce e continuare a recitare la parte del cattivo. "Pensaci due volte quindi prima di fare qualsiasi cosa una volta che saremo entrati".
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