Deniel - era amore

"Cosa cazzo significa che non abbiamo niente?", sibilai. 

La mia voce rimbombò tra le montagne, furiosa, e alcuni uccelli si alzarono in volo spaventati dall'eco, sbattendo le ali verso la linea di confine tra il cielo e le vette del monte Eagle. Li osservai  dal vetro della finestra e quando li vidi scomparire oltre l'orizzonte mi voltai di scatto verso Dimitri.

Stava fissando il pavimento, giocherellando distratto con le chiavi della propria auto, talmente assorto nei propri pensieri da non lasciarmi intendere di aver ascoltato la mia domanda.

"Anche volendo, non troveremo niente qui al campo", rispose infine, gettando le chiavi sopra il tavolinetto con un gesto nervoso della mano. "Noi licantropi non abbiamo necessità delle cure umane, i nostri corpi si rigenerano e guariscono senza bisogno dell'intervento di medicinali".

"Se devi blaterare cose senza senso puoi anche andartene", l'aggredii.

"Sto dicendo che è inutile setacciare casa per casa alla ricerca di medicinali. Non ne abbiamo, Deniel. Non ne abbiamo mai avuti".

Mi passai una mano tra i capelli, frustrato, camminando avanti e indietro per la mia stanza da letto come una tigre in gabbia. Poi mi bloccai di colpo. "E una stracazzo di benda? Ce l'abbiamo almeno quella?".

"Carl è corso alla base di Malloy. Sta recuperando l'indispensabile. Il sergente avrà senz'altro una cassetta dei medicinali per le emergenze".

"E che cazzo è l'indispensabile?".

Dimitri sbuffò, ragionandoci sù: "Suppongo analgesici, cerotti, qualcosa per abbassare la febbre".

"Non ha la febbre, porca puttana!", sbattei le mani contro la parete e lo trapassai con uno sguardo disperato, puntando poi l'indice sul corpo esamine di Becky, steso sopra il mio letto. "Ma l'hai vista? Hai visto come l'ho ridotta?".

"Sì", rispose, e non vi era alcuna accusa nel tono. Fece qualche passo verso di lei e si accucciò al suo fianco, artigliando l'angolo della sua maglietta macchiata di sangue. Quindi mi guardò di sbieco, esitando. "Posso guardarla?".

Annuii nervoso, senza neanche pensarci, e con un gesto della mano lo spronai a denudarla fino alla gola.

I graffi al centro del petto erano profondi, scavavano la pelle in cinque solchi scuri da cui alcuni rigagnoli di sangue zampillavano per poi addensarsi sulla sommità dei seni e attorno ai capezzoli. Il petto si abbassava e si sollevava lentamente, smosso da alcuni respiri talmente deboli da rifornirla a stento dell'ossigeno necessario. 

Dimitri esaminò da vicino le lacerazioni, tastando la pelle circostante, in seguito abbassò lo sguardo sulla coscia e notò che anche lì c'era una macchia scura di sangue. Esaminò anche quella ferita, tenendo la fronte corrugata come se stesse per davvero capendoci qualcosa.

"Non sembrano infette", commentò.

"E tu che ne sai?".

"Una volta, la mia segretaria si è tagliata con l'apribuste e tutto attorno alla ferita la pelle era diventata calda. Quella di Becky è tiepida". Abbassò la testa, studiando i lembi di pelle che si separavano dove i miei artigli avevano colpito. "Però è gonfia, quindi non so se sia un bene".

Ripresi a camminare avanti e indietro, osservando l'orologio al mio polso. "Quanto ci impiega Carl?".

"Niente di più facile che si sia portato dietro Malloy". Un rumore alla porta attirò la sua attenzione. "Devono essere loro. Ascoltami Deniel...".

"Non iniziare, Dimitri!".

Ci mancava solo che iniziasse a farmi la predica. 

"Deniel, devo sapere se...".

"Porca puttana, Dimitri. Lasciami stare", sbraitai, sperando di zittirlo.

E quando stavo per credere nelle mie speranze, eccolo che ricomincia.

"Ho bisogno di sapere se ce la fai".

"Sì", risposi di getto, sviando il suo sguardo. Cristo, no che non ce la facevo. A stento riuscivo a respirare.

"Deniel...", mi rimproverò bonario.

"Io non me ne vado", mormorai, scuotendo la testa, intuendo cosa stesse per dirmi. Che poi sarebbe stato esattamente quello che gli avrei detto pure io. 

""Se Becky...", deglutì e riformulò. "Quando Becky si risveglierà avrà bisogno di calma. Di riposo. Ho paura non sia una buona idea farti trovare qui", cambiò tattica.

"No", tremai, indietreggiando. "Non se ne parla. Non mi muovo da qui".

"Ce la farai a mantenere i nervi saldi?", chiese ancora.

Sapevo a cosa si stava riferendo e sapevo che la risposta era no. Non ce l'avrei mai fatta a mantenere la calma. Non quando c'era in ballo la salute della mia piccola. Sarei crollato. Era una questione di minuti. E quando sarei crollato, niente e nessuno avrebbe potuto riportarmi a galla.

"Deniel, abbiamo bisogno di te in questo momento. Se crolli tu, crolliamo tutti. Becky starà bene, è in buone mani".

"Non me lo chiedere. Ti prego, Dimitri. Non posso andarmene. Non posso lasciarla qui", lo supplicai, umiliandomi fino infondo.

"Sei già al limite". Indicò le mie unghie. Erano lunghe e affilate, quasi completamente mutate in artigli. "Vederti la spaventerà"

"Maledizione, levati dalle palle", lo spintonai di lato. Dietro di lui il corpo privo di sensi di Becky mi colpì con la forza di un pugno dello stomaco, rinnovando il mio bisogno di distruggere qualcosa.

Afferrai il tavolino e lo scagliai contro la parete, lasciando che un ringhio animale trasportasse fuori dal mio corpo tutta la rabbia. L'istante successivo, Dimitri si era già piazzato dietro di me, immobilizzandomi in una morsa. Stringendomi il braccio attorno al collo mi trascinò verso il centro della stanza, riparandomi dalla pioggia di detriti che stava cadendomi addosso.

"Deniel, mantieni la calma", mi spinse contro il divano.

Incespicai e caddi gambe all'aria sui cuscini. Cercai subito di rialzarmi ma Dimitri fu più veloce di me, sedendosi cavalcioni sulle mie ginocchia e agguantandomi per la gola.

"Come faccio a calmarmi, eh?", sbraitai fuori di me. "Cazzo! Come faccio? Dimmelo! Dimmelo perdio!".

Strizzai le palpebre e ai lati degli occhi sentii bruciare le lacrime. Le prime che versavo da quando avevo compiuto dieci anni. Da quando avevo scoperto il motivo per cui mia madre aveva metà viso deturpato.

"Dimmelo", sussurrai, arrendendomi al dolore. 

I ricordi si stavano mescolando al presente, attanagliandomi il cervello in un vortice di immagini che si fondevano in un panico intollerabile. Ingestibile. Si nutriva di ogni parte dentro di me rimasta aggrappata all'illusione che in noi licantropi ci fosse sufficiente umanità da rendere possibile una convivenza col mondo umano.

Non eravamo fatti per condividere lo stesso mondo, compresi con una fitta atroce al petto. Prima o poi umani e mutanti si sarebbero scontrati, ed era più che ovvio chi tra i due ne sarebbe uscito vincitore. 

Strizzai le palpebre e una nuova ondata di immagini mi rimescolò lo stomaco: il volto di mia madre, le lacrime di Becky mentre mi supplicava di smetterla, lo sguardo letale di mio padre mentre toglieva la vita a piccole umane per poter rigenerare le cellule del proprio corpo, i graffi sul petto di Becky. 

E di nuovo il volto di mia madre, le guerre, gli scontri, le urla di mio padre, i corpi martoriati delle umane, il terrore negli occhi di Becky, il nostro primo incontro.

I corpi delle ragazzine gettati nella fossa comune, i volti dei Beta che le osservavano senza il minimo senso di colpa, le urla della mia piccola, il volto di mia madre, la guerra, lacrime, dolore, morte, i graffi, le urla...

Stavo impazzendo.

"Non è colpa tua. Devi convincerti di questo", la voce di Dimitri si intrufolò tra i miei ricordi e le immagini si interruppero di getto, lasciando davanti ai miei occhi solo il volto di Becky.

Spento.

Vuoto.

Umano.

"Non è colpa mia?", scossi la testa e mi passai il palmo della mano sulla faccia, cancellando le lacrime. "Porca puttana è tutta colpa mia, invece. L'ho praticamente uccisa".

"Sapevamo che prima o poi sarebbe successo. Lo sapevo io e lo sapevi tu. Era solo una questione di tempo".

"Ma non capisci?", lo fissai stravolto. "E' proprio perché lo sapevo che è colpa mia. Sapevo che fare l'amore con lei era troppo rischioso. Quante umane abbiamo ammazzato fino ad ora? Quante, Cristo Santo? E lei...", tornai a fissarla e sentii tutti i muscoli del volto accartocciarsi dal dolore. "Lei è la più indifesa di tutte. Ed io ho ceduto. L'ho voluta... Dio se l'ho voluta". Ruotai gli occhi appannati e tornai a sbattere le palpebre, sentendo altre lacrime seguire il percorso che avevano tracciato quelle precedenti. "L'ho voluta così tanto che non ho più capito niente.".

"Non devo essere io a ricordarti che quando ci accoppiamo, ogni sentimento umano svanisce, lasciando spazio solo ad istinti animali. Sinceramente ci stiamo chiedendo tutti quanti come tu sia riuscito a toglierle la verginità mantenendo il controllo". Notando che mi ero calmato scivolò giù dalle mie ginocchia e sbirciò verso la porta, sollevando la mano per fermare qualcuno che stava per entrare. "La parte bestiale di te ha posseduto Becky e il suo corpo non è sufficientemente forte per subire una possessione simile. Non hai voluto farle male, semplicemente noi ci accoppiamo così".

Scrollai la testa, i disaccordo con lui e poi la lasciai ciondolare in avanti, sorreggendola con le mani. 

"L'ho ferita Dimitri", riuscii a dire in un singhiozzo che mi lacerò il petto. "Ho ferito la mia piccola. La sentivo chiamarmi. Ogni istante. Pronunciava il mio nome come se io fossi il suo cazzo di eroe. E la cosa assurda è che io ero lì. Mentre la stavo possedendo ero lì. E non riuscivo a fermarmi. Non riuscivo a smettere di entrare dentro di lei. Non ci sono riuscito nemmeno quando mi è svenuta tra le braccia", scoppiai in lacrime.

"Deniel...", sospirò. Si inginocchiò accanto a me, posandomi le mani sulle spalle. "Da fratello ti direi di lasciarla andare. Consegnala a Malloy e lasciala a lui. Ma da uomo...". Sospirò ancora, senza concludere la frase.

Ci fissammo per alcuni istanti, in silenzio. Senza aver bisogno di parlare. Le parole che avrebbe voluto pronunciare erano troppo dolorose, troppo egoistiche. E le conoscevo perfettamente senza bisogno di udirle; era impensabile per un licantropo allontanare la propria compagna e rinunciare a lei. Persino se Becky mi avesse lasciato, avrei continuato a seguirla da lontano per il semplice bisogno di respirare la stessa aria che respirava lei.

Da uomo, non avrei potuto fare a meno di essere egoista.

"E sarà sempre così", ripresi. "Ogni volta che vorrò unirmi a lei, la mia piccola si ritroverà in fin di vita".

"Bisognerà istruirla".

"Istruirla?", risi nervoso.

"Insegnarle a difendersi", continuò.

"Ah sì? E con quali armi?". Sentiamo...

"L'arma del no", rispose ovvio.

Solo che di ovvio non c'era un beneamato cazzo. E dovetti proprio assumere un'espressione scioccata perché senza sollecitazioni riprese a spiegarsi.

"Andiamo, Deniel. Sappiamo il potere che hanno le nostre femmine. I loro desideri diventano i nostri, per questa ragione sono state proprio loro a stabilire queste regole maschilistiche. Dovevano porre un freno ai loro desideri o ci sarebbe stata una strage".

Continuai a fissarlo, in silenzio.

"Se il desiderio di Becky sarà quello di rifiutarti a letto, tu avrai le mani legate. E' questa la sua arma".

Scossi la testa e il senso di colpa mi fece abbassare lo sguardo.

"Sarà dura, Deniel. Per te intendo. Restarle accanto senza poterla avere. Ogni notte, ogni istante. Ma ha funzionato fino ad oggi, non negarlo".

Scossi ancora la testa, disperato.

"E' così", alzò il tono per renderlo più convincente. "Si è negata a te e tu non hai potuto fare altro che appagare questo suo desiderio. Ora, non so cosa sia successo oggi tra di voi, ma qualcosa deve averla spinta a desiderare di fare l'amore con te. Ha abbassato la guardia e tu l'hai posseduta nell'unico modo in cui noi siamo in grado di accoppiarci. Ma se noi la...".

Scossi ancora la testa, questa volta con più foga.

"Mi spieghi perché cazzo continui a dirmi di no con la testa?", si spazientì.

Lo fissai. Dio se lo fissai. Per minuti interi. Secondi su secondi che mi servirono per trovare il coraggio di ammettere che: "Lei non ha abbassato la guardia".

"Come?".

"Lei mi ha detto di no. Mentre la possedevo, per tutto il tempo, lei mi ha urlato di no".

"Come cazzo....?", scattò indietro.

Osservai il corpo statico di Becky e le immagini tornarono a tormentarmi. 

"Io ero lì Dimitri. Per tutto il tempo ero lì". Tornai a nascondere la testa tra le braccia per privarmi dell'immagine delle pallide palpebre di Becky, abbassate in una posa innaturale. 

"Cosa significa -ero lì-?", domandò, e questa volta l'accusa nel tono c'era eccome.

"Mi sono sentito sdoppiato. Io e la Bestia non eravamo più una sola cosa. E' emersa senza preavviso, agendo d'istinto, secondo i propri impulsi, distaccandosi dalla mia parte umana", mi sfuggì un singhiozzo e mi ritrovai a tossicchiare. "La mia piccola non faceva altro che urlare il mio nome ed io la sentivo. Cristo! La sentivo e non riuscivo a tornare, non riuscivo a far tacere la bestia. Era accecata dal desiderio, folle di urgenza, sorda, vendicativa verso la mia parte umana perché quella parte l'aveva tenuta lontano da lei per giorni interi".

Dimitri portò la mano davanti alla bocca, comprendendo finalmente ciò che era realmente successo.

"La Bestia la stava semplicemente amando, inconsapevole che il suo amore l'avrebbe condotta alla morte", tradusse in un mormorio stravolto.

Sollevai di poco la testa e i miei occhi corsero in automatico verso di lei prima di piazzarsi disperati su Dimitri. "Becky non ha armi per difendersi".


 


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