Becky - le donne al potere
Per starmi bene, mi stava bene.
Era proprio questo a darmi fastidio.
Corrugai la fronte e mi osservai attraverso la specchiera a parete, sbuffando quando notai come ogni lembo di stoffa dell'abito rosso aderisse alla perfezione al mio corpo, quasi come se fosse stato disegnato per me. Non si notavano nemmeno le stropicciature che avevo provocato nel calpestarlo.
Sbuffai e sistemai la manica a tre quarti che mi era rimasta incastrata nel gomito. Questo vestito mi stava troppo bene. Decisamente troppo considerando che modello e taglia erano stati scelti da Deniel. O Dimitri.
Lo scollo a barchetta lasciava scoperta la parte superiore delle clavicole, aderendo al seno senza comprimerlo o metterlo troppo in evidenza. La gonna ampia invece mi superava il ginocchio di un paio di centimetri, nascondendo alla vista la forma delle mie cosce e del mio sedere. Era stato studiato per essere raffinato ma non provocante, simile in tutto e per tutto a quelli che di solito si vedono addosso a qualche reale durante un galà di beneficienza.
Peccato che io invece stessi andando ad una riunione militare a discutere di come fermare dei licantropi pronti ad usarmi come arma per far soccombere il branco di Deniel, circondata da una dozzina di Beta che, come cervi in primavera, avevano l'estremo bisogno di accoppiarsi.
Strofinai un dito sotto l'occhio, accarezzando l'occhiaia profonda, impossibilitata a nasconderla sotto uno strato coprente di correttore dato che la mia trousse di trucchi giaceva nel mio vecchio bagno, della mia vecchia casa, della mia vecchia vita.
I capelli erano un completo groviglio e cominciavano ad essere sporchi e senza volume.
Deniel mi aveva chiesto di intrecciarli, perciò li lasciai di proposito sciolti sulle spalle, senza nemmeno prendere la briga di spazzolarli e scioglierli dai nodi.
Se era vero che i suoi Beta stavano giocando a scacchi con il loro testosterone, tanto valeva non mettere il culo nelle pedate nel cercare di migliorare il mio aspetto. Non che fossi chissà che gran bellezza comunque...
Soprattutto non dopo un paio di notti insonni.
Sentii bussare alla porta ma non ebbi il tempo di domandare chi fosse prima che qualcuno l'aprisse piano, lasciando penetrare nella stanza un fascio di luce che brillò nella penombra.
"Sei bellissima", si complimentò la madre di Deniel, restando sulla soglia per osservarmi con attenzione.
"Allora forse è meglio se mi cambio".
"Non essere sciocca", ribatté spiccia. "Se Deniel ritiene che tu debba indossare quell'abito, significa che lo reputa perfetto sia per te che per la serata".
Ispirai lentamente dal naso, sentendo la rabbia montare veloce. "Tuo figlio lo sa che non sono una bambola da vestire o sfoggiare?".
"Sì. Primo, se ti reputasse una bambola non ti toccherebbe con la paura di poterti far del male, secondo non hai vestiti né soldi, quindi direi che è costretto a vestirti e terzo, credi a me ragazzina, se avessi la vaga idea di quanto sono gelosi i licantropi non avresti mezzo dubbio sul fatto che piuttosto che sfoggiarti si strapperebbe via un braccio a morsi".
"E considerando che razza di denti ha non ho dubbi sul fatto che ci riuscirebbe pure bene".
"Era una metafora, Becky", scandì lentamente, parlando come si fa con i ritardati mentali.
Quindi con circospezione guardò indietro, oltre la sua spalla, fece un passo avanti e con lentezza calcolata chiuse la porta, abbassando e risollevando la maniglia senza emettere alcun rumore. Fece qualche passo per la stanza e sollevò il mento, annusando l'aria. Chiuse gli occhi e fece vibrare le narici, seguendo una scia invisibile che la guidò fino a me. Quando risollevò le palpebre sembrò soddisfatta da qualcosa.
"Ti sei unita a lui?", chiese diretta, sniffando una sola volta verso di me.
"No".
"Dal tuo odore non si direbbe. Hai addosso solo quello di Deniel".
"Il ché mi fa sperare di arrivare viva alla mezzanotte di oggi".
"Non temere", rise lieve, sfiorando l'ampia gonna del mio abito. "I Beta non sono stupidi. La loro parte umana sa già che sei la compagna dell'Alpha, e se per qualche ragione dovessi riuscire a risvegliare la Bestia in loro, grazie all'odore anch'essa capirà che sei di proprietà di mio figlio".
"Proprietà?", ripetei tra i denti.
"Non arrabbiarti. Sai cosa intendo".
"E' proprio perché lo so che mi sto arrabbiando".
Scrollò la testa, trattenendosi dallo sbuffare.
"Sei sempre così orgogliosa e combattiva", commentò, abbassando il tono e accostando le labbra al mio orecchio. "E così ottusa da non ricordare che in realtà è lui ad essere di tua proprietà. Lui, e la sua mente. Non dirmi che hai dimenticato quanto potere tu abbia?".
"Non l'ho fatto. Ma a che serve averne così tanto se non so come usarlo?".
"Comincia a farlo da stasera".
"Come?".
"Ascolta. Ascolta e impara. Annota nella tua testa ogni dettaglio, anche il più insignificante. Memorizza i loro piani, ricordati le strategie che proporranno".
"A che scopo se non posso intromettermi?".
"E' qui che sbagli".
Un rumore oltre la porta la zittì. Raddrizzò le spalle e osservò dietro di sé, rimanendo in attesa per qualche istante. Poi tornò a me, parlando in modo più frettoloso: "Loro faranno le proprie proposte per fermare o combattere la guerra. Ma al momento giusto sarai tu a decidere il piano".
"Io? Non capisco...".
Retrocesse di qualche passo. "Devo andare".
"Aspetta".
"Buona serata, Becky".
"Aspetta", la rincorsi. L'afferrai per un polso e subito si fermò. "Tu verrai?".
"Noi donne non presenziamo alle riunioni, nemmeno le leve femmine".
"E non ti fa arrabbiare? Come puoi rimanere sempre calma?".
"Tesoro", sollevò il bracciò e mi accarezzò la guancia, dandomi l'impressione di non dare troppo peso alla regola del branco in cui imponeva a tutti di non toccarmi. "Se una qualunque femmina dovesse prendere la parola durante queste riunioni sarebbe la fine. Le basterebbe dare voce ad un suo desiderio o momentaneo pensiero per far sì che il proprio compagno o chiunque stia frequentando cerchi di esaudirlo, andando persino contro il volere dell'Alpha".
"Come fai a dirlo?".
"L'imprinting, Becky. Si tratta sempre di imprinting. Agisce sul cervello dei maschi, rendendoli schiavi di noi femmine. Possono fare la voce grossa, possono punirci, possono fingersi arroganti, ma non possono rifiutarsi di fare ogni cosa che noi desideriamo. La loro mente e il loro corpo appartiene a noi femmine, e noi possiamo usarli a nostro piacimento per ottenere tutto ciò che desideriamo".
"Perché mi stai dicendo tutto questo? Potrei usarlo contro tuo figlio. Potrei addirittura dirgli che voglio che muoia".
"Lo faresti?".
Mi morsi il labbro e deviai lo sguardo. Lo odiavo, o almeno, ero abbastanza certa di odiarlo. Ma non per questo lo volevo morto. In realtà non volevo morto nessuno di loro, per quanto fossero dei mostri.
"No, non lo faresti", rispose al mio posto, interpretando in modo corretto la mia espressione. "E il motivo per cui ti sto dicendo tutto questo, è proprio per non correre il rischio che tu, involontariamente, possa desiderare qualcosa che possa spingerlo a mettere in pericolo la tua vita e di conseguenza la nostra".
"Avrebbe potuto dirmelo lui".
"Non devi dire a Deniel che ti ho parlato. Lo farebbe impazzire".
"Perché?".
"Perché? Santo cielo, BEcky, proprio non capisci? Se non te lo ha detto è solo perché vuole proteggerti. Vuoi farmi credere che, ora che sai, non cercherai di ottenere benefici da lui? Vuoi farmi credere che non gli chiederai di lasciarti libera? Probabilmente lo hai già fatto e lui dovrà accontentarti. Prima o poi dovrà farlo. E vuoi forse farmi credere che non gli chiederai di ridarti tutte le cose che ora ti sembrano mancarti? Mettendo così in pericolo la tua vita?".
"Come faccio a sapere che non mi stai mentendo?", chiesi incerta.
Mi fece voltare verso lo specchio e infilò le dita tra la massa informe dei miei capelli, cercando di districarli.
"C'è stato un tempo in cui noi donne eravamo al potere insieme agli uomini".
"Parli sul serio?".
Scrollò le spalle. "E' stato molto tempo fa comunque".
"E poi cosa accadde?".
"Le femmine, consapevoli che ogni loro parola sarebbe divenuta legge per il proprio compagno, hanno iniziato a comandare attraverso capricci, piccole vendette personali, o attraverso la rabbia del momento. Bastava che una licantropa commettesse l'errore di criticare l'abito di un'altra o facesse una smorfia al momento sbagliato per far sì che la sua famiglia venisse spazzata via". I suoi occhi ricercarono i miei attraverso lo specchio. "E' morta tanta gente, Becky. Ci furono stragi, intere famiglie distrutte, bambini senza genitori. Tutto per dei banali capricci o per dei fraintendimenti".
"E' per questo che vi hanno tolto il potere?".
"Non sono stati gli uomini". Un dito le restò incastrato in una ciocca e tirò piano, sciogliendo l'ennesimo nodo. "Siamo state noi femmine a deciderlo. Erano quelli che noi chiamiamo "gli anni bui", durante i quali la nostra razza rischiò davvero di estinguersi. All'ora quelli come noi vivevano quasi tutti in Australia, a parte il branco di Orman che si era rifugiato sulle vette del Monte Bianco, in una piccola regione del nord Italia.
Era il branco più antico. Possedeva tutti i libri che narravano le nostre origini, i medaglioni e le ricchezze che gli Antichi si erano tramandati e che servivano per dare sostentamento economico a tutti i branchi che avevano difficoltà a confondersi con gli umani. Bastò il capriccio di una femmina di un Alpha per far sì che l'intera Australia dichiarasse guerra a questo branco, spazzandolo via e distruggendo tutto ciò che avevamo".
"Un capriccio?".
"Quella femmina voleva più ricchezze. Tutto qua. Aveva detto al suo compagno di desiderare alcuni gioielli che custodiva il branco di Orman. Tre mesi dopo quel branco non esisteva più". Affondò le dita nelle mie spalle e mi fece voltare verso di lei. "Quando il potere è troppo, diventa pericoloso Becky. E va arginato. Per questo l'ultima generazione di femmine al comando decise di riscrivere le nostre leggi. Leggi che tutt'oggi seguiamo. Ogni regola che sentirai pronunciare da Deniel, è una regola che abbiamo scritto noi donne".
Spalancai la bocca, scioccata, sentendo dentro di me rimescolarsi tutto ciò che avevo pensato su di loro.
"Anche quella di non sapere i nomi dei Beta?", chiesi.
"Soprattutto quella".
Corrugai la fronte, senza capire come potesse una regola del genere essere stata partorita della mente di una donna.
"Carl, Dimitri, Vincent...", pronunciò con un mezzo sorriso. "Li conosciamo alcuni loro nomi, anche se preferiamo lasciar credere che non sia così". Poi il sorriso si spense. "I licantropi sono maschi molto gelosi, Becky. Molto territoriali. Basta una scintilla per scatenare un incendio".
Inclinò la testa, mostrandomi la parte del viso sfregiata. "Meglio far credere loro che non abbiamo alcun tipo di confidenza, credimi".
Strabuzzai gli occhi. "E' stato tuo marito a farti questo?".
"In un momento di gelosia, sì". Quindi raddrizzò il volto e mi fissò seria. Mortalmente seria. "Non stuzzicarla mai, Becky. Mai!".
Deglutii e mi asciugai una goccia di sudore che stava rotolandomi lungo la tempia.
"Ora vai", mi sospinse verso la porta. "Siete già in ritardo".
"Aspetta".
"Che altro c'è?".
"Come si uccide un licantropo?".
Ridacchiò. Una risata nasale. Stonata.
"Non voglio fare nulla a Deniel ma sto per finire in una stanza piena di licantropi e se qualcuno dovesse tentare di farmi del male...".
"Morirà", concluse al mio posto.
"Non so difendermi, dannazione".
"Non ti servirà farlo", ripeté, assolutamente certa.
"So che Deniel interverrebbe ma se qualcuno dovesse cercare di farmi del male mentre lui è distratto?".
"Distratto da te?", chiese con un tono talmente incredulo da non farla sembrare nemmeno una domanda.
"Bhe, sì".
Di nuovo rise, la stessa risata nasale di prima. "Buona serata, Becky".
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