6. Speciale

«Speciale? Che vuoi dire?»

Nessuno l'aveva mai detto di me...

«È complicato da spiegare, ma diciamo che a volte capita che alcuni esseri umani non seguano il percorso che gli è stato cucito addosso. Devi immaginare la vita come un sentiero da seguire. Un sentiero fatto di ostacoli, così come di gioie e momenti felici. Ogni essere umano ne ha uno già scritto per lui, però...»

«Però?»

«Però, a volte capita che il comportamento che un umano dovrebbe avere nei confronti dell'ostacolo sul suo percorso, o nei confronti del momento felice, non sia proprio quello corretto. C'è una linea da seguire, per questo ci siamo noi angeli custodi. Cerchiamo di indirizzarvi verso quella linea.»

«Quindi io, se ho capito bene, faccio parte di quegli esseri umani "imprevedibili"?» Faccio anche le virgolette con le dita, mentre lo dico.

«Esattamente.»

«E allora ci sei tu.»

«Esattamente.»

«E ci sei da sempre?»

«No, da sempre no. Da quando...» Si blocca, stacca lo sguardo dal mio per andarlo a piantare altrove. «Da un paio di anni, più o meno» conclude alla fine.

«E perché adesso sei uscito allo scoperto?»

«Perché, come ti ho accennato anche prima, non riuscivo a controllarti senza essere fisicamente sulla Terra. Non riesco a leggerti nella mente, per cui non sapevo mai cosa avresti detto o fatto; ogni volta seguivi l'idea giusta e dopo poco la bocciavi. Non te ne frega niente se ti fai male, o se fai del male ad altri. L'unica cosa che sono riuscito a fare, ma veramente per pochissimo, è stato deviare la sedia che hai lanciato alla professoressa Brandelli. Devo dire che hai un'ottima mira e le stava finendo addosso.»

«Ma io volevo che le finisse addosso!» esclamo, risentita. Era proprio il mio obiettivo, quello di colpirla, almeno.

«Lo so, ma non doveva andare così!»

«E come doveva andare?»

«Doveva andare che non dovevi essere neanche sospesa, ma se fossi riuscita a colpirla, probabilmente ti avrebbero espulso da scuola e questo avrebbe avuto delle conseguenze che...»

«Che?»

«Che non posso dirti.»

«Oh! Ti prego, dimmelo! Hai detto che devo fidarmi di te, come faccio se mi nascondi le cose?»

Gabriele aggrotta la fronte, solleva il braccio con l'intenzione forse di toccarsi i capelli, ma poi ritorna a fissarmi. «Sei tu che non devi nascondermi le cose.»

«Okay, allora facciamo un patto: tu finisci la frase e io ti prometto che ti dirò tutto quello che penso.»

«Stai mentendo.»

«No.»

«D'accordo» sospira lui. «Te lo dico, ma puoi tenerti la tua promessa, tanto so che non la rispetteresti comunque. Non doveva andare così perché è stato deciso diversamente.»

«Sì, questo l'ho capito. Io voglio sapere che conseguenze avrebbe avuto il mio gesto.»

«Quello di rovinare i piani decisi.»

«Ma decisi da chi?»

Si stringe nelle spalle. «Decisi» ripete.

Non so se è perché non lo sappia, o se è perché non voglia dirmelo. A ogni modo, scoprire che il destino esiste e che non è solo una frottola inventata da noi umani è già di per sé una notizia sconvolgente e a cui credo di aver accesso solo io, in questo momento.

Suppongo di potermi ritenere soddisfatta delle sue risposte, tutto sommato.

«Voglio capire solo una cosa, adesso» riprendo il discorso. «Come funziona tra noi due? Tu adesso sei uscito allo scoperto e mi hai detto chi sei, ma...»

«Innanzitutto ci sono delle regole.»

E ti pareva che non c'era la fregatura!

«Prima di tutto non devi dire a nessuno di me, non puoi dire che sono il tuo angelo custode o cose simili. E quando dico nessuno, intendo proprio nessuno: né alla tua famiglia, né alle tue amiche. Nessuno. Poi non puoi chiamarmi per stupidaggini. O meglio, quando potrò sentirti non puoi richiedere il mio intervento per farti passare un mal di pancia, o per evitare un'interrogazione. Non è così che funziona. Trasgredisci a queste regole e io sparirò, tu non ricorderai di avermi conosciuto e non sarò più il tuo angelo custode.»

«Va bene... Mi sembrano abbastanza accettabili come condizioni. Certo sarà difficile mantenere il segreto con chi mi sta attorno, ma suppongo di non avere scelta.»

«No, infatti, e anche se non mi chiamerai, saprò quando avrai bisogno di me.»

«D'accordo, credo che sia fattibile.»

«Sì, beh, deve esserlo per forza, o non andiamo da nessuna parte. Non sto neanche a specificarti che devi darmi ascolto, fare come ti dico. Non posso costringerti a fare nulla, ma se il tuo comportamento ha portato a tutto questo, credo sia chiaro che non si può continuare così.»

«Io sinceramente non la vedo così tragica, però se lo dici tu...»

Voglio dire, alla fine cos'ha di tanto sbagliato la mia vita? Non sono proprio una persona semplice da gestire, ma non credevo che fosse così tanto un problema.

«Non si tratta di questo, Paola. Come ti ho detto, si tratta di non seguire, a volte, il percorso deciso per te. Per cui ti starò accanto e ti darò una mano quando vedrò che stai deviando. Per esempio, se vogliamo cominciare in questo preciso istante, ci terrei che smettessi di vedere Matteo. Insomma, di frequentarlo in quel senso.»

«Cosa? Che cazzata è mai questa?» esplodo. Sì, esplodo, perché è stato come sentire una molla scattare dentro di me al solo ascoltare il tono che ha usato Gabriele. Il tono di chi ti sta dando ordini, anche se senza farlo capire esplicitamente. «No! Voglio dire, perché ce l'avete tanto tutti con lui?»

«Perché non è così che deve andare.»

«Stai esagerando anche tu, come tutti gli altri.»

«No, assolutamente.»

«Beh, non mi interessa. Su questo non ti darò ascolto, mi dispiace.» Mi sollevo da terra e gli porgo le mani, la molla che, ormai, è tornata indietro ma che non ha ancora ripreso la sua forma originale. «Adesso portami a casa.»

«Paola, ti prego, ragiona. Non vai da nessuna parte in questo modo.»

Nonostante le parole imploranti, il tono di Gabriele non si è modificato, o almeno sono io che non riesco a sentire altro se non "ti sta dando degli ordini".

E allora scrollo le spalle, mantenendo il punto.

Gabriele afferra le mie mani a malincuore, d'istinto chiudo gli occhi e avverto la stessa sensazione provata poco prima, solo che adesso il freddo è quasi gelo.

Quando riapro gli occhi sono nella mia stanza ma Gabriele non c'è.


***


Da due giorni Gabriele non si fa vedere né con me, né a scuola. E la cosa strana è che nessuno si chiede dov'è o perché è assente. Non posso far altro che pensare che, a causa del mio comportamento, non lo rivedrò più. Che a causa della rabbia che non so contenere e di cui mi pento solo in seguito – come è successo in questo caso – ha deciso che è meglio per lui tornare a lavorare di "nascosto", tornare nell'ombra sperando di riuscire a leggermi la mente senza il bisogno di averlo accanto fisicamente.

Vivo tra il sogno e la veglia, immaginando quel posto meraviglioso in cui mi ha condotto, e le mie sicurezze spariscono piano piano. L'unica certezza è che Gabriele non è frutto della mia immaginazione: il suo nome è ancora sul registro di classe, ma nessuno sa dove abita né se abbia una famiglia. Anche perché, poi, sarebbe giusto dire che un angelo custode "vive da qualche parte"? Magari no. Magari è solo materia che si dissolve quando non vuole stare a contatto con gli umani e quando non vuole farsi vedere da loro.

D'altronde, l'ho visto sparire in un fascio di luce azzurra.

Oggi la professoressa Brandelli ha consegnato i compiti e ovviamente il mio era pieno di scarabocchi e segni rossi. Un altro quattro e mezzo da aggiungere alla collezione delle insufficienze nella sua materia. Almeno, dopo la scuola, Matteo mi ha invitato a fare una passeggiata con lui, e quindi adesso siamo in piazza che, non so per quale festa di non so quale santo, è addobbata con luci, bancarelle, giocolieri, giostre e quant'altro. Con noi sono venuti anche Elisa, Giancarlo e Michela.

È stata proprio un'idea di Matteo invitarli, ed Elisa ne è rimasta particolarmente colpita. Così tanto che credo che si stia abituando a lui. Di certo non mi ha più detto che sto commettendo un grave errore – come invece ha sottolineato Gabriele – e prima mi ha anche confessato di vederlo cambiato.

«È più dolce quando sta con te.»

Difatti, mentre siamo seduti tutti e cinque a un tavolino di un bar, con Matteo che mi tiene un braccio intorno al collo e chiacchiera di calcio con Giancarlo, Elisa mi sorride.

«Ti va di accompagnarmi in bagno?» chiede, poco dopo.

«Certo» rispondo, prima di alzarmi e seguirla. Michela ci imita senza dire una parola.

«Belle amiche che siete!» esordisce proprio quest'ultima, quando siamo nel bagno.

«Come, scusa?» Elisa la guarda stranita, poi estrae dalla borsetta la cipria, si tampona il naso e la fronte; si pettina con le mani i biondi capelli lunghi.

«Potevate almeno dire ai vostri ragazzi di portare un amico!»

«Io e Matteo non siamo ancora a quel livello, non mi sembra il caso» dico titubante.

«Già, a proposito, a che punto siete tu e Matteo?» Elisa pone le mani sui fianchi e sposta la conversazione su di me.

«Non stavamo parlando d'altro? E comunque non lo so a che punto siamo, so solo che ci vediamo raramente, ci sentiamo anche di meno, ma quando siamo solo io e lui, beh, sembra davvero tenerci a me.»

«Come lo sai? Cioè che ti dice?»

«Mi fa tanti complimenti, e mi coccola molto...»

«Beh, sì, in effetti sembra diverso quand'è con te» conviene Michela.

«È importante che un ragazzo ti dica certe cose, Paola» afferma invece Elisa, «ma non farti abbindolare tanto dalle parole, se poi non sente il bisogno di chiamarti o di vederti più spesso: vuol dire che qualcosa non va.»

«Non è che non ne sente il bisogno, è che entrambi abbiamo poco tempo, tra la scuola e le prove. Lui ha il calcio, il fratellino a cui badare... Tante cose!»

Elisa e Michela annuiscono all'unisono, comprensive, e non fanno più cenno alla cosa. Per fortuna, aggiungerei, dato che mi sono sentita sotto processo poco fa e le parole di Gabriele risuonano ancora prepotenti nella mia mente.

Elisa si lava le mani e io ne approfitto per andare in bagno; quando esco, Michela sta provando un lucidalabbra di Elisa.

«A che gusto è?» chiedo. Di solito Elisa li compra per il sapore, più che per il colore.

«Ciliegia.»

«Mh... Buonissimo» commento, immergendo le mani sotto l'acqua.

«Vuoi provarlo?»

«No, gra...»

«Oh, scusate! Ho sbagliato bagno!» Una voce alle mie spalle interrompe le mie parole. Dallo specchio, sebbene al contrario, riesco subito a riconoscere mio fratello Remo.

«Ehi» lo saluto, voltandomi verso di lui.

«Ciao» ricambia lui. «Che ci fai qui?»

«Sei tu che sei nel bagno delle donne!»

«Molto spiritosa, voglio dire qui alla festa.»

«Sono con loro» indico Michela ed Elisa, «e altri amici. Ragazze, lui è mio fratello Remo. Remo, loro sono Elisa e Michela.»

Elisa, prontamente, stringe la mano a Remo, mentre il volto di Michela è appena diventato dello stesso colore della maglia che indossa: magenta.

«Molto piacere.» Remo porge la mano anche a Michela, che però è ancora imbambolata che quasi pare star avendo una visione. Elisa le dà una gomitata e la riporta sulla Terra; solo a quel punto Michela ricambia la stretta e anche molto vigorosamente.

«Piacere, piacere» farfuglia.

Remo le sorride e sono sicura di intravedere anche sul volto di mio fratello un leggero rossore. «Io invece sono qui con Valerio» dice a me, anche se non mi sta guardando ma è ancora preso dalla mia amica.

«Strano, non preferite andare in giro per discoteche, tu e Valerio?»

«Ah?» Finalmente Remo incrocia i miei occhi, la bocca ancora spalancata che resta in quella posizione per qualche secondo. «Cosa hai detto, scusa?»

«Niente, lasciamo stare.» Scuoto la testa e lancio a Elisa un'occhiata d'intesa. Lei recepisce subito i miei pensieri e infatti la vedo ridere sotto i baffi e annuire come a dirmi che ha capito cosa voglio dire. «Usciamo da qui che è meglio.»

Fuori, incontriamo subito Matteo, che ci stava venendo incontro. «Ehi, come mai tutto questo tempo?»

«Abbiamo fatto un incontro.»

«Chi è?» Matteo mi appare un attimo come geloso, ma poi nota anche lui che Remo è tutto preso da una conversazione con Michela, che non fa altro che arrotolarsi i ricci al dito e ridere di ogni cosa che mio fratello le dice. «Lo conosco?»

«Non credo. È mio fratello. Vuoi conoscerlo adesso?»

Matteo schiude le labbra, ma poi le serra e mi trascina via da lì sussurrandomi che adesso ha un'altra cosa in mente. Mi conduce in una stradina stretta, lontano dalla confusione della festa.

«Ho detto qualcosa che non va? So che è presto per presentarti alla famiglia, ma...»

«No, non è questo.»

«Cos'hai, allora?»

«Niente, volevo solo stare un po' da solo con te.» Poi mi prende la testa tra le mani e mi bacia con passione. «Sei bellissima» bisbiglia al mio orecchio. I suoi baci si spostano sul mio collo, mi morde il lobo dell'orecchio e, dopo avermi guardato intensamente, riprende a baciarmi affondando la sua lingua nella mia gola. Non si stacca un attimo da me e io sono senza fiato, bisognosa di respirare. Mi sposto da lui e dolcemente gli do un bacio sulla fronte. «Che c'è?»

«Niente.»

Mi abbraccia e infila il naso tra i miei capelli, inspira inebriandosi del mio profumo. Sono totalmente ipnotizzata da lui, non riesco a muovermi, ho solo tanta voglia di baciarlo e di ricambiare la sua passione, ma un brusco risveglio mi trapassa la mente: perché è così solo quando siamo insieme? Lo so che è un ragionamento sbagliato, che dovrei pensare com'è quando ci vediamo e non stare a rimuginare sulle parole delle mie amiche, ma non ce la faccio: voglio saperlo.

«Matteo, perché non mi chiami mai?» dico tutto d'un fiato.

«Come?»

«Quando non ci vediamo tu non mi consideri più di tanto: non mi chiami, non mi mandi messaggi. Non so, è che... sento di non piacerti abbastanza.»

«Non...» Matteo blocca il suo discorso e tende l'orecchio come se qualcun altro gli stesse dando a parlare, oltre a me. «Certo che mi piaci» risponde. «Adesso torniamo alla festa, okay?»

Annuisco, seppur poco soddisfatta, e mi lascio condurre di nuovo dai miei amici. Per tutto il resto della serata, Matteo è dolce e romantico, e quella risposta non proprio soddisfacente me la faccio andare bene.


***


Una settimana dopo dalla rivelazione di Gabriele, ancora non ho sue notizie, né si fa vedere a scuola. Io, al contrario, credo di vederlo ovunque mi giri. Durante la notte mi sveglio di soprassalto, non faccio altro che sognarlo e sentire la sua presenza. Se parlassi con uno psicologo sicuramente mi direbbe che è solo condizionamento, che è tutto frutto della mia immaginazione, che lo vedo perché vorrei vederlo, lo sogno perché lo penso e sento la sua presenza perché vorrei che fosse con me.

Però non posso andare avanti così, soprattutto perché non riesco a concentrarmi in nulla di ciò che faccio. Per esempio, oggi pomeriggio sono andata alle prove con la band per decidere i pezzi che porteremo al concorso – alla fine abbiamo optato per In the end, Fighter, e Teeneger dei My Chemical Romance – e Christian ha dovuto riprendermi perché, senza accorgermene, smettevo di suonare. Desolata, gli ho dato ragione e con sforzo ho ripreso a suonare meglio che potevo trascinando anche gli altri con me, e mi sono resa conto che prima faticavano a sincronizzarsi anche Stefano e Mirko. Probabilmente per colpa mia.

Mi ritornano in mente le parole di Gabriele – "Non te ne frega niente se ti fai male, o se fai del male ad altri" – e mi chiedo se intendeva proprio questo. Le mie decisioni o le mie azioni influenzano anche quelle degli altri?

Vorrei sapere meglio a cosa si riferiva e l'unica cosa che mi viene in mente, per farlo tornare, è inserire nella barra di ricerca di Google "Come contattare il proprio angelo custode". So che è una stupidaggine, ma almeno vale la pena tentare.

E con mia grande sorpresa, ci sono davvero guide, video, spiegazioni passo passo su come mettersi in contatto con gli angeli. Metodi per contattarli come in una ricetta di Giallo Zafferano.

Scopro che ci sono diverse fasi importanti come la meditazione, parlare con il proprio angelo, imparare a conoscerlo ed essere sempre sinceri con esso.

Di nuovo, mi tornano in mente le parole di Gabriele.

Sei tu che non devi nascondermi le cose.

Anche se non mi chiamerai, saprò quando avrai bisogno di me.

Nonostante non sia del tutto sicura che funzioni, voglio provare questa cosa, allora mi sistemo a terra al centro della stanza, incrocio le gambe e chiudo gli occhi. Per fortuna sono sola in casa: Marco e mia madre sono al lavoro, mentre Remo è uscito per un caffè con Michela perché da quando si sono conosciuti non si staccano un attimo dal cellulare; Remo la bombarda di messaggini e chiamate di notte.

Respiro profondamente e cerco di liberare la mente. È difficile perché pare che io debba entrare in contatto con me stessa, e poi, soprattutto, come faccio a capire quando questo accade? Rimango qui ferma per una decina di minuti, ma inizio a sentire freddo e a causa del pavimento gelato, starnutisco.

Perfetto, il silenzio è stato interrotto. Proprio la base della meditazione!

«Davvero pensavi di potermi chiamare in questo modo?»

La voce di Gabriele alle mie spalle mi fa sobbalzare e voltarmi nella sua direzione. Mi osserva imbronciato, le mani strette dietro la schiena.

Gli sorrido perché voglio farmi perdonare, voglio che resti con me. «Beh, sei qui.»

«Ti stavo osservando, eri ridicola.»

«Mi... dispiace per quello che ho detto, non dovevo, ma ho tante cose da chiederti.»

Ti prego, resta.

«Adesso devo andare, ne riparliamo un'altra volta.»

«Gabriele, aspetta!» urlo, ma lui è già andato via attorniato dalla sua luce blu. 



Diciamo che il rapporto tra Paola e Gabriele non è iniziato nel migliore dei modi... Forse Paola ha sbagliato a comportarsi così, ma anche Gabriele sembra avere un bel caratterino, non credete? 

Vi è piaciuto il capitolo? 

A martedì prossimo! 

Mary <3 

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