27. La lettera

Mentre l'ambulanza carica Christian, ancora incosciente, sull'ambulanza, porto Gabriele lontano da questo trambusto: ho bisogno di chiedergli spiegazioni perché quello che è appena successo mi ha sconvolto e non poco.

«Cos'era Fabio? Hai detto angelo nero, ma che significa?»

«Paola, purtroppo non esiste solo il bene.» Gabriele lo dice indicandosi il petto. «Da che esistono gli esseri umani, c'è sia il bene che il male sulla Terra. C'è bisogno di un equilibrio affinché non si crei disparità e, come puoi immaginare, se ci sono gli angeli custodi ci sono anche gli angeli neri, che operano per contrastare il nostro operato. Sono esseri seducenti e ammalianti e il loro interesse principale è spingere gli esseri umani a comportarsi in modo sbagliando, farli uscire dal percorso prefisso per loro.»

«E come hai fatto a non accorgertene? Mi hai fatto vedere con i tuoi occhi adesso, ma prima non ti eri accorto di nulla?»

«No, purtroppo no. Vorrei dirti che non capisco come ho fatto a non rendermene conto prima, ma la verità è che temo che la mia permanenza sulla Terra e i sentimenti che sono nati lentamente per te mi abbiano indebolito e tantissimo...» Gabriele scuote il capo, colpevole. «Però avrei dovuto capirlo, farmi venire un minimo di sospetto! I suoi modi erano così insoliti, così finti e costruiti... Non mi sarei mai perdonato se ti fosse successo qualcosa.»

«È andato tutto bene, io sto bene» dico avvicinandomi di più a lui. Gli accarezzo il viso e lui abbassa la testa e per qualche secondo fissa il cemento sotto di lui. Poi alza lo sguardo su di me e non appena lo fa gli sorrido ma non ricambia.

Però mi bacia, lento e con gli occhi chiusi. «Se fossi arrivato un attimo più tardi...»

«Sh» lo blocco. «Gli avrei rotto le ossa, angelo nero o no.»

Gabriele abbozza un sorriso.

«Non sono venuto prima anche perché non potevo fargli vedere la mia vera natura, o avremmo lottato, e io non sono in grado di farlo al momento.»

«Che vuoi dire?»

«Il bene e il male sono in continua lotta, come puoi immagine, e in quel momento lui era superiore e una lotta con lui mi avrebbe di sicuro ucciso.»

Questa volta sono io ad abbassare lo sguardo, colpevole.

Gabriele sta perdendo tutto il suo essere angelo custode per stare qui con me. È a causa mia se l'hanno mandato sulla Terra e sarà a causa mia se un giorno smetterà di essere un angelo custode.

Un'involontaria lacrima mi scorre sul volto, Gabriele se ne accorge e mi costringe ad alzare il capo verso di lui prendendomi per il mento.

«Ehi» dice. «Non pensarci nemmeno per un momento. Non è colpa tua.»

«Sì che lo è» singhiozzo.

Lui prova ad asciugare tutte le lacrime che mi scendono veloci e insaziabili sul volto, poi mi prende il viso nei palmi e mi bacia con passione. Sono costretta a fermare i singulti per ricambiare il bacio.

«No, non lo è» ripete.

«Non saresti qui se non fosse per me» gli faccio notare.

Gabriele mi accarezza il viso. «Non passa giorno senza che io ringrazi il tuo essere anarchica e incurante delle regole, o non sarei qui. Paola, tu mi stai regalando un'altra vita, stare qui con te è la cosa più bella che mi sia mai successa.»

Sospiro e mentre mi asciugo le lacrime con i polsini del cappotto, annuisco. Poi salgo sulle punte e lo abbraccio forte. Lo tengo stretto a me per non so quanto tempo.

«Promettimi che non andrai mai via» gli sussurro all'orecchio.

«Te lo prometto» risponde baciandomi la tempia.

***

Rientro a casa piuttosto stanca, dopo ore di attesa al pronto soccorso per avere notizie di Christian. Solo Stefano, alla fine e dopo molte insistenze, è riuscito a farsi dire qualcosa prima che arrivassero i genitori di Christian, momentaneamente fuori per una vacanza. I medici gli hanno riferito che non ha fratture e che si riprenderà in fretta, deve solo riposare.

«Un miracolo» ha detto Stefano, di ritorno dalla chiacchierata col medico che l'ha aggiornato sulle condizioni di Christian. «È stato un miracolo che non si sia fatto nulla.»

A quella parola, Mirko ha storto le labbra in una smorfia, per niente d'accordo con l'affermazione di Stefano; io, invece, mi sono limitata a dire che forse un miracolo lo è stato davvero.

Nessuno di loro ha affrontato il discorso "Fabio" e mentalmente Gabriele mi ha assicurato che, se è forte come sembra, avrà provveduto Fabio stesso a distorcere la memoria dei miei amici e a far credere loro che Christian si sia fatto male in un altro modo, e non per una rissa con un angelo nero.

Anche se, a dire il vero, forse una possibile denuncia ai danni di Fabio è l'ultima cosa che mi preoccupa, al momento.

Silenziosamente mi trascino verso la mia camera da letto. Di sfuggita mi accorgo che tutta la mia famiglia è in cucina e che sono in piedi in silenzio. Devo fermarmi e avvicinarmi per capire che cosa sta succedendo e, quando lo faccio, noto che stanno tutti guardando qualcosa che c'è sulla tavola.

«Cosa fate?» chiedo.

Sobbalzano e in un attimo tutti i loro sguardi sono su di me.

«Niente» rispondono, sempre all'unisono.

Poi Marco si sposta e, grazie al foro che ha creato, intravedo quella che sembra una busta bianca. Una bolletta troppo cara, forse? La afferro senza pensarci troppo su.

«No!» urlano loro di nuovo in sincronia. E ora sono io a sobbalzare per la paura.

«Che ho fatto? Cos'è?» domando, prima che Marco mi strappi di mano la busta.

Non mi rispondono, però, e si limitano a lanciarsi occhiate furtive tra di loro. Questo atteggiamento mi insospettisce, ma non voglio saltare a conclusioni affrettate.

«Allora?»

«Non è niente» dice Marco.

«Oh, andiamo, dobbiamo dirglielo» afferma invece Remo.

«Di... dirmi cosa?»

«È...» Mia madre parla per la prima volta da quando sono entrata in stanza e solo ora mi accorgo che ha la voce rotta dal pianto. «È una lettera di vostro padre.»

«Cosa? E cosa c'è scritto?»

«Non lo sappiamo» risponde Remo.

«E cosa aspettiamo a leggerla?»

Sto per prendere la lettera dalle mani di Marco, quando indietreggia e inizia a scartare la busta. «La leggo io» sentenzia.

Strappa la parte di sopra della busta ed estrae il contenuto. Ci sono circa una decina di fogli, tenuti insieme da una spilletta. Marco li esamina a uno a uno, volta i fogli avanti e indietro, poi legge il primo. Quando ha finito, scuote la testa contrariato.

«È una richiesta di divorzio» bofonchia gettando i fogli sulla tavola. «Non poteva essere diversamente da quell'uomo di merda.»

Mia madre, che già prima era sconvolta, adesso è sbiancata visibilmente. Eppure trova la forza di tirare i fogli verso di lei e di leggere da sé ciò che c'è scritto.

Deglutisce e trattiene un gemito.

«Devo restare un momento da sola» dice, la voce sempre più incrinata. Poi, con lo sguardo basso, sgattaiola fuori dalla cucina.

«Io lo sapevo!» urla Marco appena restiamo solo noi tre. «Non si smentisce mai quell'essere ignobile.»

«Marco!» lo ammonisce Remo.

«Che c'è? Cosa pensavi? Non è cambiato di una virgola! Dopo tutti questi anni si fa risentire, e per fare cosa? Per chiedere il divorzio alla mamma! Chissà con chi vuole risposarsi, quel...»

«E quella cos'è?» dico interrompendo il discorso di mio fratello. Tra le carte, sul tavolo, sbuca un foglio scritto a mano. Lo prendo prima che Marco me lo strappi di mano. «È una lettera» mi rendo conto.

Indietreggio e mi allontano dai miei fratelli per poterla leggera.

Cari Marco, Remo e Carla,

nella busta c'è una richiesta di divorzio, ma non ve la mando per un tornaconto personale: voglio che Carla viva la sua vita e che il suo nome non si più abbinato al mio. So quanto male vi ho fatto e mi dispiace; mi rendo conto che non posso esigere il vostro perdono, e non voglio neanche farlo, ma spero che non prendiate questo mio gesto come un'offesa, è tutt'altro.

Lo so che potrete non credermi, ma siete sempre nei miei pensieri, e immagino che stiate meglio senza di me.

Le carte devono essere solo firmate e rimandate al mittente, sempre che Carla sia d'accordo. Ripeto: io non ci guadagno niente, è un regalo che sto facendo a lei.

Con affetto,

Ettore.

«Perché non c'è il mio nome?» chiedo ai miei fratelli. Di tutto ciò che ha scritto mio padre nella lettera, infatti, mi è rimasto impresso soprattutto quello. Soprattutto il suo essersi rivolto ai miei fratelli e a mia madre e non a me.

«Cosa?» Marco mi strappa la lettera dalle mani, la legge, poi sospira.

E siccome lascia andare la mano con la lettera penzoloni al suo corpo, la riprendo con un movimento fulmineo.

«Perché non c'è il mio nome?» ripeto scuotendogli la lettera davanti agli occhi.

«Perché lui... non...»

«Non è mio padre?» interrompo Marco.

«No, lo è. In realtà sei l'unica che gli somiglia.»

«E allora cosa?»

«Paola, lui non...»

«Non sa di te» conclude Remo per Marco.

«Cosa?»

«Lui è andato via di casa prima che tu nascessi e non sapeva nemmeno che la mamma era incinta.»

«Ma come è possibile? Scusa, ma... ma il cognome, allora?»

«Cosa c'entra, quello? La legge dice che se due persone non hanno ancora divorziato al momento della nascita di un figlio, esso può avere il cognome del padre anche senza che sia lui a dichiararne la nascita. E infatti, come puoi vedere, finora erano ancora sposati e poi...»

«E poi voi non avete mai fatto niente per farglielo sapere?»

«No.»

«Perché?» urlo, ormai non più sicura di riuscire a mantenere la calma.

«Perché è meglio così!» grida a sua volta Marco.

«Meglio per chi?»

«Per te, ovviamente!»

«Come fai a saperlo? Non potete sapere come si sarebbe comportato... e se mi avesse voluto conoscere?»

Marco sbuffa e si passa una mano tra i capelli, infastidito. «Tu non lo conosci, Paola, non sai che uomo è. Per lui non sarebbe cambiato niente; è andato via e aveva due figli ancora piccoli, credi davvero che avrebbe fatto differenza sapere di avere un'altra figlia? Forse sarebbe scappato ancora più velocemente.»

«Non ci credo» dico scuotendo la testa. «Non ci credo che davvero la pensiate così! Gli avete tolto il diritto di conoscere sua figlia!»

«Tolto il diritto di conoscere sua figlia?» ringhia Marco a due centimetri dal mio viso. «Si è privato di conoscere tutti i suoi figli!»

«Io non... Perché non mi capite?»

«Cosa? Cosa dobbiamo capire?»

«Paola, lo abbiamo fatto per proteggerti» commenta Remo.

«Proteggermi? È mio padre! Io voglio conoscerlo.»

Marco alza gli occhi al cielo. «Ormai è inutile che ti arrabbi tanto, quel che è fatto è fatto.»

«No, invece, posso ancora rimediare. Voglio conoscerlo. Dove abita?»

«Non ne ho la più pallida idea.»

«Ci sarà scritto sulla busta! Ci deve essere un mittente» dico gettando le mani sul tavolo e cercando la busta che prima conteneva la richiesta di divorzio e la lettera.

Eccola!

È alla mia sinistra, la sto per prendere ma Marco fa prima di me e se la infila nella tasca della giacca.

«Marco!» mi lamento. Poggio le mie mani sul suo petto e cerco di estrarre la busta dalla tasca, ma Marco mi ferma i polsi e mi allontana da lui con così tanta forza che per poco non vado a sbattere contro Remo. «Non puoi farlo!»

«Certo che posso!»

Cerco Remo con lo sguardo nella speranza che mi dia una mano, ma lui, dopo un attimo di incertezza, sposta gli occhi sul pavimento.

Non ci posso credere! Anche lui è dalla parte di Marco! Perché mi fanno questo? Non è giusto!

«Sapete che vi dico?» affermo guardandoli entrambi. «Troverò da sola dove abita!»

Sbatto la mano sul petto di Marco e corro in camera mia, mentre sento i miei fratelli venirmi dietro all'istante. Entro nella stanza, ma loro sono sulla soglia.

«Ah sì? E cosa hai intenzione di fare una volta che lo avrai trovato, ammesso sempre che tu ci riesca? Gli dirai che sei sua figlia? E cosa credi che succederà? Che sarà felice di avere un'altra figlia e che istaurerete uno splendido rapporto? Non ci sperare minimamente, io non riporrei troppe speranze in lui se fossi in te.»

«Perché? Si può sapere perché? Posso sapere finalmente, dopo anni che vi chiedo di raccontarmi qualcosa, che cosa è successo? Che cosa ha fatto?»

Marco e Remo si bloccano. Sono titubanti e io resto in silenzio in attesa che mi dicano qualcosa, ma alla fine non accade.

«Andatevene.»

«Come?»

«Andatevene» ripeto e vado a chiudere la porta della mia stanza sulle loro facce allibite. 



E così, a un passo dalla fine, spunta anche il padre di Paola. Padre che però non sa dell'esistenza della figlia, e questo ribalta tutto. O almeno, tutto cambia nella mente di Paola. Forse, il padre che ha sempre pensato essere indifferente alla sua esistenza, non lo è per davvero. 

Cosa pensate? 

A venerdì! 

Mary <3 

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