25. Fuggire

Sono letteralmente tra due persone che mi amano. Molte persone impazzirebbero di gioia in una situazione simile; io, invece, preferisco fuggire. Ed è quello che faccio.

Una rapida occhiata a Gabriele, una a Fabio e corro il più lontano possibile da loro; attraverso il cortile della scuola fino ad arrivare al marciapiede opposto della strada, poi proseguo dritto senza però sapere bene dove voglio andare di preciso.

«Paola! Paola!» urlano alle mie spalle, ma io continuo a correre, incurante di tutto. «Paola! Fermati.»

A questo punto arresto la corsa. Più che altro perché penso di essere sufficientemente lontana da Gabriele e da Fabio. Poggio le mani sulle ginocchia e mentre riprendo fiato mi volto per osservare le mie amiche correre verso di me. Di colpo, si bloccano quando si accorgono che mi sono fermata e per poco non cadono una sopra l'altra. Anche loro hanno l'affanno e si reggono sulle ginocchia, prima di fulminarmi con lo sguardo.

«Che... cavolo... ti... prende?» affanna Claudia. «Ti ha detto che ti ama!»

Inspiro ed espiro.

«Già!» sottolinea Michela.

«Paola, devi scegliere» mi dice invece Elisa.

«Scegliere? Che vuol dire?» Claudia lo chiede voltandosi verso Elisa, interdetta.

«Tra Fabio e Gabriele.»

«Gabriele? Che cosa c'entra Gabriele?»

«Si sono baciati.»

«Sul serio?» Claudia è sempre più sconvolta.

«Eh sì, io l'avevo detto che c'era qualcosa tra di loro.»

«Non intavoliamo di nuovo questo discorso!» provo a inserirmi io, ma con scarso risultato.

«Ma Fabio ha detto che la ama, e poi un ragazzo più grande è sempre meglio!» fa notare Michela.

«È di suo fratello che stai parlando!» la rimprovera Elisa.

«Anche Gabriele» affermo.

«Cosa?»

«Anche Gabriele ha detto che mi ama.»

«Oh» mormorano in simultanea tutte e tre.

Già! Oh!

Tutto ciò non è per niente giusto. Io avevo già deciso e adesso quelle sole due parole di Fabio mi hanno rimandato in confusione. Avevo trovato la soluzione, la bugia di Marco sarebbe stata perfetta, poi con il trasferimento di Fabio tutto si sarebbe risolto. Ma ora? Come la metto, ora?

«Senti, Paola, tu devi solo scegliere quello che ti fa stare bene, o semplicemente quello che ti piace di più, e se proprio non riesci a scegliere, vuol dire che nessuno dei due fa per te.»

Proposta alternativa? Nessuno dei due. Non male.

Non rispondo a Elisa e la nostra conversazione pare arenarsi. So io come lo sanno loro che non serve dire altro, o meglio che non serva che loro mi dicano altro. Adesso sta tutto a me.

Il cellulare di Michela squilla e Remo le comunica che sta per passarla a prendere, così decido di tornare a casa con loro; Claudia ed Elisa, invece, vanno via a piedi. Prima, però, Elisa mi ricorda che, dentro di me, la risposta la so già e che devo solo pensare a Fabio e a Gabriele e saprò cosa fare.

Quando Remo arriva, lascio che Michela si sieda davanti accanto a lui, mentre io mi accomodo dietro e osservo l'affettuoso bacio che mio fratello riserva alla sua fidanzata, prima di mettere in moto.

«Com'è andata a scuola?» chiede Remo.

«Bene» rispondiamo entrambe.

Remo annuisce. «Qualche novità?»

«No» dico io.

«Nessuna» afferma Michela.

«Mh, okay... Michela, vuoi mettere un po' di musica?»

«Certo!» esclama lei, prima di cercare tra i CD posizionati nel cruscotto uno che vada bene. Dopo una lunga ricerca, ne prende uno, che infila nel lettore CD.

Una dolce melodia risuona dallo stereo.

«Quasi blu metallici, quasi come elettrici, quegli occhi che ricordo anche se non li ho visti mai. Forse solo dentro ai miei sogni che forse dovrei spiegarti se non fosse che tu non ci crederai...»

«Come si chiama questa canzone?» domanda Remo a Michela.

«Oh, aspetta non lo so!» Michela scava ancora tra i CD alla ricerca di qualcosa che le dica il titolo della canzone.

«Ma ormai già che sei qui, ma ormai già che è così, non ritornare a casa o almeno portami con te...»

Scegli me, sussurra al mio orecchio Gabriele. Lo sento, è vicino a me. Chiudo gli occhi.

Sospiro.

«Scegli me!» urla Michela, soddisfatta. «Si chiama "Scegli me".»

Così non vale, gli faccio notare.

Scegli me..., canticchia il mio angelo.

Scoppio a ridere.

Che cosa devo fare con te?

Ti ricordo che ho tecniche di persuasione potentissime.

Vuoi davvero usare il tuo controllo mentale su di me?

Assolutamente no. Non ne ho bisogno. Sei libera di scegliere ciò che ritieni giusto, ma nel caso dovessi avere ancora dubbi, scegli me.

Rido ancora.

«Perché ridi?» mi chiede Remo.

«Oh, niente. Mi ha fatto ridere il tono di Michela.»

«Ah?» Michela si gira a guardarmi, perplessa, poi scoppia a ridere anche lei e Remo ci segue a ruota.

Ridiamo tutte e tre senza alcun motivo, o forse io un motivo ce l'ho ed è seduto accanto a me e mi tiene stretta la mano. E per quanto io ci provi, non riuscirei mai a immaginare un mondo senza di lui.

Ed è per questo che scelgo lui.

***

Il pomeriggio del giorno dopo, sono nella mia stanza a studiare matematica con Gabriele. La settimana prossima c'è il compito e voglio cercare di prendere almeno la sufficienza. Come al solito Gabriele spiega in modo eccezionale, ma non distrarsi è veramente impossibile: da quando ho scelto lui, guardare i suoi occhi e non perdermi in pensieri romantici e passionali è alquanto difficile.

Dopo la sua dichiarazione, invece, di Fabio nemmeno l'ombra. Forse il suo orgoglio gli avrà suggerito che se una ragazza scappa dopo che le hai detto "Ti amo", tanto normale non è. Il punto è che non è che sono scappata perché l'idea che Fabio mi ami mi fa rabbrividire, o mi disgusta, ma semplicemente non provo i suoi stessi sentimenti, e ho avuto paura.

Chissà che cosa ha pensato lui in quel momento, e chissà cosa pensa ora di me. Cosa pensa di fare con me.

Il pensiero di un suo ritorno mi fa rabbrividire.

«Piccola, stai capendo?»

Sorrido a quel nomignolo e annuisco.

«Te lo ricordi che posso leggere i tuoi pensieri, vero?» mi ammonisce. Sistema il foglio in cui ha fatto i suoi soliti disegni perfetti davanti a lui e controlla sul libro.

«Perché, che ho pensato?»

«Lo sai a che mi riferisco.»

«No, io non...»

«Lasciamo perdere. Svolgi questo esercizio» ordina, infastidito.

Vorrei continuare a ribattere per farmi dire cos'è che gli ha dato fastidio, ma decido di lasciare perdere e comincio a svolgere l'esercizio che mi ha assegnato. Cerco di farlo il più velocemente possibile e non mi è semplice con Gabriele che cerca di sbirciare ciò che sto scrivendo peggio di un falco. A ogni modo, quando ho finito e lui lo controlla non segna nessun errore con la penna rossa che ha preso per correggerlo.

«È tutto giusto» dice. «Ora fai questo.»

Punta l'indice su un altro esercizio e anche questa volta lo svolgo tra il suo fastidio e la mia perplessità.

«Paola, sai per caso dov'è il mio...» Marco entra in stanza senza bussare, ma blocca le sue parole e i suoi movimenti alla vista di Gabriele. «Salve» lo saluta.

«Buonasera, Maresciallo. Piacere, mi chiamo Gabriele.»

Il mio angelo custode si alza dalla sedia sopra la quale era seduto e porge la mano destra a mio fratello, che la stringe aggrottando la fronte. Non so cosa vorrebbe sapere in questo momento Marco, ma Gabriele gli parla senza che possa avere il tempo di esprimere i suoi dubbi.

«Mio padre era Tenente dell'aeronautica, sa?»

«Davvero?» Marco si accende di una luce improvvisa. «Dove presta servizio?»

«A Milano.»

«Oh, ma tu hai detto "era", non presta più servizio?»

«No, ho sbagliato, volevo dire "è".»

«Ah.» Marco annuisce. «Che cosa facevate?»

«Studiavamo matematica» rispondo.

«Sì, abbiamo il compito la settimana prossima» continua Gabriele.

«Oh, miri al cinque?» mi domanda Marco, sarcastico.

Gli faccio un mezzo sorriso forzato e non rispondo.

«Tu quanto hai preso all'ultimo compito, Gabriele, se posso permettermi?»

«Otto, signore.»

«Bravo. E non chiamarmi "signore", chiamami Marco.»

«Va bene.» Gabriele arrossisce e sposta lo sguardo sul pavimento, poi si aggiusta i ricci sulla fronte.

«Io...» Marco batte le palpebre un paio di volte, come appena risvegliatosi da un sogno. «Vi... vi lascio studiare.»

E se ne va davvero, dopo aver stretto di nuovo la mano a Gabriele. Soprattutto, se ne va senza dirmi il vero motivo per cui è entrato. E non posso fare a meno di pensare che quella perplessità di Marco sia stata dovuta al controllo mentale che Gabriele ha usato su di lui per farlo uscire dalla stanza.

«Non dovevi» l'ammonisco, allora.

«Non dovevo cosa?»

«Usare il controllo mentale su mio fratello.»

«Avevi detto che non dovevo usarlo su di te, e non lo sto usando. Non posso neanche usarlo sulla tua famiglia?»

«No, è che è strano sapere che puoi controllare la mente altrui, far fare agli altri anche quello che normalmente non farebbero.»

«Oh! No, no, no. Mettiamo in chiaro questa cosa: io non controllo la mente in quel modo, tuo fratello se ne sarebbe andato comunque, magari ci avrebbe messo più tempo, ma l'avrebbe fatto. Diciamo che ho solo velocizzato il processo.»

«Mh... sarà. Tuo padre è davvero Tenente dell'aeronautica?»

«Sì.»

«E vive a Milano?»

«Sì.»

«Ed è per questo che non potevi andare a Milano?»

«Sì. Se mi avessero visto, sarebbe stato un problema.»

Deglutisce e poi eccolo di nuovo lì, quel suo sguardo un po' malinconico e un po' perso nel vuoto. Non mi sta dando accesso alla sua mente, per cui non ho idea di cosa gli stia accadendo.

«A che pensi?» domando, sperando che me lo dica come tra persone normali.

Invece liquida tutto con "niente". Però è evidente che invece c'è tanto, tanto di cui ancora non vuole raccontarmi.

Mi avvicino a lui, poggio la testa sulla sua spalla e lui mi scocca un bacio sulla fronte. In questo momento vorrei fargli capire che posso anche io essergli di conforto come lui lo è con me, che può raccontarmi tutto ciò che gli passa per la mente, che può aprirsi sulle sue paure e che può confidarmi il suo passato.

Eppure restiamo bloccati in quel silenzio con lui che mi accarezza i capelli e che guarda nel vuoto e io che ho la testa affollata da mille pensieri che spero non stia sentendo.

«Scusate.»

La voce di nuovo di Marco mi fa staccare da Gabriele in un attimo. Entrambi puntiamo gli occhi su mio fratello, che ha solo la testa dentro la stanza. Sta per aprire la bocca per continuare, quando una seconda voce si unisce alla sua.

«Spostati!» Remo apre la porta della stanza e vi si fionda dentro. «Ciao, io sono Remo, l'altro fratello di Paola, resti a cena con noi?»

Gabriele li guarda perplessi, poi sorride a entrambi. «Certo, con piacere.»

«Perfetto!» esclama Remo, prima di battere insieme le mani. «Cucino io!»

Poi se ne va trascinando Marco con sé e richiudendo la porta alle loro spalle.

***

Come aveva promesso Remo, ha cucinato lui e non è che ha preparato qualcosa così, tanto per mangiare, ma la sua specialità, il pollo in agrodolce. Sinceramente, sono rimasta stranita da tutto l'entusiasmo che ha dimostrato nell'accogliere Gabriele e mi sono chiesta se c'entrasse in qualche modo Michela: in fondo è la sua fidanzata e magari hanno avuto modo di parlare di me, di Gabriele e forse anche di Fabio. Anche se di Fabio spero proprio non abbiano parlato.

Entusiasmo, comunque, è la parola chiave della serata. Infatti, oltre alla cena di Remo e alla sua galanteria nel cedere il suo posto a Gabriele, così che possa sedere accanto a me, mia madre sprizzava gioia da tutti i pori quando ha saputo che il mio angelo custode avrebbe mangiato con noi. Gabriele, poi, ci ha messo il carico da novanta dicendole che pensa spesso a quel tramezzino con il tonno che gli ha preparato giorni fa e contenere la risata imbarazzata di mia madre è stato impossibile.

«Allora, come avete trascorso la giornata?» chiede proprio mia madre. È la stessa domanda che ci pone tutte le sere, ma questa volta devo ammettere che non mi infastidisce.

«Il solito» comincia Marco. «Ho arrestato un paio di persone per possesso di droga, ho interrogato qualche, anzi, troppi testimoni per una sparatoria. Ho raccolto denunce. Il solito.»

Mia madre sorride. «Il solito per te.»

«Ovviamente.»

«E tu, Remo?»

«Io stamattina sono andato a fare la spesa, poi nel pomeriggio ho visto Michela e mh... e basta così direi.»

«E voi che cosa avete fatto?»

Ci sei dentro fino al collo, angelo mio.

«Noi siamo andati a scuola, e dopo siamo venuti qui a studiare matematica.»

«Avete studiato matematica tutto il pomeriggio?» chiede Remo, spaventato.

«No, abbiamo fatto anche altro» risponde Gabriele, poi si rende conto della gaffe e si corregge subito: «Cioè, volevo dire, studiato altro.»

«E tu, mamma?» domando, cercando di spostare l'attenzione di tutti da Gabriele.

«Oh! Io ho finalmente finito il progetto di quella villa a cui sto lavorando da tantissimo: la famiglia che me l'ha richiesta non ha fatto altro che cambiare idea in continuazione! Assurdo!»

«Sono arrivati a una conclusione, quindi?» vuole sapere Remo.

«Oh sì, per fortuna sì. Io non sono convinta, però...»

Ma la voce di mia madre viene coperta dalla suoneria del mio cellulare. Lo estraggo dalla tasca, ma non faccio in tempo nemmeno a vedere chi è che Marco lo afferra e risponde.

«Scalò!» esclama, in una finta sorpresa mista a vera rabbia, e il mio cuore perde un battito al solo sentire che è Fabio. «Che piacere sentirti anche al di fuori del lavoro.»

Non riesco a sentire cosa sta rispondendo Fabio, talmente è basso il suo tono di voce. Le parole di Marco, invece, arrivano chiare a tutti nella stanza.

«Ti avevo detto che dovevi lasciare stare mia sorella, ma evidentemente non sono stato chiaro... Come? Ah sì? Beh, non mi interessa. È l'ultima volta che te lo dico... Sì, a domani, Scalò.»

Marco riaggancia e si mette il cellulare nella tasca della felpa. Non ho il coraggio di guardarlo e fisso il mio pollo mordendomi nervosamente il labbro.

«Mi avevi fatto una promessa.» Marco scandisce tutte le parole.

«Io non...»

«Lo vedi ancora?»

«No.»

«Guardami negli occhi.»

«Marco, non pensi che...»

«Paola, guardami negli occhi!» ripete Marco interrompendo le parole di nostra madre. Alzo lo sguardo su di lui e lui continua: «Lo vedi ancora?»

«No» ripeto, ma non riesco a mantenere il contatto visivo, nonostante non stia mentendo. «Te lo giuro.»

«Gabriele, che cosa ne pensi de...»

«Già, Gabriele, tu che cosa ne pensi?» Ancora una volta, Marco interrompe le parole di mia madre. «Pensi che sto esagerando? È giusto che mia sorella di sedici anni esca con un mio collega e più grande di lei?»

Gabriele non si aspettava di essere messo in mezzo, infatti aspetta prima di dargli una risposta. Alla fine dice: «No, non credo che sia giusto.»

«Oh, qualcuno che la pensa come me!» esclama Marco. «Perché non ti fidanzi con lui?»

«In realtà lo siamo già» bisbiglio e non so nemmeno perché l'ho detto.

«Oh...» continua Marco, per nulla impressionato da ciò che ho detto, al contrario di mia madre e di Remo, che sono a bocca spalancata. «Beh, a maggior ragione, non credi che dovrebbe smetterla di chiamarla o di provare a contattarla?»

«Io credo che... beh, credo che Fabio sia una gran testa di cazzo» risponde Gabriele. «Scusate il termine poco fine.»

Cosa? Ma che gli prende? Non è da lui dire una cosa del genere!

Marco rimane per un momento spiazzato, poi lentamente sul suo volto si allarga un gran sorriso. Ed è un sorriso spontaneo, vero.

«Benvenuto in famiglia, ragazzo!» afferma infine, mentre mi sorpassa per porgergli la mano.

Gabriele sorride, ricambia la stretta e grazie ai doni del mio ragazzo, è facile bypassare il discorso su quando ci siamo fidanzati, da quanto tempo e tutte le altre domande impiccione. Così, prima che possa accorgermene, sto accompagnando Gabriele alla porta, per far finta che stia andando davvero a casa sua.

Sulla soglia, mentre io sono ancora dentro e lui fuori, tengo la porta aperta. «Grazie per essere rimasto.»

«Figurati. A domani.»

«A domani.»

Gli do un piccolo e casto bacio sulla guancia e lo lascio andare via. Percorre il corridoio del palazzo e scende le scale, poi non lo vedo più.

Chiudo la porta e sospiro.

«Tesoro!» esclama mia madre entrando nel salone, con le braccia spalancate. «Sono davvero felice.» Mi abbraccia tenendomi stretta al suo petto e la sorpresa mi fa sembrare un bambolotto nelle sue mani. «Mi è piaciuto dal primo momento, ma, mi raccomando, non fartelo scappare.»

«Mamma, non ti ci affezionare troppo» le dico ironicamente.

«Perché? Non mi dire che lo vuoi lasciare?»

«No, ma lui potrebbe...» Mi verrebbe da dire "Volare via da un momento all'altro", ma mi trattengo. «Lui potrebbe scocciarsi di me» concludo.

La mamma scuote la testa e mi prende le mani tra le sue. «Come potrebbe scocciarsi di te? Sei una brava ragazza.»

Brava ragazza? Mi aspettavo qualche complimento in più, ma si vede che non le è uscito nulla di meglio da dirmi così, su due piedi.

«Spero sia vero.»

«Certo che lo è, sta' tranquilla.»

Le sorrido e lei si distrae per una telefonata che riceve e che la costringe ad andare in camera sua per avere un po' di privacy. I suoi movimenti, tuttavia, mi fanno venire in mente un ricordo di poco fa: Marco che infila il mio cellulare nella tasca della sua felpa.

Devo andare a recuperarlo.

Busso alla porta della sua stanza, ma siccome non risponde subito, busso una seconda volta.

«Che c'è?» urla lui, spazientito.

Apro la porta e infilo la testa dentro. Marco è in piedi e ha una mano nella tasca della tuta e con l'altra regge il cellulare; sta parlando anche lui al telefono.

Sto per aprire bocca quando mi blocca alzando la mano.

«Dicevi?» dice all'interlocutore. «No, non sono d'accordo. Assolutamente no, non mi sembra il momento.» Si volta e si accorge che sono ancora sulla soglia della porta ad aspettare che finisca la sua telefonata. Scuote la testa e mima: "Che c'è?".

«Il mio telefono» mimo a mia volta. Marco non sembra aver capito, quindi bisbiglio: «Il mio telefono.»

«Scusami un attimo» dice a chi è al telefono con lui, poi posa il cellulare sul letto. «Paola, devi uscire.»

E come se non bastasse, mi spinge fuori dalla porta e me la chiude in faccia girando anche la serratura.

Ma che cavolo! Io volevo solo il mio cellulare!

«No!» sento urlare dalla stanza di Marco.

Sobbalzo e mi fiondo in camera mia, dove ci trovo Gabriele, che credevo sarebbe andato a fare le sue cose di angelo e che non sarebbe venuto a passare la notte con me, o anche solo per un saluto. Insomma, pensavo che il suo "a domani" avesse significato davvero "a domani".

A ogni modo, averlo di fronte di nuovo non mi dispiace per niente. Passerei ogni minuto del giorno con lui.

«Che ci fai qui?» bisbiglio sorridendo.

«Ho dimenticato di dirti una cosa.»

«Cosa?»

Lui si avvicina a me, mi mette prima la mano destra sul fianco, poi la sinistra. I suoi occhi azzurri mi scrutano, prima di baciarmi. Il suo bacio, questa volta, ha qualcosa di diverso. È più sicuro, più deciso, più passionale, di un Gabriele che sa quello che vuole e quando prenderselo.

Piano e sempre baciandoci, mi spinge verso il muro, sposta le sue mani più in su, le porta sotto le ascelle e mi solleva; aggroviglio le gambe ai suoi fianchi, lui si fa più indietro e mi abbraccia. Tiene le mani sotto la maglietta, io le tengo strette sui suoi splendidi ricci biondi.

Per un attimo si stacca da me, i capelli scompigliati e le guance rosse, e quando riprendo a baciarlo, gli tiro con un morso il labbro inferiore, facendolo lamentare per il dolore.

Ridacchio, malefica, e infilo la mano sotto la sua maglietta, dove posso sentire gli addominali, la pancia piatta e una linea che gli divide l'addome fino all'ombelico, da dove spuntano pochi peli.

Saranno biondi anche questi?

Sorrido a me stessa e tiro su la maglietta per sfilargliela.

«No, Paola, ferma.»

«Che c'è?» E gli do piccoli baci sulla fronte e sul collo.

«Ferma» ripete.

Blocco i baci e lui abbassa gli occhi sul pavimento. «Che c'è?» ripeto a mia volta.

Deglutisce.

«Ho visto una cosa.» 



E così Paola ha scelto Gabriele, ma Fabio non demorde... Voi chi avreste scelto? Inoltre, secondo voi, cos'ha visto Gabriele? 

A venerdì! 

Mary <3

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