24. La cosa giusta
In camera mia, stesa sul letto a pancia in giù, osservo il cellulare che ho davanti a me nell'attesa di trovare il coraggio per chiamare Fabio. So che devo farlo, ma non so bene cosa devo dirgli. Devo rompere la nostra relazione? La mia mente dice di sì, il mio cuore, invece, mi ricorda che neanche ho avuto il tempo di poter parlare di "relazione" con lui, così come non ne ho mai avuto il tempo con Matteo.
Spero che con Gabriele le cose vadano in maniera diversa e che io possa godere del nostro rapporto un po' più a lungo.
Quando finalmente mi decido, sblocco il cellulare e cerco il suo numero in rubrica, poi avvio la chiamata.
La sua voce mi raggiunge subito.
«Pronto?»
«Ciao, Fabio, sono Paola.»
«Ciao.»
«Ti disturbo?»
«Aspetta un secondo.»
Dei rumori in sottofondo, forse una porta che si chiude.
«Eccomi. Si può sapere che fine hai fatto?»
Sobbalzo, perché il tono che ha usato mi ha fatto leggermente paura. «Ero a scuola, non potevo risponderti» mi difendo.
«E gli altri messaggi?»
«Quali altri messaggi?» D'istinto stacco il cellulare dall'orecchio, ma non guardo veramente se ci sono messaggi che ancora non ho letto.
«Gli altri che ti ho mandato.»
Deglutisco.
«Senti, Fabio, io...»
«Ti va di vederci?» mi interrompe lui. «Ti passo a prendere tra mezz'ora.»
Non mi va, ma forse è meglio parlargli da vicino, a questo punto.
«Va bene» sussurro.
«A fra poco» dice e riaggancia.
Riaggancio anch'io, quindi mi alzo dal letto e mi do una sistemata guardandomi allo specchio. Il nuovo specchio, perché quello vecchio mia madre l'ha fatto sparire chissà dove per sostituirlo con uno nuovo di zecca.
Dal vetro più resistente, a quanto pare.
Il mio riflesso mi restituisce un'immagine distorta, come se non fossi me stessa del tutto. O forse non lo sono davvero, in questo momento. Mi sento in bilico, come forse non lo sono mai stata in vita mia.
Ma è la cosa giusta, so che devo fare esattamente ciò che sto per fare.
E me lo ripeto fino allo sfinimento, me lo ripeto anche quando Fabio mi aspetta appoggiato alla sua macchina, con le gambe incrociate, appena sotto casa mia.
Nonostante ciò, però, la somiglianza con la posizione che aveva quel giorno in cui lo trovai fuori scuola mi spiazza e per un momento mi dà i brividi.
Non appena gli sono vicina, Fabio mi sorride e si avvicina per baciarmi, ma giro il viso un attimo prima che mi sfiori la bocca e il suo bacio va a finire sulla mia guancia.
«Come stai?» chiede.
«Bene.»
«Mi sei mancata.»
Fabio mi sorride ancora, quindi mi trae per un braccio e mi stringe a lui. Anche se debolmente, ricambio il suo abbraccio e lascio anche che mi baci la testa, il collo. Mi limito ad abbassare la testa affinché non mi baci sulle labbra, ma non appena si ferma i nostri occhi si incrociano e l'attimo dopo lui li ha serrati, una frazione di secondo e accadrà.
«Paola!» gridano invece alla mia sinistra, bloccando il bacio.
Schiudo gli occhi, ma l'unica cosa che vedo è Fabio, a due centimetri da me, con la fronte corrugata e gli occhi serrati a fessura. «Merda» sussurra.
A quel punto, entrambi ci voltiamo per incontrare gli sguardi di Marco e Rosaria, che hanno ovviamente visto tutto. In particolare, mio fratello è visibilmente incazzato e non sa su chi soffermarsi.
Alla fine, i suoi occhi puntano su Fabio.
«Maresciallo, posso spiegarle.»
«Cosa?» Marco si avvicina a Fabio con un sopracciglio arcuato. «Cosa c'è da spiegare?»
«Marco...» provo a inserirmi io, ma lui mi zittisce in un attimo.
«Sta' zitta, tu! Sali in casa!»
«Marco!» esclama a sua volta Rosaria.
«Devo parlare da solo con Fabio.»
Rosaria, con molta probabilità, vorrebbe dire altro, reagire all'idea del suo fidanzato, ma lascia perdere e si rivolge a me.
«Dai, Paola, andiamo dentro.»
Mentre Rosaria mi fa cenno di attraversare il cancello, mi volto per vedere cosa sta succedendo: Marco parla a Fabio puntandogli un dito sul petto, lui deglutisce e abbassa la testa, da bravo cane bastonato.
***
È trascorsa quasi un'ora da quando sono salita in casa, ma di Marco non si vede nemmeno l'ombra. Non so se lui e Fabio stanno ancora discutendo, ma ciò che è certo è che non sono riuscita né a vedere niente né a sentire niente sbirciando dalla finestra. Abitare così in alto ha anche questo svantaggio, oltre a tutto il resto. Sono stata tentata dal chiamare Gabriele e mandarlo a origliare senza farsi vedere, ma non mi sembra il caso di includerlo in tutta questa storia. Forse, più di tutto, sono spaventata dalla reazione che potrei avere a sapere cosa Marco sta dicendo a Fabio. Mi dispiacerebbe sapere che gli sta dicendo che non deve più avvicinarsi a me? Mi lusingherebbe sapere che Fabio potrebbe stargli dicendo che a me ci tiene?
Non lo so.
Non so rispondere a nessuna di queste domande. E ho la testa piena di punti interrogativi, quando Marco spalanca la porta della mia stanza.
«Stammi bene a sentire» esordisce. «Adesso voglio che tu risponda a delle domande.»
«Ha intenzione di farmi il terzo grado, Maresciallo?»
«Non fare la spiritosa, da quanto tempo va avanti questa storia?»
«Da un po'.»
«Da un po' quanto?»
«Un paio di settimane più o meno.»
«Ah, bene, quindi non è molto. Non devi vederlo più.»
«Che cosa?» chiedo sconvolta. Sia per la sua richiesta e sia perché mi sono resa conto che non voglio che me lo ordini.
Odio.
Odio gli ordini.
«Mi hai sentito! Che cosa credevi di fare? È un mio collega!»
«Lo so.»
«Ed è più grande di te!»
«Lo so!»
«Non voglio assolutamente che tu ci esca ancora, sono contento di averlo scoperto adesso, prima che...»
«Prima che?»
«Niente.»
C'è un attimo di silenzio tra di noi, attimo in cui io e mio fratello restiamo a guardarci come due lottatori prima di uno scontro. Odio che lui mi tratti in questo modo, che si senta in diritto di dirmi cosa posso o cosa non posso fare. Ma al tempo stesso, però, nemmeno un'ora fa ero con Fabio pronta a dirgli che non volevo vederlo più. Mio malgrado, devo dare ragione a Gabriele in questo caso: faccio esattamente l'opposto di ciò che mi viene ordinato.
O meglio, sono portata a fare completamente l'opposto, quando mi viene dato un ordine.
Sconfitta, mi siedo sul letto rendendomi conto che tutto ciò che avevo deciso è andato a farsi benedire in un solo colpo.
Sospiro.
«È meglio così, credimi» riprende Marco. «È per il tuo bene che lo dico. Tra un paio di mesi lo trasferiscono e non lo vedresti comunque più.»
«Dici sul serio?»
«Sì. Solo che lui ancora non lo sa.»
«Ah.»
«Senti, Paola, io non voglio darti ordini.»
Mi scappa un risolino, e lui subito rettifica.
«D'accordo.» Alza le mani in segno di resa e viene a sedersi accanto a me sul letto. «Ammetto di provarci ogni tanto, ma, credimi, è solo perché non voglio che tu ci rimanga male per lui. Davvero, non ne vale la pena.»
Non so che dirgli. So solo che mi sento triste.
Ma forse posso prendere due piccioni con una fava e sfruttare questa situazione a mio favore: dire a Fabio che non possiamo più vederci a causa di Marco e far trascorrere il tempo con una scusa e con un'altra fino al suo trasferimento.
«Ci tenevi?» Marco deglutisce. «Voglio dire... a lui?»
Beh, questa sì che è una bella domanda. Ancora una volta, non lo so. Di certo Fabio mi è sempre piaciuto: è un bel ragazzo, è simpatico, elegante e fine. Ma ci tenevo? Forse ho sperato che tra noi potesse andare bene, ma se ora ci rifletto mi rendo conto che fin dall'inizio non ero sicura di uscirci.
Avrei dovuto dar retta al mio istinto.
«Avrei potuto affezionarmici» rispondo.
Marco annuisce, quindi sospira e si massaggia le tempie. «Voglio solo che tu stia bene.»
«Anche io.»
«Allora, per favore, fai quello che ti dico una volta tanto.»
Di nuovo non gli rispondo, e lo osservo mentre va via dalla mia stanza.
***
«Paola?»
Mi giro nel letto, tiro più su le coperte.
«Paola?»
Mi volto ancora una volta, apro gli occhi e scopro che Gabriele è nel letto con me. Poggio la testa sul suo petto e lui mi trae a sé ponendomi un braccio intorno alla schiena.
«Volevo solo farti sapere che ho mantenuto la promessa e che non devi avere paura che io non torni.»
Sorrido, trattenendo uno sbadiglio. «Avevi detto "a stasera", adesso è notte.»
Gabriele ride. «Dormi, adesso.»
Mi dà un piccolo bacio sulla fronte, e io scivolo di nuovo nel sonno.
«Paola? Sono le sette e trenta.»
«Mh» mugugno e mi rannicchio più vicino a Gabriele.
«Dai, che è ora di andare a scuola.»
Lo stringo forte, tanto forte e spero che così la smetta di ripetere "Sette e trenta, sette e trenta" come una cornacchia. Alla fine, però, sono costretta ad alzarmi, ma non prima di averci ricavato un bacio sulla fronte e avergli detto che lo odio.
«E io ti amo» mi rimbecca lui.
Lo bacio sulla bocca, incapace di ricambiare a parole, quindi lo lascio per andarmi a preparare. Quando finisco, lui mi aspetta al parco vicino casa mia. Ci stringiamo la mano quasi d'istinto e senza dire una parola prendiamo la strada per la scuola.
«Gabry? Posso chiederti una cosa?»
«Certo, dimmi.»
«Ieri ho visto Fabio.» Prima di continuare, studio la sua reazione. Ma lui non sembra per niente infastidito. «Marco ci ha scoperti e non vuole che lo veda più. Quindi volevo sapere da te se doveva andare così.»
Gabriele si gratta la testa. «In realtà non lo so.»
«Come non lo sai?»
«Non lo so» ripete. «È da un paio di giorni che non riesco a vedere le conseguenze delle tue azioni.»
«Oh... Credi sia legato al fatto che...»
Ma non ho il coraggio di continuare e mi limito ad alzare le nostre mani intrecciate affinché le osservi anche lui e affinché capisca cosa voglio dire.
Scrolla le spalle. «Non lo so, ma può essere.»
«Mi dispiace» sussurro.
«Di cosa?»
«Che non riesci a vedere più come dovrebbe andare, che stiamo facendo un casino.»
Cosa stiamo combinando? Gli effetti collaterali della nostra relazione sono già cominciati.
Gabriele arresta il suo cammino, costringendo a fermarmi a mia volta. «Ascolta, Paola, tu sei la cosa più bella che mi sia mai capitata, sia in questa vita che nella precedente. E non mi interessa se, per stare con te, io dovessi perdere uno o tutti i miei doni. Qualsiasi cosa accada, voglio te.»
Imbarazzata, lo abbraccio forte e lo bacio con passione. Lui ricambia e mentre ci baciamo assaporo ogni contatto con la sua bocca, con la sua pelle, con la sua anima.
Gabriele è qui, Gabriele è il mio angelo custode. Gabriele mi ama. Gabriele vuole stare con me a tutti i costi.
E io vorrei stare per ore così, anzi, per giorni, per sempre attaccata a lui.
Un vento freddo mi scompiglia i capelli, mi gela il viso e mi costringe a riaprire gli occhi di scatto. Siamo di fronte la scuola.
Ma...?
«Ho pensato che così saremmo arrivati prima» si difende Gabriele.
Incredula, scuoto la testa e gli do un ultimo e piccolo bacio prima di staccarmi davvero da lui.
Stiamo per entrare a scuola quando mi viene un'idea.
«Aspetta!» urlo. Gabriele si ferma e io estraggo il cellulare dalla tasca, lo sblocco e aziono la fotocamera. «Facciamoci una foto!»
Gabriele scuote la testa sorridendo, ma poi si avvicina a me, mi abbraccia e io posiziono il cellulare davanti a noi, in alto, le nostre teste vicine. Premo sul touch e cerco di non muovermi o la foto verrà sfocata.
Siamo venuti bene, tutti e due sorridenti, forse un po' troppo.
Soddisfatta, ripongo il cellulare in tasca.
«Contenta?»
Annuisco.
Gabriele mi bacia sulla fronte e mi prende per mano. Entriamo a scuola mano nella mano e ci lasciamo solo sulla soglia della porta della classe, in cui ognuno è costretto a prendere il proprio posto.
Alla prima ora abbiamo matematica e nelle ore successive io vengo interrogata in Italiano e Gabriele in Storia. La sua interrogazione va benissimo e lui prende un voto altissimo.
Gli sorrido e gli faccio l'occhiolino, ma mentalmente gli do del secchione.
«Sembra proprio che tu abbia scelto» mi sussurra all'orecchio Elisa.
Annuisco e lei scoppia a ridere, felice.
***
All'uscita da scuola, Elisa sta ancora ridendo e sulle scale mi dice che è davvero contenta per me. Michela e Claudia, invece, ci fissano sconvolte, ma prima o poi provvederò ad aggiornare anche loro.
Forse meglio prima, che poi.
«Oh! Oh!» urla Claudia, infilandosi il cappellino di lana che copre praticamente tutti i suoi capelli tagliati cortissimi. «Paola, c'è Fabio!»
«Cosa?»
Vorrei che fosse uno scherzo, invece è la realtà e Fabio è accanto alla sua moto nella solita posizione di quando mi aspetta.
«Vai da lui!» mi incita Michela, battendo insieme le mani.
Cerco Elisa con lo sguardo, dato che è l'unica che può capire, e lei sembra volermi dire telepaticamente che mi tocca.
Che devo affrontarlo.
Che insomma non ho molte alternative.
Sospiro e vado verso di lui. Quando mi vede arrivare, mi sorride a stento.
«Ciao.»
«Ciao» rispondo. «Senti, Fabio, io... io non credo che dovremmo continuare a vederci: Marco si è arrabbiato parecchio e io non voglio farlo infuriare ancora.»
«Da quando ti interessa quello che dice tuo fratello?» ringhia.
Schiudo le labbra, sorpresa. «Da... da adesso.»
Fabio alza gli occhi al cielo, come spazientito. «Di' che non ti interesso, facciamo prima.»
«No, Fabio, non è questo.»
«No? A me sembra che quella di tuo fratello sia una scusa!»
La sua frase, pronunciata con un tono troppo alto, fa zittire tutti nel cortile, che ora si sono fermati e ci osservano. Mi avvicino di più a lui e gli poggio una mano sul petto.
«Abbassa la voce» gli dico.
Fabio guarda la mia mano sul suo petto, poi me; la stacco e la stringo in un pugno.
«Devo... andare» bisbiglio. Poi mi giro e gli do le spalle.
«Paola, aspetta.»
Ma non gli do retta e comincio a camminare. Una sua frase, però, mi paralizza all'istante.
«Paola, io ti amo, cazzo!»
Ti amo...
Mi ha detto che mi ama.
Forse si aspetterebbe che, a questo punto, io mi volti verso di lui per ricambiare o perlomeno per dirgli qualcosa, una qualsiasi cosa. Ma non riesco.
Non riesco soprattutto perché ora, di fronte a me, con gli occhi pieni di paura, c'è Gabriele.
Caspita... Fabio le ha detto che la ama, e qui le cose si complicano. Cosa pensate, voi? Quale potrebbe essere la scelta giusta per Paola?
A martedì prossimo!
Mary <3
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