23. Scegliere

Un prato. Fili verdi e alti d'erba che si scontrano contro le cosce e le ginocchia. Il respiro affannoso e il cuore che batte forte nel petto. Davanti a sé una distesa infinita di erba e di fiori di ogni colore: giallo, rosso, bianco.

Non ne ha mai visti così tanti. Gli scappa una risata, e per un attimo si guarda indietro: non l'ha ancora raggiunto.

«Vieni, vieni qui!» esclama la sua voce, ridendo.

Ha un suono così bello, la sua risata. È alta, melodiosa e sempre così sincera.

D'un tratto, e non sa nemmeno lui come, lei riesce ad afferrarlo per le ascelle e a tirarlo su. I loro occhi si incrociano e lui si accorge di come i capelli di lei siano lucenti alla luce del sole. Dei riflessi biondi in un mare di castano.

E poi sono morbidi, i suoi capelli. Morbidi e ricci.

«Ti ho preso» gli dice, per poi fargli appoggiare i piedi per terra. Vorrebbe scappare di nuovo, lanciarsi in una nuova sfida con sua madre, ma non può. Ed entrambi sono costretti a tornare alla macchina.

Prima di afferrare la maniglia della portiera, si accorge, dal finestrino, che la sua salopette è piena di polvere e di foglie, ma i suoi occhi azzurri si illuminano, divertiti e per niente preoccupati.

Mi basta quello per riconoscere il mio angelo custode.

Apro gli occhi di scatto, spalancandoli, mentre Gabriele ha ancora gli occhi chiusi, la sua bocca ferma sulla mia, le lacrime che gli rigano il volto. Mi stacco da lui e lo osservo mentre lentamente apre gli occhi: sono ancora rossi e lucidi di pianto. Deglutisce.

Restiamo così, fermi e in silenzio, i nostri visi troppo vicini, per non so quanto tempo. Poi Gabriele si allontana da me, si asciuga le lacrime e si alza dal letto.

«Per un paio... per un paio di giorni non ci vedremo» afferma, una mano che va a smanacciarsi i capelli. «Devo... devo istruire Nicola.»

Non so cosa dirgli, cosa rispondergli per via dell'attimo intenso che abbiamo appena vissuto.

Mi limito ad annuire. Anche lui lo fa e senza guardarmi negli occhi, sparisce attorniato dalla sua luce blu.

Non appena resto sola, la realtà mi sommerge come un'onda che si infrange prepotente sugli scogli.

Gabriele mi ha appena baciato.

Ma perché? Cosa gli è successo? E poi, soprattutto, cosa sta a significare quel bacio? Una semplice dimostrazione d'affetto? Farmi sapere che era grato per il conforto che gli stavo dando? E quella visione di lui da bambino, invece? L'ha voluta lui, perché voleva mettermi al corrente di un suo ricordo, o è capitato?

Spero nella prima ipotesi, magari ha capito di poterlo fare proprio tramite i baci e allora...

Scuoto la testa, considerando assurda quest'ipotesi. Ma se così non fosse, se il bacio di Gabriele significhi altro, come facciamo? Non credo che potremmo continuare ad avere una normale relazione protetta-angelo custode.

Perché? Perché l'ha fatto?

***

La testa poggiata al pugno, ascolto distrattamente la lezione di storia dell'arte.

Come mi aveva promesso, Gabriele non si fa vivo da ventiquattro ore, e ciò vuol dire che rimane solo un altro giorno e poi lo rivedrò, sempre che il suo "un paio di giorni" non fosse indicativo e che starà via di più.

Sospiro, guardando il banco vuoto di Gabriele. Nella tasca dei pantaloni, il mio cellulare vibra: è un SMS di Fabio. SMS che si va ad aggiungere a tutti quelli che mi ha mandato dalla cena e ai quali rispondo raramente. In questo momento, non so come comportarmi con lui dopo quello che è successo con Gabriele. A dire il vero, so che non ho voglia di sentirlo.

«Paola, che hai?» bisbiglia Elisa.

«Gabriele mi ha baciato» rispondo in fretta e senza neanche sapere io il perché.

Elisa apre la bocca sconvolta, per poi alzarsi in piedi di scatto. «Prof., noi andiamo in bagno!» esclama. Mi tira su per un braccio e senza aspettare la risposta della professoressa, mi trascina fuori dalla classe per condurmi in bagno.

Quando siamo dentro, le faccio mollare la presa sul mio braccio.

«Che cosa?» urla

Mi porto le mani sul volto, vergognandomi per ciò che ho fatto e detto.

«Quando? Dove? E lo vedi che avevo ragione a pensare che ci fosse qualcosa tra te e Gabriele?»

La guardo di traverso. «Non voglio ritornare sull'argomento, e poi no, non avevi ragione perché tra me e Gabriele...»

Mi fermo, confusa su come proseguire. Tra me è Gabriele non c'è niente? Sono proprio sicura di questa cosa?

Scuoto la testa. «È venuto da me ieri sera» sussurro, mentendo.

«E?»

«E niente, mi ha baciato.»

«Tutto qui? E Fabio?»

«Che c'entra Fabio?»

«Beh, in che rapporto siete? Voglio dire, se ti considera la tua ragazza, diciamo che si potrebbe pensare che tu lo abbia tradito.»

«Cosa? No, io e Fabio non siamo fidanzati.»

«Okay, allora devi scegliere.»

Scegliere?

«Non fare quella faccia, hai capito benissimo, devi scegliere: o stai con Fabio o con Gabriele.»

Ma io non posso scegliere, vorrei dirle. Perché io e Gabriele non potremmo mai stare insieme.

Mai.

«D'accordo» continua Elisa, «facciamo così: dimmi cosa hai provato quando ti ha baciato Fabio e quando invece l'ha fatto Gabriele.»

Credo sia assurdo ricordare cos'ho provato, dato che non ho scelta, ma decido di assecondare comunque la mia amica, anche perché ha le mani poggiate sui fianchi e dubito che demorderà senza una risposta.

«Quando ho baciato Fabio ho provato...» Ritorno con la mente al primo bacio con Fabio, a quanto ero arrabbiata con lui, al fatto che non volevo nemmeno dargli ascolto.

Se non fosse stato per Gabriele, infatti.

Gabriele...

«Hai provato?»

I suoi occhi così azzurri, le sue adorabili lentiggini, i suoi indomabili ricci... E la sua risata, il suo essere lunatico, come spiega la matematica, il modo in cui sa prendersi cura di me come nessun altro al mondo.

Gabriele...

«Niente» borbotto.

«Non hai provato niente? E quando ti ha baciato Gabriele, invece?»

Nella mente solo il ricordo di quel bellissimo bambino biondo, della madre premurosa e affettuosa. Sorrido.

«Oh mio Dio» esclama Elisa, «sei persa per lui!»

«Come?»

«Sei innamorata di Gabriele!»

Scuoto la testa.

No, non può essere!

***

No, non può essere, Elisa non può avere ragione, non posso essere innamorata di Gabriele, proprio non posso.

Esasperata, mi getto sul letto pensando che devo trovare un metodo per distrarmi. Forse potrei studiare...

Salto giù dal letto, mi fiondo alla scrivania e sistemo i libri davanti a me. Domani c'è matematica, comincerò quindi proprio da questo.

Apro il libro con gli esercizi, ma in un attimo la mia mente ritorna a quando Gabriele mi ha spiegato il calcolo delle funzioni, a quando lui parlava e io pensavo alla sua morte, che ancora non mi ha detto com'è avvenuta. Era malato, mi sembra, ma non so altro.

Veloce, un secondo ricordo si innesca nel mio cervello: il suo tentativo di mostrarmi gli ultimi giorni della sua vita mortale.

Sospiro.

Avrei voluto baciarlo prima e vedere quel ricordo. Mi sfioro le labbra con le dita, immaginando ancora il suo bacio. È durato un attimo, ma è stata la cosa più bella che mi è successa finora.

La matematica non mi distrae per niente, mi rendo conto, per cui lascio andare tutto e mi chiedo se sia questo, in fondo l'amore.

Avere un pensiero fisso e costante nei confronti di una persona è davvero amore? E se non fosse così? Forse, in realtà, è solo un'ossessione la mia. Anche se, riflettendoci bene, credo sia abbastanza logico che, ora, il mio pensiero fisso sia lui o che lo sia stato in questi mesi: è il mio angelo custode e dubito che altre persone hanno avuto la rivelazione che ho avuto io.

È proprio in momenti come questi che mi sento sola, con la voglia solo di poter dire a qualcuno quello che c'è tra me e Gabriele, quello che c'è stato e quello che non potrà mai esserci. Eppure non posso perché le regole sono chiare e non voglio che Gabriele sparisca.

Anche se...

E se Gabriele fosse già sparito? Se avesse usato la scusa dei due giorni per non tornare più?

Potrebbe, potrebbe essere così.

Il panico mi sta assalendo, il cuore batte forte nel petto. Che faccio? Lo chiamo?

Gabriele, provo, mentre inspiro lentamente per calmare le pulsazioni del mio cuore.

Vieni, per favore, ho bisogno di te.

Ma mi rendo conto che non verrà mai, perché lui lo sa che non ho bisogno di lui: lo sente. E allora? Cosa posso fare per farlo venire da me?

D'improvviso un'idea mi frulla nella mente. È orribile, ma devo farlo per Gabriele, per il bisogno di vederlo. Allora esco dalla mia stanza, sorpasso il salone e mi fiondo nell'atrio del condominio. Di fronte l'ascensore, sospiro prima di schiacciare il pulsante per chiamarlo. Dopo qualche secondo, le porte si aprono davanti a me e, con difficoltà, faccio andare avanti prima il piede destro, poi il sinistro.

Quando le porte si chiudono alle mie spalle, bloccandomi, sto per premere il bottone di apertura delle stesse, ma mi impongo di trattenermi.

Devo vedere Gabriele.

Respiro profondamente, faccio ancora un passo avanti, poi schiaccio il pulsante del piano terra.

Nel petto, il cuore martella forte, soprattutto perché l'ascensore non parte subito, ma lo fa dopo un tonfo che non fa altro che farmi sentire il panico in gola.

Voglio uscire subito! Voglio che si fermi!

Le lacrime iniziano a scorrere veloci sul mio volto, mi appannano la vista e sono costretta a schiacciarmi alla parete per non cadere. Scivolo a terra, mi abbraccio le ginocchia e sempre più forti i singhiozzi mi scuotono. L'ascensore continua la sua discesa e anche io la mia.

Perché l'ho fatto? Non ne posso più e ora avverto anche il braccio destro tirare.

Starò per morire...

Un altro tonfo e l'ascensore si ferma di colpo. Chiudo gli occhi e sospiro.

«Paola!»

Sollevo la testa e, di fronte a me che mi osserva confuso, c'è Gabriele.

«Che stai facendo?»

Provo a rimettermi in piedi, ma per poco non inciampo. Gabriele mi afferra giusto in tempo, reggendomi per i polsi, e il contatto con lui mi dà la scossa ed è costretto a lasciarmi andare.

«Che stai facendo?» ripete, avvicinando delicatamente le dita al mio viso.

Una cazzata.

«Io... volevo...» Sto per mentirgli, ma mi ricordo che può leggermi la mente. «Volevo vederti.»

«Perché?»

«Non lo so, io... tu sei sempre nei miei pensieri e io non riesco a stare senza te. Pensavo che tu... pensavo che tu... Pensavo che non saresti tornato.»

«Perché?»

«Perché credo di amarti.»

Gabriele è chiaramente confuso, gli occhi sbarrati e le labbra schiuse. Serro forte gli occhi e mi tappo le orecchie: non voglio né vederlo né sentirlo andare via da me.

Ma non accade.

Anzi.

Non solo Gabriele è ancora qui con me, ma mi toglie anche le mani da sopra le orecchie.

«Credo di provare lo stesso sentimento anch'io. Anzi, sai che ti dico? Io ti amo, Paola.»

Mi ama? Il mio bellissimo angelo custode mi ama.

Sorrido. «Che facciamo?»

«Per ora questo» risponde, prima di prendermi la testa tra le mani e baciarmi dolcemente.

Un altro flashback della sua infanzia mi attraversa la mente: è a scuola, seduto in un banco in ultima fila, e sta giocando con una macchinina. La fa andare su e giù, la fa volare e poi ritornare schiantandosi sul banco. Le sue mani sono piccole, i polsini del grembiule azzurri.

Apro gli occhi, li richiudo, ma il flashback non torna. Prima di staccarsi definitivamente da me, Gabriele mi dà un altro bacio.

«Un altro giro?» dice, indicando gli interni dell'ascensore.

«Non esiste proprio. Ho pianto abbastanza.»

«Lo devi risolvere questo problema.»

«Non è il caso, adesso.» Lo prendo per mano e lo trascino fuori, nell'atrio. «Andiamo alla cascata, invece!»

«Oh, Paola, sei la solita!»

Lo trascino ancora portandolo all'esterno del condominio, nonostante non serva a niente perché di certo non possiamo arrivarci a piedi alla cascata, ma lui mi blocca pestando i piedi.

«Paola, non posso.»

E lo dice in tono così serio che penso che da un momento all'altro possa rimangiarsi tutto, che mi dica che in realtà non mi ama e che non sarà nemmeno più il mio angelo custode.

«Perché?» soffio fuori.

«Devo occuparmi di alcune cose prima.»

«Nicola?»

«Anche.»

Abbasso gli occhi, percependo tutto l'entusiasmo che ho avuto finora andare via lentamente dal mio corpo.

«Vengo stasera, okay? Oppure ci vediamo in sogno.» Poi sorride, beffardo.

Scuoto la testa. «Ti voglio in carne e ossa.»

Gabriele prende la mia mano, la stringe forte tra le sue, se la porta alla bocca e ne bacia il dorso. «A stasera» dice, prima di sparire.

Intontita, resto ferma a bearmi del fatto che mi abbia detto che mi ama. Al tempo stesso, però, mi rendo conto che io non gliel'ho detto e che devo farlo appena ne avrò l'occasione. Non ho bisogno di nessun trucco, con lui, di nessun giochetto: il nostro rapporto è sempre stato sincero e leale. Anche se volessi, poi, non potrei comunque nascondergli niente.

La felicità, comunque, arriva accompagnata dalla paura. Dalla paura soprattutto per quello che mi ha sempre detto lui, ovvero che c'è un percorso che devo seguire e che non posso fuorviare. E questa relazione che sta nascendo tra di noi non fa parte del mio percorso; non doveva andare così eppure è successo.

Mi sono innamorata di Gabriele e lui si è innamorato di me.

Cosa accadrà, adesso?

«Ehi, che ci fai qui fuori?»

La voce di mio fratello Marco mi distrae. La sua testa sbuca dal finestrino di una macchina alla cui guida c'è Fabio.

Cazzo.

«Stavo... stavo entrando in casa. Sono stata al parco» mento.

Marco scende dalla macchina, saluta Fabio e quest'ultimo, prima di andare via, mi mima il gesto della cornetta, facendomi capire che vuole che lo chiami.

Sento il viso avvampare, ma mi ricompongo e rientro nel condominio; Marco mi segue in silenzio.

Lui prende l'ascensore e io le scale. Sorrido al pensiero di quello che è successo in quell'ascensore.



Uno scorcio della vita passata di Gabriele, ecco cosa ha Paola. Una connessione ancora più profonda col suo angelo custode. Cosa ne pensate? 

A venerdì! 

Mary <3  

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