22. Disarmante
Quel "forse" di Gabriele non è stato detto per caso, mi rendo conto, perché oggi non si è fatto né sentire né vedere. Ho provato svariate volte a chiamarlo, ma non ha mai risposto. Purtroppo, però, non posso stare tutta la giornata ad aspettarlo, perché i genitori di Rosaria hanno invitato tutta la nostra famiglia a pranzo.
E io sarò costretta a prendervi parte. L'unico che si è salvato è Remo, che andrà invece a pranzo dalla famiglia di Michela.
Davanti allo specchio della mia stanza, appoggio una maglietta sul busto, ma nemmeno questa mi piace e la getto sul letto insieme alla pila di vestiti che ho già provato e che non vanno bene. Rificco la testa nell'armadio, ma quel che resta del mio guardaroba è ben poco e non sarebbe stato così difficile scegliere cosa indossare, se Marco non mi avesse raccomandato di optare per qualcosa di carino e colorato. Due termini che proprio non si addicono al mio vestiario.
Sbuffo, sono in ritardo e non sono ancora pronta.
«Paola?» mi chiama Remo. «Sei pronta?»
«No, vieni qui, per favore?»
«Perché sei ancora in pigiama?» chiede lui sulla soglia della porta.
«Non so che mettere.».
«D'accordo, vediamo un po'.»
Anche Remo ficca la testa nel mio armadio, per poi tirarla fuori e osservare il mio letto stracolmo di vestiti scartati.
«Come fai a distinguere le cose? È tutto nero!»
«Non è tutto nero!»
«Oh, certo, c'è anche qualcosa di viola e di blu!»
«Infatti.»
Remo mi ignora e comincia a scavare tra i vestiti sul letto; afferra dei leggings di jeans e me li sventola davanti. «E questi? Non ti piacciono?»
«Non so a cosa abbinarli.»
«Infilali e trova una maglietta chiara, vengo subito.»
Poi mi lancia i leggings e sparisce. Faccio come mi dice e riesco anche a trovare una maglia bianca, sebbene ci siano sopra delle scritte nere.
Quando Remo ritorna in camera, ha tra le mani una camicia blu notte.
«È tua?» gli chiedo.
«Sì, mettila.»
La infilo, ma lui me la fa abbottonare da sotto al seno, non prima come invece avevo pensato io. Tuttavia, non sembra essere soddisfatto.
«Manca qualcosa» afferma.
Per me non è solo "qualcosa" a mancare, ma tutto: la camicia mi va lunga e larga e sembra un vestito non della mia taglia.
Eppure mio fratello ha un'improvvisa folgorazione e dopo aver scavato tra i cassetti del mio comò, afferra una cinta nera con la fibbia in acciaio. Me la mette in vita, proprio sotto al seno, e stringe per bene.
Così ha più senso e con i risvolti che Remo mi fa alle maniche è ancora meglio.
«Adesso devi solo metterci gli stivali e stai benissimo. Magari legati anche i capelli.»
«Perché?»
«Sei bella, ma nascondi sempre il tuo visino con quei capelli...»
«Che esagerato! Non accetto complimenti da un traditore!»
«E dai! Lo sai che non posso disdire il pranzo con i genitori di Michela.»
«Traditore» insisto, incrociando anche le braccia sopra al petto e mettendo il broncio.
Remo sorride, consapevole che sto scherzando, e mi lascia finire di prepararmi.
***
A casa dei genitori di Rosaria – un appartamento arredato con mobili antichi, sedie barocche ed enormi tappeti persiani –, seduta tra Federico e mia madre e con di fronte Marco e Rosaria, il pranzo è iniziato da poco, anzi, da troppo poco per i miei gusti.
La madre di Rosaria ha cucinato come primo pasta al forno alla siciliana e quando ho solo sentito la parola "siciliana", ho subito pensato a Fabio e mi è scappato un sorriso che, per fortuna, non ha destato i sospetti di nessuno. I discorsi vertono perlopiù sui fatti di cronaca attuali e io mi sto annoiando talmente tanto che le loro voci sono solo un sottofondo ai miei pensieri, pure perché se mi concentrassi di più rischierei di addormentarmi nel piatto.
«Hai più fatto pace con quel tuo collega, Marco?» chiede d'un tratto la mamma di Rosaria.
Di scatto, alzo gli occhi su mio fratello per sentire la sua risposta: questo discorso mi interessa eccome e Fabio non mi ha più aggiornato sulla vicenda.
«La sua punizione è finita, per ora» risponde Marco prima di punzecchiare un maccherone e ficcarselo in bocca.
Punizione! Lo rinfaccerò per sempre a Fabio!
«Sembra un ragazzo così carino e educato» puntualizza mia madre. «E tu sei troppo pesante, figlio mio!»
«Mamma, non sono pesante. Siamo militari e, credimi, è addestrato a subire di peggio.»
«Sarà...» si inserisce Rosaria. «Perché qualche volta non lo invitiamo a uscire con noi? Lui non è di queste parti, giusto?»
«No, è siciliano, ma pare si sia fidanzato: sta sempre con il cellulare in mano.»
Deglutisco.
«Davvero?» continua Rosaria.
«Sì, e sembra molto preso.»
Preso?
Fabio è preso da me?
Caspita!
«Allora è perfetto! Qualche volta invitiamo lui e la sua ragazza a uscire con noi!» esclama Rosaria.
Per poco non mi affogo con l'acqua che sto bevendo. Federico mi dà un paio di pacche sulla schiena e nessun altro, a parte lui, sembra essersi accorto della mia reazione. Anche se non credo che Federico abbia capito il perché di tanto sconcerto da parte mia.
«Non lo so» tituba mio fratello. «Lui è più giovane di me e credo lo sarà anche la sua ragazza. Avranno abitudini diverse dalle nostre.»
«Che vorresti dire? Anche noi siamo giovani!» ironizza Rosaria.
«Perché invece non uscite con Remo e la sua ragazza?» mi intrometto, nel tentativo di cambiare argomento, anche se a discapito di Remo.
«Remo si è fidanzato?» domanda la madre di Rosaria.
«Sì, con un'amica di Paola» risponde Marco. «Meglio di no, sarebbe come uscire con mia sorella.»
Marco sembra schifato al solo pensiero e mi scapperebbe da dirgli che, se invitasse Fabio a uscire, con sua sorella ci uscirebbe davvero, ma ovviamente mi trattengo.
«Manchi solo tu, Paola!» mi fa notare la mamma di Rosaria.
«A fare cosa?» fingo ingenuità.
«A trovarti un fidanzato!»
«Oh, no, sto bene così.»
Avvampo e lo sguardo persistente di Cecilia mi fa capire che vorrebbe avere più informazioni, magari sentirsi dire se sto frequentando qualche ragazzo, ma per fortuna non chiede altro, né mi fa notare per l'ennesima volta quanto è bravo suo figlio. A dire il vero, anche Federico sembra sollevato del fatto che sua madre, forse, abbia smesso di provare a farci fidanzare. Eppure, il discorso si sposta proprio su di lui, che, poverino, quest'anno si diploma e mira al cento. Marco, molto poco gentilmente, fa notare che invece io non potrò mai prendere il cento, visto che ho otto in condotta.
Gli lancio un'occhiataccia, che lui fa finta di non cogliere, mentre mia madre prova a difendermi.
Quanto odio questi dannati pranzi.
Ci viene servito il secondo: roastbeef all'inglese con contorno di patate al forno. Poi il dolce – una torta gelato alla fragola – di cui prendo due fette e finalmente, quando ormai si sono fatte le dieci di sera e non so nemmeno io come, il pranzo si conclude.
È stato estenuante e quando rientro in camera mia, ho voglia solo di infilarmi sotto le coperte, ma seduto sul letto c'è Gabriele con la testa stretta tra le mani.
Chiudo immediatamente la porta e accendo il televisore per attutire le nostre voci.
«Ehi, che ci fai qui? È tutto il giorno che provo a chiamarti.»
Gabriele tira su col naso e stringe i palmi delle mani sugli occhi. «Nicola è morto» sussurra, prima di alzare lo sguardo su di me. I suoi occhi sono rossi, lucidi, e il suo volto è pieno di lacrime.
«Oh...» mi limito a bofonchiare, senza sapere esattamente cosa dire.
Forse che mi dispiace, ma sento che sarebbe il minimo e anche che sarebbe troppo poco. In più, la reazione che sta avendo Gabriele mi confonde perché lui mi ha sempre ribadito che il percorso che è stato scelto per noi non si discute e sapeva benissimo che molto presto Nicola ci avrebbe lasciati.
Per cui mi siedo accanto a lui sconvolta, alla ricerca delle parole da dire.
Alla fine comincio affermando: «Ma tu non avevi detto che...»
«Lo so che cosa avevo detto!» mi anticipa, poi tira ancora su col naso e si passa una mano tra i capelli. «Non posso essere dispiaciuto?»
«Certo, scusami, io...»
«Perché fa così male?» singhiozza. «Non ricordavo che fosse così... così... disarmante.»
Disarmante.
È proprio quello che si prova quando una persona cara ci lascia, la sensazione di non poter fare niente, a parte accettarlo.
D'improvviso gli occhi mi pizzicano, ma non voglio piangere, voglio invece essere forte per lui. Così mi avvicino a Gabriele con l'intenzione di poggiargli una mano sulla gamba, quando un flashback dell'ultima volta che ho provato a consolarlo mi attraversa la mente. Fermo la mano a mezz'aria e la riporto poggiata sul letto.
Eppure vorrei fare qualcosa. Soprattutto perché i suoi singhiozzi non si arrestano e a me fa davvero male vederlo in questo stato.
Forse un abbraccio.
Forse un abbraccio secco, veloce, senza che possa scansarsi.
Gli cingo le spalle, lo tiro a me e chiudo gli occhi sperando che non scatti come la volta scorsa. Lui ferma per un momento le lacrime, per poi riprendere a piangere poggiando la testa sul mio petto. Faccio scivolare la mano su e giù sul suo braccio, poi gli scocco un bacio sulla fronte come è solito fare lui con me.
A quel punto Gabriele solleva il capo, incrocia gli occhi con i miei, si avvicina a me e mi bacia.
Uuuuh Gabriele ha baciato Paola! Cosa vorrà dire?!
A martedì prossimo!
Mary <3
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