15. Perfectly Imperfect
Finalmente è arrivato il giorno del concorso. Sono le cinque del pomeriggio e sono in strada, appena fuori al cancello del condominio in cui abito, in attesa che Mirko, Stefano e Christian mi vengano a prendere. Dopo circa una decina di minuti, la macchina guidata da Mirko si avvicina, al suo fianco c'è Stefano, mentre rilegato nei sedili posteriori, tra gli strumenti, c'è Christian.
Mirko parcheggia la macchina e tutti e tre scendono per salutarmi e per aiutarmi a sistemare Amy.
«Niente gonna?» chiede Christian, poggiando la mia chitarra sui sedili in cui andremo a sederci sia io che lui.
Purtroppo, dopo averla sporcata di sangue il giorno in cui ho scoperto del tradimento di Matteo, non ho avuto tempo di comprarne un'altra e ho dovuto indossare dei pantaloni neri con qualche tasca qua e là e ganci per inserirci delle catene, che però non ho messo.
«No.»
Christian mi sorride. «Stai bene, comunque.»
«Grazie, anche tu, forse un po' troppo elegante.» Christian indossa infatti dei jeans neri, una camicia bianca e un gilet nero.
«Ehi! Io sono il cantante, l'immagine del gruppo, devo essere impeccabile» ribatte lui.
«Sì, immagine del gruppo, ci muoviamo?» commenta Mirko.
«Sì, eccoci!» esclama Christian, quindi entrambi saliamo in auto.
Il viaggio per fortuna è breve, o non so come avrei resistito a stare stretta nei sedili posteriori con strumenti e pezzi della batteria di Mirko che spuntano praticamente ovunque.
All'accettazione, sebbene Christian abbia effettuato l'iscrizione online, presentiamo i nostri documenti d'identità e in più io anche la liberatoria firmata da mia madre, essendo minorenne. Ci forniscono dei pass da mettere al collo e con i quali possiamo avere accesso ai camerini e al backstage.
Dopo aver scaricato gli strumenti dalla macchina di Mirko, ci sistemiamo sotto un enorme tendone che praticamente è il camerino di tutti, infatti, ci sono già altre band che ripassano la performance. Al soundcheck – su un palco grande abbastanza per starci tutti e quattro comodamente ma che puzza di polvere e forse anche di muffa – ci rendiamo conto che non era necessario che portassimo tutta quell'attrezzatura, soprattutto, non era necessario che Mirko si portasse tutta la batteria, dato che ce n'è una già montata e posta su una pedana rialzata.
«Ma i piatti faranno sicuramente schifo» prova a difendersi Mirko.
«Come se ci fossero stati solo i tuoi piatti, in macchina» lo rimbecca Stefano.
«Sh, dai» li rimprovera Christian, indicando con lo sguardo la gente che, attorno, in basso e dietro al palco ci osserva.
Non so chi siano, forse gli addetti alle luci, al suono e roba del genere. Fatto sta che non posso dare torto a Christian, alla fine: fare figure di merda con gente che non ci conosce non è il massimo. E la pensano allo stesso modo anche, sorprendentemente, Mirko e Stefano, e velocemente proviamo qualche parte dei tre brani, anche se In the end la facciamo quasi tutta.
Dopo il soundcheck ritorniamo nel camerino per bere e mangiare qualcosa. Poi, fino alle nove, nessuno dice niente.
Le ore più lunghe e snervanti che io abbia mai trascorso.
Nell'aria c'è tensione e non la provo solo io, ma anche la mia band e tutti gli altri partecipanti che, come noi, si gettano a sbirciare il pubblico che via via si accalca sotto al palco. Lungo un tavolo bianco si sono sistemati cinque giudici – tutti uomini di mezza età dall'aspetto elegante e formale –, davanti a loro carta e penna per prendere appunti.
E finalmente, alle ventuno in punto, il presentatore dà il via al concorso. Saluta calorosamente il pubblico, i giudici, quindi spiega la formula del concorso: oggi siamo in venticinque, la settimana prossima, per la finale, saremo in quindici.
La prima band che sale sul palco presenta canzoni italiane: Sono già solo dei Modà, eseguita davvero bene; Destinazione paradiso di Gianluca Grignani e Certe notti di Ligabue. La seconda band, invece, fa solo canzoni dei Queen: Crazy little thing called love, Another one bites a duts e Tie your mother down.
Non riesco a capire se siano piaciuti al pubblico e né ho il tempo di capirlo: tocca a noi. Prima di salire sul palco, però, ci riuniamo in cerchio abbracciandoci come sempre prima di un live.
«Allora, ragazzi» comincia Christian, «è un concorso importante, ma non dobbiamo farci prendere dall'emozione. Facciamo tutto come abbiamo sempre fatto e provato, ma soprattutto divertiamoci!»
Pugno contro pugno per darci la carica e poi aspettiamo che ci diano il via. Dal palco sentiamo il presentatore fare una breve biografia del nostro gruppo, quindi urlare: «Diamo il benvenuto ai Perctly Imperfect!»
Il pubblico applaude, un operatore ci alza il separé per farci passare, e Christian sale per primo le scalette che portano al palco; segue Stefano, io e infine Mirko. Corro alla mia posizione con in braccio Amy e attacco il jack. Sistemo il microfono alla mia altezza e guardo verso il pubblico: non so dire quante persone ci sono, ma sono davvero tante, e non riconosco nessun viso familiare. Qui sopra fa un caldo incredibile, le luci sono puntate su tutti noi e per una volta vorrei essere vestita come Mirko: in canottiera e pantaloncini.
Christian attacca, la prima canzone è Teenergers, e partiamo bene: andando a tempo ed essendo precisi. Christian è concentrato, gli occhi chiusi; Stefano invece sorride e si concede qualche balletto facendo andare il basso avanti e indietro. Poi, prima che inizi il secondo ritornello, si avvicina a me per intonarlo sullo stesso microfono. Mi sorride ed è difficile non percepire la sua adrenalina e ricambiarla, per cui sorrido anch'io e insieme cantiamo fissandoci negli occhi.
Quindi arriva, il mio assolo di chitarra, che vado a eseguire staccandomi dal microfono e andando accanto a Christian, che è troppo teso. Infatti, non appena mi vede, gli angoli della sua bocca si alzano finalmente all'insù. Batte le mani sopra la testa, e il pubblico ci aiuta a tenere il tempo.
Quando capisco che anche Christian si è sciolto, sorpasso l'amplificatore e mi posiziono sul bordo del palco. Anche Stefano lo fa e insieme saltiamo con i nostri strumenti. Il pubblico ci imita, saltella al ritmo della canzone, e ho l'impressione che qualcuno canti insieme a noi.
Anche Fighter la eseguiamo perfettamente e prima di In the end, ci fermiamo un attimo per bere. Mirko fa partire la base, mentre Christian si avvicina al microfono, si gratta la gola e tossisce un paio di volte.
«It's starts with one» canta, flebile. «All I know» continua avvinghiandosi al microfono a testa bassa. «It's so unreal...» Questa volta la sua voce è più forte, ma è sempre troppo bassa e non è da lui.
Infatti, prima che il ritornello inizi, Christian si volta verso di me e mima la parola "Aiutami". C'è qualcosa che non va e non appena comincia la parte in cui dovrebbe cantare solo Christian, non faccio da sostegno, ma copro proprio la sua voce. Voce che, ormai, Christian non ha quasi più.
Spero tanto che non si noti, ma serro gli occhi e continuo a cantare, mentre suono e sudo perché non l'ho mai fatto prima d'ora. Mi sono sempre e solo limitata a suonare e a fare qualche coro; adesso, invece, la sto portando avanti io, la canzone.
Quando riapro gli occhi, il pubblico si sta dimenando, Stefano mi fissa a bocca aperta e Christian riesce a concludere la canzone con quel poco di voce che gli è rimasta, poi si accascia in ginocchio. La base intona le ultime note, il pubblico è in silenzio e io tiro un respiro di sollievo: ce l'abbiamo fatta.
Un grande applauso accompagna la nostra uscita.
«Ancora un applauso per i Perctly Imperfect!» urla il presentatore.
Il pubblico urla e fischia, spero per approvazione, e sono talmente stordita che non capisco più niente. Dietro le quinte, mi libero di Amy, la appoggio al muro, poi mi piego sulle ginocchia e finalmente respiro. Ho trattenuto il fiato per troppo tempo e adesso sono sfinita.
«Paola, grazie, grazie davvero!» esclama Christian.
Gli faccio segno di sì con la testa, poi alzo una mano per bloccare le altre sue parole. «Portami dell'acqua, per favore.»
Lui mi porge prontamente la sua bottiglietta, che tracanno in un sorso.
«Brava, Paola» dice Stefano. «Per un momento ho smesso di suonare, mi hai sconcertato, non credevo avessi quella voce.»
«Nemmeno io» affanno.
«Va tutto bene?» si assicura Christian.
Di nuovo annuisco, anche se ho bisogno di qualche minuto per riprendermi.
***
Una mezz'oretta dopo, siamo tra il pubblico a goderci le esibizioni degli altri concorrenti. La band dopo di noi ha suonato una canzone dei Linkin Park, ma niente a che vedere con la nostra esibizione.
«Paola!» urlano d'improvviso.
Tra la folla scorgo mio fratello Remo, che si sbraccia per farsi notare, e Michela, che lo tiene per mano. A quanto pare il pranzo è andato più che bene.
Mi faccio largo e lo raggiungo. Mi lascio andare tra le braccia di mio fratello – l'adrenalina ha lasciato il posto alla stanchezza –, mentre lui mi bacia la fronte.
«Sei stata bravissima» dice. «Ma il tuo microfono era troppo alto, hai coperto la voce di Christian.»
Mi sciolgo dal suo abbraccio. «Ah sì?» fingo ingenuità. «Non me ne ero accorta.»
«Comunque sei stata eccezionale!» grida Michela.
«Grazie. A quanto ho capito, anche a voi è andato tutto bene...» replico e indico le loro mani intrecciate.
Remo si porta il dorso della mano di Michela alla bocca e lo bacia. «Più che bene.»
Sorrido.
«Paola!»
Altre urla. Sono Elisa, Claudia e Giancarlo.
Claudia mi dà il cinque, mentre Giancarlo ed Elisa mi salutano con un abbraccio.
«Non avete mai suonato così bene» commenta Giancarlo.
«Che esagerato!» gongolo.
«Ha ragione, siete stati fantastici» gli dà ragione Claudia. Elisa annuisce.
«Troppo buoni, grazie per essere venuti.»
«E di che» rispondono in coro.
E tra una chiacchiera e l'altra, restiamo tra il pubblico a goderci le ultime band. Quando però i miei amici decidono di andare a prendere qualcosa da bere e Michela e Remo di stare un po' da soli, rimango ad ascoltare una band che ha portato canzoni inedite.
Comporre non è affatto semplice e devo dire che non sono affatto male, le canzoni. Chissà se un giorno troveremo anche noi il coraggio di fare qualcosa di nostro. A volte Christian l'ha proposto, ma non è facile riuscire a inventare tutto, dagli accordi alle parole. Non sempre, infatti, saper suonare uno strumento vuol dire sapere inventare una melodia propria.
Anche se devo ammettere che non mi dispiacerebbe per niente.
«Complimenti.»
Un sussurro all'orecchio mi fa scorrere un brivido lungo tutta la colonna vertebrale. Quando mi volto, dietro di me c'è Fabio, il collega di mio fratello.
«G... grazie» farfuglio, incerta. È una sorpresa avercelo di fronte.
«Non avevo idea che sapessi suonare così bene la chitarra.»
«Oh, beh, gra... grazie ancora.»
Lui mi sorride e io mi sento avvampare come se chissà cosa mi avesse detto.
«Il cantante è il tuo ragazzo? Quello di cui parlava tua madre l'altra sera?»
«Oh, no.» Anche Christian è biondo con gli occhi chiari, ma è fuori strada. «Non è il mio ragazzo, lui è fidanzato, ma non con me. Non sono fidanzata.»
«Sicura? C'era un certo feeling tra di voi.»
Rido. «Ti sbagli.»
«Meglio così.»
In che senso?
Se avessi il coraggio gliela porrei, quella domanda, ma preferisco cambiare argomento e gli chiedo: «Sei solo?»
«No, con amici. Sono andati a prendere qualcosa da bere e io ho approfittato per salutarti. Il Maresciallo non c'è?»
«No, o almeno non l'ho visto, ma non credo sia qui: non è un evento che fa per lui.»
«Non gli piace la musica dal vivo?»
«Non gli piace la musica in generale. Però c'è Remo, e la sua ragazza, Michela, che è amica mia.»
Non so perché gli sto dicendo queste cose, ma le parole mi scivolano via dalla bocca e lui nemmeno mi ferma.
«Remo sarebbe?»
«L'altro mio fratello.»
«Ah già. Ed è fidanzato con un'amica tua?»
«Sì.»
«Wow» commenta.
Sorrido, imbarazzata, e per un attimo cala il silenzio. Poi lui riprende: «Senti, Paola, che fai sabato prossimo?»
«Non lo so, perché?»
«Verresti a cena con me?»
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