🧛🏻 | LEZIONE NUMERO 7 - @itsTods








PILOTA: Charles Leclerc
PROMPT: Lampada rotta
CARATTERISTICA: Il personaggio è un apprendista esorcista (ancora molto apprendista e poco esorcista)





LEZIONE NUMERO 7

itsTods




Villa Leclerc, ore 23:41, 31 Ottobre 2021

Era stata davvero una pessima idea.

Rincantucciato in un angolo della soffitta di nonna Leclerc, fra la vecchia credenza polverosa e il baule con i vecchi vestiti dismessi del nonno –pace all'anima sua- Charles si stringe le ginocchia al petto e ci nasconde la faccia, trattenendo il fiato, in attesa dell'inevitabile epilogo tragico.

Dopo il fragore mostruoso di poche ore prima, il silenzio sembra irreale e gli fa accapponare la pelle. Ogni volta che sente lo scricchiolio delle assi del pavimento, al piano di sotto, il terrore si fa strada nel suo petto e gli mozza il fiato. Sta venendo a prenderlo. Sta venendo per lui.

Questo significa una cosa ed una cosa soltanto. Sono morti tutti, ed è tutta colpa sua.

Cosa gli è venuto in mente? Non avrebbe mai e poi mai dovuto invitarli lì, la notte di Halloween. E, soprattutto, avrebbe dovuto prendere più sul serio la lezione numero sette.

Possessioni demoniache: 5 facili mosse per salvare la tua famiglia dall'attacco del maligno


Maranello, ore 18:37, 28 Ottobre 2021

Come ognuno dei suoi programmi fallimentari –Charles doveva ammetterlo- era iniziato con le migliori intenzioni.

"Fai qualcosa, questo weekend?" gli aveva chiesto Carlos, qualche giorno prima, appena usciti dall'ultima riunione della settimana. A Maranello tirava un po' di vento e il cielo era già scuro, ma non faceva ancora particolarmente freddo e le luci dei lampioni proiettavano ombre lunghissime sull'asfalto.

Charles si era stretto nelle spalle, come prima cosa.

"Non credo." Aveva detto, con tono piatto, tirando su la zip della giacca a vento e dirigendosi verso l'auto. "Charlotte è ancora via, con le sue amiche dell'Università. I miei amici sono in vacanza nelle Filippine. Pensavo di riposarmi un po'. Martedì dobbiamo partire per il Messico e onestamente sono davvero stanco."

Era riuscito a fare solo pochi passi prima di rendersi conto che non solo Carlos non lo aveva seguito, ma era rimasto fermo impalato, con le mani nelle tasche ed un'espressione a dir poco perplessa sul viso.

Charles si era voltato appena, e gli aveva riservato un'occhiata interrogativa da sopra alla spalla.

"Che c'è adesso?"

Il suo collega aveva aggrottato le sopracciglia e aveva borbottato qualcosa come Charles, per l'amor del cielo, è Halloween.

"E quindi?" aveva chiesto lui, con una leggera nota di fastidio nella voce.

Carlos aveva scosso la testa, mentre un sorriso gli si andava disegnando sulle labbra, e lo aveva raggiunto in due falcate, improvvisamente baldanzoso. Aveva sentito la sua presa salda all'altezza delle spalle, la pressione dei pollici contro le clavicole. Si era reso conto, fugacemente, che all'altro sarebbe bastato poco per fargli davvero molto male.

"E quindi, cabron, si fa qualcosa questo weekend, e non accetto un no come risposta."

Charles non aveva mai creduto alle coincidenze.

Era venuto fuori, quasi per caso, che sua madre avrebbe dovuto accompagnare la nonna a Lione per far visita ad una vecchia zia in punto di morte, e gli era sembrata l'occasione ideale. Carlos sarebbe stato fiero di lui per aver trovato la location perfetta per il loro piccolo rendez-vous. Poche cose erano spettrali come un vecchio casolare su più livelli, inghiottito dall'edera e dai rampicanti, ubicato sul fondo di un vialetto alberato nel mezzo della campagna. Tranquillo e riservato più di qualsiasi locale esclusivo.

Si erano accordati per qualcosa di semplice. Una cena intima –ordinata a domicilio da una dark kitchen francese, perché Charles non si fidava a lasciar avvicinare nessuno ai fornelli-, grosse quantità di alcol e un videogioco horror con cui intrattenersi in attesa di essere abbastanza sbronzi per non aver bisogno di nient'altro.

La lista degli invitati era stata la cosa più difficile su cui mettersi d'accordo, per certi versi. I rispettivi amici più stretti erano già impegnati o troppo lontani o entrambe le cose, perciò la scelta era ricaduta su alcuni dei loro colleghi, quasi certamente nei paraggi e quasi certamente troppo presi dalle imminenti partenze per allontanarsi troppo da casa.

Carlos aveva invitato Lando e Charles aveva invitato Pierre, che si era portato appresso Yuki e aveva suggerito di chiamare Antonio. Entrambi si erano risolti di chiamare anche Daniel e Daniel aveva tirato in ballo Max, anche se la cosa non aveva sorpreso nessuno. Lui, per parte sua, ci aveva tenuto a specificare che sarebbe venuto solo se Lewis non ci fosse stato, e Charles aveva pensato che quello stronzo aveva fin troppe pretese per essere uno che non stava simpatico letteralmente a nessuno.

Con il senno di poi, sarebbe andato tutto molto meglio se lui non fosse mai stato lì, quella sera.


Villa Leclerc, ore 19:15, 31 Ottobre 2021

Il 31 di ottobre la luna era solo uno spicchio sottilissimo e affilato che squarciava in due l'oscurità del cielo.

Charles l'aveva guardata a lungo dalla grande finestra dell'ingresso, mentre sistemava le stanze in vista dell'arrivo dei suoi ospiti, accendendo tutte le lampade e abatjour che costellavano gli ambienti della villa.

La casa della nonna gli aveva sempre dato i brividi, da quando aveva memoria.

Forse erano i tendaggi scuri e opprimenti, forse il mobilio antiquato con tutti quei lumi ossidati, forse ancora la quantità inquietante di vecchi trofei di caccia e ritratti dei più lontani membri della sua famiglia, che decoravano le pareti di ogni stanza con aria sinistra e giudicante.

Una volta Lorenzo era riuscito a convincerlo che gli occhi del cervo impagliato sul camino dell'androne principale lo seguissero e Charles aveva avuto gli incubi per settimane. Anche se Pascale aveva costretto suo fratello ad ammettere che si trattava solo di uno stupido scherzo, da quel momento gli era sembrato sempre che un paio di occhi scrutassero ogni sua mossa, silenziosi, in agguato.

Perfino mentre attraversava il lungo corridoio semibuio che dall'ingresso portava al salone, aveva la sensazione che qualcuno lo tallonasse, anche se non riusciva a sentire alcun rumore alle sue spalle, se non quello del suo cuore, che aveva iniziato a battergli furioso nel petto. Un dolore sordo –da qualche parte, dietro lo sterno- gli aveva spezzato il fiato, ma era durato appena una frazione di secondo. Avrebbe potuto giurare che le pareti stessero collassando su di lui e che gli si stessero facendo progressivamente vicine.

Sempre più vicine.

Quando qualcosa gli aveva afferrato la spalla, Charles si era fatto sfuggire la lampada che teneva in mano ed aveva urlato.

Forte.

Era un lamento angosciato e pieno di genuino terrore.

Per un attimo aveva temuto il peggio, ma quando si era girato aveva trovato ad attenderlo il braccio teso del suo compagno di squadra. Carlos –bonario e pacifico come sempre- lo aveva guardato con una faccia divertita.

"Paura cabròn?" aveva detto, incapace di trattenere un sorriso.

Dovresti averne, aveva pensato lui, deglutendo.


Villa Leclerc, ore 23:47, 31 Ottobre 2021

Cos'è stato?

Sembra musica.

Una melodia funebre risuona per le stanze, lo penetra fin dentro alle ossa.

È troppo tardi.

Nell'oscurità completa, non c'è differenza fra tenere gli occhi aperti o chiusi. Eppure abbassare le palpebre è sempre e comunque un atto di fede, e Charles spera che basti a salvargli la pelle.


Villa Leclerc, ore 19:55, 31 Ottobre 2021

I primi ad arrivare, come sempre, erano stati Max e Daniel, con due casse di birra fra le braccia e il viso coperto da due maschere di plastica bianche e inespressive. Quando avevano varcato la soglia, spintonandosi nell'ingresso, la risata dell'australiano era risuonata in tutto il corridoio, amplificata dai soffitti alti. Max era rimasto in silenzio tutto il tempo, seguendo l'altro come un'ombra, e non aveva accennato a sfilarsi la maschera finché Carlos non aveva stappato una bottiglia e gliel'aveva messa davanti al naso.

Charles doveva aver pensato che fosse un comportamento strano, all'inizio, ma non ci aveva dato troppo peso. Non aveva mai avuto Max particolarmente in simpatia, e l'altro non era famoso per essere particolarmente loquace in occasioni simili. Per questo era rimasto indietro, quando Carlos aveva fatto strada all'olandese verso il salotto principale.

"Bel posto, amico" gli aveva detto Daniel, comparendogli affianco ed annuendo brevemente con una smorfia di apprezzamento. Se ne stavano in piedi, davanti al camino acceso, sotto alla testa di cervo. Daniel non riusciva a smettere di guardarla negli occhi. "Veramente un bel posto."

Charles si era stretto nelle spalle, a disagio.

"Se lo dici tu."

"Lo hai appeso tu o è sempre stato lì?" aveva chiesto l'altro, allora, indicando l'animale impagliato di fronte a loro con il collo della bottiglia. "Quella cosa mi mette i brividi."

Pochi minuti dopo, anche Lando aveva fatto la sua comparsa, anche se Charles ci aveva messo un po' a riconoscerlo. La figura nello specchio della porta era avvolta da un mantello di velluto nero col cappuccio calato sul viso incerato e stringeva una copia ancora incellofanata di House of Ashes fra le mani guantate. Lando sembrava l'unico ad aver preso seriamente l'idea di una serata horror per la notte di Halloween, ma Charles non poteva dargli torto.

Era pur sempre stata un'idea di Carlos.

Antonio, Pierre e Yuki erano stati gli ultimi ad arrivare, quando la cena era già sul tavolo e iniziava a freddarsi. In realtà nessuno ne era sorpreso –l'ultima volta che il francese non era stato in ritardo non aveva la barba e si faceva ancora scarrozzare da suo padre.

"Tutto bene Charlot?" gli aveva chiesto, accigliato, mentre si sfilava il cappotto di lana per appenderlo.

Charles si era strofinato gli occhi con i palmi delle mani, facendo spallucce.

"Sono solo molto stanco" aveva risposto, e quello era bastato.

All'inizio la situazione era stata abbastanza strana. A parte qualche evidente eccezione, il gruppo non era stato assortito nel modo più congeniale possibile –non erano davvero amici e non avevano poi così tante cose in comune- e più di una volta, nelle lunghe pause imbarazzate, Charles aveva inviato delle occhiate taglienti al suo compagno di squadra, come a dirgli visto? È stata una pessima idea, me la pagherai.

Senza sapere che avrebbero pagato tutti.


Un colpo di tosse lo aveva riscosso dai suoi pensieri.

"Charlie?"

"Sì?" aveva chiesto, sollevando appena lo sguardo dal bicchiere semivuoto. Era già il quarto, ed iniziava a sentirsi vagamente offuscato.

Daniel era all'altro capo del tavolo, in piedi, con le mani giunte piegate nella sua direzione. Alle sue spalle, in prospettiva, Lando camminava avanti e indietro col cellulare sollevato in aria, alla ricerca di un segnale di ricezione.

"Dov'è la televisione, amico?" aveva chiesto, e Charles aveva aperto la bocca per rispondere, ma il suo migliore amico lo aveva preceduto con una risata fragorosa.

Pierre conosceva molto bene la casa di nonna Leclerc. Ci era venuto spesso, nelle lunghe estati della loro preadolescenza, fra una gara di kart e l'altra, e al contrario di lui, era sempre stato affascinato dall'atmosfera antica e decadente della magione.

"Dan, qui non c'è nessuna televisione" aveva detto, sorridendo, mentre si portava un calice di vino alle labbra. "E, Lando, mon cher, molla quel cellulare perché questa casa è più isolata di un bunker antiatomico."

Era –evidentemente- una novità per tutti.

"Cosa?"

"Ma- Charles!" si era intromesso Lando, con tono lamentoso. "Che cazzo, amico."

Max, che era stato in silenzio fino a quel momento, aveva sollevato appena lo sguardo nella sua direzione e gli aveva rivolto un sorriso cattivo, tendendo le labbra piene e livide per il vino. Questa versione dell'olandese –cupa, spettrale e famelica- era molto diversa da quella del suo rivale di sempre. Fastidioso, calcolatore, arrogante per lo più. Mai cattivo, però, non fino a quella sera.

"Perché ci hai portati qui, Zakkenwasser? Mi sembra una scelta piuttosto discutibile." aveva detto. I suoi occhi azzurri scintillavano crudeli nella luce soffusa della stanza. "Il piano per la tua serata di Halloween era farci fuori come metà delle persone che ti stanno vicine?" Aveva fatto una piccola pausa, prima di aggiungere: "O ti piace far morire solo le persone a cui vuoi bene?"

Charles si era tirato su, scottato, e aveva stretto i pugni così forte da imprimersi quel poco che restava delle sue unghie smangiucchiate nella carne. Nella sua bocca il sapore acido della bile si mischiava a quello acre delle lacrime.

"Ma come cazzo ti permetti-,"

Era stato Carlos, come al solito, ad intervenire per salvare la situazione.

"Stiamo calmi, ragazzi" aveva detto, tirandosi in piedi e stringendo con la mano il polso di Charles, come per calmarlo. "Era uno scherzo, non serve alzare i toni. Abbiamo già pensato a tutto. Vado a recuperare il proiettore dalla macchina. E voi-," si era riferito a Charles, nello specifico, per qualche strana ragione. "Cercate di non ammazzarvi."

Max lo aveva guardato di sottecchi, senza smettere di sorridere. Poi si era disegnato una croce sul cuore, e si era coperto di nuovo il viso con la maschera.


Villa Leclerc, ore 23:49, 31 Ottobre 2021

Da quando era piccolo, prima di ogni evento tragico e traumatico della sua vita – e ce n'erano stati tanti- Charles aveva avuto un presentimento. Era impossibile per lui definirli. Si palesavano all'improvviso, con una strana sensazione di costrizione dietro lo sterno, dolorosa e fugace come una puntura di spillo.

La prima volta che Charles aveva avuto un presentimento era a scuola, aveva solo sei anni. Quella mattina la nonna si era svegliata accanto ad un corpo freddo. Suo nonno era morto.

Lì per lì aveva pensato ad una assurda coincidenza ma crescendo il suo macabro potere non si era affievolito, anzi. I presentimenti si erano fatti sempre più frequenti e le perdite si erano ammucchiate nella sua vita, riempiendola di fantasmi e ferite impossibili da rimarginare. Forse era per questo che si era avvicinato all'esoterismo: cercare di dare una spiegazione alle cose inspiegabili della sua vita.

Il corso di magia ed esoterismo su corrispondenza era stato solo la punta dell'iceberg. Tarocchi, interpretazione dei sogni, riti propiziatori ed esorcismi. Numeri e formule e preghiere. Era stato scettico, all'inizio, ma il bisogno di trovare un senso a tutto il male che la sua famiglia aveva patito negli anni aveva prevalso anche se, per quanto ci avesse sperato, si era rivelato tutto inutile, almeno fino a quel momento.

Mentre le lacrime gli scorrono sul viso, Charles si chiede se sarebbe riuscito a salvare i suoi amici, se avesse preso un po' più sul serio i suoi presentimenti.

Se non avesse storto il naso, sfogliando la newsletter con la lezione numero sette.


Uno. Impara a riconoscere i segnali di possessione demoniaca e ad evitare che il maligno prenda il sopravvento sul posseduto.

Individuare una possessione è piuttosto difficile, nelle prime fasi. Inizialmente i demoni tendono a nascondersi molto in profondità, schiacciando la volontà del singolo un pezzo alla volta. Più è forte l'anima del posseduto, più tempo e sforzi serviranno all'entità soprannaturale per schiacciarla. È bene ricordare però che, a prescindere dalla fede, ogni anima può essere piegata.

Fra i segni più comuni, si annoverano un'improvvisa irascibilità o, al contrario, una completa apatia. L'ospite potrebbe iniziare a comportarsi in modo bizzarro, potrebbe rivolgersi a voi in una lingua diversa da quella che usate solitamente per comunicare oppure potrebbe sviluppare una qualche forma di fotosensibilità. Questi sono chiari segnali che il processo di possessione è stato avviato e che è solo questione di tempo prima che il maligno prenda pieno controllo della mente e del corpo del suo ospite.

Per evitare che questo accada è assolutamente imperativo non contrariarlo in alcun modo o mostrarsi aggressivo nei suoi confronti. Luci intermittenti potrebbero innescare lo switch.


Villa Leclerc, ore 21:43, 31 Ottobre 2021

Un urlo aveva squarciato il silenzio.

"Andiamo, ragazzi, sul serio? Questo film è una palla, non fa paura per niente."

L'immagine di una testa tranciata di netto che rotolava su un marciapiede, con gli occhi strabuzzati e i capelli impiastricciati, aveva fatto eco al commento di Yuki. Pierre gli aveva assestato una gomitata nel fianco. Truculenti smembramenti e fiotti di sangue vischioso e nerastro non erano per tutti.

Dopo lo spiacevole scambio fra Charles e Max, Carlos si era impegnato a tenerli separati il più possibile, sperando di evitare uno scontro diretto anche se, a dirla tutta, non era stato necessario, perché Max era rimasto seduto in disparte, sulla poltrona di velluto scuro, con un calice in mano e lo sguardo spento e fuori fuoco, catatonico.

Dopo l'ennesimo smembramento –con spruzzi di sangue e pioggia di interiora- Lando si era sporto verso la piantana alla sua sinistra e aveva tirato la cordicella con la mano, accendendo la luce.

"Tutto okay?" gli aveva chiesto Carlos, sporgendosi verso di lui.

L'altro aveva fatto una smorfia.

"Mi stavo sentendo male, Chili".

Daniel aveva alzato gli occhi al cielo. Poi si era alzato in piedi, seccato, e aveva tirato a sua volta la catenella. Quando si era riaccomodato fra i cuscini, l'altro per tutta risposta aveva riacceso la luce.

"Andiamo Lando, non fare il caga sotto." era sbottato il più grande. "Spegni quella cazzo di luce."

"Non sono un caga sotto."

E i due avevano seguitato a bisticciare per i successivi cinque minuti, coprendo completamente il proiettore e tirando ripetutamente la catenella e parlandosi addosso.

Luce accesa. Luce spenta. Luce accesa.

"Basta!" aveva gridato Max, ammutolendoli entrambi. Erano state le prime parole che pronunciava dalla fine della cena. "Se non la smettete, vi spacco la faccia."

Daniel lo aveva guardato perplesso e vagamente preoccupato.

"Maxie, ti senti bene? Cosa ti prende, amico?"

"Starei meglio se la smetteste di comportarvi come dei perfetti idioti."

Charles aveva fatto uno schiocco con la lingua, e Carlos si era irrigidito, accanto a lui. Aveva mormorato una cosa tipo lascia perdere, ma Charles- lui non aveva alcuna intenzione di lasciar perdere.

Non dopo quello che l'altro gli aveva detto.

"Già, cosa ti prende? Mi sembri nervoso. Guai in Paradiso?" aveva chiesto, senza sollevare lo sguardo, tracciando con l'indice il profilo della cucitura del cuscino di velluto sul suo grembo. "Kelly si è stancata di quella faccia di merda che ti ritrovi?"

Era stato allora che Max si era sollevato in piedi, di scatto, col viso cinereo più inespressivo della sua maschera.

"Sei morto, Leclerc." Aveva detto, la voce ruvida e gutturale. Sembrava uscita dal fondo di un pozzo, per come gli riecheggiava nella gola. "Morto"

Ci aveva messo una frazione di secondo per saltargli al collo.

"Ragazzi"

"MAX!"

"SANTO CIELO MAX-, cosa diavolo ti prende?!"

Con sommo orrore, Charles si era ritrovato bloccato al muro con entrambe le mani di Max strette attorno alla gola, in una presa ferrea e asfissiante. Per quanto si sforzasse di tirarle via, quelle stringevano ancora più forte, chiudendogli ogni spiraglio.

Aveva provato a gridare, a implorarlo, ma ogni tentativo non aveva prodotto che un suono strozzato, un guaito quasi animale.

A discapito delle circostanze, il volto di Max era perfettamente calmo –quasi divertito- e Charles aveva pensato che probabilmente avrebbe dovuto aspettarselo, che sarebbe morto per mano sua.

L'ultima cosa che aveva sentito era stato il clic della lampada.

Poi, aveva visto tutto nero.

Tutti, avevano visto nero.


Due. Metti in sicurezza l'ambiente circostante ed isola il posseduto di modo che non possa nuocere a nessuno dei presenti.

Una volta manifestata la presenza demoniaca all'interno dell'ospite, sarà estremamente difficile (anche per i più esperti!) riuscire a contenerla. È per questo che è estremamente importante assicurarsi di limitare al minimo i danni collaterali.

Il posseduto non ha alcun controllo sul proprio corpo e non deve essere ritenuto responsabile del male fatto, ma non per questo bisogna sottovalutare la gravità di quello che potrebbe accadere. Sii responsabile e assicurati che tutti i presenti siano al sicuro prima di procedere oltre. Tieni gli oggetti potenzialmente pericolosi fuori dalla sua portata e non provare ad attaccarlo direttamente. Anche se l'ospite non è particolarmente allenato, l'entità che ne ha preso il controllo potrebbe animarlo di una forza sovraumana e usarla contro di voi.

Per evitare che questo accada, assicuratevi che non abbia un'arma a disposizione.


Villa Leclerc, ore 22:15, 31 Ottobre 2021

"Riaccendila!"

Nel buio più completo, fra i gemiti strozzati del proprietario di casa e i rumori concitati di tutti gli altri che si muovevano a tentoni per cercare un interruttore, qualcuno aveva parlato, sovrastando tutti gli altri.

"Che qualcuno riaccenda quella cazzo di lampada!" si era accodata una seconda voce.

"Lando, non è il momento di fare questi giochetti del cazzo!"

"Non ci riesco, va bene?" aveva risposto il ragazzo, annaspando. Sembrava stesse per piangere. "Non ci riesco, questa cazzo di lampada si è rotta!"

Il raggio di luce della torcia di un telefono aveva squarciato l'oscurità, proiettando le ombre di Charles e Max sulla parete opposta e lasciando tutti, letteralmente, senza fiato. In tre si erano scagliati sull'olandese, trascinandolo dalla felpa e afferrando il tessuto nel pugno chiuso, nel tentativo di tirarlo indietro e allontanarlo dall'altro. Max mordeva, scalciava e schiumava, con una furia violenta e indomabile.

Era stato Daniel, in ultima battuta, a separarli. Aveva infilato le sue braccia sotto a quelle di Max e se l'era premuto contro il petto, saldamente, spingendolo a mollare la presa sul collo di Charles che era stramazzato al suolo in men che non si dica, con due aloni violacei disegnati laddove le dita dell'altro si erano impresse.

Pierre era stato il primo a soccorrerlo, aiutandolo a mettersi a sedere ed assicurandosi che respirasse ancora.

In pochi istanti, le luci delle torce si erano moltiplicate, e si erano tutte puntate sul petto ansante di Max Verstappen, rosso di rabbia, che si dimenava contro il suo migliore amico come un'anguilla impazzita.

Disseminate per la stanza giacevano buste di patatine aperte, bottiglie e bicchieri mezzi accartocciati, monito di quella che avrebbe dovuto essere una serata tranquilla ma che si stava lentamente trasformando in una notte da incubo.

Tossendo e tremando, con il cuore che batteva talmente forte da ovattare ogni suo pensiero, Charles si era portato istintivamente una mano alla gola, come per sincerarsi di essersi davvero liberato dalla stretta di Max. Per quanto non corresse buon sangue fra di loro, mai nella vita avrebbe pensato che lui sarebbe stato capace di fare una cosa del genere. Non si era mai mostrato violento con nessuno, non aveva mai davvero perso la calma. Non in quel modo, per lo meno.

Non poteva esserci alcuna spiegazione logica per un comportamento del genere. A meno che...

No. Aveva pensato, sentendo l'angoscia montargli nel petto. Non può essere, è troppo assurdo.

Nessuno aveva osato muovere un passo, tranne Carlos. Carlos non aveva mai paura di nulla.

"Max, si può sapere cosa ti prende?" aveva chiesto, mortalmente serio, prendendogli il viso fra le mani. L'altro per tutta risposta gli aveva sputato in piena faccia, digrignando i denti. Non come una persona, ma come una bestia. Lo spagnolo si era scambiato uno sguardo carico di apprensione con Daniel, prima di rivolgersi nuovamente a Max. "Hai preso qualcosa?" aveva proseguito, cercando di mantenere la calma. La voce, tuttavia, lo tradiva col suo tremolio inusuale. "Se non ci dici cosa hai preso non possiamo aiutarti."

La risposta di Max era stata una lunga risata gutturale e disturbante, una di quelle che fanno accapponare la pelle, come il segno di un gesso che stride contro la lavagna.

"Mai stato meglio."

Perfino la sua voce sembrava non appartenergli, estranea e terrificante.

Gli sguardi di tutti i presenti, raccolti in circolo attorno a Max e Daniel, erano accesi di orrore e sgomento e saettavano dall'uno all'altro, alla ricerca di un piano d'azione, un'idea su cosa stesse accadendo e su come comportarsi.

Pierre se ne stava in ginocchio accanto al corpo di Charles, ancora riverso su sé stesso, con le mani attorno al viso che gli reggevano la testa dritta. C'era stata una conversazione muta fra i due –fatta di cenni, occhiate e brevi strette- prima che il più grande si allontanasse e prendesse la parola, nel silenzio generale.

"Max" aveva detto, gelido, senza girarsi. Pierre era una persona molto pacata, notoriamente, -dimessa, quasi- ma non quella sera. Quella sera la sua voce risuonava grave e stentorea, non ammetteva repliche. "Stavi per ammazzarlo."

Daniel aveva dovuto stringerlo più forte, per evitare che gli sgusciasse dalle braccia.

"Finirò presto il lavoro" aveva sibilato lui.

Era stato allora, che Pierre si era alzato in piedi e lo aveva raggiunto, fronteggiandolo.

"Tu sei completamente pazzo" aveva dichiarato, fissandolo dritto in mezzo agli occhi e puntandogli contro un dito accusatorio. "E faresti meglio a toglierti dai piedi e a non farti vedere mai più."

Lo sguardo di Max era completamente vuoto, ed il sorriso dipinto sul suo viso non aveva nulla di rassicurante. Sembrava il ghigno famelico e lucente di un predatore pronto a balzare in avanti e fare a pezzi la sua preda, con le unghie e con i denti.

In mezzo a loro, Daniel conosceva Max meglio di tutti e meglio di tutti sapeva quanto dolore potesse celarsi dietro a certi suoi comportamenti. Per questo si era giocato la sua ultima carta –aveva provato ad imbonirlo, a farlo tornare in sé.

"Maxie" lo aveva chiamato, cercando di mantenere la voce salda, ma pacata. Poi, aveva abbassato il tono, di modo che solo lui potesse sentirlo. "È successo qualcosa con Jos? Ti ha fatto del male? Siamo qui per aiutarti, bello."

Max aveva riso, ancora.

"Quel coglione non può farmi niente, bello" aveva dichiarato. "Nessuno può."

Ed erano rimasti tutti pietrificati.

"Credo di sapere cosa sta succedendo."

Era stato Charles a parlare. Tutti gli sguardi erano puntati verso di lui, perfino quello di Max, che sembrava beffarsi di lui, invitarlo a continuare.

Dillo, sembrava chiedergli, dillo pure, tanto non ti crederanno.

Charles si era morso il labbro, cercando di calmare il suo battito cardiaco. Aveva inspirato a fondo, prima di parlare, conscio del fatto che quello che stava per dire fosse assurdo e impossibile da credere.

"Max è posseduto." Aveva bisbigliato.

E tutti, come c'era da aspettarsi, lo avevano guardato allucinati.

"Puta madre, mi prendi per il culo? Prima Max e ora tu, cabron?!" aveva sbraitato Carlos, mettendosi le mani nei capelli. "Qualcun altro ha voglia di impazzire stasera?"

Charles si era tirato in piedi, puntellandosi sulle mani.

"Sono serio, Carlos" aveva detto. "Sto seguendo un corso, non sono uno sprovveduto."

Il che era solo una mezza verità, e Charles non era mai stato bravo a mentire –questo lo sapevano tutti. Nemmeno gli altri erano sembrati convinti e perfino il suo migliore amico lo aveva guardato come se fosse completamente pazzo.

"Ancora con questa storia, calamar?"

Pierre era l'unico che fosse al corrente dei suoi presentimenti, l'unico che sapesse delle sue credenze soprannaturali. Le aveva sempre bollate come stupidaggini –cazzate new age da hippies e pazzi esaltati- ma davanti ad una situazione simile, dove niente sembrava avere un senso, sul suo viso era emersa chiaramente l'ombra di un dubbio.

"Non è una storia, calamar, guardalo negli occhi. Ti sembra Max?" aveva proseguito Charles, e nessuno aveva saputo cosa ribattere, anche se tutti avevano dipinto a chiare lettere stupore e scetticismo in ogni angolo illuminato del viso. "Potete anche non credermi, dirmi che sono soltanto un mare di cazzate, ma sappiate che se lo lasciate andare adesso, moriremo tutti."

In quel momento, era successo. Daniel aveva allentato impercettibilmente la presa, e Max ne aveva approfittato per morderlo sul braccio, affondando i denti fino alla carne, penetrando e lacerando finché non aveva iniziato a zampillare sangue. Il rosso era più intenso e più denso che nel film horror di pessima fattura che avevano visto poco prima. Colava lungo il braccio di Daniel e sul pavimento e dalla bocca di Max, bagnandogli il sorriso, inzuppandogli il collo della felpa.

Lo avevano bloccato in due, uno per lato, mentre un terzo lo teneva da dietro.

"Adesso mi credete?" aveva chiesto Charles, mentre Daniel si copriva la ferita con l'altra mano, annichilito, tentando di fermare l'emorragia.

Nessuno aveva contestato, questa volta, e i visi di tutti erano scavati dalla paura e dallo sgomento. Era stato Antonio a rispondere, con la torcia puntata dritta contro il proprietario di casa.

"Quindi ora cosa si fa?"


Tre. Metti in atto alcuni piccoli accorgimenti per cercare di contenere la furia del maligno.

La prima cosa, senza dubbio, è: non farsi prendere dal panico! Assistere ad una possessione è un evento molto traumatico e sicuramente eccezionale (le probabilità che ti succeda, statisticamente, sono piuttosto basse) per cui è assolutamente normale avere paura ma è opportuno non farsi trovare impreparati.

L'idea di tramortire l'ospite è una delle prime che viene in mente, ma è fortemente sconsigliato. I colpi in testa, seppure assestati senza troppa forza, potrebbero causare danni irreparabili e/o a lungo termine nell'ospite e sono da evitare a meno che non ci si trovi in posizione di reale necessità.

Si consiglia, invece, di legare il posseduto ad un letto o ad un qualsiasi altro oggetto di arredamento considerevolmente pesante e difficile da spostare, chiuderlo a chiave in una stanza e aspettare i soccorsi.

La presenza di icone sacre potrebbe aiutare.


Villa Leclerc, ore 23:51, 31 Ottobre 2021

Charles prega.

Ormai non c'è altro che possa fare.

Prega che Pierre e Carlos e tutti gli altri se ne siano andati dignitosamente.

Prega affinché quando sarà il suo turno, finirà tutto prima che se ne renda conto.

Prega che non sia sua madre, a ritrovarli.

Per ultimo, prega per Max, che non si risvegli mai e non scopra cosa ha fatto.

Chi potrebbe credergli, d'altronde?

Anche la sua vita è finita.


Villa Leclerc, ore 22:49, 31 Ottobre 2021

I superstiti si erano ammassati nello stretto corridoio rischiarato da due piccoli lumi, la cui luce appannata disegnava ombre lugubri sui volti dipinti nei quadri di famiglia. Dopo quello che era successo a Yuki nessuno aveva più la forza di dire niente. Se ne stavano seduti, con la schiena contro il muro e le spalle che si sfioravano appena, per farsi forza e decidere il da farsi.

Il braccio di Daniel era stato avvolto in uno strofinaccio che trasudava un liquido nerastro. Aveva una cera orribile e sembrava sul punto di vomitare. Appoggiato sulla spalla, portava il vecchio fucile da caccia di nonno Leclerc. Scarico, ma pur sempre utile, in qualche modo.

Pierre e Lando brandivano paletta e attizzatoio del camino, in equilibrio sulle ginocchia, in attesa, mentre Charles stringeva fra le dita il moncherino della lampada rotta, oblungo e tagliente, in corrispondenza della lampadina esplosa.

Un coltello da cucina scintillava nelle mani di Carlos, ed Antonio se ne stava in piedi davanti alla porta della sala da pranzo, con un lungo tubo di metallo che doveva essere stato un tubo di scarico stretto nel pugno.

Al di là della porta, Max Verstappen –o quello che rimaneva di lui- era legato con delle cinghie ai quattro angoli del tavolo, come un animale da sezionare, apparentemente acquietato, in attesa di capire quando sferrare il prossimo attacco.

Seguendo le indicazioni di Charles, tutti avevano collaborato per cercare di neutralizzare la minaccia incombente: avevano recuperato lampade funzionanti da altre stanze, corde con cui bloccarlo dai polsi e dalle caviglie e potenziali armi con cui difendersi. Lo avevano ridotto in ginocchio, zittito con uno straccio infilato in bocca e trascinato all'interno della sala, con l'obiettivo di chiudercelo dentro a doppia mandata e attendere i soccorsi.

In un primo momento era sembrato che tutto stesse andando per il verso giusto. Ovviamente, non poteva essere così. Le cinghie non erano strette abbastanza. Ci aveva messo un istante a liberarsi.

L'entità che aveva preso il controllo di Max si era dimostrata molto più forte del previsto ed era stato il più giovane di loro a patirne le conseguenze.

Il primo di loro ad andarsene.

Il corpo di Yuki era steso sul divano, coperto da un lenzuolo fin sopra ai capelli. Nessuno di loro aveva avuto la forza di chiudergli gli occhi. Aveva ancora la bocca spalancata e la mano sul petto, laddove Max gli aveva piantato la lama di un coltello –nel cuore.

Ovunque Charles guardasse, c'era sangue –raccolto in una pozza, e in piccoli schizzi, e in pedate che si estendevano lungo tutto il pavimento della casa. Impronte oblunghe ed inquietanti che macchiavano i tappeti e il pavimento di legno chiaro, l'orlo dei loro pantaloni, la gomma chiara delle sue Alexander McQueen.

"C'è troppo silenzio" era sbottato Lando, ad un certo punto. Aveva un tono isterico e gli occhi febbricitanti. Non riusciva a smettere di guardare in direzione del salotto dove sapeva trovarsi il corpo senza vita di Yuki.

"È svenuto" lo aveva rassicurato Antonio. "Gli ho dato una botta." Poi, aveva guardato verso Charles, che si era accigliato. Aveva espressamente chiesto di non colpirlo a meno che non fosse strettamente necessario. "Non troppo forte, ma l'ho mandato a tappeto."

"O così vuole farci credere" era intervenuto Pierre reclinando la testa all'indietro, verso il muro. Pierre era stato il primo a soccorrere il suo compagno di squadra e aveva le mani e la felpa chiara completamente schizzate di sangue. "Dovevamo andarcene finché eravamo in tempo."

"Sul serio, Pierre? È Max."

Ancora una volta, era stato Charles a parlare. La mano era corsa ad accarezzarsi il collo, in un gesto automatico ed inconsapevole. Aveva schiacciato lievemente, con esitazione, e si era sorpreso di non provare davvero dolore. Era solo intorpidito, come se la mano invisibile di Max non avesse mai smesso di stringere.

"Non possiamo abbandonarlo." Aveva mormorato Daniel, e Pierre aveva picchiato il pugno chiuso contro il pavimento, facendoli sobbalzare.

"Se Charles- Se Charles ha ragione" aveva detto, cercando di darsi un contegno. "Quello non è Max" poi aveva alzato lo sguardo, e lo aveva puntato dritto negli occhi dell'australiano. "Ed io non ho alcuna intenzione di mettervi tutti sotto dei lenzuoli"

"Ci dev'essere qualcosa che possiamo fare" aveva replicato lui, con voce rotta. Non aveva smesso di piangere, silenziosamente, da quando aveva aiutato Antonio a stringere le cinghie attorno ai polsi di Max. Vederlo steso sul tavolo, pallido, incosciente, con il suo sangue secco e rappreso attorno alle labbra e giù per il mento, lo aveva turbato profondamente. "Charles, sei tu l'esorcista. Devi- devi fare qualcosa, dobbiamo salvarlo."

"Non ho mai detto di essere un esorcista, Dan" aveva ribattuto lui, scuotendo la testa. "Sono un apprendista, ho solo... ho solo seguito un corso."

Si era sollevato un cupo coro di oh cazzo, fantastico, in che cazzo di guaio ci siamo cacciati a cui Charles aveva risposto con una scrollata di spalle. Come se non si sentisse già abbastanza in colpa.

"Quindi ci stai dicendo che non hai nessuna cazzo di idea su cosa fare adesso?"

"Sto seguendo una lista" aveva risposto, deglutendo.

Gli occhi di Carlos avevano incrociato i suoi. Erano pieni di fiducia e di determinazione.

"Qual è il prossimo punto?"


Quattro. Chiama un esperto.

Se questo è il tuo primo esorcismo, non improvvisare.

La filmografia di un certo tipo ha impresso in tutti l'idea (sbagliata) che chiunque possa compiere un esorcismo, ma purtroppo non è così. Se non sei a tuo agio con le formule di saluto e con le preghiere specifiche del caso, non confrontarti in prima persona con l'entità ma cerca l'aiuto di un esperto.

Ogni circoscrizione della Chiesa cattolica ha almeno un emissario deputato al ministero dell'esorcismo, ma è possibile trovare molti esorcisti laici al giorno d'oggi. In fondo alla newsletter troverai alcuni numeri utili a cui rivolgerti in caso di emergenza.

La prossima settimana non perderti la lezione sulle preghiere per principianti. Un ottimo modo per iniziare ad approcciarti alla lotta contro i demoni.


Villa Leclerc, ore 23:58, 31 Ottobre 2021

La scala di legno scricchiola sinistra, sotto il peso dei passi pesanti del suo personale angelo della morte.

È vicino.

Charles crede di riuscire addirittura a sentire il rumore del suo respiro.

A questo punto non riesce più a trattenere i singhiozzi. Cerca di coprirsi la bocca con le mani, con scarso successo, mentre amare lacrime di paura, rimorso e impotenza scivolano lungo le sue guance.

Le ha provate tutte, ma non c'è stato verso.

Chiede scusa, a mezza voce, stringendo le dita attorno alla lampada rotta.

Scusa Max, giuro che non volevo ucciderti.


Villa Leclerc, ore 23:00, 31 Ottobre 2021

Max –o la cosa, quella che sembrava ma non era Max- doveva essersi svegliata.

I rumori che provenivano al di là della porta erano disumani e strazianti, facevano accapponare la pelle.

"Forse dovrei stordirlo ancora" aveva suggerito Antonio, mestamente, e prima che Charles potesse dissentire Carlos gli aveva stretto lievemente la spalla, in un gesto così intimo e compassionevole che gli aveva fatto venir voglia di piangere.

"Non è una brutta idea, Charles."

"Io vado con Antonio" aveva detto Pierre, allora, impugnando l'attizzatoio ed usandolo per tirarsi in piedi.

Si erano scambiati tutti un cenno d'assenso.

"Io e Lando andremo fuori a cercare un po' di campo e proveremo a chiamare questi numeri" aveva proseguito lo spagnolo, risoluto.

Charles aveva guardato Daniel, accovacciato in un angolo, con il braccio stretto al petto e la fronte imperlata di sudore. Sembrava sconvolto, completamente assente.

"Io resto con Dan" aveva detto, e nessuno aveva avuto da ridire.

Carlos e Lando avevano infilato il corridoio in direzione opposta ed erano spariti dietro al grande portone d'ingresso, che si era chiuso alle loro spalle con un cigolio spettrale. Dopo pochi istanti, i rumori dall'interno della sala da pranzo si erano attutiti, per poi interrompersi bruscamente.

Antonio aveva stretto il tubo metallico più forte, nella sua mano, e Pierre aveva indugiato appena un istante con la mano sul pomello d'ottone. Poi, aveva girato.

"Porca puttana"

Da dove era, Charles non poteva vedere l'interno della stanza, ma gli erano bastate le facce dei due amici per sentire il sangue defluire dal suo viso.

Il clangore dell'attizzatoio che era scivolato di mano a Pierre aveva fatto alzare il capo perfino a Daniel, che lo aveva guardato pieno di orrore.

"Cosa sta succedendo?"

Un pessimo presentimento si era impossessato delle sue viscere ed era stato presto confermato dalle parole di Antonio, le ultime che aveva bisogno di sentirsi dire. Charles aveva attraversato il corridoio in due balzi, e si era affacciato con il fiato sospeso all'interno della stanza.

Il tavolo era sgombro, e le cinghie giacevano appese mollemente ai quattro angoli, tranciate di netto. La grande finestra era aperta e le lunghe tende scure svolazzavano nel vento gelido della sera.

Max non era più lì.


Daniel aveva ripreso a piangere, sommessamente, con le mani nei capelli.

"Dobbiamo andare a prenderli" continuava a mormorare, a mezza bocca, in una litania quasi liturgica. "Non possiamo farli morire così."

Charles aveva ricacciato in gola le parole che avrebbe voluto dire, perché sapeva che non avrebbero giovato a nessuno, in quel momento. Sono già morti, aveva pensato. Non avevano possibilità.

"Se usciamo adesso, siamo morti anche noi" aveva detto, invece. Per qualche strana ragione, i suoi pensieri suonavano ancora più lugubri, una volta pronunciati ad alta voce.

Pierre aveva appoggiato la testa allo stipite della porta e aveva chiuso gli occhi, riflettendo sul da farsi.

"Cosa dice la tua lista dopo questo, calamar?"

Il suo cuore aveva perso un battito, ed i suoi occhi si erano riempiti di lacrime. Inutile, stupido Charles.

Aveva distolto lo sguardo, tristemente, puntandolo verso il grande finestrone nell'ingresso, dove si vedeva uno stralcio di luna, e il manto nero della notte ad avvolgere ogni cosa.

Le parole erano piovute sugli altri come spilli incandescenti.

"Non dice niente."

C'era stato silenzio, e per un po' nessuno aveva detto niente.

Ognuno aveva fatto decantare l'informazione nel proprio cuore, scendendo a patti col fatto che le loro possibilità di uscire vivi dalla casa dei nonni Leclerc erano sempre più misere, ogni secondo che passava.

"Hai avuto qualche presentimento, stasera?" aveva chiesto Pierre, dopo un po'.

Charles aveva ripensato al dolore al petto che aveva provato prima che arrivassero tutti gli invitati, quando Carlos lo aveva spaventato proprio lì, nel corridoio. Alla fitta che aveva sentito quando Daniel gli aveva chiesto del cervo impagliato.

Una lacrima solitaria aveva rigato il suo volto. Pierre nemmeno ci credeva, a queste cose.

"Ti voglio bene, calamar" aveva sussurrato.

Poi, un rumore sordo li aveva spinti a voltarsi verso la porta. Il legno massiccio attutiva le grida dall'esterno, ma non i colpi, inferti a raffica, così forti da far sospettare che non si trattasse di esseri umani.

"Credi che siano loro?" aveva gridato Antonio.

"Non lo so!"

La porta aveva tremato, più forte, come se fosse sul punto di scardinarsi. Le urla al di là della casa, erano ormai vicine e colme di sofferenza.

"Cazzo- io, io...vado a vedere." aveva dichiarato, dando loro le spalle e muovendosi di qualche passo, con il tubo stretto convulsamente nella mano sporca e sudata. Si era fatto il segno della croce, prima di abbassare la maniglia. Poi una mano rossa lo aveva afferrato per la camicia e tirato fuori.

Pierre, Daniel e Charles si erano guardati, esanimi e completamente atterriti, ma era durato appena un istante perché poi tutte le luci si erano spente, ed era stato il buio completo.

Era finita.


Cinque. Non rimanere da solo con lui, mai ed in nessun caso.

Se hai seguito correttamente tutti i punti precedenti, a quest'ora gli aiuti saranno in arrivo ed è solo questione di tempo prima che quest'orribile evento sia soltanto un ricordo. La percentuale di successo degli esorcismi è diventata piuttosto alta, negli anni, anche grazie all'affinamento del ministero, operato da enti specializzati come il nostro.

In ogni caso, se qualcosa dovesse essere andato storto, o se l'esorcista ci mettesse più tempo del previsto ad arrivare, c'è un'unica norma di buon senso che è assolutamente imperativo seguire.

Non rimanete da soli in uno spazio chiuso con lui. Le possibilità di scampo non sono statisticamente significative.


Villa Leclerc, ore 23:59, 31 Ottobre 2021

Charles conta sessanta secondi.

Poi la porta della soffitta in cui si è nascosto dopo il blackout, si apre con uno scricchiolio sinistro ed è grato all'oscurità che avviluppa ogni cosa, perché non crede che potrebbe sopportare di vedere Max ridotto ad una bestia selvaggia, coperto del sangue di Yuki, di Carlos, di Lando, di Antonio, di Pierre. Del sangue di Daniel.

Sangue del suo sangue.

In tutte le volte che ha pensato alla sua morte non aveva mai immaginato che lo avrebbe colto così -spaventato, sconfitto, messo all'angolo, letteralmente. Anche se deve ammettere che prova un tetro senso di sollievo all'idea di morire, dopo tutto quello che è successo, dopo tutte le persone che ha perso.

I passi si avvicinano, concitati. Ormai è nella stanza. A un metro o due da lui.

"Charles?"

Inspira a fondo e riapre gli occhi.

"Sei qui?"

Si prepara all'ultimo, disperato tentativo.

Non avrei mai voluto farti questo, pensa. Ma è o te o me. Ed io, forse, voglio ancora vivere.

La sua vista, abituata all'oscurità, distingue il profilo di ogni mobile e suppellettile ammassata della stanza, e non fa fatica a riconoscere la punta della scarpa di Max, a pochi centimetri dalla sua. Di nuovo quella strana sensazione di costrizione al petto.

Un presentimento. Il presentimento definitivo.

Poi un fascio di luce lo acceca, inducendolo a coprirsi gli occhi con le braccia e a mollare la presa sulla lampada, che cade sul pavimento producendo un baccano infernale.

"Ma che cazzo, amico, mi hai fatto venire un infarto."

Charles resta congelato sul posto, incapace di muovere un singolo muscolo.

È una sensazione molto strana, da descrivere. È come una paralisi del sonno, solo che lui è sveglio e l'incubo è orrendamente reale.

La figura di Max si accuccia al suo fianco e allunga una mano, per colpirlo. Strangolarlo. Ucciderlo. Lui si ritrae, cercando a tentoni di recuperare un'arma con cui difendersi.

"Dio, Charles- stai bene? Hai una faccia..."

A metà strada incontra il suo sguardo, e c'è qualcosa di profondamente sbagliato in quello che vede.

Non c'è sangue. Né graffi. Né tagli. Il volto di Max è pulito e corrucciato. La preoccupazione è evidente sul suo viso.

"Charles, per favore. Mi stai spaventando." Gli dice, e quando trova la sua spalla la sfiora delicatamente. "Ti senti bene? Devo chiamare qualcuno?"

Le mani di Charles vanno istintivamente al suo collo, cercano di tracciare a memoria i segni scuri che l'altro gli ha lasciato poche ore prima. Stringe, nel tentativo di rievocare quel fastidio sordo, quell'indolenzimento, ma la gola gli si strozza davvero, sempre di più, finché non inizia a boccheggiare e tremare e-

E le mani di Max sono così delicate, su di lui.

"Va tutto bene. Va tutto bene." Continua a ripetergli, e Charles pensa che niente davvero abbia più un senso, ormai. "È solo un attacco di panico, non stai morendo. Sei con me. Sei al sicuro." Prosegue l'altro, con voce calma. "Respira con me. Pensa ad un ricordo felice. A qualcosa di bello. Pensa a dieci cose che ci sono nel salotto di casa tua." E mentre Charles piange, gli asciuga le lacrime con la punta del pollice, e non è brusco o rude o seccato, quando lo fa.

Ed è diverso dal Max che Charles conosce, ma non nel modo in cui gli era sembrato prima.

È gentile e attento e impensierito.

"Max?"

Fruscio di passi, un urto improvviso, un'imprecazione mormorata a mezza bocca.

"Siamo qui" dice lui, spostandosi di lato per far spazio a qualcun'altro nel cantuccio ristretto in cui Charles aveva trovato riparo.

Pierre ha il viso illuminato dalla torcia del suo cellulare. La sua felpa bianca è immacolata, le mani affusolate e pulite. Sembra sereno, forse un po' stanco. Ha una ruga di espressione in mezzo alla fronte, però, che tradisce una certa apprensione.

Charles batte le palpebre, si stropiccia gli occhi umidi di pianto. Dev'essere morto, o impazzito.

O entrambe le cose.

Allunga una mano per toccare l'amico, per essere sicuro che sia davvero lì.

"Grâce aux Dieux tu es vivant" mormora.

"Charlot, tutto bene? Sembra tu abbia appena visto un fantasma."

Pierre e Max si scambiano un'occhiata allarmata, poi è Max ad offrire a Charles una mano, per aiutarlo a rimettersi in piedi. Niente di tutto quello che accade gli sembra effettivamente reale.

Ci mette cinque minuti buoni a mettere in fila le parole per fare una domanda di senso compiuto, anche se poi è solo un banale cosa sta succedendo?

"C'è stato un blackout. Pensavamo fossi venuto a cercare il generatore di emergenza." Spiega Max, stringendosi nelle spalle. "Sono venti minuti che giriamo come dei coglioni per questo labirinto di casa con le torce dei cellulari. Sembra il fottuto Blair Witch Project."

"Non ti abbiamo visto tornare e ci siamo preoccupati."

Charles si appoggia di peso allo stipite della porta della soffitta, e si massaggia le tempie. Gli scoppia letteralmente la testa.

"E tutti gli altri? Stanno bene?"

Pierre e Max lo guardano come se fosse completamente pazzo, e un po' ci si sente.

Non riesce più a dire cosa sia reale e cosa no.

"Di sotto." Risponde Pierre, saltando i gradini a due a due fino al piano inferiore. "Lando stava facendo una partita a quel gioco di merda che ha portato insieme a Tonio, quando la luce è saltata. Daniel fa finta di suonare quel pianoforte scordato che c'è in salotto e Carlos è andato fuori. Isa lo ha chiamato un'ora fa e non si è ancora rifatto vivo. Direi problèmes au des bonbons."

"E Yuki?" fa in tempo a chiedere Charles, prima di imboccare il corridoio e vedere la figura minuta del più piccolo avvolta da un lenzuolo. Il suo cuore perde un battito, ma poi Max fa una risata, breve e gracchiante.

"Yuki sta meglio di tutti, fidati di me." Lo rassicura. "Si è addormentato durante quella merda di film e non lo svegliano nemmeno le cannonate."

Non è possibile, eppure...

La luce si riaccende, con giubilo generale, e ogni cosa è al suo posto, esattamente dove dovrebbe essere. Il tavolo ingombro, il proiettore pendulo e il camino acceso con accanto paletta e attizzatoio.

Quando Carlos rientra ha la faccia tesa, ma sembra stare bene. Annuncia di aver avuto un imprevisto e di dover andare via di tutta fretta e quando Lando fa per chiedergli spiegazioni lui scuote la testa –come a dire lascia perdere, guarda, non farmi parlare che è meglio. Gli altri colgono la palla al balzo e lo seguono a ruota, evitando in modo più o meno velato di fermarsi ad aiutare Charles a mettere in ordine.

Lui li saluta con un sorriso tirato, distratto –rinchiuso in qualche angolo della sua mente.

Max è l'ultimo, ad andare via.

Indugia, sulla porta, come se volesse dire qualcosa, ma poi ci ripensa.

Arriva a metà del vialetto, prima di richiamarlo.

"Charles?"

La luce della luna e quella dei lampioni sul vialetto illumina il suo viso pallido, in netto contrasto col panorama cupo delle prime ore del giorno, quelle che precedono l'alba.

"Sì?"

Max si morde l'interno della guancia.

"Mi dispiace per quello che ti ho detto, stasera. Ho esagerato." Confessa. "Con Kelly e P è difficile, a volte. Ma non è colpa tua e non dovevo dire una cosa del genere."

Charles cerca di tracciare una linea fra sogno e realtà, di capire cosa sia successo davvero, cosa abbia effettivamente immaginato. Non si fida molto della sua mente, perciò si limita a scrollare il capo.

"Figurati."

Max risponde con un lieve cenno di assenso, poi gli dà la schiena, e sparisce nella notte.

Charles rimane ad ascoltare il rombo del motore della sua auto farsi sempre più silenzioso. Poi si chiude la porta alle spalle, e rientra in casa, con un sospiro. Ripercorre il corridoio, in trance, fissando le assi del pavimento e toccando i muri con la mano, come seguendo un filo magico, fino al salotto.

Intanto, gli occhi del cervo non si staccano mai da lui.

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