03.

(Nome)'s pov

Il secchio d'acqua era gelato. Ci aveva messo pochi secondi ad insinuarsi sotto l'uniforme, gocciolava lentamente sul pavimento, sotto le mie ginocchia.

Rimango a fissare la pozza lucida che si sta espandendo intorno a me, la sento sotto i palmi delle mani. I capelli sono incollati al viso, anch'essi totalmente bagnati.
Il mio zaino giace, aperto, poco più in là, i libri e quaderni sparsi in ogni dove; spero che almeno quelli siano rimasti asciutti.

Sento ancora la risata di Kendo e delle sue amiche rimbombarmi nelle orecchie, era stato una scherzo divertente, o almeno era quello che avevano detto mentre mi versavano addosso l'acqua riprendendomi con uno dei loro telefonini.

Se ne sono andate da qualche minuto, ma io ancora non sono riuscita a rimettermi in piedi. Piccoli brividi mi attraversano la pelle, laddove la camicia si è appiccicata come uno strato melmoso, che mi rallenta i movimenti.
Stringo le dita a pugno, maledicendo il momento in cui quelle persone erano entrate nella mia vita.

Mi alzo barcollando, il vetro della finestra mi restituisce un'immagine che avrei preferito non guardare.
Sono patetica. Con il mascara colato lungo gli zigomi, le labbra tremanti, e l'uniforme tutta stropicciata e grondante d'acqua.

Passo rabbiosamente un braccio sul viso, con il risultato di imbrattare ancora di più la giacca. A quell'ora - dopo la fine delle lezioni - i corridoi dell'ultimo piano sono vuoti, almeno nessuno mi avrebbe vista in quelle condizioni.

Raccolgo come un automa il contenuto del mio zaino, ficcandolo alla rinfusa al suo interno. Alcuni quaderni si sono rovinati e i libri hanno delle pagine strappate, ma almeno sono stati salvati dal 'gavettone'.
Mi dirigo verso i bagni, chiudendomi la porta alle spalle, poi scivolo a terra con la schiena poggiata ad essa.

Avrei dovuto immaginare che la mia scenata contro Kendo avrebbe avuto delle conseguenze, ma speravo che si sarebbe limitata ad ignorarmi come aveva fatto Monoma. Ma si sa, noi ragazze molte volte siamo più stronze dei ragazzi.

E dire che finalmente avevo trovato un equilibrio nella mia vita.
Con Kirishima le cose vanno alla grande, non siamo propriamente una coppia perché, apparte il nostro primo bacio, non ce ne sono stati altri. Però non possiamo neanche considerarci dei semplici amici.

Mi ha presentato persino alcune ragazze della sua classe, sembrano tutte gentili, a differenza di quelle a cui sono abituata. In quel momento, ho desiderato di essere capitata nella loro sezione a inizio anno.

Raggiungo il lavandino e inizio a strizzarmi i capelli, per poi passare alla giacca e alla gonna, ovvero le parti dell'uniforme che si erano beccate il contatto diretto con l'acqua. Mi sciacquo la faccia, rimuovendo ogni traccia di trucco e sperando che in questo modo scivoli via anche questa sensazione di impotenza che sto provando. So di non aver fatto nulla di male, so di non meritarmi ciò che mi hanno fatto, però c'è anche una parte di me che continua a ripetermi che non posso farci niente, che è così e basta.

Vorrei piangere, ma il mio orgoglio me lo impedisce.
Stringo il bordo del lavandino, fissando il mio riflesso pallido.

"Prima o poi la smetteranno."

O almeno così ho bisogno di credere.

-

"Fatemi uscire!" Le nocche delle mani mi fanno male a furia di battere contro la porta degli spogliatoi femminili. "Per favore! Per favore..." La mia voce va via via affievolendosi.

Se ne sono andati tutti.

Oggi la lezione di Educazione Fisica era all'ultima ora, quindi gli studenti, dopo essersi cambiati, potevano tornare direttamente a casa. Questo era il piano che avevo anche io, se non fosse che le mie compagne di classe avevano deciso di chiudermi dentro gli spogliatoi.

Ho passato gli ultimi giorni a ricevere prese in giro, scherzi di pessimo gusto - come colla sulla sedia, uniforme strappata o sgambetti improvvisi -, oggi però hanno davvero superato il limite. Se nessuno verrà a recuperarmi, sarò costretta a rimanere chiusa qui per il resto della giornata, fino a che il guardiano notturno non avesse deciso di fare la sua solita ronda di perlustrazione. Non si può mai sapere chi decide di intrufolarsi a scuola nelle ore più impensabili.

Abbandono il mio tentativo disperato di attirare l'attenzione e raggiungo la parte femminile dello spogliatoio per accomodarmi su una delle panche in legno, il cellulare stretto tra le dita.
In quel momento mi rendo conto che non ho nessuno da chiamare: i miei genitori quando lavorano non rispondono mai e, oltre Kirishima, non mi è rimasto più nessun amico.

Potrei chiamare lui.

Smanetto con le varie icone fino a che il suo contatto non mi compare sullo schermo, sto per premere sul simbolo verde della cornetta, quando mi blocco di colpo.

Non voglio farlo preoccupare. Mi tratta già con i guanti a causa di tutto quello che sa di me, se gli raccontassi anche di questi ultimi episodi sarebbe troppo. Non voglio che si faccia carico di tutti i miei problemi.

Blocco nuovamente lo schermo del telefono e me lo stringo al petto. Sussulto quando una lacrima mi rimbalza sulla coscia, scivolando giù, fino al pavimento.
Questa volta, a quanto, pare non ce l'ho fatta a resistere.

Un singhiozzo mi scuote la gabbia toracica. Speravo davvero che i miei compagni di classe avrebbero apprezzato la vera me stessa, quando finalmente avevo deciso di mostrargliela. Invece le cose sono peggiorate ancora: mi sento sola, incompresa e, soprattutto, presa in giro. Mi chiedo cosa ci sia di sbagliato in me, o forse magari è il mondo ad essere sbagliato.

"Che diavolo ci fai ancora qui, amica di capelli di merda!?"

La chioma sparata di Bakugo fa capolino dalla porta, il solito cipiglio irritato stampato in faccia.
Per la prima volta la vista di quel ragazzo mi da un'immensa sensazione di sollievo.

"Mi chiamo (Nome), per la cronaca..." Mi asciugo gli occhi con il dorso della mano, tirando sù con il naso.

"Non hai risposto alla mia domanda." Mi osserva attentamente, il suo tono di voce si è addolcito di parecchio rispetto al solito.

"Io..." Non riesco a guardarlo in faccia, tanto più perché non so se sia una buona idea dirgli la verità.

"Ti hanno chiusa dentro, non è vero?" Mi raggiunge e si accovaccia di fronte a me piegando le ginocchia, posa una mano sulla panca - poco alla mia sinistra - per reggersi in equilibrio.

Se prima avevo pensato di mentire, ora ogni mia iniziativa va in fumo. Annuisco in modo impercettibile, trovando poi il coraggio di alzare la testa e guardarlo in faccia. Non riesco a decifrare la sua espressione, non sembra arrabbiato, ma qualcosa mi dice che il suo cervello sta macchinando qualcosa.

"Chi è stato?"

"N-non lo so... delle mie compagne di classe, non so chi di preciso."

Bakugo fa un breve sospiro, poi si rimette in piedi e mi guarda dall'alto.
"Su, andiamo" dice, avviandosi in seguito verso la porta.

Dopo qualche secondo di smarrimento, raccolgo tutte le mie cose e mi appresto a seguirlo, o meglio, a saltellargli dietro, visto che le sue lunghe gambe sono molto più veloci delle mie.
Entra nella parte maschile e ne esce subito dopo con una t-shirt stretta in pugno, mi lancia un'occhiata.

"Se te lo stai chiedendo, ero tornato a prendere questa."
Alza l'indumento in questione, sventolandomelo sotto il naso.

"Va bene." Faccio una pausa. "Grazie, Bakugo."

"Per cosa, scusa?" ringhia.

"Per esserti preoccupato. Non bisogna dare certe cose per scontato."

Lotta per trattenere un sorriso, o forse è solo la mia immaginazione. Mi tocca la fronte con l'indice.
"Sta zitta e muoviti, baka."
Nonostante le sue parole, non c'è traccia di irritazione nella sua voce.

Raggiungiamo i cancelli della scuola camminando in silenzio, poi lui prende la strada opposta alla mia senza aggiungere altro.

"Bakugo?"

"Mmh?"
Gira leggermente la testa di lato.

"Non dire niente a Kirishima, okey? È stato solo uno scherzo... non c'è bisogno che si preoccupi."

"Non è stato uno scherzo." Trattengo il respiro. "Ma non gli dirò niente, dopotutto non sono cose che mi interessano."

Mi volto per incamminarmi, quando la sua voce mi ferma improvvisamente.
"Sei troppo buona, allo stesso modo di quell'idiota dai capelli rossi. Non dovresti permettere alle persone di calpestarti in questo modo."

Detto questo, se ne va ciondolando sul marciapiede, le mani infilate nelle tasche e la t-shirt recuperata buttata su una spalla.

Sospiro, forse non ha tutti i torti.

-

Stiracchio le braccia verso l'alto, questa notte non ho dormito molto. Tutto per colpa delle parole di quel porcospino dai capelli biondi.
Ho pensato e ripensato a cosa potessi fare per risolvere il problema, però non sono comunque riuscita a trovare una soluzione degna di nota.

Percorro a passo lento il corridoio che porta alla mia classe, mi fermo solo per fare un cenno di saluto a Kirishima - la cui sezione è posta all'inizio del piano -, poi filo dritto verso la mia destinazione.
Poco prima di raggiungere la porta sono costretta a fermarmi, un missile biondo mi sfreccia davanti, rischiando sul serio di prendermi in pieno: riconosco la schiena di Bakugo, mi chiedo cosa ci facesse là.

"Dovresti imparare a tenere a bada i tuoi amichetti."

Kendo mi placca all'ingresso, esibendosi in una delle sue pose 'ad anfora', con le mani chiuse a pugno sui fianchi e i gomiti aperti verso l'esterno. Non sembra affatto felice.

"Non capisco a cosa ti riferisca."

"Quel ragazzo, quel... Bakugo. È entrato in classe come una furia, urlando contro tutte le ragazze di questa classe." Ho sempre trovato il suo modo di gesticolare particolarmente esagerato. "Ci ha chiamate 'oche starnazzanti' e ci ha minacciate dicendo che, se non avessimo tolto quel video innocente dello scherzo che ti avevamo fatto, ci avrebbe buttato tutti i 'chili di fondotinta che usiamo' nei gabinetti della scuola."

Sicuramente Bakugo non avrebbe mai usato la parola 'gabinetto', mi ritrovo a pensare, cercando al contempo di contenere una risata che minacciava di scoppiare da un momento all'altro.

"E io che posso farci, scusa?" La voce mi esce più sicura di quello che mi aspettavo.

Non posso credere che lui abbia fatto una cosa del genere. Ieri sembrava sinceramente preoccupato per me, ma aveva chiaramente detto che i miei problemi non gli interessavano.

"Non ti abbiamo fatto niente di terribile-"

La mia risata interrompe di netto le sue parole. "No, infatti. Mi avete solo chiusa negli spogliatoi, sapendo benissimo che nessuno sarebbe venuto a recuperarmi."
Il sarcasmo sprizza da tutti pori.

"Per non parlare poi dell'acqua presa chissà dove che mi avete buttato addosso, o delle due uniformi ridotte a brandelli mentre indossavo quella sportiva, o dei nomignoli che vi siete divertiti ad inventare. Davvero, senza rancore." Faccio il sorriso più falso del mio repertorio.

"Siete delle persone pessime, sono contenta di aver tagliato i ponti. Non so cosa mi aspettavo di guadagnare da gente vuota, materialista e superficiale come voi. Quindi grazie di avermi aperto gli occhi."

Raggiungo il mio posto senza aggiungere altro, Kendo rimane sulla porta, con la bocca a formare una perfetta 'o' e nessuna idea su come rispondermi.

Le lezioni passano in fretta, la campanella che segna la pausa pranzo si diffonde per tutto l'edificio. Mi butto lo zaino in spalla con un sospiro, manca ancora metà giornata; oggi infatti faccio parte del gruppo che dovrà restare a riordinare l'aula e il corridoio.

Raggiungo la 1-A e mi fiondo all'interno della stanza, intercettando da subito la figura atletica di Bakugo, poggiato contro la parete a braccia incrociate. Lo afferro per la manica e - ignorando le sue proteste - lo trascino fuori dalla porta, e poi oltre il primo angolo, dove so esserci un corridoio poco frequentato dagli studenti.

Non so neanche io dove ho trovato il coraggio di fare una cosa del genere.

"Cosa cavolo ti è preso!?" comincia ad urlarmi contro, avanzando minacciosamente verso di me. Mi ritrovo presto con le spalle al muro. "È ora di pranzo, hai sentito la campanella o sei sorda per caso?"

Non devo farmi intimidire: fino a prova contraria questo ragazzo è stato gentile con me, nonostante i suoi modi bruschi. Lo guardo negli occhi, il mento alzato per dimostrare una sicurezza che non mi appartiene; mi sembra quasi di scorgere del fuoco danzare nelle sue iridi cremisi.

Ignoro la sua domanda. "Che ci facevi nella mia classe prima dell'inizio delle lezioni?"
Voglio sentirglielo dire.

"Saranno pure cazzi miei" ringhia.

"Bakugo." Ci metto una nota di avvertimento nella mia voce. "Lo sappiamo entrambi che non hai nessun'altro motivo per entrare in quella stanza. Quindi, perché mi stai aiutando?"

L'ho messo alle strette, un guizzo gli attraversa la mascella. Con la coda dell'occhio vedo le sue braccia posarsi ai lati della mia testa, contro il muro.

"Se Kirishima ha visto qualcosa in te ci sarà un motivo, lo vedo nel suo sguardo che ha perso totalmente la testa." Il mio cuore accelera di botto. "Non mi va che faccia di nuovo il depresso per colpa tua."

Abbasso la testa, dovevo aspettarmi che lo facesse per lui. In fondo speravo di aver trovato un altro amico su cui poter contare, che magari ci tenesse.

"Poi..." Per la prima volta percepisco esitazione nella sua voce. "Sicuramente neanche te lo ricorderai. A inizio anno avevo dimenticato in classe un quaderno, al suo interno c'era qualcosa di veramente importante, temevo di averlo perso sul serio. Ma tu l'hai recuperato e l'hai consegnato a mia madre."

Un ricordo si fa spazio nella mia mente. "Oh, quel quaderno... Era il giorno delle pulizie, l'ho trovato sul tuo banco - o meglio, l'ho notato quando sono passata davanti alla vostra classe - e ho pensato che, se quell'oggetto fosse stato mio, mi avrebbe fatto piacere che qualcuno me lo riportasse. Così ho chiesto il tuo indirizzo in segreteria e sono passata da casa tua; mi ha aperto tua madre in effetti. Quel poster autografato da All Might doveva valere tanto per te." La punta delle sue orecchie arrossisce leggermente. "Non ci ho messo le mani sopra" puntualizzo, "è stata Mitsuki a dirmelo."

Mi passo una mano dietro il collo, riesco a scorgere il mio riflesso nei suoi occhi tanto siamo vicini.
"Ma scusami, come hai fatto a scoprire che ero io quella ragazza?"

"Ti ho vista dalla finestra di camera mia."

Si allontana di botto, liberandomi dalla gabbia umana che aveva creato con le sue braccia. Ammetterlo dev'essere stato difficile per lui.

"Quindi è anche per questo-"

Mi afferra il mento con due dita, bloccando la mia frase a metà.
"Non mi piace essere in debito con qualcuno, tutto qui."

-

Kirishima's pov

La gelosia è un sentimento subdolo. È qualcosa che nasce dentro di te e si prende sempre più spazio, poco a poco, finché non puoi più fare nulla per controllarla. Inizi a farti mille paranoie, a immaginare scenari che magari non si realizzeranno mai e a mettere in dubbio ogni cosa.

Vedere (Nome) e Bakugo appartati in quel corridoio vuoto, così vicini, mi ha fatto provare la stessa sensazione. Come se si fosse creato un buco nero nel mio stomaco, pronto a risucchiare tutto, e il mio cuore fosse stretto in una morsa.

Mi lascio cadere sul pavimento, nel solito punto in cui io e lei ci incontriamo durante la pausa pranzo. Tiro fuori il cellulare e, per passare il tempo, comincio a girovagare tra i vari social. Un video attira subito la mai attenzione. È stato postato da una delle ragazze che vanno in classe con (Nome), infatti lei è stata taggata nella didascalia.

'Abbiamo trovato una bellissima sirenetta in mezzo al corridoio. Non è vero, (@nomeprofilo)?'

Più il video va avanti e più la stretta al mio cuore diventa forte, mi porto una mano davanti alla bocca; quasi non riesco a guardare il modo in cui l'hanno trattata, le loro risate di scherno e la figura inerme di (Nome) inginocchiata sul pavimento, infreddolita e con i vestiti grondanti d'acqua.

Continuo a scorrere il profilo, altri video simili appaiono sullo schermo.

'La principessa è rimasta chiusa negli spogliatoi.'

Le urla di (Nome) sono ben udibili nel filmato, così come i suoi colpi contro la porta rossa che collega il campo d'allenamento agli spogliatoi.

'(@nomeprofilo) non avrà problemi a comprarsi una nuova uniforme.'

Con allegata la foto di una divisa ridotta a brandelli.
A seguire, uno scatto di (Nome), ripresa mentre fa il suo ingresso nella sua sezione, mentre una mano ignota la strattona per una bretella dello zaino.

'Anche stamattina si è presentata in classe la nostra anoress-'

Premo con forza sul tasto home del cellulare, ritornando così alla schermata principale. Non riesco più a sopportare la vista di certe immagini, specialmente perché riguardano lei.
Come ho fatto a non accorgermi di nulla? Io che le avevo promesso protezione. Sono stato così cieco da non notare i suoi sorrisi tirati, i suoi sguardi tristi. Mi sono convinto che fosse parte del suo modo di essere, che stavo riuscendo ad aiutarla, ma così a quanto pare non era.

Mi prendo la testa fra le mani. Perché non mi ha detto niente?

Mi raddrizzo di scatto quando sento la porta di metallo sbattere dietro l'angolo del muretto, annunciando l'ingresso di qualcuno sul tetto dell'edificio. Poco più tardi l'oggetto dei miei pensieri fa la sua comparsa di fronte a me, in quel momento mi rendo conto di avere la gola completamente secca, la guardo senza dire niente. Vorrei abbracciarla, ma i muscoli sembrano non rispondere ai miei comandi.

"Perché non mi hai detto niente?"
Finalmente riesco a dar voce ai miei pensieri.

"Cosa..." Spalanca gli occhi, segno che ha capito a cosa mi riferisco. "Te l'ha detto Bakugo?"

Un pugno invisibile mi colpisce allo stomaco, la gelosia torna a farsi sentire.
"Lui lo sapeva?" chiedo con voce strozzata.

"Si... è stato lui a liberarmi dagli spogliatoi." Si torce le dita, lo sguardo puntato sul pavimento. "E allora come hai fatto a scoprirlo?"

Faccio un sospiro, non posso credere che qualcun'altro sia corso in suo aiuto.
"I video, le tue compagne di classe ne hanno disseminato Instagram."

Una folata di vento le fa finire una ciocca di capelli davanti al viso, se la sposta con impazienza. "Dovevo immaginare che prima o poi li avresti visti, è stato stupido cercare di nascondertelo."

Mi rimetto in piedi per fronteggiarla.
"Non hai ancora risposto alla prima domanda."

"Non volevo che ti preoccupassi." Allunga una mano verso il mio braccio, ma io mi scanso poco gentilmente. "Ti sei già fatto carico di troppe cose che mi riguardano."

"Avevo promesso che ti avrei protetta da tutto, che ti sarei stato accanto. Ma se tu non mi parli non posso riuscirci, lo capisci vero!?" Non volevo rivolgerle questo tono, nè tantomeno urlarle contro, ma in questo momento faccio fatica a contenere le mie emozioni.

Mi passo nervosamente le mani tra i capelli, tirandoli leggermente per ritrovare la giusta lucidità. "Ti sei affidata a Bakugo, ad un ragazzo che non è per niente l'incarnazione della gentilezza. Non ne capisco il motivo."

Rimane ferma dov'è, la mia sfuriata sembra non averle fatto per niente effetto.
"Sei suo amico, dovresti sapere che le cose non stanno così. Anche se non sa dimostrarlo, è una persona che tiene ai suoi amici."

"Ma tu non sei sua amica!"

"Io magari no, ma tu si."

Inspiro bruscamente. "Quindi ora vuoi farmi credere che lui ti ha aiutata per me? Che vi siete nascosti in quel corridoio vuoto per fare un favore a me?"

Sgrano gli occhi quando sento (Nome) fare una breve risata.
"Quindi è quello il problema. Sei geloso, il tuo ego maschile è stato messo alla prova." Vi è una nota di scherno nella sua voce. "Non sei veramente preoccupato per me, ti da fastidio che qualcun'altro stia portando avanti l'eroico compito di cui ti eri fatto carico."

Mi sento punto sul vivo.

"Si, mi da fastidio" ammetto. "Mi da fastidio che un altro ragazzo possa fare per te ciò che vorrei fare io, che tu possa rivolgergli quei rari sorrisi che rivolgeresti a me, che alla fine tu possa scegliere qualcuno che non sia io. Ci sono tante persone che sono meglio di me, e io ho paura che tu possa accorgertene da un momento all'altro."

"Sei un idiota."

"Eh?"

Rimango interdetto, non mi aspettavo una frase del genere da parte sua. Rispetto alle prime volte in cui abbiamo parlato, sembra che poco a poco sia riuscita a tirare fuori la sua determinazione, il suo vero carattere. In un certo senso, non posso che essere fiero di lei.

"Bakugo ha scoperto tutto per puro caso e il motivo per cui ci hai visto in quel corridoio è solo perché volevo ringraziarlo. Sapevo che gli avrebbe dato fastidio se lo avessi fatto davanti a tutti." Non sembra arrabbiata con me, più che altro stranita dal mio comportamento. "E poi, non ti si addice la parte dell'insicuro. Fino a qualche tempo fa ero io quella che si faceva inutili paranoie."

Mi sorride, in quell'istante tutto sembra diventare più luminoso.
"E, anche se fosse, non ti scambierei per nessuno."

Questa volta è toccato a me arrossire.

-

(Nome)'s pov

Sbuffo, mentre mi chino in avanti per pulire l'ennesimo banco. I movimenti circolari della pezza bagnata che sto usando solitamente riescono a calmarmi, ma oggi, dopo tutte le cose che sono successe, non vedo l'ora di tornarmene a casa. Inoltre, la prospettiva di passare delle ore in più con i miei 'amabili' compagni di classe non è il massimo.

Guardo sconsolata la fila di banchi che devo ancora lucidare, non ho ancora terminato la metà di quella che mi è stata assegnata. "A volte mi piacerebbe essere nata in America, almeno là esistono quelli che comunemente chiamano bidelli" mormoro fra me e me.

Sussulto quando una mano viene sbattuta prepotentemente sulla superficie lignea di fronte a me, non mi ero nemmeno accorta che qualcuno si fosse avvicinato. Alzo lo sguardo, incontrando così gli occhi verdi di Kendo.
Tutto il resto della classe è uscita, forse sotto le direttive della stessa ragazza.

"Dovresti smetterla di comportarti come una povera vittima indifesa."

Mi fermo, lo straccio rimane abbandonato sul banco.
"Come, scusa?"

"Sono curiosa di sapere se lo fai per attirare l'attenzione di ragazzi come Bakugo o Kirishima, o se ti credi migliore di noi."

Aggrotto le sopracciglia.
"Sei parecchio fuori strada, Kendo."

Con un movimento aggraziato, poggia le mani sul bordo del banco e si siede su di esso con le gambe lasciate a penzoloni. "Scommetto che in fondo sei una di quelle ragazze che si credono pure ed innocenti, sicure che qualsiasi cosa facciano sia quella giusta, ma che vengono trattate male dalle altre persone perché queste sono invidiose di loro."

Stringo i pugni, piazzandomi davanti a lei.
"Sicura di non star descrivendo te stessa?"

Ride, la sua risata mi da istantaneamente sui nervi. "Povera piccola (Nome), presa in giro da tutti e isolata dal resto del mondo. Non si merita tutta questa cattiveria..."

"Non cederò alle tue istigazioni, il tuo gioco non funziona con me."

"In fondo ti ho sempre detestata, ma finché eri mia amica e potevo comandarti a bacchetta mi eri ancora utile. Ora invece, quando hai deciso di tirar fuori il tuo vero carattere, la cosa è diventata parecchio irritante. Speravo che fino alla fine avresti deciso di cambiare classe, o magari scuola, ma, nonostante tutto il mio impegno, non vuoi cedere."

Si sposta un ciuffo di capelli dagli occhi. "Eppure hai già cambiato scuola qualche tempo fa. Perché questa volta è diverso?" Posa un dito sul mento con fare pensoso, poi spalanca gli occhi come se avesse avuto un'illuminazione. "Ah, giusto! I tuoi genitori dovevano insabbiare il fatto di avere una figlia malata, una figlia che ha tentato di suicidarsi."

Inspiro bruscamente, sento il cuore rimbombarmi nelle orecchie, un senso di vertigine mi stringe il petto. "Come... come fai a saperlo?"
Le parole mi escono a fatica, ho l'affanno nonostante io non abbia corso.

"Ho i miei mezzi." Mi guarda, compiaciuta dalla reazione che mi ha provocato. "Sapevo che il tuo passato nascondeva qualcosa di losco, sembravi troppo perfetta per essere reale. Ma ora basterebbe così poco per rovinarti... Immagina - fa un ampio gesto con le braccia - gli sguardi pietosi che ti rivolgerebbero se tutta la scuola lo venisse a sapere."

Sto tremando, o forse è la temperatura della stanza ad essersi abbassata.
"Che ti ho fatto di male?" riesco a chiedere.

"Sei sempre stata la preferita di tutti, persino Monoma pendeva dalle tue labbra prima che tu lo rifiutassi." Prende una ciocca di capelli ramati e se la rigira fra le dita. "Quindi fai la tua scelta: o sparisci dalla mia vita, oppure potrei lasciarmi scappare il tuo piccolo segreto."

Non è giusto.

Potevo sopportare le prese in giro, gli scherzi, essere ignorata da tutti, derisa. Ma questo no, non posso permetterle di portarmi via tutto; non quando finalmente sono riuscita a superare quella parte del mio passato, quando ho trovato qualcuno di speciale pronto a stare al mio fianco. Non può portarmi via ogni cosa di nuovo.

Kendo urla quando l'afferro per il colletto dell'uniforme e la scaravento giù dal banco, trascinandola per tutta la classe, fino a che non si ritrova di spalle al muro: le mie mani strette attorno al suo collo e gli occhi fiammeggianti.

"Devi smetterla di tormentarmi" dico a denti stretti.
La tiro a me, per poi sbatterla nuovamente contro il muro.

"Tu... tu sei pazza." Mi circonda i polsi con le mani, ma non riesce comunque ad allentare la presa. "E lasciami-!" Le parole le muoiono sulle labbra quando le tiro uno schiaffo.

Non so cosa mi sia preso, so solo che una rabbia ceca ha preso il sopravvento. Vorrei distruggere qualsiasi cosa mi si trovi davanti, lo sguardo terrorizzato della ragazza mi fa provare un senso di sadica soddisfazione che quasi mi da alla testa. Deve capire che non può più controllarmi, non può più mettermi i piedi in testa.
E, a quanto pare, questo è l'unico modo.

"I tempi in cui stavo zitta e buona sono finiti." La trascino sul pavimento, bloccandole entrambe le braccia con le ginocchia. "Non puoi più giocare con me. Hai detto che sono malata, e magari hai ragione, ho quasi rischiato di uccidermi, ma ora ho capito che non sono io a meritarmi tutto quel dolore."

"(Nome), ti prego-"

"STA ZITTA!" Le porto una mano alla gola, stringendo spasmodicamente la presa. "Non hai il diritto di pregarmi, non dopo che io l'ho fatto con te decine di volte e l'unica cosa che ho ottenuto è stata la tua cattiveria. Sarò anche pazza, ma almeno non sono un mostro come te."

Il suo volto è arrossato, scorgo il bianco degli occhi sotto le palpebre socchiuse, il suo corpo trema leggermente. Mi chiedo dove io abbia trovato tutta quella forza.

"Non ridi più?" Mollo la presa di scatto, Kendo comincia a tossire ininterrottamente, ha gli occhi pieni di lacrime. "Dov'è finita tutta la tua sicurezza?"

La libero dal peso del mio corpo e mi rimetto in piedi, restando ad osservarla dall'alto: la cosa che più mi spaventa è il non provare nemmeno un briciolo di senso di colpa dopo quello che ho fatto. Sento solo il vuoto, come se nulla possa più sfiorami.

"Se vuoi parlare, fallo pure. Ma sappi che la prossima volta non mi fermerò."

Mi volto per andarmene, e in quel momento mi blocco di colpo. Tutta la consapevolezza di ciò che è appena successo mi colpisce in pieno, forse perché la sto leggendo in quegli occhi che mi guardano sotto shock.

Kirishima è in piedi sulla soglia della porta.

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