02.

(Nome)'s pov

La porta del tetto si apre cigolando leggermente. Non è molto usata dagli studenti della mia scuola, che, durante la pausa pranzo, preferiscono rifugiarsi nella mensa o nell'ampio giardino che circonda l'edificio.

L'ampio spazio vuoto, circondato da una semplice ringhiera di metallo, riflette la luce del sole pomeridiano sui mattoni color sabbia che ne compongono il pavimento. L'unico spazio d'ombra, a quest'ora, è il rettangolo proiettato dal muro che nasconde la scalinata con cui ho raggiunto il punto dell'incontro.

Ed è proprio là che scorgo la figura del ragazzo, seduto con la schiena poggiata sulla parete e le lunghe gambe lasciate distese di fronte a sè.
Neanche il tempo di fare un altro passo che lui, come se avesse percepito la mia presenza, alza la testa e posa i suoi occhi su di me.

Mi sento andare a fuoco come ogni volta che fa quel gesto, gli basta guardarmi e tutto il resto del mondo sembra farsi ovattato. Vedo il suo sorriso comparire quasi a rallentatore, una piccola porzione di denti bianchi fa capolino tra le labbra rosee.

"Stai aspettando da molto?"

La mia voce esce timida come al solito. Anche se nelle ultime settimane ho preso molta più confidenza con lui, non riesco a comportarmi in maniera totalmente rilassata. Forse è colpa di tutto il tempo che ho passato a nascondermi da tutto e tutti o, più semplicemente, sono fatta così e basta.

È da qualche giorno che abbiamo cominciato ad incontrarci in questo posto per pranzare insieme. Ogni volta mi porta qualcosa di diverso da mangiare, preparato da lui o comprato in uno dei posti che preferisce. Devo ammettere che il mio viso ha ripreso colore e le guance appaiono meno scavate rispetto alle settimane precedenti.

Anche se volessi, non riuscirei a rifiutare ciò che Kirishima mi offre, la sua espressione adorabile è qualcosa a cui non si può dire di no. Ormai ne sono consapevole.

"Solo cinque minuti, non preoccuparti" Mi fa segno di sedermi accanto a lui, e, nel frattempo, tira fuori dallo zainetto una busta contenente due porzioni di ramen vegetariano. "Spero che il menù di oggi sia di tuo gradimento"

Mi aggiusto la gonna prima di accomodarmi, poi sposto lo sguardo sul viso ovale del ragazzo. Alla luce del sole la piccola cicatrice sul suo occhio spicca più del solito; senza pensarci, sollevo la mano sinistra e poso l'indice sul punto esatto in cui questa gli attraversa la palpebra.

Lo sento ridacchiare sotto il mio tocco, si abbassa fino alla mia altezza e mi osserva da sotto il palmo della mano. Il suo odore maschile mi riempie le narici, è stranamente dolce e, al contrario di quel che si possa pensare, gli calza a pennello. Non avrei potuto immaginare nessun'altra fragranza su un ragazzo come lui.

"Si nota tanto? La cicatrice dico..."

Kirishima's pov

"Uhm..." Ci pensa sù per qualche secondo, scommetto che sta decidendo se essere sincera e dirmi la verità oppure essere gentile e darmi una di quelle sue risposte dolci. "Di solito no, ma con questa luce sembra più evidente"

Le guance arrossate e il modo in cui tiene la testa leggermente inclinata verso il basso la rendono ancora più carina ai miei occhi. Sono contento che abbia deciso di passare la pausa pranzo con me, sinceramente non mi aspettavo che accettasse la mia proposta, specialmente a causa del suo carattere riservato.

All'inizio mi sono detto che lo facevo per aiutarla. Infatti, da quando ho cominciato ad occuparmi dei suoi pasti, lei ha un aspetto molto più sano rispetto al giorno in cui ci siamo conosciuti. Le gambe hanno cominciato a delinearsi, se prima erano sottili come bastoncini, ora si può iniziare a notare la curva dei polpacci e delle cosce. Il viso appare molto più luminoso e le labbra hanno assunto un colorito talmente rosato da sembrare ricoperte di lucidalabbra.

Ora, però, non ne sono più tanto sicuro. Mi sono reso conto che mi piace passare questi momenti con lei, osservarla quando non se ne accorge e sentirla ridere alle mie battute stupide. Non è una ragazza di molte parole ma, le poche volte che decide di parlare, lo fa con quel tono delicato che mi piacerebbe poter ascoltare ogni sera prima di addormentarmi.

Non è mai banale e, quando dice qualcosa, lo fa con un obbiettivo ben preciso. È totalmente diversa da tutte le altre ragazze a cui importa solo di stare al centro dell'attenzione; (Nome) vive la sua vita senza pensare a chi la circonda, è semplicemente sè stessa, sicura che nessuno voglia posare il proprio sguardo su di lei.

Ma è proprio questo a renderla ancora più bella.

"Sai come me la sono fatta?"

La vedo scuotere leggermente la testa, i suoi grandi occhi ancora posati sulla piccola cicatrice. Prima che possa abbassare la mano che una volta era posata sul mio viso, la prendo tra le mie e la stringo leggermente: è morbida e sottile, ma molto più fredda di quanto mi aspettassi. Lei cerca di nascondere l'imbarazzo dovuto al mio gesto, la cosa mi porta a sorridere ancora di più.

"Ero piccolo quando è successo, mi ricordo che volevo imitare il protagonista di uno dei cartoni sui supereroi che mi piaceva guardare. Così mi sono arrampicato su una roccia abbastanza alta e sono saltato giù. Ovviamente non avevo calcolato il terreno ancora umido di rugiada, sono caduto e ho sbattuto il viso contro uno dei sassi sparsi in quella zona." Ridacchio al ricordo della mia imprudenza, mentre l'espressione di (Nome) si fa seria. "Ho fatto prendere un bello spavento a mia madre - proseguo, ripensando al momento in cui ero ritornato da lei con l'occhio ricoperto di sangue-, da quel giorno non mi ha più lasciato avventurarmi da solo nel boschetto vicino al parco in cui andavo a giocare."

I seguenti due minuti passano nel più totale silenzio. Poi lei, senza preavviso, mi prende una mano e se la porta alla base del collo, poco sotto lo scollo della camicia bianca che compone l'uniforme. In quel punto la pelle è leggermente più ruvida, una lucida cicatrice biancastra le attraversa la porzione di cute posta esattamente sopra la clavicola sinistra.
Assottiglio lo sguardo e sento una serie di brividi risalirmi la schiena, qualcosa mi dice che la storia dietro la sua cicatrice non è altrettanto leggera come la mia.

"Cosa ti è successo?" sussurro, senza trovare la forza di alzare ulteriormente la voce.

Deglutisco quando i suoi occhi, in uno slancio di coraggio, si incastrano nei miei: vi leggo dentro un dolore che non avevo mai visto in nessun'altro. È come se si fossero spenti all'improvviso, persino il cielo riflesso al loro interno appare più scuro di quanto sia in realtà.

"Non è una bella storia."

Per la prima volta da quando ci siamo conosciuti la sua voce non trema, è decisa, forte. Come quella di una persona che ne ha passate tante ma, nonostante quello, è ancora qui.
Allontana la mia mano dal suo corpo e infrange qualsiasi contatto con me, sento la distanza crescere tra noi due, e so che non posso fare nulla per impedirlo.

"Non importa. Io voglio..." Cosa voglio? Non lo so con certezza neanche io.

"Non ho bisogno di nulla. Mi hai già protetto una volta e ora mi stai aiutando più di quello che credi." È la prima volta che la sento parlare così a lungo. "Ma ci sono cose di me che ancora non sai. Cose brutte..."

"Ho detto che non importa." Le circondo le guance con i palmi delle mani, sono fredde come il marmo d'inverno. Ogni volta che mi avvicino a lei ho sempre paura di fare qualcosa che la spaventi, che la allontani da me. "Non me ne vado, okay? Qualsiasi cosa sia accaduta, qualunque sia la tua storia, io resto qui"

Annuisce rivolgendomi un timido sorriso, senza allontanarsi dal mio tocco. Sospiro di sollievo, non mi ero accorto di star trattenendo il fiato.

"Grazie"

Si piega in avanti, la sua fronte raggiunge il mio petto. Il cuore accelera il proprio battito mentre allungo le braccia in avanti per stringerla a me, il suo corpo esile sembra incastrarsi perfettamente con il mio.
Sento il suo calore attraverso la stoffa della camicia, i morbidi capelli mi accarezzano le dita e il suo profumo leggero mi circonda come una nuvola. Ci metto un po' di tempo a realizzare il fatto che lei mi stia abbracciando.

Non so per quanto tempo rimaniamo in quella posizione, so solo che quando ci separiamo un senso di vuoto mi stringe il petto.

"Non devi parlarne se non vuoi-"

Mi ferma con un gesto della mano. "Se non lo raccontassi a te, non saprei con chi altro parlarne. Non è giusto che ti tenga all'oscuro del mio passato, tanto prima o poi lo scopriresti." La sua sicurezza ancora mi sconvolge, tutto d'un tratto non mi sembra più la ragazza fragile di qualche minuto fa.

Si porta le ginocchia al petto, la leggera brezza primaverile le scompiglia i capelli. Scorgo una serie di brividi ricoprirle il collo, qualcosa mi dice che non sono dovuti al freddo.
Fa un sospiro, come quando ci si prepara a tuffarsi da una scogliera, poi comincia a parlare.

(Nome)'s pov

"La situazione dentro le mura di casa mia non è mai stata delle migliori." Stringo le mani a pungo lungo i fianchi, lasciando che una scarica di dolore mi attraversi la spina dorsale. "Prima dell'inizio dell'anno scolastico non vivevamo qui, ci siamo trasferiti in fretta e furia, il mese precedente all'iscrizione. Non ero destinata a frequentare questa scuola, ma si sa, il destino la maggior parte delle volte non è mai allineato a quelli che sono i nostri piani."

Non ho il coraggio di guardarlo in faccia, nonostante io senta i suoi occhi bruciarmi addosso; non pensavo fosse così difficile aprirsi con qualcuno.

"I miei genitori sono le classiche persone che vivono per il lavoro ed io, abbandonata a me stessa fin da quando ero piccola, ho sempre sentito la mancanza di una guida che mi aiutasse a capire quale fosse la strada giusta da percorrere. Certo, ho avuto tutte quelle persone che loro pagavano per starmi intorno e accontentarmi costantemente, però non era la stessa cosa, non era ciò di cui avevo bisogno. Non credo neanche sia giusto che io mi lamenti, dopotutto potevo avere tutto ciò che desideravo, mi bastava chiedere. Potevo avere tutto, ad eccezione dell'amore delle persone che mi avevano messa al mondo."

Con la coda dell'occhio scorgo l'espressione addolorata di Kirishima. Deglutisco, cercando di rimanere abbastanza calma da riuscire a continuare il racconto.

"Ricordo quegli anni di solitudine, circondata da amici che volevano starmi accanto solo per ciò che potevo dargli. Non mi sono mai sentita capita o apprezzata per quello che ero, ma solo per quello che avevo. Ho tentato in tutti i modi di attirare l'attenzione dei miei genitori, ho cominciato a frequentare cattive compagnie, brutti posti, a fare cose che non voglio ricordare. Ma loro sembravano comunque non vedermi."

La mano accogliente del ragazzo viene posata sulla mia spalla, la sua stretta è confortante, sembra ricordarmi che lui è ancora lì con me.

"Poi è arrivato quel giorno, quello in cui ho deciso che ne avevo abbastanza."

Finalmente ho il coraggio di guardarlo in faccia, non ho bisogno di sentirglielo dire, so che ha già capito tutto. Un sorriso triste mi attraversa le labbra, avevo deciso di non parlare più del mio passato da quando avevo messo piede nella nuova città, ma Kirishima è stato capace di abbattere ogni barriera che mi ero creata attorno: il suo sorriso e i suoi modi gentili sono come un filtro della verità.

"Mi hanno trovata stesa sul letto, in un bagno di sangue. I medici hanno detto che sono stata fortunata, la mia mano tremante non era stata capace di tagliare la vena giusta. Un miracolo, ovviamente a seconda dei punti di vista."

Ricordo come se fosse ieri la sensazione della vita che scivolava via. Morire è come addormentarsi, ancora non capisco perché le persone ne abbiano così tanta paura.
Certo, ci vuole coraggio a portarsi una lametta alla gola, a spingere fino a sentire il sangue colarti sulle dita, il bruciore propagarsi ovunque. Sai che la fine si avvicina, e ti chiedi a cosa sia servito venire al mondo se poi le cose dovevano andare in questo modo.

Ma quello non era il mio destino. Oppure ora non sarei sul tetto di questa scuola a parlare con il ragazzo più gentile che io abbia mai conosciuto.

Forse, dopotutto, sono felice di essere ancora viva.

"I miei genitori mi hanno trascinata qui per insabbiare tutto: la gente non poteva sapere che la loro figlia aveva tentato di suicidarsi." Kirishima sobbalza alle mie ultime parole, sentirmelo dire apertamente deve averlo sconvolto ancora di più. "Tutto quello non è servito a niente, anzi, li ha allontanati ancora di più da me. È per questo che ho deciso di cambiare vita dal momento esatto in cui ho iniziato a frequentare questa scuola. Sarei diventata quello che gli altri volevano, avrei soppresso tutte le mie emozioni, i miei desideri, e mi sarei circondata di tutte quelle persone che, nonostante non tengano veramente a me, almeno mi danno la parvenza di vivere ancora su questo mondo, di essere una persona in carne ed ossa."

Lui rimane in silenzio per interminabili istanti, per la seconda volta mi ritrovo a desiderare di potergli leggere nel pensiero.

Kirishima's pov

Quando mi ero ripromesso di starle accanto, di proteggerla, avevo dato per scontato di riuscirci. Ma ora, dopo aver sentito la sua storia, non ne sono più tanto sicuro.
Avevo già immaginato che ci fosse molto di più sotto quel suo comportamento, solo, non immaginavo si fosse spinta fino a quel punto.

"Scusami"

Aggrotto le sopracciglia, mi sta guardando con gli occhi lucidi, il sangue mi pulsa nelle orecchie, cerco disperatamente qualcosa da dire, ma mi sento come paralizzato.
Perché si sta scusando? Non ha fatto nulla di male. Ma, soprattutto, perché non riesco a parlare? Perché mi sembra di aver perso ogni briciolo di voce?
Voglio rassicurarla, voglio dirle che non si meritava niente di tutto quello.

(Nome) si alza di scatto, le lacrime ora rigano il suo viso, sotto la luce del sole scintillano come piccoli diamanti sulla sua pelle liscia. Sta tremando, si circonda il corpo con le braccia.

"Non avrei dovuto... scusami."

Fa un passo all'indietro, poi si volta e comincia a correre via. In quel momento sembro riacquistare il controllo del mio corpo. Non so di preciso cosa sia successo dopo, credo di essermi rimesso in piedi e di aver camminato verso di lei, ho sentito le ossa sottili del suo polso sotto le dita, poi il suo sapore mi è esploso sulle labbra.

L'ho baciata, ecco cosa ho fatto.

Contro ogni razionalità, l'ho tirata verso di me e ho catturato la sua bocca in un bacio. Forse mi sono reso conto che, in alcune situazioni, le parole non sono abbastanza.

La sento irrigidirsi al mio gesto improvviso, ma dura solo un'istante, subito dopo è come se anche lei avesse deciso di abbandonarsi all'istinto. In tutti i modi in cui avrei potuto immaginare il mio primo bacio, questo non era nemmeno lontanamente nella mia lista.
Baciare qualcuno dovrebbe essere un momento felice, ma quello che provo io è solo un dolore immenso; le sue labbra sanno di lacrime, tremano contro le mie, ma ormai non riesco più a capire a chi appartengano quelle gocce salate.

Ci metto un po' di tempo a comprendere come muovermi. Nonostante il suo aspetto innocente, il modo in cui bacia (Nome) non lo è affatto. La consapevolezza che io non devo essere stato il primo mi colpisce come un macigno, una gelosia irrazionale prende possesso del mio cuore.

La afferro per la vita e la strattono verso di me, un piccolo gemito le sfugge dalle labbra quando si ritrova schiacciata contro il mio petto. Sento le sue mani insinuarsi tra i capelli, la sua lingua che accarezza la mia, mi rilasso al ritmo dei nostri respiri che si mescolano.

Ci ritroviamo entrambi premuti contro il muretto, lei di schiena ed io che la sovrasto con tutto il mio corpo. Ci stacchiamo per un attimo, il tempo di cogliere la scintilla di desiderio che ci attraversa gli occhi, entrambi abbiamo le guance ancora bagnate di lacrime, ma la cosa non ha più importanza.

"(Nome)..." sussurro il suo nome come se fosse l'unica cosa che mi tiene in bilico sull'orlo di un precipizio.

Non credevo che una cosa del genere potesse accadere e, più di ogni altra cosa, non in quel modo.

Ha un che di selvaggio quando si lascia andare, una forza che sembra catturarti e farti dimenticare persino chi sei. Il tempo si ferma, l'unica cosa che percepisco è solo lei, in tutta la sua bellezza che pochi hanno potuto ammirare da così vicino.

"Non permetterò più a nessuno di farti del male, nemmeno a te stessa. Sei così bella, sia dentro che fuori. Hai capito?"

La vedo annuire, poi mi fiondo di nuovo sulle sue labbra. Il mondo sembra scomparire una seconda volta.

-

(Nome)'s pov

Quattro giorni. Sono quattro giorni che cerco di evitare a tutti i costi Kirishima.

Non so come affrontarlo dopo quello che è successo tra noi due. Ogni volta che chiudo gli occhi la mia mente mi riporta nel momento in cui ho sentito le sue labbra sulle mie; avrei dovuto allontanarlo ma, per una volta, ho dato ascolto al mio cuore.
Ho provato a non pensarci, cosa impossibile, visto che ogni mattina sono costretta a passare davanti alla sua classe, e lo vedo lì, seduto sul banco come la prima volta, a sorridere e chiacchierare con i suoi amici.

Mi guarda, prova a salutarmi, ma io fuggo via. Cercando di non soffermarmi sulla tristezza che vedo incupire il suo sguardo ogni volta che lo ignoro.

C'è una piccola voce nella mia testa che continua a sussurrarmi: 'Ti ha baciata solo perché gli facevi pena... davvero credi che qualcuno possa davvero interessarsi ad una come te?'.
E forse ha ragione, forse la mia anima gemella non esiste e dovrò passare il resto della mia vita da sola, in un'enorme villa a tre piani, come quelle ricche zitelle isteriche dei film.

"Mi stai ascoltando?"

La voce di Kendo mi riporta alla realtà. Nell'ultimo periodo sto passando meno tempo con lei e gli altri ragazzi della classe, specialmente perché Monoma ha deciso di cancellarmi definitivamente dalla sua vita e tutti gli altri lo hanno seguito come fedeli cagnolini.

Scuoto la testa, abbandonando definitivamente tutti i miei pensieri autodepressivi.

"Dopo scuola andremo al centro commerciale, mi serve un nuovo vestito per la festa di questo weekend." Mentre parla, la lunga coda rossa ondeggia alle sue spalle.

"Non posso."

Sembra fermarsi all'improvviso, come quando premi il pulsante di stop, mi guarda con un'espressione corrucciata, la riga tra le sopracciglia sempre più evidente.

"Come scusa?"

"Ho detto che non posso." Sbatto le mani sul banco in modo più violento di quanto avessi calcolato, mi alzo di scatto facendo strisciare la sedia sul pavimento. "Non sono la tua badante da portare a spasso quando non hai nessun altro a cui chiedere. E poi, domani abbiamo una verifica, ti converrebbe studiare, non sempre troverai qualcuno disposto a farti copiare."

Il mio respiro si è fatto pesante, una rabbia improvvisa comincia a ribollirmi nelle vene. In realtà non ce l'ho con lei, almeno, non totalmente.

Kendo mi guarda quasi sconvolta, di certo non si aspettava una reazione del genere da parte mia. Mi lancia un'ultima occhiata carica di disgusto e fa per allontanarsi dal mio banco per raggiungere la porta dell'aula, visto che la campanella della pausa pranzo è suonata da più di cinque minuti.

"Se continuerai a comportarti così rimarrai da sola, proprio come quando sei arrivata in questa scuola. Ti ricordo che sono stata la tua prima amica, non hai il diritto di trattarmi così." Punta le mani sui fianchi, fermandosi poco prima del corridoio.

Mi ricordo perfettamente tutti i consigli da 'amica' che lei mi ha dato durante questi mesi, consigli che mi hanno portata a diventare una stupida anoressica che si è sentita male durante l'ora di Educazione Fisica.

"Se tu fossi veramente mia amica, saresti venuta a trovarmi in infermeria. O almeno, il giorno dopo mi avresti chiesto come stavo." La raggiungo con due ampie falcate, restituendole lo stesso sguardo che mi aveva rivolto poco fa. "Invece ti ricordi di me solo quando hai bisogno di qualcosa."

Kendo apre la bocca per dire qualcosa, poi la richiude e mi lascia là, senza aggiungere altro. Sento gli sguardi del resto della classe che mi perforano le spalle, lascio anche io la stanza, non preoccupandomi per una volta di cosa stessero pensando di me.

Devo ammettere che è stato quasi liberatorio lasciare uscire tutto quello che avevo dentro da fin troppo tempo. È come se un peso si fosse tolto dalle mie spalle; magari non avrei avuto più nessun amico in classe, ma almeno ero in pace con me stessa.

"Ahi-" gemo di dolore quando mi ritrovo con il sedere sul pavimento lucido della scuola, sono caduta all'indietro subito dopo aver sbattuto contro qualcuno.

Alzo lo sguardo, sobbalzando quando incontro un paio di iridi cremisi. Ma queste non sono affatto dolci come quelle a cui sono abituata, anzi, sembrano volermi uccidere seduta stante con una sola occhiata.
Riconosco il ragazzo biondo con cui Kirishima stava parlando nel campo di allenamento, il giorno in cui mi sono sentita male.

Da vicino fa ancora più paura, con quei capelli sparati in tutte le direzione e la postura da teppistello. Non porta la cravatta dell'uniforme e i pantaloni sono tirati talmente a vita bassa da sembrare gonfi. Mi fulmina con lo sguardo e rimane fermo sul posto, come se stesse pensando in quale dei tanti modi uccidermi.

Non ho nemmeno il coraggio di alzarmi, lo guardo dal basso, con le labbra leggermente socchiuse, mentre cerco di raccogliere la cartella che è volata poco più in là.

"M-mi dispiace" balbetto sottovoce.

Temo sul serio che possa cominciare ad urlarmi contro da un momento all'altro, invece, contro ogni mia aspettativa, allunga una mano nella mia direzione. La afferro titubante e lui mi tira su con una facilità sorprendente, mi ritrovo in piedi davanti al suo viso affilato, la sua espressione irritata viene attraversata da un lampo di curiosità.

"Sei tu, non è vero?" La sua voce è bassa e roca, quella voce che farebbe impazzire qualsiasi ragazza.

"Da quando sono nata, almeno credo." Vorrei prendermi a pugni da sola per il mio pessimo senso dell'umorismo.

"Tsk-" Si avvicina ancora, squadrandomi attentamente. "Sei (Cognome), ti ho riconosciuta. Quel capelli di merda non la finisce più di parlare di te, che rottura di coglioni"

"Capelli di merda..."
Non starà parlando di Kirishima, vero?

"Andiamo"

"Aspetta, cosa--?"

Mi afferra per la vita, caricandomi poco gentilmente in spalla come un sacco di patate. Non posso credere che qualcuno possa avere dei modi così bruschi.
Tutti quelli presenti in corridoio si girano nella nostra direzione, cosa che sembra non interessare minimamente al nostro biondo.

"Dove stiamo andando?" Sono a testa in giù, vedo le sue gambe camminare velocemente, cerco di non pensare al fatto che il mio sedere sia all'altezza della sua faccia. "Ehi! - comincio a scuotere i piedi - Rispondi!"

"Sta ferma, donna!" Sento la sua presa rafforzarsi. "Se non ti decidi ad andare da lui, ti ci porto io. Non ce la faccio più a vederlo con quella fottuta espressione da depresso, è una tale scocciatura"

Sento un moto di simpatia nei suoi confronti, rendendomi conto che quello è il suo modo di dimostrare che è preoccupato per il suo amico.

Mi scarica davanti alla porta della 1-A, senza mollare la presa sul mio braccio, come se potessi scappare da un momento all'altro.
Di profilo ha un naso perfettamente dritto, una vena più evidente delle altre gli attraversa la tempia, spero che non si metta di nuovo ad urlare.

"Bakugo, dov'eri finito-"

Kirishima si interrompe di botto, gli occhi sgranati nella mia direzione, o meglio, nel punto in cui la mano di 'Bakugo' è stretta ancora sul mio braccio. Quest'ultimo mi strattona in avanti, verso l'altro ragazzo, per poi lasciarmi con un'occhiataccia rivolta ad entrambi.

"Chiarite." E se ne va, con la sua andatura barcollante.

Solo allora sembro rendermi conto della situazione in cui mi ha cacciata: in piedi di fronte a Kirishima non posso più battere in ritirata.

Sono in trappola.

-

Il tetto della scuola non è cambiato affatto dall'ultima volta che ci ho messo piede. L'unica cosa totalmente diversa è l'aura di tensione che si è instaurata tra me e il ragazzo poggiato alla ringhiera a pochi centimetri di distanza, i nostri gomiti quasi si sfiorano.

"Non avrei dovuto farlo, vero?"

Sobbalzo quando lo sento parlare, la sua voce mi sembra quasi aliena, mi rendo conto che è da troppo tempo che non lo sento parlare.
Non mi guarda in faccia, il suo sguardo è fisso sul panorama di fronte a noi, per la prima volta non sta sorridendo.

Faccio vagare gli occhi sul giardino della scuola, i vari studenti che si muovono su di esso sembrano piccole formiche colorate. È una giornata nuvolosa, non si riesce a scorgere nemmeno un frammento di cielo e il sole è nascosto chissà dove.
Tutto sembra spento e privo di vita, i colori sbiaditi, l'aria carica di umidità e il silenzio più pesante.

"Non lo so. Kirishima, non lo so" sospiro, portandomi le mani sul viso. "Ma ormai non importa più. È successo, e non si può fare nulla per cambiare le cose. Tu sei un bravo ragazzo - sposto finalmente lo sguardo su di lui, che ora mi sta fissando a sua volta -, ma non capisco perché sprechi così tanto il tuo tempo con me."

Si gira completamente verso di me, le labbra socchiuse in un'espressione di stupore. "È questo il problema?"

Abbasso la testa. "Si... non voglio che la mia storia ti abbia--"
Stringo i denti per sopprimere il singhiozzo che stava per abbandonare le mie labbra.

Sussulto quando mi afferra per le spalle, il suo viso è di fronte al mio.
"Tu non mi fai pena, scherzi!?"
Sembra quasi offeso.

"Non sai quanto io sia felice che tu abbia deciso di aprirti con me. So che non è facile riporre la propria fiducia in un ragazzo quasi sconosciuto, ma tu lo hai fatto con me. Se ti ho baciata è solo perché ho sentito che era la cosa giusta da fare in quel momento, perché ho capito che non c'era niente che avrei potuto dire per attutire il dolore che stavi provando. Volevo dimostrarti che, nonostante quello che mi hai raccontato, io ci sarei stato per te."

Mi tira contro il suo petto, abbracciandomi stretta. Sento il battito del suo cuore, mi convinco che sia il suono più bello che io abbia mai sentito.

"Scusami se ti ho fatto pensare quelle cose. Scusami se sono così impacciato, è la prima volta che provo qualcosa del genere nei confronti di qualcuno. E scusami se non sono bravo a farti capire quanto io ci tenga a te."

Il mio cuore fa una capriola, credo che possa incrinarmi le costole da un momento all'altro. Sono talmente felice che mi gira la testa.

"Kirishima?"

"Si?" Il suo sguardo è pieno di aspettativa.

"Ho fame."

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top