Scacco nell'anima
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[Fire and the Flood - Vance Joy]
TW per menzioni ad alcool e gioco d'azzardo
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Quando Jesper si richiuse alle spalle la porta principale di villa Van Eck, l'allettante fantasia di vedere Wylan corrergli incontro come al solito e stringerlo in un bacio appassionato si dissolse in un silenzio ingombrante e fastidiosamente sospetto.
Jesper, una mano ancora a sfiorare la maniglia dietro di sé, aggrottò le sopracciglia, lasciando correre lo sguardo sui lussuosi mobili dell'atrio. L'immobilità sembrò addensarsi attorno a lui come una cortina di fumo, interrotta soltanto dal pesante rintoccare ritmico dell'orologio a pendolo nell'angolo in fondo. Avvertì, come un brivido misto di smania e terrore, l'istinto da Scarto destarsi lesto dentro di lui, ramificarsi lungo la pelle e pizzicargli sulla punta delle dita. Con il cuore che, traditore, gli accelerava in petto, desiderò non aver lasciato le rivoltelle in camera da letto quando era uscito per ritirare gli stivali rattoppati dal calzolaio.
Con spiacevole ansia crescente, fece scattare gli occhi tutt'attorno, alla ricerca di segnali d'allerta che potessero giustificare l'assenza di Wylan. Non riuscì a frenarsi, la mente già catapultata sullo scenario peggiore, a caccia di angoli scheggiati, impronte fangose sul tappeto, dettagli discordi che potessero svelare pericoli imminenti.
Wylan lo sentiva sempre, quando rientrava. Lo scattare della serratura era come interruttore nella testa. Si accoglievano a vicenda ogni volta, le mani già pronte a cercarsi, le labbra assetate di baci.
"Pensa a me, non alle carte" gli aveva detto Wylan, mesi prima, quando Jesper era rientrato a casa che le due di notte erano passate da un pezzo, le tasche svuotate, un occhio pesto, il senso di colpa come veleno a scavargli nelle viscere mentre nelle tempie il tintinnio delle kruge scalpitava brutale, con l'obbiettivo di farlo impazzire. Wylan gli aveva posato una mano cauta sulla guancia livida, gli occhi azzurri che brillavano in lucide monete di zaffiro nella penombra. Jesper, sforzandosi per emergere dalle nebbie delle ultime ore, seppe distintamente che quelle erano un tipo di valuta su cui non avrebbe scommesso per nulla al mondo.
"Le carte non ti possono baciare. Non ti danno in cambio nulla" aveva continuato il ragazzo, guardandolo dal basso in alto con un'intensità vibrante, adulta, che aveva fatto domandare a Jesper quando diavolo fosse successo, che quello maturo era diventato lui. Mezzo secondo dopo aveva realizzato che lo era sempre stato. "Facciamo che ogni volta che tornerai a casa io sarò qui ad aspettarti, okay? Qualsiasi cosa io stia facendo, qualsiasi importantissima formula io stia progettando, dovesse anche essere in ballo il destino di questa nazione, mollerò tutto e sarò con te. Ti va?" e aveva fatto scorrere le dita con delicatezza sul bordo del suo occhio gonfio, un tocco fresco e indulgente, come una timida spruzzata di neve bianca "Se pensi di dover andare a giocare, pensa che in quel momento potresti star abbracciando me. Sono un premio abbastanza prezioso da farti desistere dal far girare quella Ruota, giù al Club?" e Wylan aveva sorriso, senza smettere di carezzargli la pelle, mentre Jesper si sentiva montare un groppo in gola, rispondendo in un tremolio instabile delle labbra.
E da allora aveva pensato a quel sorriso, alla vergogna che gli velava di sudore le mani, alla luce della lampada a olio riflessa nell'azzurro terso degli occhi di Wylan. Ogni volta che nella sua testa l'idea di sedersi ad un tavolo si faceva prepotente, ogni volta che avvertiva il desiderio febbricitante delle scommesse aperte, del ticchettio della Ruota come droga nelle vene, si imponeva di tornare a quel momento, nel cuore della notte, in piedi davanti alla persona più importante di tutte. Si ordinava di ricordare la scintilla di speranza che aveva acceso lo sguardo angustiato di Wylan mentre Jesper sorrideva a sua volta, annuendo con uno scatto singhiozzante del capo.
E da allora era andato tutto bene.
Bene come una magia.
Wylan l'aveva protetto. Un incantesimo benefico a fargli scudo da se stesso.
La brama c'era ancora, insaziabile e ardente dentro il petto, come un animale famelico che artigliava le pareti della gabbia delle sue costole. Un prurito costante, un formicolio sui polpastrelli, un tic nervoso aggrappato alla palpebra. Jesper non sapeva se sarebbe mai riuscito a domare del tutto quella bestia acquattata dentro di lui, ma, guardandosi indietro ora, si ritrovava a rimirare con stupore i minimi passetti impacciati che l'avevano portato, finalmente, a stringere i denti davanti all'ingresso delle bische, alzarsi il colletto della giacca e girarsi dalla parte opposta, il nome di Wylan sussurrato migliaia di volte tra sé come una preghiera di scongiuro.
La prospettiva di vederlo precipitarglisi incontro, di sollevarlo in aria e sentirlo ridere mentre gli baciava la punta del naso, l'aveva tratto in salvo; inizialmente con affanno, poi con sempre più decisione. Wylan, la dolcezza della sua voce, la vivacità dei vortici di lentiggini sui suoi zigomi; Wylan, infinite volte preferibile alla sterilità di un mazzo di carte e ai mugugni ebbri di sconosciuti.
Meravigliosa alba luminosa a irrompere come fuoco dorato nel perenne crepuscolo caliginoso di questa città maledetta.
Ma quindi adesso Wylan dov'era?
Jesper ebbe tutto il tempo di creare scenari apocalittici dentro la testa, le dita sulla maniglia che si contraevano. Rapimenti, attentati, ricatti... Ketterdam era carica di disperazione, di creature viscide che, in nome di chissà quale cupidigia codarda, non avrebbero esitato pur di portare Wylan lontano da lui.
Fu quando la sua fantasia a briglia sciolta stava già esplorando con orrore la possibilità che Wylan potesse essere stato schiavizzato dai Fjerdiani e trascinato via su una nave abitata da cloni malvagi di Matthias, che udì dei passi impazienti dietro l'uscio che dava sul corridoio principale e, un istante dopo, quando già si irrigidiva, pronto per fare a botte con qualcuno, un Wylan in carne e ossa gli gettò le braccia al collo.
Jesper sentì liquefarsi tutto insieme il blocco di ghiaccio che si era solidificato attorno al suo cuore, mentre i riccioli di Wylan gli solleticavano le guance e il suo odore famigliare di polvere esplosiva e inchiostro fresco lo investiva come una ventata di aria buona.
– Per tutti i Santi – gemette Jesper, ricambiando la stretta in modo più disperato di quanto non volesse rivelare – Per tutti i Santi, non farlo mai più.
Wylan ridacchiò, premendogli le labbra sull'incavo del collo, le mani avvinghiate alla sua schiena.
– Sono passati solo sessantacinque secondi da quando hai aperto la porta, scemo – replicò, dandogli un colpetto divertito sulla nuca – Potevi venire a cercarmi di là.
Si sciolsero dalla stretta e Jesper sentì di essere un idiota. Annegò quella sensazione nella gioia di averlo davanti.
– Wy, in sessantacinque secondi succedono un sacco di cose – inclinò la testa di lato e stirò un angolo della bocca – Che facevi di tanto importante?
Nello sguardo del ragazzo guizzò un lampo che Jesper non riuscì a identificare, qualcosa a metà strada tra la contentezza e l'agitazione, una specie di orgoglio incredulo che fece scattare le sue sopracciglia bionde verso l'alto.
– Abbiamo visite – rispose dopo un momento, il tono stranamente stridulo.
Jesper batté le palpebre. Succedeva talmente raramente che qualcuno li venisse a trovare che, per la prima volta negli ultimi sessantacinque secondi, si ritrovò a non biasimare Wylan per averlo fatto aspettare.
– Beh, spero non sia compagnia sgradevole.
Wylan sorrise di nuovo. Quello strano miscuglio di emozioni contrapposte si dileguò dai suoi occhi chiari.
– Oh, non c'è nessuno più sgradevole di lui.
Jesper capì al volo. E silenziosamente gli diede ragione.
Quando i due si affacciarono sul soggiorno, un paio di affilati occhi scuri agguantò lo sguardo di Jesper.
Kaz Brekker sedeva in mezzo alla stanza disordinata come una macchia di vernice nera caduta per sbaglio in un quadro dai colori vivaci. Era come se la madre di Wylan avesse lasciato rovesciare mezza boccetta di inchiostro su uno di quei suoi meravigliosi paesaggi con le tinte brillanti.
– Kaz – lo salutò Jesper, in uno spavaldo cenno del capo – Stai una favola, hai fatto qualcosa ai capelli?
Kaz levò gli occhi al cielo, sporgendosi sul bordo della sedia di legno, il bastone dalla testa di corvo prontamente appoggiato a lato.
– Non fare l'idiota. Ho fretta e ho bisogno di un tuo parere su una certa faccenda. Speravo di trovarti disponibile, ma Wylan dice che ora fai le commissioni per la famiglia in giro per la città.
– Già, amico, farsi riparare le scarpe da qualcun altro è un lavoro estenuante – Jesper emise un falso respiro esausto – Beh, a cosa devo il piacere di te che ci piombi in casa a metà pomeriggio dopo essere sparito per più di un mese? – mollò per terra la sacca in cui aveva riposto gli stivali riparati e crollò sul divano, nell'unico angolo rimasto libero da cassette cariche di provette colorate e pile di fogli impregnate di fitte equazioni.
– Sai, Jes, non ho molto tempo per le chiacchiere domenicali tra amici – replicò Kaz, seccamente.
– Se vai tanto di fretta, non trovandomi a casa avresti potuto decidere di ritentare domani, no?
– Devi avere una bassissima considerazione dei miei impegni se credi che io possa permettermi di fare avanti e indietro due volte dalla Stecca a qui soltanto per via delle tue ridicole responsabilità di casalingo. Ogni secondo passato qui fa sottrarre cinque kruge sul conto dei miei profitti, quindi vediamo di sbrigarci.
Jesper si ritrovò a sorridere.
– Kaz, quante bastonate mi potrei beccare se ti dicessi che mi sei mancato?
L'altro si accigliò, truce, ma Jesper avrebbe potuto giurare di aver scorto un minuscolo barlume di affetto sfrigolare nelle tenebre del suo sguardo di pietra.
– Non abbastanza – rispose Kaz, la voce ruvida come una lama affilata sulla roccia. E il sorriso di Jesper si allargò.
– Ehm – intervenne Wylan, tossicchiando – Kaz aveva bisogno di una consulenza per le tubature che vuole installare al Club dei Corvi per l'acqua corrente – disse, il collo piegato di lato e un'espressione di ostentata innocenza sul viso rotondo.
Jesper fischiò, raddrizzando la schiena di botto.
– Per tutti i Santi, dici sul serio? Quante vecchiette hai dovuto derubare per avere i fondi?
Kaz fece svolazzare con distacco una mano guantata davanti al volto, come per scacciare un insetto.
– Preferiresti non saperlo. Quello che importa è che ho bisogno di un Fabrikator che possa costruire i filtri e rafforzare le leghe dei tubi e, soprattutto, di un bravo stratega per i conti sulla posizione dei pezzi del sistema idraulico nel pavimento e nelle pareti – lanciò a Wylan un'occhiata penetrante – Deruberò qualche altra vecchietta per pagarvi il disturbo.
Jesper soppesò quelle parole, aggrottando la fronte. La promessa di un compenso per quel lavoro venne oscurata completamente da un dubbio fastidioso, una nota zuccherina pericolosamente stonata nel vocabolario sempre tanto freddo del direttore della Stecca.
In quale distorto universo parallelo Kaz Brekker si complimentava con Wylan chiamandolo stratega?
Strizzò rapidamente le palpebre, la testa che scattava al proprio ragazzo. Sulle labbra di Wylan danzava un lieve sogghigno di estatica soddisfazione, mentre ondeggiava adagio sul posto, le mani nervosamente intrecciate in grembo.
Quando Jesper, confuso, tornò a guardare Kaz, notò per la prima volta che il tavolo davanti a lui, oltre che essere ingombrato da pezzi di pistole smontate e stracci sporchi come al solito, ospitava una piccola scacchiera in legno intagliato; quella che Jesper aveva sempre visto prendere polvere sullo scaffale in alto dell'armadio vicino alla finestra. I pezzi erano disordinati sulle caselle, come se qualcuno avesse giocato da poco. Jesper si sporse dai cuscini del divano per guardare meglio oltre il caos di drappi luridi e mal piegati. Fu con un inspiegabile sussulto che si accorse che il re dei neri era sdraiato in mezzo ad un articolato schema di pezzi candidi. Re nero riverso sul campo. Sconfitto.
– Aspettate un attimo – esalò Jesper, sempre più stranito, indicando la scacchiera con un lungo dito teso – Cosa mi sono perso durante le mie ridicole commissioni casalinghe?
Wylan osservò Kaz da dietro un ciuffo ribelle di ricci rossi, ma Manisporche era impassibile come sempre. Poggiò con indifferenza i gomiti sul tavolo difronte a sé e con l'indice prese a far rotolare avanti a indietro il re disteso.
– Si può ipotizzare che io possa aver, diciamo... – esitò soltanto per una frazione di secondo – perso ad una partita a scacchi – lo disse con calma, snocciolando una parola alla volta con la lentezza pragmatica di quando rifletteva ad alta voce su un piano complicato.
Era un flemma che cozzava tremendamente con il boato che quella rivelazione causò nella mente di Jesper.
– Due partite a scacchi – la voce di Wylan era uno squittio. Kaz gli scoccò un'occhiata glaciale e il ragazzo si ritrasse di qualche centimetro, allarmato.
Poi, però, Kaz sciolse la rigidezza della sue spalle, abbandonandosi ad un breve sbuffo.
– D'accordo – sibilò, facendo roteare ancora gli occhi in alto. Prese il re nero nel pugno di cuoio scuro e iniziò a farselo passare con agilità tra le fessure delle dita, come avrebbe fatto con una moneta – Ho perso due partite a scacchi.
Jesper si rese conto di avere la bocca semi spalancata.
Nemmeno nelle sue fantasie più alcoliche avrebbe potuto immaginare di finire in un universo parallelo tanto bizzarro.
– E non l'hai fatto vincere apposta? – quella domanda gli uscì più simile ad un gemito. Percepì lo sguardo deluso che gli gettò Wylan e si dispiacque immediatamente di averla formulata.
Kaz lo fissò.
– Ti sembro il tipo di persona che lascia vincere di proposito? – ribatté con una smorfia. Indicò Wylan con il mento, rivolgendosi a lui – Te lo dissi tanto tempo fa: tu ragioni come un grimaldello. È come se avessi un grado di percezione ulteriore. Vedi la scacchiera da tutte le angolazioni possibili – schioccò piano la lingua – Non ho mai visto niente di simile.
Jesper ricordava che, quella sera sulla Ferolind di più di un anno prima, Kaz aveva guardato Wylan quasi con compassione, lo stesso sguardo che avrebbe rivolto ad un cucciolo impaurito, smarrito in vicolo buio del Barile. Il modo in cui lo fissava adesso, invece, era più simile a quello con cui avrebbe studiato una serratura troppo complessa per essere scassinata. Curiosità e ammirazione si agitavano nel suo sguardo famelico, con una punta di frustrazione bruciante. La voglia febbrile di imparare a violarla.
"Non sono un criminale" aveva protestato Wylan quella stessa sera sulla nave, la faccia avvampata per l'indignazione. E a Jesper era venuta voglia di pizzicargli le guance per la sua adorabile ingenuità.
Ora, tuttavia, Wylan levò alto il mento e incastrò i propri occhi azzurri nei due pozzi di tenebre che erano quelli di Kaz. Stava mostrando superiorità davanti a Kaz Brekker. Per la miseria, nell'ultimo anno ne erano successe di cose.
– Ti posso insegnare, se vuoi – disse il ragazzo, in un tono talmente sfacciato che Jesper si sentì percorrere da un brivido di orgoglio.
Invece che ribattere in qualche modo aspro, Kaz piegò la testa e assunse un sorriso divertito. Era la prima volta che Jesper lo vedeva sorridere da quando Inej era andata via da Ketterdam. Era una visione inquietante.
– Sei pieno di sorprese, mercantuccio – commentò Kaz dopo un istante, distendendo le labbra in una linea obliqua – Credo proprio che per te troverò il tempo di prendere lezioni. Potrebbe rivelarsi interessante – rimise il re nero sulla scacchiera, meticolosamente sdraiato. Il suo sorriso si spense così come era arrivato. Incrociò le dita sotto al mento e osservò entrambi da dietro un improvviso cipiglio – Bene. Fine della chiacchierata tra amici. Ora, per quelle tubature...
✤
Quando la porta di villa Van Eck si richiuse dietro Kaz Brekker, Jesper si voltò immediatamente verso Wylan.
– Tu... – l'espressione sconvolta che si era costretto a nascondere per tutta la lunga conversazione precedente sulle leghe dei tubi riaffiorò rapida nei suoi occhi grigi – Tu... – sbatté le palpebre – Per le madri dei Santi, tu hai battuto Kaz Brekker a scacchi. Due volte – si era innamorato di un potenziale genio criminale senza saperlo, e questo lo eccitava in un modo inaspettato.
Wylan accennò un sorriso sbilenco.
– Non sapevo di esserne in grado – farfugliò subito, come scusandosi – Il silenzio era diventato troppo imbarazzante e allora gliel'ho proposto. Era solo un modo per passare il tempo. Però quando ho vinto la prima partita avresti dovuto vedere la sua faccia. Alla seconda ho creduto che sarebbe svenuto.
Jesper gli si avvicinò, ancora incredulo. Gli prese cautamente il viso tra le mani e lo guardò dritto in volto, ammirando le pietruzze color cielo che sfavillavano nel suo sguardo.
– Hai il permesso di lasciarmi ad aspettare sulla porta se la tua scusa è fare il culo a Kaz – bisbigliò, prima di baciarlo.
Wylan ricambiò il bacio, poi però scosse piano la testa. Un'ombra gli attraversò gli occhi.
– È così che ti sei sentito quando hai vinto la prima volta? – la sua voce era fragile come un filo di vento – Come se il mondo avesse la forma giusta dopo tanto tempo?
Una morsa glaciale iniziò a stringere sul cuore di Jesper.
– Una cosa del genere, sì – gli lasciò andare le guance. Le mani scivolarono lungo i fianchi del ragazzo, fino a prendere le sue – Io... sai, quando ho vinto la prima volta pensavo di aver trovato quello che mi avrebbe reso felice per sempre. Ma, accidenti, quella non era felicità. Non davvero. Ed è durata a malapena una notte – si infilzò con i denti il labbro inferiore – Nonostante questo, ho passato i successivi anni della mia vita a inseguire quella esaltazione schifosa – si strinse nelle spalle – Non so, Wy... credevo che se fossi riuscito a vincere di nuovo, sarebbe andato tutto bene – incrociò ancora i suoi occhi e la loro bellezza gli scosse qualcosa dentro – Mi sei servito tu per capire che non è importante vincere o perdere, ma, beh, farlo con te.
Wylan però non sorrise. I suoi tratti erano appesantiti da un'espressione colpevole, le labbra tremanti, il dolore a indurirgli le rughe sulla fronte.
– Quando ho vinto contro Kaz ero felice – ruppe – Ho aspettato di fare le ultime due mosse per batterlo di nuovo, per essere felice di nuovo, prima di venire da te. Ho fatto esattamente quello che ero preoccupato facessi tu.
Il cuore di Jesper si contorse mentre gli occhioni di Wylan si riempivano di lacrime. Il ragazzo si lasciò ricadere contro il suo petto, scosso da un singhiozzo.
– Jes, ti prego – balbettò Wylan in voce strozzata – Non dirmi che per questo va bene lasciarti ad aspettare alla porta.
– Wy... – le dita di Jesper si infilarono tra i suoi riccioli morbidi, la guancia a ricadere sulla cima della sua testa. Cercò le parole da usare, ma la sua mente era un cocktail di emozioni contraddittorie, impossibili da mettere a fuoco. Nessun bersaglio nitido a cui poter mirare – Wy... non hai fatto niente di sbagliato – deglutì, la gola di carta vetrata mentre Wylan piangeva contro di lui – Soltanto tu puoi sentirti in colpa per aver vinto contro Kaz Brekker. Mezzo mondo darebbe la milza per avere un cervello capace di farlo.
– Non sto p-parlando di Kaz – gemette Wylan, alzando repentinamente lo sguardo arrossato verso Jesper – Sto parlando di quello che ho provato io. Di quello che dovresti provare tu.
– Io sono preoccupato per te.
– Esatto – e lo strinse più forte. Nuove lacrime strabordarono dalle sue ciglia – Sei preoccupato perché io ho provato le emozioni sbagliate.
– No – Jesper sospirò nervosamente – Sono preoccupato perché sei scoppiato a piangere per una cavolata e stai tentando di rompermi due costole con un abbraccio.
Wylan tirò su col naso. Sciolse velocemente le braccia da dietro la schiena di Jesper e fece un piccolo passo indietro.
– Scusa – bofonchiò.
Jesper si morse con forza l'interno della guancia, il dolore che gli faceva contrarre le viscere nel vedere le righe bagnate sulle guance di lui.
– Oh, Wylan, dai... Tu sei la persona più meravigliosa che io conoscerò mai. Ed è tutto dire visto che conosco benissimo me stesso – vide la sua bocca tremolare nell'ombra di un sorriso e si sentì inondare di speranza. Prese un respiro profondo – E non mi importa un tubo di lega d'acciaio Grisha se hai sacrificato sessantacinque secondi di vita per rimettere al suo posto l'orgoglio del Bastardo del Barile, perché, guarda un po', non potrai mai arrivare al punto di trascorrere intere notti a scommettere su soldi che non hai come un povero idiota. Te lo assicura un povero idiota – trattenne il respiro – Tu sei la cosa migliore che potesse mai capitarmi – con trepidanza, gli si avvicinò, allungando una mano verso la sua guancia e accarezzandogli con le dita il bordo dell'occhio per asciugargli il pianto. Il ragazzo lo guardò. I suoi occhi brillavano come gemme preziose – Ti amo da morire, Wy.
Il sorriso dell'altro si rischiarò. Faro nella notte. Sorgere del sole più bello. Wylan riprese a piangere, ma, mentre anche Jesper si sentiva pungere dietro le orbite, seppe che non c'era più tristezza in quelle lacrime.
– Jes...
Wylan aveva una piccola efelide a forma di cuore, proprio sullo zigomo. Come mai non l'aveva mai notato? O era solo la sua vista offuscata?
– Jes... – Wylan che sussurrava il suo nome era inestimabilmente meglio del suono della Ruota. Incalcolabilmente smisurato. Meglio di un chilo di parem. Meglio di quattro milioni di kruge.
Le scommesse del mondo si prosciugarono di fascino. Le kruge si ridussero a inutili dischi di metallo senza valore. Il loro ticchettio scemò nel rombo del sangue che Jesper sentiva crescere nelle orecchie.
– Sì, Wy?
– Jes, sparami al cuore.
E la distanza tra loro si annullò.
I loro fiati si confusero, incalzanti come mosse serrate durante una partita a scacchi. I loro baci si fecero frenetici. Dolci come colpi di pistola piantati nel petto.
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Cover credits: https://www.instagram.com/agnessdraws/
Nota dell'autrice:
Intanto grazie a chiunque si trovi qui, non penso io possa davvero esprimere la mia gratitudine profonda per chi abbia deciso di usare il proprio tempo per leggere le mie parole. Soprattutto perché sono nuova del grishaverse. Ma, per i Santi, questo universo, e Sei di Corvi per primo, mi sta dando più di quanto potessi chiedere.
Questa shot non ha esattamente un senso di esistere. Inizialmente volevo soltanto sperimentare il concept molto innocente di Wylan che vince a scacchi contro Kaz – perché, ne sono convinta, Wylan lo straccerebbe e Kaz passerebbe ore intere a farsi infiniti film mentali su come questo sia possibile. Poi, però, mentre scrivevo a ruota libera, Jesper mi si è srotolato davanti. Non so se l'ho compreso a fondo, ma ci ho provato davvero. Accidenti, è un personaggio bellissimo.
Adoro scrivere della Wesper. Sanno di buono. C'è una letterale chimica nelle loro carezze, nel modo in cui l'uno imbarazza l'altro soltanto scambiandosi un'occhiata. Il mio cuore appartiene alla Kanej, ma Jesper e Wylan sono un'altra stupenda magia.
(Non parliamo di Nina e Matthias altrimenti mi metto a piangere)
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Nessun rimpianto. Nessun funerale,
Coss
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